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 Il rosario dell'armata

Santo Padre Pio

Santo Padre Pio ti dice di recitare il Rosario ogni giorno: Satana non distruggera mai questa preghiera!
Elena Bandini, scrivendo a Pio XII, nel 1956, testimonia che Padre Pio recitava 40 - 60 rosari interi al giorno. Padre Pio recitava il rosario ovunque: in cella, nei corridoi, in sacrestia, salendo e scendendo le scale, di giorno e di notte. Richiesto quanti rosari recitasse fra il giorno e la notte rispose lui stesso: «Alle volte 40 e altre volte 60». 
Una delle prime sorprese fu la corona del rosario che vedeva e rivedeva nelle mani di Padre Pio, per cui una sera lo abbordo con questa domanda: «Padre, dimmi la verita, oggi, quanti rosari hai detto?».
Padre Pio lo guarda. Attende alquanto, poi gli dice: «Senti, la bugia non te la posso dire: una trentina, trentadue, trentatré, e forse qualcuno in piu».
San Clemente Hofbauer era uno specia­lista nel convertire i grossi peccatori. Non che usasse argomenti ingegnosi o molte insistenze. Il suo segreto era far i buoni, assicurarsi una potente corrente di grazia per mezzo loro. Poi, al giusto, faceva intervenire la Ma­donna.
Chiamato a visitare qualche infermo che abitava assai distante, diceva: «Tanto meglio, cosi potro recitare piu Rosari per lui»
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La veggente di Fatima gli disse: "Verrà un momento in cui la battaglia decisiva tra il regno di Cristo e Satana sarà sul matrimonio e sulla famiglia"
Intervista esclusiva al Cardinale Caffarra: “Quanto mi ha scritto Suor Lucia si sta adempiendo oggi. La profezia di Suor Lucia: «Lo scontro finale tra Dio e Satana è su famiglia e sulla famiglia »
https://it.aleteia.org/2017/05/22/intervista-cardinale-caffarra-suor-lucia-battaglia-finale-satana-famiglia/

Il pensiero di Padre Pio sul matrimonio
Il Divorzio
 
Nella famiglia unita e santa, Padre Pio vedeva il luogo dove germoglia la fede. Egli diceva. Il Divorzio è il passaporto per l’Inferno.
Una giovane signora, terminata la confessione dei propri peccati, ricevette la penitenza da Padre Pio che le disse: “Devi chiuderti nel silenzio della preghiera e salverai il tuo matrimonio”.
La Signora rimase sorpresa perché il suo rapporto matrimoniale non aveva problemi. Dovette invece ricredersi di li a poco quando una tempesta colpì il suo rapporto matrimoniale. Lei era però preparata e seguendo il consiglio di Padre Pio, superò quel triste momento evitando la distruzione della famiglia.

Padre Pio orientava i genitori alla missione essenziale della famiglia, quella di trasmettere la vita, di allevare i figli come figli di Dio e di condurli in Paradiso. Questa missione esige dai genitori una vita veramente cristiana. Il peccato personale nei coniugi è il primo nemico della formazione ed educazione dei figli.
Doveri verso i genitori. Il quarto comandamento si estende nei due versanti, genitori e figli, chiamati ad amarsi e onorarsi.

Padre Marcellino Iasenzaniro, nel suo libro “Il Padre. San Pio da Pietrelcina. La missione di salvare le anime”, riporta un episodio che chiarisce il pensiero inequivocabile di Padre Pio riguardo il matrimonio. Una giovane donna e sua madre si erano prenotate per confessarsi da Padre Pio, ma l’attesa si protraeva a lungo, per cui chiesero a Padre Marcellino di esporre al frate un problema che angosciava la ragazza: avrebbe voluto sposarsi, ma il suo fidanzato non era credente, e apparteneva ad un partito laico.
Padre Marcellino riportò il caso a Padre Pio, il quale, quasi stupito della domanda, rispose: “E su che cosa vogliono basare il matrimonio, togliendo Dio?”. La risposta non lasciava adito a dubbi, ma sollecitato a dare una soluzione pratica, il Santo rispose che la ragazza avrebbe dovuto letteramente “mandare a quel paese” il suo fidanzato. Padre Marcellino riferì la risposta alle due donne, e dopo una settimana ricevette una lettera da cui si evinceva che il fidanzato della ragazza aveva confessato di credere intimamente in Dio, ma di non darlo a vedere.


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Sessanta rosari interi al giorno

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».».».».».».».».».».».
Una volta in confessione gli chiesi quanti rosari recitasse al giorno. Mi disse:
«Quando ho terminato le mie 180 corone (cioè sessanta rosari interi), allora mi riposo».
«E come fate a recitarne tanti?».
«Come fai tu a non recitarli!».
«Anche la notte li recitate?».
«Si capisce», mi rispose.
Quando mi dette la corona con le indulgenze plenarie, concesse da Pio X, il Padre mi
disse:
«Ti affido un tesoro, sappilo tesoreggiare, aiutiamo le anime del purgatorio, svuotiamo quel
carcere».
Povero Padre, sin da piccolo si offrì a Dio per la liberazione delle anime purganti.
Come fu felice quando, da monsignor Cuccarollo, ricevette un gran pacco di corone con
le indulgenze plenarie. Sentì che il cielo gli metteva nelle mani un potente mezzo per
esaudire il suo ardente desiderio di svuotare il purgatorio!
Quando la Chiesa tolse queste indulgenze, egli continuò a recitare le sue 180 corone.
«Quasi quasi mi conviene di recitarne solo uno di rosario, giacché sono state tolte le
indulgenze», dissi un giorno al Padre. E lui: «E che? Perché han tolto le indulgenze non vorresti pregare? Prega, prega. Chi molto prega si salva e salva, e quale preghiera più bella e più accetta alla Vergine di quella che lei stessa c’insegnò?». http://www.devozioni.altervista.org/testi/opuscoli_vari/la_mia_vita_vicino_a_padre_pio.pdf
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LA VERGINE DI CUAPA (Nicaragua) (Apparizioni e messaggi approvati e riconosciuti dal Vescovo e dalla Conferenza Episcopale) La Madonna ha detto: Sono la Madre di Gesu Cosa vuoi? Voglio che preghiate il Rosario tutti i giorni, non solo nel mese di maggio. Dovete recitarlo in tutte le famiglie, in un'ora in cui vi trovate tutti insieme. La Madonna. Sembrava l'immagine della Vergine di Fatima", noto il veggente. Nei primi giorni di maggio 1980 - scrive Bernardo - mi senti-vo triste: avevo problemi econo-mici, problemi di lavoro, e anco-ra di piu problemi spirituali. E mi sentivo annoiato. Avevo persi-no detto al mattino che volevo morire. La Madonna lascio uscire dei raggi di luce dalle sue mani verso il mio petto. Cio mi scosse e mi consenti di rivolgerle alcune domande: 'Come vi chiamate voi?'. Rispose: 'Maria'. 'Da dove venite?'. 'Vengo dal cielo. Sono la Madre di Gesu'. 'Cosa vuoi?'. 'Voglio che preghiate il Rosario tutti i giorni, non solo nel mese di maggio. Dovete recitarlo in tutte le famiglie, in un'ora in cui vi trovate tutti insieme. Se pre-gherete di cuore, non meccanica-mente - soggiunse la Vergine - tornera la pace in Nicaragua e nel mondo. Se pregherete con fede, allontanerete le guerre, e persino una terza guerra mondiale. Dillo a tutta la gente' http://www.preghiereagesuemaria.it/sala/la%20vergine%20di%20cuapa.htm
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Perché sei cosi bella? Io sono bella perché amo. Jelena ha domandato una volta alla Madonna: « Perché sei cosi bella? », la risposta era: « Io sono bella perché amo. Se volete diventare belli, amate ».https://ocistec-purgatory.weebly.com/medjugorje-sono-bella-perche-amo-medjugorje.html
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 Don Stefano Gobbi - https://soundcloud.com/ave-maria-835022563/don-gobbi-modra-kniha

La Madonna ha detto: Non c'e uomo su questa terra  che non abbia bisogno di confessarsi ogni mese. La Madonna ha detto che dobbiamo confessarci almeno una volta al mese !
https://ocistec-purgatory.weebly.com/confessarsi-ogni-mese-medjugorje.html
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LE GLORIE DI MARIA 
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- Esempio: Un certo giovine in Perugia promise al demonio che se gli otteneva di commettere un peccato, ch'esso desiderava di fare, gli dava l'anima; e gliene fece la scrittura sottoscritta col suo sangue. Commesso il peccato, il demonio, volendo soddisfatta la promessa, lo porto vicino ad un pozzo, minacciandogli che se esso non vi si gettava, l'avrebbe in anima e corpo menato all'inferno. Il misero giovine credendo di non potere piu sfuggire dalle sue mani, sale sul pozzo per gittarsi; ma atterrito dalla morte disse al nemico che non aveva l'animo di gittarsi, onde se lo volea morto, gli desse egli la spinta. Aveva il giovine l'abitino al collo di Maria addolorata; percio disse il demonio:
Levati quest'abitino, ch'io ti daro la spinta. Ma quegli conoscendo gia in quell'abitino la protezione che gli conservava ancora la divina Madre, non se lo volle togliere: onde dopo molti contrasti il demonio confuso parti, e 'l peccatore, grato alla sua Madre addolorata, ando a ringraziarla e, pentito de' suoi peccati, volle sospendere anche il voto, espresso in un quadro, al suo altare nella chiesa di S. Maria la Nuova in Perugia.

Esempio: La “Salve Regina” Le virtu di Maria Santissima di S. Alfonso M. de Liguori. Il padre Eusebio Nieremberg racconta che nella citta di Aragona viveva una fanciulla chiamata Alessandra, nobile e bellissima, che era amata da due giovani. Un giorno, trasportati dalla gelosia, essi si affrontarono in uno scontro e morirono tutti e due. I loro parenti, pieni di collera, uccisero la povera ragazza ritenendola causa di cosi grave sventura; le tagliarono la testa e la buttarono in un pozzo. Alcuni giorni dopo passa di li san Domenico che, ispirato dal Signore, si china sul pozzo e dice: Alessandra, esci fuori! Ed ecco la testa dell'uccisa esce, si mette sull'orlo del pozzo e chiede a san Domenico di confessarla. Il santo la confessa e poi le da la comunione, alla presenza di un'immensa folla accorsa stupita. Poi san Domenico ordino ad Alessandra di dire perché aveva ricevuto quella grazia. La giovane rispose che, quando le era stata tagliata la testa, era in peccato mortale, ma che la santa Vergine per ricompensarla della sua devozione nel recitare il rosario, l'aveva conservata in vita. Per due giorni la testa rimase viva sull'orlo del pozzo a vista di tutti, e dopo l'anima ando in purgatorio. Ma quindici giorni dopo a san Domenico apparve l'anima di Alessandra, bella e risplendente come una stella e gli disse che uno dei principali suffragi che ricevono le anime nelle pene del purgatorio e il rosario che si recita per loro. Quando poi queste anime giungono in paradiso, pregano per quelli che hanno applicato ad esse questa potente preghiera. Dopo di che, san Domenico vide quell'anima fortunata salire giubilante al regno dei beati. LE GLORIE DI MARIA La “Salve Regina” Le virtu di Maria Santissima di S. Alfonso M. de Liguori 
http://www.villaschiari.it/Libri/LibriVari/GlorieMaria.pdf
www.villaschiari.it
https://jezismaria.weebly.com/
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La Madonna ha avvisato sugli inganni satanici UFO (messaggi segreti di Maria)

«Molti dischi volanti sono ora sopra di noi. Essi sono i mezzi di trasporto dell’inferno. Vengono da satana. E ve lo ripeto, figli miei: i vostri UFO non sono sconosciuti al vostro Dio, perché provengono da satana. Essi sono uno dei falsi miracoli degli ultimi giorni.
Maria Simma – e Padre Amorth : gli ufo sono opera di satana. Oggi si parla molto degli UFO ed i mezzi di comunicazione di massa danno molto spazio a questo argomento. Si possono confondere gli angeli con gli UFO e viceversa?
No, non penso. Lasci che glielo spieghi cosi. Un amico mi chiese recentemente di domandare alle
anime del Purgatorio se esiste una vita intelligente su altri pianeti.
L'anima rispose: "No"Non c'e dunque vita intelligente su altri pianeti. Ma cio NON vuol dire che tutti quegli
avvistamenti e quelle storie di rapimenti non siano vere. Non e nelle intenzioni di cosi tante
persone mentire su questo argomento, ma c'e un'altra spiegazione. Se nell'universo non ci sono
altre forme di vita intelligente, e qui vorrei aggiungere che chiunque con una profonda
conoscenza e fede nelle Sacre Scritture concluderebbe allo stesso modo, tutti quegli
avvistamenti sono opera di Satana. Satana vorrebbe che fossimo molto curiosi: quale modo migliore ci potrebbe essere, infatti, per condurci fuori strada se non quello di farci rincorrere delle piccole creature verdi nel vuoto dello
spazio? La curiosita ha ucciso piu di un semplice gatto. E tutti quei film e quegli spettacoli
televisivi sulle civilta extraterrestri possono facilmente far deviare i ragazzi.
Padre Amorth come e vista la sua figura all'interno della Chiesa?
Dunque, in via ufficiale diciamo bene. In realta ci sono alcuni vescovi a cui consono simpatico e
non vedono di buon occhio gli esorcisti, perché non credono molto che esista il maligno.
Come non credono che esista il maligno?
Vede anche tra gli ambienti della chiesa c'e molto scetticismo, il demonio attacca anche e
soprattutto le stanze della chiesa e radica la sua esistenza nell'ignoranza di alcune persone.
Come sono solito dire che se un vescovo o un prete non accetta l'esistenza del maligno
commette un peccato mortale.
Chi puo essere preda di Satana?
Tutti siamo prede di satana, da quando si nasce a quando si muore. Il maligno cerca sempre in
ogni momento della nostra vita di spingerci tra le sue braccia e sconfiggere Dio. Vuole portare a 
se tutti quanti promettendo un bene e una liberta che in realta non esistono.
http://regina-pacis.weebly.com/uploads/2/9/5/9/29596581/maria_simma_e_padre_amorth_gli_ufo_sono_opera_di_satana.pdf
https://ocistec-purgatory.weebly.com/estoy-condenada---infierno.html
https://ocistec-purgatory.weebly.com/confessarsi-ogni-mese-medjugorje.html
https://gloria.tv/video/2C9dXUX9SFTNE6baF7mwQHpwV

Don Giuseppe Tomaselli: l’esorcista che credeva che gli “alieni” fossero demoni
Preso da un esorcismo fatto in data 15.07.1978, in cui il demone Allida e stato costretto a rivelare al prete esorcista da chi proviene il fenomeno UFO: La dichiarazione concernente la faccenda dei pianeti, la quale afferma che su di essi abitano altri uomini, e falsa… In un certo modo puzza di spiritismo. …Sugli altri pianeti non vi sono nemmeno uomini. E’ solo un illusione. Ad inviarli (i dischi volanti) sono proprio quelli che abitano sui pianeti, gli spiriti maledetti, affinche gli uomini possano essere in qualche modo sedotti, o abbiano solo queste cose in testa; o affinche possa essere negato il Cristo, se vi sono storie di semisfere o di sfere… Allora il mondo pensa: se vi sono quelle cose, anche la fede e cucita di filo bianco.
http://www.gianlucamarletta.it/wordpress/2011/12/dontomaselli/

«Molti dischi volanti sono ora sopra di noi. Essi sono i mezzi di trasporto dell’inferno. Vengono da satana. Questi oggetti chiamati UFO non provengono da un altro pianeta ma e satana ad inviarli per far credere all’esistenza di altri esseri viventi sugli altri pianeti». (Messaggio del 29 dicembre 1973).
«Gli UFO sono manifestazioni dell’inferno. Sono creati nella mente di certuni dai demoni che sono capaci, a causa del grande potere sulla Terra, di controllare gli elementi e la natura». (Messaggio del 1 febbraio 1978).

«E ve lo ripeto, figli miei: i vostri UFO non sono sconosciuti al vostro Dio, perché provengono da satana. Essi sono uno dei falsi miracoli degli ultimi giorni…». (Messaggio del 27 maggio 1978).
In questi messaggi Maria Santissima afferma con chiarezza in che cosa consistono queste manifestazioni e ribadisce piu volte che l’idea dell’esistenza della vita su altri pianeti e falsa. E’ interessante notare che nel messaggio del 1973 viene affermato che questi veicoli possono consistere in materializzazioni visibili da tutti, potenzialmente in grado quindi di ingannare un grande numero di persone. Nel messaggio del  febbraio 1978, invece, la Madonna ci avverte della possibilita dell’influsso demoniaco nella mente di alcuni uomini. Insomma, questi messaggi ricevuti da Veronica Lueken sono coerenti sia con le risposte date dalle anime del Purgatorio a Maria Simma, sia con il contenuto di numerose rivelazioni, a partire da Fatima e La Salette, che ci mettono in guardia dallo scatenamento del male specialmente nel periodo della fine dei tempi.
http://www.miliziadisanmichelearcangelo.org/content/view/2142/135/lang,it/

Sono stata alle portedel cielo e dell’inferno. Nuova T imonianza della dott. sa Gloria Polo
http://antimassoneria.altervista.org/wp-content/uploads/2015/11/Testimonianza-di-Gloria-Polo1.pdf
https://www.youtube.com/watch?v=79SIwaGjIlE
https://www.youtube.com/watch?v=cD4ZdO2RcJo
https://www.youtube.com/watch?v=rPh18dwMjEg

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 LA DIVINA VOLONTA  
GRAZIE - MIRACOLI - TESTIMONIANZE 08-10-'15
 
GRATI ALLA MADONNA E AL BEATO BARTOLO LONGO
L'anno scorso ci giunse la notizia che mai avrem­mo voluto arrivasse. Nostro figlio Fabiano, tor­nando da scuola, era stato vittima di un terribile incidente. Corremmo subito al pronto soccorso dove era stato nel frattempo trasportato. Le condizioni si rivelaro­no subito preoccupanti per cui fu ritenuto opportuno tra­sportarlo con l'elicottero al Il Policlinico di Napoli, do­ve fu immediatamente ricoverato in terapia intensiva. I medici ci prepararono subito al peggio confermando le gravissime condizioni in cui versava Fabiano. Al pen­siero di non rivedere più nostro figlio cademmo in uno sconforto completo, solo la preghiera ci sorresse. Il par­roco, la nostra comunità e quelle vicine si strinsero nella preghiera per chiedere la grazia per Fabiano. Tutti i giorni ci recavamo in ospedale facendo tappa al Santuario di Pompei per recitare il Rosario e chiedere alla Madonna di proteggere e salvare nostro figlio. Poi, uno di questi giorni, uscendo dal Santuario, dove avevamo recitato ancora una volta il Rosario, nel riaccendere i cellulari ci accorgemmo che ci avevano cercato ripetutamente. Capimmo che era successo qualcosa e pensammo subito al peggio. Chiamammo l'ospedale e i medici confermarono di averci cercato perché effettivamente Fabiano era peg­giorato e volevano il nostro consenso a intervenire, ma non ce ne fu bisogno perché all'improvviso le condizioni di nostro figlio erano migliorate così tanto da evitare un intervento difficile che i medici ritenevano indispensa­bile. Ci guardammo negli occhi e capimmo che il tempo trascorso a recitare il Rosario alla Madonna era servito a spazzar via ogni insidia da Fabiano. Una cosa era certa: la Madonna aveva preso tra le sue braccia Fabiano e avrebbe continuato a proteggerlo. Così è stato, anche se le sue condizioni sono, poi, nuovamente peggiorate, ma continuando a pregare e recitare il Rosario siamo riusciti a vedere un po' di luce. Fabiano migliorava di giorno in giorno finché appena uscito dall'ospedale, il suo pri­mo pensiero è stato quello di ringraziare e guardare ne­gli occhi la Madonna. Siamo grati alla Vergine per la
Grazia ricevutae chiediamo che sia sempre tra di noi A sorreggerci e a guidare nostro figlio con il suo cuore di Mamma. Grazie. Famiglia I. - Praiano (SA)
 
Sono un'italiana emigrata in California dieci anni fa, ho settantaquattro anni, e tutti i giorni recito il Rosario con la Novena. Lo recitavo sempre anche con mio marito, ma da quando lui è morto continuo a recitarlo da sola. La presente è per ringraziare la Vergine Santa per avermi concesso due grazie.
Molti anni fa, lavoravo a Los Angeles e ritornando a ca­sa, un giorno, un carro investì la mia auto che precipitò per moltissimi metri. L'incidente mi provocò la frattura di sei costole, danni alla milza e una forte emorragia interna, non si sapeva se sarei riuscita a sopravvivere. Immediatamente arrivò l'ambulanza che mi trasportò in ospedale, dove mi portarono subito in sala operatoria. Lì ho recitato una preghiera alla Madonna del Rosario, poi non ho sentito più niente. L'intervento riuscì bene e per recuperare ci vollero otto mesi ma grazie alla Mamma Celeste mi ripresi. Poi, ebbi problemi alla gam­ba, un medico mi disse che era dovuto alla sciatica, un altro mi disse che non avrei più camminato, intanto i dolori erano sempre più forti e camminavo ormai col girello. Un giorno, però, sono andata da un ortopedico che mi fece sottoporre ad alcuni esami dai quali risultò che avevo l'osso della gamba destra tutto frammentato ed era necessario operarmi. Il medico mi operò presto, mettendomi un pezzo di platino nella gamba. Ora cam­mino alquanto bene grazie alla Mamma Celeste che non si dimentica mai dei suoi figli. Maria M. - Sylmar - California - Usa
 
Con questo scritto desidero ringraziare pubblica­mente la Vergine di Pompei, come da promessa fatta, per la grazia ricevuta nel corso di questi ultimi quattro anni, tanti quanti quelli appena compiuti dal mio adorato nipotino Lorenzo.
Mia figlia, al settimo mese di gravidanza, si sottopose, così come avviene per prassi, ad un'ecografia, peraltro ripetuta anche in date successive, per conoscere even­tuali anomalie del cuore del nascituro e ... purtroppo, arrivò la diagnosi: il cuoricino era affetto da "cardio­miopatia ipertrofica", anomalia che avrebbe portato il bimbo, non appena venuto al mondo o in data successi­va, ad un intervento chirurgico importante. Con il cuore infranto dal dolore, mi sono rivolta con fiducia, attra­verso la Supplica, alla Beata Vergine del Rosario, implo­rando la grazia per il piccolo, venuto poi alla luce pre­maturamente, forse a causa della realizzazione, da parte della mamma, delle conseguenze dell'esito diagnostico sul suo piccolino.
Ebbene alla nascita, con lo stupore generale dei pediatri e di tutti i parenti, il cuore del bimbo è risultato normale, salvo qualche lieve residua anomalia, rientrata gradata­mente nel corso dei quattro anni.
Infatti, l'ultimo ecocardiogramma, eseguito pochi gior­ni fa, ha evidenziato la "completa guarigione", avvenuta, a detta del cardiologo, in modo del tutto "inspiegabile". Poiché "l'inspiegabile", per i credenti, può assumere natura divina, ringrazio di cuore la Vergine, chiamata in causa con la preghiera e rivolgo l'appello ai devoti, di rivolgersi con fiducia alla Madre Celeste, in quanto non abbandona mai i suoi figli, così come mi ha dimostrato in svariate circostanze. Una nonna devota
 
L'anno scorso mentre mi preparavo alla gioia del sorgere del nuovo anno, fui colpito da un fatale arresto cardiaco. La Madre Santissima di Pom­pei mi ha salvato.
Un tempestivo intervento di pronto soccorso a domicilio e le susseguenti cure ospedaliere migliorarono le mie condizioni di salute. Guarito e dimesso dall'ospedale, sono tornato a casa col sapore di una nuova vita che sa solo e tutta di miracolo. Sono infinitamente grato alla Vergine di Pompei, per la quale ho avuto sempre tanta devozione e che è stata sempre il centro della mia vita spirituale. Ancora una volta mi affido a Lei. Francesco A. London
(Tratto da: Il Rosario e la nuova Pompei – anno 126 nr.1 - 1-2/2010)****************************************************************************************
GRATI ALLA MADONNA E AL BEATO BARTOLO LONGO
Voglio ringraziare la Vergine di Pompei per esse­re intervenuta a favore del mio nipotino Luca. A dodici giorni dalla nascita gli fu riscontrato un grosso problema al rene destro. I medici tamponaro­no il problema inserendogli un tubicino che dal rene an­dava alla vescica per poi rimuoverlo più tardi al compi­mento del sesto mese. Il bimbo comunque cresceva in fretta. Bisognava procedere con molto an­ticipo alla rimozione del tubicino e ad un delicatissimo intervento di ricostruzio­ne della parte interessata. Eravamo in­ ansia per la complessità dell'inter­vento e la tenerissima età di Luca; ma a tutto ciò non c'era alternativa. Questo era anche il parere e il          suggerimento dei primari di To­rino e Novara: A tre mesi, quin­di, il piccolo fu ricoverato in o­spedale e gli fu estratto il tubici­no. Dopo un paio di giorni a­vrebbe dovuto subire l'interven­to ma con grande stupore i me­dici si accorsero che il rene fun­zionava perfettamente, senza riu­scire a darsi una spiegazione. Ora Luca ha dieci mesi e periodicamente viene controllato con opportuni esami clinici. Tutto funziona al meglio. È av­venuto un miracolo. Per questo motivo de­sidero darne pubblica testimonianza, affinché i lettori sappiano che se si prega con fede; la Madonna ci ascolta. Io non smetterò mai di ringraziarla. Maria I. - Settimo Torinese (TO)
 
Alcuni mesi fa, ero uscita di casa per partecipare alla Santa Messa e dare inizio al mese mariano. Mentre percorrevo la strada per raggiungere la chiesa, un malfattore, da un auto in corsa, mi strappava violentemente la borsa, trascinandomi per metri lungo la strada. La dolce, mamma di Pompei, alla quale sono devota sin da piccola, mi ha protetta facendomi uscire miracolosamente illesa da questo incidente. Non smet­terò mai di dirle grazie. Prometto di pregare sempre il Rosario, le Novene e i Venti Sabati. Madonna di Pom­pei proteggimi sempre, insieme ai miei cari e accompa­gna con la tua intercessione le mie intenzioni, se sono conformi alla volontà del tuo figliolo Gesù. Rosalba
 
Oltre venti anni fa, sono stata a Pompei perché u­na persona a me cara, padre di tre figli in tenera età, era stata colpita da un ictus. Ho dormito a Pompei di fronte al santuario. Ho pregato tantissimo e durante quella notte ho sognato la Madonna che mi di­ceva: "Si fa questo intervento e vivrà a lungo!". In que­sti giorni sono ritornata con la mente a quei mo­menti, non so come, a quel sogno e così ho de­ciso di scrivervi per comunicare a tutti la gioia, la protezione della Vergine Ma­ria, che ho sperimentato in quella cir­costanza. Non trovo parole per dire grazie e per esprimere la mia rico­noscenza e gratitudine alla Vergi­ne del Rosario. C.C.
 
Ringrazio la Beata Vergi­ne Maria per una grazia ottenuta. Sono trascorsi alcuni anni da un triste mese di dicembre durante il quale mi per­venne la lettera di licenziamento dal lavoro. Non nascondo che all'i­nizio avvertii in me rabbia e rancore nei confronti di coloro che avevano e­messo quel provvedimento, poi le cose cambiarono. Successivamente mi fu reca­pitato un pacco contenente una corona del Ro­sario. Iniziai tiepidamente a recitarlo, anche se fino ad allora avevo sempre reagito negativamente solo a sen­tirlo recitare. Mi accorsi così che pregando acquistavo serenità. Non sono mancati momenti in cui la mia fede ha vacillato profondamente, ma la recita del Rosario mi ha sostenuto in questi momenti. Ora ho ripreso a la­vorare nello stesso settore di prima ed ho trovato anche dei colleghi disposti ad aiutarmi. Ringrazio la Madon­na, che con la sua intercessione mi ha aiutato a superare questo triste momento e a comunicare a tutti che la Ver­gine Maria non lascia mai soli i suoi figli, anche se pec­catori, se la s'invoca con fede e la si prega con la corona del Santo Rosario. Valter
 
Ho 86 anni e sono una devota della Madonna di Pompei. Quando ero ragazzina, durante il mese di maggio, mi organizzavo con le mie compa­gne per recitare il Rosario nelle nostre case. Era molto bello. Ora non si fa più, i tempi sono cambiati. Qualche tempo fa mi sono trasferita in Francia, dove ho conti­nuato, il mio impegno di recitare il Rosario. Ora sono rientrata a casa, in Sardegna e ho sottoscritto l'abbona­mente alla vostra rivista. Recentemente sono stata rico­verata in ospedale per oltre un mese. Tornando a casa, ho rìcordato di avere una busta intestata alla mia nipoti­na, Letizie, dove erano conservati dei buoni postali che mio figlio aveva lascìato per lei, ma non riuscivo a tro­vare né la busta, né i buoni postali Così mi sono rivolta alle Madonna di Pompei ed al Beato Bartolo Longo, in­vocando il loro aiuto. Ma il tempo passava ed ero ormai rassegnata a non più ritrovarli. Un giorno mi arriva la vostra: rivista e nel leggerla pregavo la Madonna e il Beato Bartolo Longo affinché mi facessero ritrovare i soldi che non erano miei. Ed ecco la Provvidenza! Den­tro di nie sentivo come una. voce che mi diceva: “guarda nella.biblioteca”. Vi avevo già guardato più volte, ma riprovai. Cosi spostai tutti i libri. Dietro alcuni di essi trovai la busta con dentro il suo contenuto. La presi e la baciai piangendo: ringrazio la Madonna e Bartolo Lango, per il loro aiuto. Maria Grazia O. - Milis (OR)
 
Desidero ringraziare la Vergine di Pompei per il suo aiuto. Ero sposata da sette anni ma non ave­vo figli. Diventare madre era il mio sogno più grande, ma il tempo passava e mi rendevo conto che so­lo un miracolo avrebbe potuto portare la luce tra tanti problemi. Ho sempre sperato in Gesù e nella Vergine di Pompei. Mi sono affidata a loro recitando tutti i giorni il Rosario completo e anche I Quindici Sabati e la Novena d'impetrazione. Sono stata ascoltata. Oggi sono madre di un bel bambino. Ogni volta che lo guardo, mi rendo conto che solo con la fede e la preghiera i nostri desideri possono diventare realtà. Una devota
 
Sono una devota della Madonna di Pompei. Sen­to il dovere di ringraziarla per avermi donato u­na figlia meravigliosa dal giorno in cui è nata e di. averla aiutata anche a superare gli esami di laurea. Prego la Vergine Santa e voi di continuare a pregare an­cora per mia figlia e per il suo avvenire. Annamaria F. - Pacentro (AQ)
(“Il Rosario e la nuova Pompei” a. 123; n. 9; 11-12/2007)*******************************************************************************
TESTIMONIANZE DI GRATITUDINE A PADRE PIO
TRA TANTE AVVERSITA’ E DOLORI
Sono grata a Padre Pio, che ho sempre invocato, per la straordinaria forza che mi ha dato nelle avversità e nelle prove della vita. Avversità che non sono state di poco conto. So­lo il suo aiuto mi ha permesso di andare avanti e di continuare a vivere.
Ecco qualche esempio. Mario, uno dei miei tre figli, all'età di tre anni divenne cerebroleso per una febbre meningea. A niente valse­ro cure e sacrifici per salvarlo. Al­l'epoca non vi erano terapie ade­guate al caso ed i medice si arrese­ro di fronte al male. Solo chi si è trovato nelle mie condizioni può capire...
Mario morì all'età di 29 anni. Questo basta per capire l'acerbo dolore di una mamma.
Tra tanta sofferenza non sono mancate altre durissime prove: diversi interventi chirurgici, tra cui due a cuore aperto, edemi polmonari e tumori che mi han­no portato alle soglie della morte. La mia fede in Dio, però, è rima­sta forte e costante. Una visione di Padre Pio e la continua invoca­zione del suo aiuto mi hanno man­tenuto in vita.
Eva Grazia M. Matera San Terenzio (SP)
 
UNA INDESCRIVIBILE GIOIA SPIRITUALE
Domerica 4 febbraio ulti­mo scorso, ritorno a casa verso le ore 10 e conti­nuo a pregare per il "ringrazia­mento alla S. Messa", celebrata alle ore 8.
Alle 10,30, il calendario (E sorri­so di Padre Pio), posto sul tavo­lo all'inizio di quest'anno, ema­na un forte profumo di rose, che aumenta sempre più, fino a riem­pire la stanza.
Resto meravigliato e pensieroso. Prego San Pio, pensando al suo misterioso profumo di rose, che tanti hanno avvertito. Il profu­mo persiste per tutta la domeni­ca ed il lunedì successivo e viene percepito anche da altre tre per­sone, che restano testimoni dell'accaduto.
Colmo di una indescrivibile gio­ia spirituale, ringrazio confuso il Signore e Padre Pio e raccoman­do al Santo di Pietrelcina i miei familiari, le anime affidate alle mie cure pastorali e tutte le mie in­tenzioni.
Sac. Giuseppe R. Verbicaro (CS)
 
MI ERO PREPARATO AL PEGGIO
Sin dalla giovane età ho avu­to una vita molto dura per problemi alle gambe. Dopo aver subito quattro operazioni per l'applicazione di protesi, il chirur­go, nell'ultimo intervento, mi ave­va dato pochissime speranze. Dalle radiografie, infatti, risultava lo schiacciamento dell'osso ferro­rale. Bisognava nuovamente in­tervenire per il relativo trapianto. Mi ero preparata al peggio, ma continuavo a pregare Padre Pio con tanta fede.
Quando mi trovai di nuovo sotto i ferri, i medici si accorsero che il trapianto preventivato non era più necessario.
Al risveglio dell'anestesia, ringra­ziai Padre Pio per aver accolto la mia preghiera.
Neris P. Montemezzo - Sovisso (VI)
 
AVEVO RIACQUISTATO LA VISTA!
Mentre lavoravo nella mia officina, una sorta di velo calò sui miei occhi e da quel momento la vista andò sempre più peggiorando. Con­sultai medici oculisti che mi con­sigliarono tutti un ricovero ospe­daliero. Mi sottoposi ad accerta­menti clinici e, dalla risonanza magnetica, risultò che una neo­formazione si era posizionata tra il bulbo oculare e l'encefalo. Ven­ni allora trasferito nell'ospedale di San Giovanni Rotondo, al re­parto di neurochirurgia.
La situazione era divenuta abba­stanza seria. Vedevo pochissimo, circa 3 decimi. Poiché mi trova­vo nella "Casa" di Padre Pio, mi raccomandai alle sue preghiere. Fui sottoposto ad un intervento chirurgico il 7 novembre 2006 e dall'anestesia mi svegliai dopo tre giorni. Mi sembrava tutto un sogno! Tra la sorpresa generale, in così poco tempo avevo riacqui­stato la vista! Ringraziai il Santo di Pietrelcina e, subito dopo, il prof. D'Angelo e tutta la sua
Equipe.
Luigi C. Biccari (FG)
 
A 82 ANNI
Il delicato intervento chirurgi­co a cui, d'urgenza, dovevo es­sere sottoposta, era "a rischio" sia per la mia età avanzata, sia perché si trattava della sostitu­zione dell'aorta. Il 31 agosto 2006, prima di essere operata, i medici fecero presente ai miei cari che difficilmente l'avrei superato, anche a causa delle condizioni in cui si trovava il mio cuore.
Prima di entrare in sala operato­ria mi raccomandai a Padre Pio e mi misi nelle sue mani. L'intervento riuscì alla perfezio­ne e, dopo una breve degenza in sala di rianimazione e nel repar­to sotto l'occhio vigile dei medi­ci e degli anestesisti, sono ritor­nata a casa perfettamente rista­bilita. Ringrazio San Pio da Pie­trelcina per l'aiuto ricevuto.
Maria Michela C. Torino
 
Tratto da "Voce di Padre Pio" Anno XXXVIII n.5 5/2007
 
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UNA BENEDIZIONE INVOCATA MENTALMENTEIn data 05/10/1960 io e mia mo­glie eravamo a San Giovanni Rotondo in viaggio di nozze (tre giorni) ed abbiamo avuto la grazia di partecipare alla santa Messa del­le ore cinque del mattino, celebra­ta da Padre Pio. Non abbiamo po­tuto ricevere la benedizione per gli sposi novelli, perché allora gli era proibito impartirla.
Dopo la santa Messa, solo noi uo­mini (una quindicina circa) siamo stati chiamati in sagrestia dove Pa­dre Pio stava pregando seduto a un tavolino con il capo fra le mani e noi, facendogli corona, ci siamo messi alle sue spalle nel più asso­luto silenzio. Dopo alcuni minuti si è avviato per salire la scala che porta sul matroneo. Mentalmente ho pregato, chiedendo di darci la sua benedizione. Nel­lo stesso istante si è fermato, come se qualcuno lo avesse chiamato, e volgendosi verso di noi, con la ma­no alzata ha tracciato il segno del­la santa croce.
Credo chr pure gli altri presenti ab­biano elevato laloro intenzione nel silenzio. Ma per me è stato tutto meraviglioso e non vi è espressio­ne che possa descrivere quello che stavo vivendo e che, a distanza di tanti anni, è ancora assai vivo in me
Luigi L. M. Correggio (RE)
 
DUE GUARIGONI PER SUA INTERCESSIONE
Il 5 settembre 1984 "si presen­tò" per la prima volta a casa mia Padre Pio, attraverso una sua ri­
vista. Leggendola ebbi l'ispirazio­ne di venire a San Giovanni Rotondo per chiedergli di ottenere da Gesù la guarigione del cattivo male che avevo. Il giorno dopo e­ro dinanzi alla sua tomba per ot­tenere, per sua intercessione, la grazia, che non si fece attendere. Appena rientrai nel mio paese no­tai di non avere più quel male cat­tivissimo.
Nel 1996 stavo malissimo. Mí ven­ne in sogno Padre Pio, mise la sua mano destra sul mio collo malato e subito sono guarito. Ringrazio il buon Gesù e ringra­zio san Pio che continua a inter­cedere per me peccatore.
Michele S. Grumo Appula (BA)
 
L'EMATOMA SCOMPARVE MIRACOLOSAMENTE
Era il 1° marzo 1952 quando mio padre Vladimiro ebbe un terribile incidente, riportando trauma cranico, rottura del setto nasale e perdita quasi total­e dei denti. Uscito dall'ospedale dopo una lunga degenza, a seguito di un ematoma che premeva sul cervello, aveva perso la vista di un occhio e l'equili­brio. Per camminare doveva fare uso di un bastone o essere accompagnato. Fu visitato da un equipe di neurochirurghi che confermarono la diagnosi del­l'ematoma al cervello ed evidenziarono la necessità di intervenire per rimuo­vere il grumo di sangue. Spiegarono a mio padre che l'operazione non era certo priva di rischio e che non potevano assicurare al cento per cento la riu­scita e il recupero della vista.
Mia madre, che aveva 36 anni ed era in attesa del terzo figlio, si rivolse a Padre Pio scrivendogli una lettera in cui spiegava ogni cosa e chiedeva la sua prote­zione. Padre Pio rispose subito con parole rassicuranti, invitandola a sperare e a pregare e inviandole una reliquia di terra santa. Ella pregò, affidandosi alla bontà del Signore. La data dell'operazione si stava avvicinando quando i medici scoprirono che, "miracolosamente", l'ematoma era sparito e mio padre aveva riacquistato l'equilibrio e la vista.
A. Serafina Catanzaro
 
NELLA SOFFERENZA PADRE PIO MI E’ VICINO
Sono una figlia spirituale di Padre Pio. Ho 76 anni e da 13 sono su una sedia a rotelle a causa di una pare­stesia midollare irreversibile. Nonostante le continue e acute sofferenze sono convinta che Padre Pio mi è sempre vicino. Qualche mese fa, per esempio, sono stata malissimo nel luogo di villeggiatura dove mia figlia mi aveva portato per farmi svagare. Di notte mi hanno dovuta accompagnare in ospedale, dove il medico di guardia consigliò il ricovero. Ma io non volevo rimanere da sola. Allora mi sono affidata a Padre Pio e l'ho pregato con tutte le mie forze chie­dendogli di sbloccare la triste situazione. Il dolore è andato progressivamente diminuendo. Così ho ri­fiutato il ricovero, sono rientrata in albergo e il gior­no dopo sono tornata a casa mia.
Gaetana B. Comiso (RG)
 
Tratto da "Voce di Padre Pio" Anno XL n.4 4/2009****************************************************************************************
LA PICCOLA MIRACOLATA dalla Madonna a San DamianoMio fratello e i miei genitori, tornati dalle va­canze qualche giorno prima, erano venuti a pran­zo da noi, nel nostro appartamento, situato al I° piano, al quale si accede per mezzo di una scala esterna. Nel pomeriggio, mio marito, mio fratel­lo e mio padre erano usciti per andare a vedere la nostra casa in costruzione. Mia madre ed io eravamo rimaste a casa con i bambini: Faustine, di cinque anni, Marie, di quattro anni e Louis-Ma­rie, di due anni. Faustine giocava fuori, Marie e Louis-Marie guardavano un cartone animato, mentre io stavo terminando di lavare i piatti.
Ad un tratto mia madre decide di uscire, per sorvegliare Faustine: non appena apre la porta, vede improvvisamente la piccola, che si trovava sul pianerottolo, precipitare nel vuoto. Spaven­tata, mia madre mi chiama "Delphine! Fa' presto! Faustine è caduta!". Pensando che si trattasse di un piccolo capitombolo - niente di grave, dun­que -, mi dirigo in fretta verso l'uscita e vedo con orrore la mia bambina che giace a terra, inerte. Mentre dico a me stessa che non è possibile che tutto questo stia accadendo e che ora Faustine si alzerà, esclamo: "Su, andiamo, Faustine, alzati! Non è nulla!" Niente, nessuna reazione... Mi pre­cipito a chiamare aiuto e ad avvertire mio marito - sono le h18.00 - e ritorno da Faustine. Pochi minuti dopo, la piccola apre gli occhi, comincia alamentarsi ed a piangere. Cercando di mantene­re la calma, le chiedo di non muoversi. Ma lei si tira un pò su per rannicchiarsi tra le mie braccia e per farsi coccolare. Controllo rapidamente per vedere se la piccola sia ferita o meno...: vedo più edemi sulla testa.
Mio marito, mio fratello, padrino di Faustine, ri­entrano; cerchiamo di mantenerla sveglia nell'at­tesa interminabile che arrivino i soccorsi. È allo­ra che chiedo a mìa madre, rimasta a casa con Mariee Louis-Marie di porgermi la sua bottiglia d'acqua miracolosa di San Damiano e un fazzo­letto benedetto. Appoggiamo il fazzoletto sulla testa di Faustine e l’aspergiamo di acqua miracolosa, anche per mantenerla sveglia, preoccupati per le lesioni riportate in seguito alla sua caduta. Dopo trenta minuti di attesa, giungono i soccorsi: Faustine è caricata in un camion dei pompieri. Dopo circa venti minuti, siamo con­dotti all'ospedale di Cambrai. Nel frattempo, io chiedo a mio fratello di chiamare una cugina di mio marito, che si trova a San Damiano con la sua famiglia, per dirle che Faustine ha fatto una caduta di cinque metri sull'asfälto è che abbia­mo bisogno che tutte le persone che noi cono­sciamo laggiù preghino nel Piccolo Giardino, per salvare Faustine.
Arriviamo all'ospedale: sono le 19 e 45; Faustine viene portata a fare una TAC. Trenta minuti più tardi, il medico del Pronto Soccorso ci chiama: hanno dovuto porre Faustine in coma farmaco­logico, perché la piccola aveva iniziato ad agitar­si al momento di fare la TAC. Le sue condizioni sono molto gravi: ha un edema cerebrale. La bambina, inoltre, è assistita sul piano respirato­rio, affinché il suo cervello resti ben ossigenato. Non potendo fare nulla a Cambrai, si prende la decisione di trasportarla a Lille, all'Ospedale Jeanne de Flandre (struttura specializzata per i bambini): un elicottero è pronto, ma io non posso andare con lei. Prima di partire, i medici ce la fanno vedere: chiedo loro se posso met­terle addosso una corona del rosario, cosa che essi accettano senza discutere. Utilizzando una spilla da balia, lego alla corona una Medaglia Miracolosa e un fazzoletto benedetto che un infermiere pone su di lei. Non potendo accom­pagnarla io in elicottero, avrà al suo fianco la nostra Madre celeste.
Sono quasi le ore 21 e 30, Faustine lascia Cam­brai per Lille. Io l'abbandono nelle mani della Madonna delle Rose - non posso fare nient'altro per la mia bambina, se non pregare. Prima di par­tire per raggiungerla, mio marito ed io passiamo per casa nostra, per prendere alcuni effetti personali. Sono già passate le 23 quando arriviamo all’O­spedale "Jeanne de Flandre": Faustine ha subìto altri esami, le sue condizioni sono stabili. Possia­mo vederla: è in una stanza, in terapia intensiva, ancora in coma farmacologico e sotto assistenza respiratoria. Un' infermiera ha appuntato sul suo letto il rosario con la Medaglia Miracolosa. Re­stiamo presso l'ospedale, dove è disponibile una stanza per i genitori e continuiamo a pregare, incuranti della fatica.
LUNEDì, 3 AGOSTO 2009:
Sono le ore 5 e 30: squilla il telefono in camera. Un'infermiera mi dice che Faustine mi ha chiama­ta. Mi precipito per vederla, ma lei si è riaddor­mentata. Un nuovo giorno inizia, pieno di paura e di speranza. Durante la visita dei neurochirurghi, chiedo loro che cosa ha la mia bambina. La loro risposta: emorragia meningea, una piccola frattu­ra al polso sinistro. Le sue condizioni sono stabili, ma deve rimanere sotto assistenza respiratoria, mentre a poco a poco saranno diminuiti i seda­tivi. Nel corso della giornata, ho ricevuto molte chiamate: è così che ho appreso che i cuginetti di Faustine hanno pregato sulla tomba di Mam­ma Rosa; alcuni amici, la famiglia, presenti o no a San Damiano, hanno trascorso la notte in pre­ghiera per Faustine, per affidarla alla Madonna Miracolosa delle Rose. Due sante  Messe sono state celebrate per lei a San Giovanni Rotondo da un figlio spirituale di S. Padre Pio. Durante il giorno, Faustine ha aperto gli occhi più volte: intorno alle 13.00, ...alle 18.00...
MARTEDì, 4 AGOSTO 2009:
Faustine riprende conoscenza, ella è del tutto coerente nelle sue espressioni; non è più sotto assistenza respiratoria, ha lasciato il reparto di terapia intensiva, per raggiungere quello di neu­rochirurgia pediatrica.
MERCOLEDì, 5 AGOSTO 2009:
Faustine ricomincia a mangiare normalmente, non c'è bisogno di fleboclisi.
Avendo ella recuperato pienamente il suo «ca­ratterino», le chiedo se tutto va bene, se non si ricorda di nulla. Le chiedo se ha visto gli Angeli, quando dormiva (in realtà, ogni sera, dico ai miei piccoli, prima di addormentarsi, che essi vanno a trovare gli Angeli).
Lei risponde: "Sì."
Un po sorpresa, ripeto la mia domanda: "Hai visto gli Angeli?
"Ma si, mamma;' risponde con la certezza pro­pria dei bambini.
"Allora, come sono? "
"Avevano grandi ali d'oro e d'argento'; dice lei, indicando la schiena.
" E hai visto qualcos'altro? "
"St".
"Chi? "
"La Mamma del Cielo, Gesù e San Giuseppe. "
Curiosa, le chiedo:
'Ti hanno detto qualcosa? "
"No, ma mi hanno dato un bacio qui:; e mi in­dica la sua guancia.
Per ridere, le dico, "allora, la barba di San Giu­seppe punge? "
"No, è dolce! "
Poi mi descrive la Madre Celeste: "Ella indos­sa un velo bianco, un abito azzurro, una corona di fiori; aveva anche nelle mani delle rose e un rosario. "
Ha detto che è stata portata dagli Angeli, che cerano tanti Angeli che cantavano. C'era una grandissima luce e un buon odore!
GIOVEDÌ, 6 AGOSTO 2009:
Faustine fascia l'ospedale.
RINGRAZIAMENTO:
È occorso quest'incidente, per capire che cosa significa l'abbandono e la fiducia totale in Dio e in Maria, con l'aiuto del rosario. Vi posso dire che ho cercato l'intercessione di molte persone: la Madonna delle Rose, Mamma Rosa, San Giusep­pe. Gesù, Santa Faustina, i nostri Angeli Custodi, le anime del Purgatorio, la piccola Jeanne-Marie, San Padre Pio... Ma la parte più difficile è stata quella di poter accettare questa sfida. Penso di esserci riuscita grazie alla recita del rosario. Nonostante le ore difficili che ho passato nella paura dell'eventualità che mia figlia rimanesse menomata, ho trascorso questi momenti con una certa serenità. Questo può sembrare para­dossale, ma durante quei momenti d' angoscia, d'impotenza, mi sentivo sostenuta, circondata (mi è difficile descrivere questo, tuttavia è pro­prio ciò che ho sperimentato).
lo spero di conservare nel tempo il ricordo di questi avvenimenti ne! mio cuore, per avere sempre la consapevolezza della potenza della preghiera del Rosario (quando "sgrano" la mia corona). La mia gioia risiede nella Grazia che Dio si è degnato di concedermi per mezzo della Ma­donna delle Rose: la salvezza per Faustine.
Alcuni potranno, forse, mettere in discussione
le parole di una bimba di 5 anni, ma la strizzatina d'occhio del Cielo, che mi conferma il racconto di Faustine, si trova in queste due date:
IL 2 AGOSTO:
festa di Nostra Signora degli Angeli
IL 6 AGOSTO:
festa della Trasfigurazione Oggi Faustine sta molto bene e non ha ripor­tato conseguenze. I diversi medici, incontrati durante il suo ricovero in ospedale, non capi­scono come Faustine, in seguito ad una caduta da un'altezza di 4/5 metri su una superficie pavi­mentata possa avere riportato nient'altro se non una frattura al polso sinistro (frattura al I° stadio, appena visibile sulla lastra radiografica).
Cito le lorotestuali parole: SI TRATTA DI UNA «PICCOLA MIRACOLATA».
È quando si crede che tutto sia perduto, che il Cielo ci sostiene di più. È nella nostra impotenza che ci è rivelata l'Onnipotenza Divina.
Delphine - Francia
 
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GRATI ALLA MADONNA E AL BEATO BARTOLO LONGO a 131 n3/2015
Sono sempre stata devota alla Vergine del Rosario di Pompei, il mio cuore si riempie di gioia ogni volta che vedo la Sua immagine, e con cuore pieno di gratitudine vo­glio ringraziare la cara Mamma Cele­ste che tante volte e in tante occasio­ni mi ha aiutata. Voglio testimoniare come la Santa Vergine ha salvato me e mio marito. Compiuti quarant'anni, il mio medico mi consiglia di fare ogni anno la mammografia, come controllo preventivo, consiglio che ho sempre disatteso. Nel 2009, inspiegabilmente e senza alcun motivo sento il bisogno di fare l'esame mammografico, una voce dentro di me mi ripeteva conti­nuamente di fare l'esame. Così, senza nessun sintomo, prenoto la mammo­grafia da fare a gennaio 2010. Nell'esi­to mi fu prescritto un nuovo controllo dopo sei mesi, poiché il dottore non aveva esami precedenti per poter confrontare l'esame mammografico. A distanza di sei mesi, a giugno 2010, ripeto la mammografia presso lo stes­so centro e con lo stesso medico, il quale, dopo due ingrandimenti di una parte del seno sinistro, mi consiglia di sottopormi ad altri esami più specifici. Mi rivolgo al mio medico di famiglia, il quale mi prenota con urgenza una visita specialistica presso il reparto di senologia dell'ospedale oncologico e la diagnosi è tumore al seno. Ritorno a casa e con mio marito non facciamo altro che piangere. Disperata, inizio a pregare la Mamma Celeste con il San­to Rosario, affidandomi a Lei comple­tamente, dicendo: sia fatta la volontà di Dio. Ero pronta ad affrontare que­sta prova. Da quel momento succede qualcosa di incredibile, quella voce insistente che mi angosciava scom­pare, dando posto ad una serenità ed a una gioia mai avuta, che mi dava la forza di consolare i miei familiari, facendomi affrontare l'intervento e l'esito dell'esame istologico (tumore infiltrante) con grande serenità. Gra­zie a Dio tutto si è risolto per il meglio, non c'e stata la necessità di fare la chemioterapia, solo 5 sedute di radio­terapia. Ancora oggi il mio medico è sorpreso, perché dice che il senologo è stato proprio bravo ad individuare un tumore così piccolo (4 mm), men­tre i miei familiari non si spiegano la serenità che emanavo nell'affrontare quella prova. Un'altra grazia che ho ricevuto dalla cara Mamma Celeste e che ha dell'incredibile è la conversio­ne di mio marito, considerando che si è manifestata all'improvviso. Premetto che mio marito era una persona che bestemmiava continuamente, non si confessava, non andava a Mes­sa e non sopportava i sacerdoti e le persone che frequentavano la chiesa. Spesso tutto ciò era anche motivo di litigio tra noi e, nelle mie preghiere alla Mamma Celeste, chiedevo la sua conversione. L'8 maggio 2011, giorno per noi molto importante perché è quello della Supplica alla Santa Ver­gine di Pompei, il mio amato a caro papà viene a mancare all'improvviso, e la mia famiglia cade nella dispera­zione più grande. Il giorno dei funera­li, durante la Messa, vedo mio marito che si alza per prendere l'Eucarestia; vedendo ciò, nonostante il dolore che avevo, cerco di fermarlo ma non ci ri­esco, così lui fa la Santa Comunione. Il giorno seguente si è confessato (non lo faceva da anni) e da quel giorno non bestemmia più. Ogni domenica andiamo a Messa e recitiamo il Santo Rosario, e se può va a Messa anche nei giorni feriali, fa parte del coro, va alle processioni ed è sempre disponibile ogni volta che i sacerdoti gli chiedono un aiuto. Grazie di cuore dolce Mam­ma Celeste. Per favore pubblicate questo mio scritto. Una devota e-mail 
Voglio ringraziare la Santissima Vergine, Madonna del Santo Rosario di Pompei, per le grazie ricevute e per quelle che ci concede tutti i giorni, a me e alla mia famiglia. Nel 2000 ho partecipato al concorso magistrale e, per questo, ho pregato tanto la Madonna del Rosario di Pompei, recitando il Santo Rosario, i Quindici Sabati in onore della Madonna e la preghiera per la canonizzazione del Beato Bartolo Longo. Ho superato così la prova scritta e orale e una prova d'inglese con esito favorevole e mi sono abilitata all'insegnamento nella scuola primaria e dell'in­fanzia. Dopo aver superato il concorso, nei primi due anni, ho insegnato nelle scuole private e nella scuola pubblica. Successivamente ho ricevuto un incarico dal Provveditora­to e un altro direttamente dalla scuola con i contratti a sca­denza nel mese di giugno. Ho pregato tanto la Madonna, con il Rosario e con i Quindici Sabati, di ricevere la grazia di avere ogni anno l'incarico dal Provveditorato. Da quell'an­no, negli anni successivi, l'ho sempre ottenuto nella scuola primaria, con contratto fino ad agosto. Chiedo alla Madon­na, con l'aiuto di Gesù e secondo le sue volontà, di avere sempre la serenità, la pace, la salute in famiglia; chiedo di poter entrare di ruolo, dopo tanti anni di precariato e che non manchi mai il lavoro a me e a mio marito. Ho pregato i Venti Sabati e ancora prego la Madonna di ricevere le gra­zie desiderate, ma soprattutto chiedo di avere sempre fede e amore verso Dio e verso di Lei, la Madre Nostra celeste, e di recitare sempre il Santissimo Rosario. Madonnina cara, ti chiedo sempre una grande e materna benedizione per i miei figli, i miei cari e tutti noi. Giovanna O. Vicenza 
Vorrei ringraziare il Beato Bartolo Longo poiché mi ha aiutato a superare in tribunale una complicata e pe­ricolosa causa, nella quale sono stata chiamata come testimone. Tengo a precisare che il Beato Bartolo, una setti­mana prima dell'udienza, mi è apparso in sogno in compa­gnia di Santa Rita e San Pio. Proprio il Beato mi ha incorag­giato tantissimo a non aver paura delle persone cattive che avrei rivisto! Tutto è andato benissimo, pertanto ringrazio infinitamente il Beato, sperando che diventi santo al più presto. Sono una devota della Madonna di Pompei. Dora M. Bari 
Io sottoscritta Adalgisa I., figlia di Generoso, nato a Torre Annunziata e ivi residente, dichiaro che mio padre, in data 14 novembre 2012, è stato colpito da ictus, supe­rato a distanza di un anno, nonostante una ricaduta dovuta a picco pressorio nel marzo del 2013. Ringrazio la Madonna di Pompei per averlo salvato, per averci assistito nel momen­to di sconforto e per averci aiutato anche nel fargli riprende­re la mobilità, la parola e la gioia di vivere. Prego che nostra Signora possa continuare a farci vivere in questo clima sere­no fino a quando il Signore vorrà, e desidero la pubblicazio­ne del mio pensiero quale espressione dell'amore immenso che Maria ci riserva ogni giorno. Ringrazio il Santuario di Pompei per le opportunità che ci offre. Dio vi benedica. Adalgisa I. Pompei 
In previsione dell'operazione a "cuore aperto" della ni­potina Ginevra di 9 anni, i nonni invocano la protezione della SS. Vergine del Rosario, con fiduciosa fede. Operata al Policlinico di San Donato Milanese, mercoledì 11 luglio 2012, l'operazione è ben riuscita. La bimba è stata dimessa dopo pochi giorni, è ritornata a casa con i genitori, con la felicità e la commozione di tutti noi. I Familiari devoti
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2 TESTIMONIANZE
TESTIMONIANZA sulla Vergine della Rivelazione
Mi chiamo Lucia F. e devo alla Vergine della Rivelazione tre grazie, sempre nella persona di mia madre: Eleonora V. F.. Era il 1987 quando, in un incontro conviviale, ebbi a parlare della salute di mia madre ad una mia amica e collega di canto, frequentatrice delle Tre Fontane e dalla grande fede, la quale mi regalò un'Immagine della Vergine della Rivelazione.
Appena la stessa varcò la soglia della casa dì mia madre, miracolosamente i forti dolori all'addome le cessarono. Non fu più necessario l'intervento chirurgico per togliere i calcoli alla cistifellea.
Qualche tempo dopo ella cadde in casa e, data la mole e la paurosa caduta, ci meravigliammo che non ci fosse stata conseguenza alcuna... Nello stesso momento, l'Immagine della Vergine, appoggiata sul comò della camera da letto, cadde a terra senza che ci fosse corrente!
Ma l'evento più eclatante si verificò nel 1988, quando mia madre ebbe un'embolia alla gamba sinistra. Dopo vari interventi angiologici fu colpita da una terribile melena e successivamente, non riattivandosi la circolazione del sangue nella gamba, I'equipe medica ne decise l'amputazione! Disperata, lo dissi alla mia amica, la quale mi fece subito recapitare una novena a Dio Padre e un po' di terra della Grotta.
Dopo l'intervento mia madre era gravissima e le fu somministrata l'Estrema Unzione. Durante la notte, però, l'immagine della Vergine della Rivelazione che le avevo portato in Clinica, le diede un segno d'incoraggiamento, muovendo il capo e chiudendo gli occhi due volte. Al mattino, con grande stupore dei medici, che non poterono non ammettere un intervento soprannaturale, ella era fuori pericolo e visse bene ancora sedici anni, morendo all'età di 98 anni!
Ringrazio la Vergine per quanto ha fatto e per la forza che ha donato a tutta la mia famiglia in quel momenti tanto dolorosi. Lucia F. (Dalla rivista: “La Vergine della Rivelazione”)
 
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TESTIMONIANZA su Madre SperanzaEra il 1964, già da un anno mio marito era ammalato di nefrite e non lavorava... è stato un momento brutto per la mia famiglia, con due bambini piccoli e un terzo che stava per nascere. Ero senza soldi per le medicine e senza cibo da mangiare.
Quando è nato il piccolo ero contenta perché avevo latte, ma da un momento all'altro è sparito. Ero molto disperata.
Un giorno è passata una signora che organizzava pellegrinaggi da Madre Speranza e Padre Pio e mi disse di partecipare. Io non avevo soldi, un bambino appena nato, uno di due anni sempre ammalato e uno di sette anni che vedeva strane cose immaginarie nella sua cameretta e mio marito era ammalato.
I miei genitori mi fecero una cambiale di centomila lire e il 25 settembre 1964 siamo partiti con mio marito e il ragazzo più grande.
Siamo arrivati dalla Madre alle quattro del pomeriggio. Per primo è stato ricevuto mio marito, lei lo ha abbracciato e con il suo sorriso gli ha detto: "figlio mio, sei guarito!" lui le ha risposto "Madre, io sto male" e lei ha ripetuto "sei guarito" e quando sono entrata io per dirle ' quello era mio marito, è tanto ammalato, mi ha risposto "tuo marito sta bene". Poi le ho chiesto: "Madre, questo bambino vede cose strane in casa, gli dia una benedizione, sono disperata... "Lei mi ha abbracciata tanto forte e mi ha detto 'Coraggio, figlia mia, Gesù Misericordioso non ti abbandona, va' in Cappella a pregare.' Siamo ritornati a casa più sereni e da quel momento mio marito non ha più avuto problemi di salute. Nel mese di novembre sono tornata dalla Madre con il secondo bambino di due anni che non voleva mangiare. Lei gli ha chiesto 'perché non mangi la pappa?' "perché no" ha risposto. Allora lei gli ha dato una candelina e gli ha detto "Vai da Gesù a dirgli - fammi mangiare tanta pappa -". Poco alla volta abbiamo risolto il problema.
Sempre in quel colloquio le ho chiesto "Madre mio marito non trova lavoro..." "Tuo marito lavora!' Madre, non lavora... ' lavora, lavora'
Tornata a casa dopo otto giorni di pellegrinaggio, ho saputo che mio marito già lavorava da una settimana, un lavoro adeguato alla sua malattia. Da quel momento è sempre stato bene, aveva 32 anni e adesso ne ha 82.
Ringraziamo la beata Madre Speranza e Gesù Misericordioso per averci sempre protetti e donato tante grazie. Maria Pia C. – Pordenone**************************************************************************************************
IL GRANDE MIRACOLO DELL'ICONA Dl GESù MISERICORDIOSO A VILLA O SANTISSIMA A TRENTO NEL 1990
1. Ricordando Ugo Festa
È il grande miracolato di Gesù Misericordioso, barbara­mente ucciso mentre si dedicava alle sue opere di misericordia, dopo una delle più spettacolari guarigioni.
Un depliant diffuso in milio­ni di copie in tutto il mondo (don Renato lo trovò in India e in Au­stralia) descrive così l'evento: "Miracolosa e istantanea guarigione del malato incurabile italiano Ugo Festa attraverso l'immagine di Cristo Misericordioso per intervento del Papa Giovanni Paolo II nel 1990 in Italia" Miracolo che ha avuto luogo il 2 agosto 1990 a Trento (Italia). Ugo Festa, 39 anni, di Piove­ne Rocchette, ex operaio della Lanerossi, sposato e padre di due figli, da 11 anni era malato di sclerosi a placche e da 7 anni questa malattia lo condannava alla sedia a rotelle, senza alcuna speranza di guarigione. Ha pere­grinato da un ospedale all'altro, ha consultato invano fior di spe­cialisti. Poi, alla fine, si è rasse­gnato alla sua sorte ed ha capito che era meglio imparare ad ama­re la sua carrozzina. Oltre che di sclerosi a placche, Ugo Festa sof­friva anche di una grave forma di epilessia e di un deficit visivo di 7 diottrie.
Cinque anni fa qualcuno gli consigliò di recarsi a Lourdes. Andò in Francia con molto scet­ticismo e non tanto per trovare la guarigione, quanto per "tro­vare la mamma", che lo aveva abbandonato quando aveva soltanto 9 mesi. Dopo il bagno nell'acqua miracolosa Ugo Fe­sta, che era un bestemmiatore incallito, non è più riuscito a be­stemmiare.
Da quel momento la sua vita è cambiata. Una conversione au­tentica, con la decisione di dedi­care la sua sofferenza a Dio. Sedu­to davanti alla Grotta, pensando alla sua madre naturale, sente la voce dell'Immacolata: "Io sono la tua prima Madre e tutte le altre madri ti sono madri".
Ma la vera svolta è stato l'in­contro con Gio­vanni Paolo II. Il Papa ha benedetto le cinque icone di Gesù Misericor­dioso che Ugo Fe­sta aveva portato con sé, e gli ha rac­comandato di affi­darsi al Suo Cuore e all'intercessione della "sua" suor Faustina Kowal­ska, una religiosa polacca che negli anni trenta ebbe visioni e colloqui con Gesù.
Il Santo Padre gli raccomandò anche di recar­si a Villazzano, nella diocesi di Trento, dove nella "Villa O Santissima" ha sede l'Alleanza Dives in Misericordia, una co­munità di preghiera e di studio guidata da don Renato Tisot e composta di cristiani che ri­tornano al nucleo teologico di tutta la Bibbia, racchiuso nella grande rivelazione che "Dio è Misericordia" (1 Gv 4,8).
Senza essere molto convin­to decise di ascoltare la racco­mandazione del Santo Padre e si recò a "Villa O Santissima" nel momento in cui vi si svolge­va una settimana di evangeliz­zazione e spiritualità. Gli sem­brava di essere circondato da esaltati, da fanatici.
I primi giorni di preghiera fu­rono traumatizzanti ma, convin­to dai presenti decise di restare. In quel luogo di raccoglimento e di preghiera lo stato d'animo di Ugo Festa migliorò notevolmen­te, tanto da trovare la forza di perdonare sua madre e ringra­ziarla di avergli dato la vita. Il quarto giorno, mentre si trovava in prima fila nella cappella a pre­gare con tutti gli altri, ha prova­to improvvisamente una strana sensazione: la figura del Cristo dell'icona davanti alla quale pre­gava si è animata.
Ugo vedeva muoversi la ve­ste di Gesù e Lo vedeva tendergli le braccia. Aveva paura, voleva ripararsi dal gesto del Redento­re, non voleva accettare ciò che stava accadendo.
La visione si è ripetuta cin­que volte e alla fine Ugo si è de­ciso a dire: "Tirami su, sei capa­ce?" La figura del Cristo è uscita dall'icona per la sesta volta, si è avvicinata, il malato si è sentito toccare e si è trovato in piedi con le braccia alzate davanti al­l'immagine di Gesù.
Era il 2 agosto 1990. Ugo Festa era tornato a camminare, era scomparsa l'epilessia e, da 7 diottrie, il suo deficit visivo era ora di meno 0,7. Da quel momen­to Ugo non smette di pregare e di ringraziare Dio.
Il 29 agosto Ugo si è recato di nuovo dal Santo Padre per infor­marlo personalmente della gra­zia ricevuta, e questa volta lo ha fatto senza la sedia a rotelle, ma sorretto dalle proprie gambe.
Conforme alla realtà dei fatti: secondo la relazione del guarito trasmessa a don Serafin Micha­lenko a Roma (Vicepostulatore per la causa di beatificazione di suor Faustina) e secondo la stampa italiana (Il Mattino di Pa­dova del 4 settembre 1990). Apostolato della Miseri­cordia Divina - 00-695 Varsavia Nowogrodzka 44 n. 5 (Polonia)
2. Don Renato ci racconta: È vero, è un clamoroso mira­colo: fra tanti, il più forte e signi­ficativo che io abbia visto e do­cumentato nei miei lunghi anni di predicazione e di preghiera d'intercessione, entro il Rinno­vamento Carismatico Cattolico, al servizio della grande Ora del­la Divina Misericordia.
L'evento ha fatto il giro del mondo rapidamente, anche per­ché fu distribuito un famoso de­pliant (sembra un milione di co­pie) in un affollatissimo pellegri­naggio di Papa Giovanni Paolo II in Polonia, specie nella sua tappa a Czestochowa. Di fatto lo trovai nelle mie itineranze, ad esempio in India e in Australia, dove mi chiedeva­no se sapevo qual­cosa al riguardo. Immaginatevi cosa succedeva quando mi rivelavo come il prete conduttore del ritiro.
In quel tempo a Trento ebbi telefo­nate e visite a non finire. Orbene, è vero, si era nella cal­da estate del 1990, nella frequentatissi­ma Casa di preghie­ra "Villa O Santissi­ma". Io avevo condot­to ben nove corsi settimanali di spiritualità e non vedevo l'ora di godermi un po' di vacanza. E invece, fu proprio in quel mo­mento che arrivò la strana tele­fonata di uno, che diceva di aver ricevuto direttamente dal Santo Padre questa proposta. Misi giù subito il telefono, pensando ad uno scherzo o a una provocazio­ne. Invece altri amici testimoni mi richiamarono a confermarmi l'eccezionale cosa.
Che fare? Era presente un bel gruppo di persone. Rivelai la notizia e aderirono di cuore a restare un'altra settimana per un corso, evidentemente mirato a sostenere il grande malato. Fu già una prima meraviglia. E ven­nero delle persone ad accompa­gnarlo, mentre noi ci sentivamo commossi e davvero protesi a pregare per questo fra­tello, con un cumulo di miserie addosso.
Storia nella sto­ria: restò con noi la dottoressa Piazza Marcella, primario del reparto di neu­rologia nell'Ospeda­le civile di Trento. Bravissima nella sua professione, non aveva però il dono della fede, e quando in casi estremi qual­cuno accennava alla preghiera le veniva da fremere. Succes­se che un giorno si trovò affetta da un grave tumo­re al cervello, che non le dava alcuna speranza. Qualcuno le disse di venire alla nostra casa di preghiera e, dopo resistenze forti, si decise di venire. Ebbe una guarigione da Gesù Miseri­cordioso, per cui fu poi una delle più assidue frequentatrici. E non a caso il Signore la volle presen­te a questo clamoroso miracolo. E c'era anche mia mamma, che di meraviglie divine ne aveva già sperimentate tante.
Ritorniamo ai fatti. Il buon Ugo Festa, che si era ribellato più volte al Signore proprio per tutti i malanni della sua vita, era ap­pena tornato alla fede e alle pra­tiche fondamentali. Un grande impatto ebbe il pellegrinaggio a Lourdes con la sua Confessione sacramentale e poi la scoperta che alcuni devoti gli fecero fare del Gesù Misericordioso. Per cui procurava immagini allo scopo di promuoverne il culto. Ecco il motivo dell'attenzione di Gio­vanni Paolo II e il suo invito di andare a Trento in quell'impor­tante e determinante incontro in piazza S. Pietro.
Ma cosa succedeva nel no­stro corso a Trento? Che, por­tando avanti la vibrante pre­ghiera carismatica, lui si trovò all'inizio in un tale disagio, che voleva partire. A questo punto lo mettemmo davanti al grosso e sincero impegno che tutti noi ci eravamo presi per lui. Decise di rimanere, e allora il Signore co­minciò a lavorare alla grande.
Nella terza giornata iniziai una ispirata preghiera di gua­rigione della vita, delle ferite e delle memorie, pregando sem­pre sulle ali del perdono per le persone che potevano essere state negative o dannose e per le situazioni che potevano esse­re state traumatizzanti. Ero ap­pena al percorso della guarigio­ne delle ferite avute nel grembo materno, quando Ugo cominciò ad urlare: "Mamma, mamma".
Venimmo a sapere in seguito del­l'abbandono materno fin dall'in­fanzia e dell'odio accumulato poi nel confronto di lei. E non voglio dire in quali pesanti termini.
Questa guarigione del rap­porto materno, anzi, col desi­derio di poterla amorosamen­te incontrare e abbracciare, lo portò a chiederci un momento di interiorizzazione, di pausa e di silenzio. Rispettammo il desi­derio, e lui si pose con grande amore in atteggiamento di pre­ghiera davanti a quella che or­mai è la "celeberrima" icona di Gesù Misericordioso (si trova oggi a Surmanci, parrocchia di Medjugorje).
Io mi ero ritirato in camera per le udienze, ma ad un certo punto sento grida ed insoliti mo­vimenti. Sento acclamare al mira­colo e poi mi vedo salire a piena velocità Ugo Festa completamen­te sanato, cioè guarito dal cumu­lo di malattie che prima portava. La sua carrozzella è ancora nella soffitta della Villa. Avevo assisti­to in passato ad alcune guarigio­ni di questo tipo, ma notavo che poi ci voleva un buon allenamen­to per riprendere la camminata. E pensare che la sera, per aiutar­lo ad andare a letto, ci volevano due uomini, che poi collaborava­no anche a lungo per la pulitura del catetere.
Telefonai alla moglie la gran­de notizia, ma di botto assolu­tamente pensava che fosse un brutto scherzo, ed io insistevo dicendo addirittura che Ugo aveva intenzione di ritornare a casa in autostop; intanto sentivo il figlio che sussurrava da quale mago era andato il papà.
La nostra piccola comuni­tà rimasta era in prevalenza di donne. Osai chiedere di non dire niente a nessuno di quello che era successo, fino a che non avessimo avuto tutti gli accerta­menti medici, che la provviden­ziale presenza della dottoressa Piazza poteva mettere in atto. Lei si mise all'opera addirittura con i criteri di Lourdes, essendo­si premurata di richiederli dalla Francia. E le donne presenti? Mantennero il silenzio: cosa che fece dire al nostro sacerdote bi­blista: "Questo è davvero un altro grande miracolo".
Un giorno Ugo partecipò in incognito ad un gruppo di pre­ghiera nel vicentino, e là acca­deva però che era presente un uomo che lo conosceva prima e che si fece spiegare l'accaduto. Non l'avesse mai fatto. L'ami­co era un giornalista e il giorno dopo fu sulla stampa di Vicen­za e, due giorni dopo, a Trento, mi vidi arrivare giornalisti della stampa e della televisione. Li portai in cappella davanti all'im­magine "miracolosa", ed ebbi prima di tutto una splendida occasione per raccontare que­sta importante storia dei nostri tempi. Ovviante dissi di lasciar­mi poi in pace, al che, dopo un ovvio chiasso massmediale accadde. Intanto gli accertamenti medici vennero estesi e l'Arcive­scovo di Trento, Mons. Giovan­ni Maria Sartori, dopo attenta lettura, ci permise di inoltrare la causa a Roma.
Ugo Festa era un'enciclo­pedia di disgrazie e malanni. Sentite: abbandonato dalla ma­dre, adottato, allattato artifi­cialmente per nove mesi, con otite bilaterale all'età di dieci mesi. A cinque anni meningite tubercolare e ricoverato per en­cefalite e adenoitectomia. A cin­que anni meningite tubercolare e ricoverato per encefalite. In seguito, emiparesi e comparsa dello strabismo. A 13 anni ap­pendicite, a 14 ernia inguinale, a 19 cistite con macroematuria, a 22 ernia inguinale, a 23 epatite virale, stato delirante e trasferi­mento allo psichiatrico, a 24 sin­drome vertiginosa con nevrosi depressiva reattiva. Continui ricoveri e astenia neurocircola­toria; a 25 anni duodenite in fase florida di dolori epigastrici, a 26 comincia il grave vizio del vino e del fumo, a 28 lombosciatalgia e piedi cavi con deficit muscolari, discopatia, difficoltà di deambu­lazione, fatti artrosici e continui ricoveri. Verso i 30 anni distro­fia muscolare, epilessia, crisi convulsionali, deformazione della spina dorsale, catetere e... inchiodato sulla sedia a rotelle senza speranza alcuna.
Sintesi finale: danno neu­rologico organico a carico del sistema nervoso con effetti di paraparesi, turbe minzionali, sindrome comiziale, depressio­ne reattiva, crisi epilettiche con varie recrudescenze, sclerosi multipla, tremore posturale, ri­flessi pupillari torpidi e turbe visive, turbe visive, sfinteriche, psichiche, incontinenza urina­ria. Inchiodato necessariamen­te e irreparabilmente alla sedia a rotelle. I medici confessano di non poter fare più niente.
Dopo la prodigiosa guari­gione Ugo si fece vedere spesso agli incontri e testimoniò in tanti luoghi la grazia del Signore, dive­nendo soprattutto apostolo del­la Divina Misericordia. Si recò in India, dove madre Teresa di Calcutta lo voleva accanto e lo coccolava. L'aveva conosciuta a Roma prima della guarigione. Sappiamo quanto Madre Teresa fosse tra le primissime conosci­trici e promotrici del culto della Divina Misericordia.
Poi, in Italia, si prestò in tan­ti servizi per i poveri e i disere­dati al punto che, esposto anche a molti pericoli in questa opera, finì assassinato da balordi.
Il giornalista Antonio Soc­ci scrisse un grande articolo in quell'occasione finendolo in questo modo: "La storia di Ugo Festa è questa. E dimostra come per Dio nessuna vita è inutile e non degna. Anzi, per Cristo la vita più preziosa e amata è quel­la più derelitta che la mentalità oggi dominante vorrebbe sop­primere. Lui può fare cose gran­di in quelle esistenze. E c'è un luogo nel mondo dove l'eccezio­nale accade quotidianamente: la Chiesa. Il luogo della Divina Mi­sericordia". (Tratto da A.D.I.M. 4/2009)
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RINGRAZIANO LA MADONNA E IL BEATO BARTOLO LONGO a. 131 – n. 2 – 3/2015
Sono devota alla Beata Vergine del Rosario da sempre. Mi chiamo Ma­ria e, pur avendo difficoltà economi­che in quanto mio marito ha perso il posto di lavoro da qualche anno, fac­cio di tutto per inviare piccole offerte al Santuario di Pompei, perché so che Lei dall'alto ci protegge. Mio padre ha vissuto presso l'Orfanotrofio dell'Istitu­to Bartolo Longo per ben diciotto anni e mia madre è di Pompei, ed è proprio qui che si sono conosciuti e poi sposati nel Santuario. Io abito a Roma, mi sono sposata nel 2000 e proprio nel giorno del mio matrimonio, all'uscita dal risto­rante, un grave incidente ha coinvolto la mia famiglia. Mio padre, mia madre, mia zia, mia cugina e mia nonna, tutti di Pompei. Una macchina a forte velo­cità ha invaso la corsia opposta, dove in quel momento transitava l'auto di mio padre. Sono scesa dalla mia auto cor­rendo sulla strada, ma sono svenuta per lo spavento. Indossavo ancora l'abito da sposa e il trauma è stato così grande che non ricordavo più di essermi sposata, ri­cordavo solo l'incidente. Ho scritto subi­to al Santuario per ringraziare la Vergine per la grazia ricevuta perché, anche se è passato del tempo per la guarigio­ne di tutti ed io ho iniziato a soffrire di attacchi di panico per la paura di quel momento, so che Lei li ha protetti per­ché sono usciti tutti vivi da quel brut­tissimo incidente. Dopo cinque mesi di matrimonio, ho scoperto di aspettare un bambino, ma l'ho perso poco dopo. Quest'altro evento negativo mi ha fatto cadere in uno sconforto totale. Negli anni successivi ho dovuto sottopormi a vari interventi chirurgici, di cui due alle mani, poi ho perso un altro bambino nel 2005. Ero totalmente distrutta, av­vilita, ma ho continuato ad affidarmi alla Beata Vergine del Rosario e Lei mi ha dato la forza per andare avanti. Il 23 maggio del 2006, finalmente, all'età di 38 anni, ho avuto la gioia di diventare mamma di un bambino che abbiamo chiamato Manuel. AI Santuario ho con­segnato il fiocco celeste che testimo­niava la nascita di mio figlio, con scritto: "Grazia Ricevuta" . Dopo solo un paio di mesi, purtroppo, ecco un altro dolore: la mia dolce nonnina Teresa, cui ero molto legata, è salita al cielo. È solo attraver­so la fede e le continue preghiere che sono riuscita a superare tutto e ringra­zio la Beata Vergine per esserci sempre stata e per avermi dato la famiglia che sognavo: un marito che mi ama e che io amo ed un bambino che adoro. Grazie! Chiedo alla Madonna di Pompei di non abbandonarmi mai, di far star bene mio marito e di aiutarlo a superare questo momento difficile di disoccupazione. lo ho un lavoro part-time, non posso per­mettermi di stare ferma. Amo la mia fa­miglia, cerco di incoraggiare mio marito per non farlo cadere ancora in depressione, ma è dura anche per me, a volte crollo anche io, e per non farmi vedere piango quando sono sola. Ho pregato tanto per avere il mio bambino e vorrei potergli dare un futuro sereno. Appena ha iniziato a parlare gli ho insegnato le preghiere, ed ogni giorno le recitiamo insieme, e quando lui si rivolge alla Be­ata Vergine del Rosario per ringraziarLa di ciò che ha e per chiederLe di aiutare il suo papà a trovare un buon lavoro, ì miei occhi si riempiono di lacrime. Chie­do, inoltre, preghiere per tutti i miei fa­miliari, gli amici che ci sono vicini ed in particolare per la mia mamma e il mio papà Angelo, cui è stato diagnosticato il morbo di Parkinson, con rigidità labiale e delle articolazioni e conseguente sta­to confusionale. Imploro in ginocchio ogni giorno la Madonna di Pompei affinché si trovi una cura che possa far vivere meglio tutti questi ammalati. Ha subito tanti dolori il mio papà, il primo in assoluto quando è rimasto orfano a soli quattro anni, poi ha per molti anni nell'Orfanotrofio di Bartolo Longo, e so che è devotissimo della Madonna e del Beato Bartolo Longo, per cui spero che la Beata Vergine non lo abbandoni. Rin­grazio immensamente per la pazienza nel leggere questa mia lettera che vor­rei fosse pubblicata sul vostro mensile "II Rosario e la Nuova Pompei'; per far sapere a tutti che ogni giorno, ogni mi­nuto, sempre, dobbiamo pregare e affi­darci alla Mamma di Pompei, perché lei è Grande. Maria O. Roma
 
Scrivo al Santuario per una grazia ricevuta 28 anni fa. A mia figlia Paola all'età di 7 anni fu riscontrata una colite ulce­rosa. Cominciò così un calvario fra cure e accertamenti con­tinui, è stata in cura per anni, con tante complicazioni. All'età idi 12 anni un'altra complicazione, un pioderma gangrenoso alla gamba. Dopo tante ricerche, riuscimmo a trovare a Mi­lano la speciale pellicola che ci aveva prescritto il medico per fare le medicazioni alla gamba. Nella mia totale disperazione, mi rivolsi alla Madonna (fino a quel momento io non prega­vo, ero credente, ma non dicevo preghiere). Così Le dissi: "Se Tu salvi la gamba a mia figlia, ti prometto di dire il Rosario ogni giorno, però me lo devi far dire dal medico che sei stata Tu". Così, all'ultimo controllo che facemmo il medico mi mise la mano sulla spalla e disse:" Vada a ringraziare la Madonna di Pompei': In quel momento mi gelai tutta e capii che era stata Lei. Da quel momento non ho mai smesso di dire il Rosario e cerco di divulgarlo a quanti conosco perché anche loro si affidino a Lei. Vengo due volte l'anno al Santuario a ringraziarLa e mi affido ogni giorno a Lei perché protegga i miei figli e le mie nipotine. Mammina mia celeste, ti amo con tutto il mio cuore. Pina S. Napoli
 
Nei primi di settembre ero appena andata al mare con mio marito per trascorrere qualche giorno di vacanza, quando fui colpita da atroci dolori all'addome con vomito. Fui portata al pronto soccorso di Ravenna e qui, dopo varie visite ed ecografie, volevano ricoverarmi per sottopormi alla TAC e ad altri accertamenti. Preferii ritornare a Bologna. In seguito al risultato della TAC fui ricoverata per essere sottoposta ad un intervento molto complesso e di dubbia riuscita. Dovevano lavorare sul pancreas. Mi rivolsi allora alla Vergine di Pompei, di cui sono devota sin da bambina. Recitai le tre Novene in cui La supplicai di aiutarmi. Ella ha esaudito le mie preghiere. L'intervento è riuscito ed oggi, a distanza di cinque mesi, sto riprendendo la mia vita di sempre. Naturalmente faccio delle terapie settimanali e dei controlli periodici, ma sono sicura che la Madonna veglierà su di me e mi proteggerà. Inoltre, devo ringraziare il Beato Bartolo Longo e Papa Wojtyla, che in seguito alle mie preghiere, hanno fatto riappacificare le figlie con il padre: non si parlavano da anni. Grazie, grazie! Milde e Enzo O. Bologna
 
Ho ricevuto una grazia per un ginocchio senza cartilagine da operare. Da gennaio faccio ogni notte l'adorazione al SS. Sacramento e il Rosario su TV 2000 da Pompei. Un grazie al Beato Bartolo Longo e alla S. Vergine Maria per quanto mi hanno dato. Ora posso camminare senza dover prendere quattro pastiglie antidolorifiche. Un grazie a Lei, Eccellenza, e alla cittadina di Pompei che passerò quanto prima a visitare. Lavinia B. Trieste
 
Desidero ringraziare dal profondo del cuore la Beata Vergine di Pompei per aver interceduto presso il Signore, permettendo che la piccola Miriam nascesse indenne dalla diagnosticata malattia cronica e liberando sia i genitori sia i nonni da dolorose angosce. Con somma devozione. Antonietta M. Casoria (NA) (Tratto da: “Il Rosario e la nuova Pompei)

**********************************************************************MIRACOLI DI GESU’ BAMBINODi Simone Novara – Messaggero di Gesù Bambino di Praga 3/2012 ASPETTO SOLO LA TUA BENEDIZIONE!
La storia di Alessia di Iaco, residente a Vignate (MI) miracolata da Gesù Bambino«Scusa Marco, so che oggi sei molto preso, ma in portineria c'è una famiglia che desidera vederti perché ha una figlia che ha ricevuto una grazia». Comincia così l'incontro tra la Fam. De Iaco e Padre Marco Cabula. Un incontro che Gesù Bambino stava sicura­mente preparando da tempo... da quando, nella Sua Misericordia, ha deciso di prendere fra le Sue mani­ne la difficile situazione di Alessia, la figlia più picco­la di Ivano De Iaco e sua moglie Francesca...
Alessia è nata a Milano il 10 ottobre del 2010. A vederla ora è una bambina solare, con uno sguardo vispo e pieno di vita. Chi l'avrebbe mai detto che proprio quegli occhi fino a pochi mesi fa erano persi nel nulla, spenti nel baratro di una sofferenza atroce che umanamente non riusciva a scorgere una via di soluzione... Anche loro, Ivano e Francesca, ora resi­denti a Vignate (MI), naufragavano in quello sguardo, eppure senza saperlo, a differenza di quello che tante volte avviene in circostanze simili, stavano riscopren­do le basi più solide della loro vita matrimoniale. Perché il dolore è così: o ti divide o ti unisce... e la fede, in certi frangenti, fa proprio la differenza.
I coniugi De Iaco lo sanno bene, forse perché in questo buio ci sono passati, e salutano il giovane Frate con affetto, come se fosse già nata fra loro un'amicizia e gli presentano le loro due splendide figlie, Elisa e Alessia, assieme ai parenti che li hanno accompagnati. Gli raccontano in particolare come, su quest'ultima figlia, lo sguardo del Piccolo Re si sia posato da subito. Da quando, appena nata, un'amica di Ivano, tornando da Pietra Ligure, portò loro un piccolo ricordo di Gesù Bambino di Praga. E se è vero che le vie del Signore sono sempre più ampie rispetto alle nostre, non ci è difficile intuire, col senno del poi, come quel semplice gesto rappresentasse già una grande premonizione: da subito, su quella fragi­le vita, doveva posarsi una mano più grande, capace di sorreggere, custodire, guidare e persino guarire ciò che solo 5 mesi più tardi inizierà a manifestarsi.
È proprio lei, Francesca, la mamma di Alessia, che inizia a raccontare questa incredibile testimonianza. «Le prime manifestazioni esteriori le abbia­mo colte vedendo che la bambina strizzava forte gli occhi e irrigidiva il mento. Subito pen­sammo a un normale "reflusso" ma, per essere tranquilli, consultammo i medici«.
«E questo quando?» - chiede P. Marco
«Erano gli ultimi giorni che precedevano la Quaresima 2010. Iniziò anche per noi il lungo cammino...»
Il nostro "calvario"» - precisa Ivano... «Abbiamo consultato e girato medici, profes­sori, specialisti, avanti e indietro fra ospedali come il Besta, il San Raffaele, il Buzzi... fino ad infrangerci contro quel terribile referto: «una malformazione rarissima, attualmente incurabi­le e quindi purtroppo non guaribile». Questa sin­drome è dovuta alla alterazione del gene DCX e pro­voca, durante la migrazione neuronale, la creazione di una seconda corteccia cerebrale interna. La riso­nanza magnetica parlava chiaro e la malattia viene a confermarsi a seguito di forti crisi epilettiche sempre più frequenti. Alessia, da questo momento in poi, vive in un costante monitoraggio medico. Specialisti le amministrano farmaci barbiturici ed è ormai quasi sempre coricata, ipotonica, con uno sguardo spento che si alterna a lunghi periodi di sonno. «La cosa più impressionante era che la mia bambina non sorrideva più, non si muoveva... Non riusciva più nemmeno ad afferrare gli oggetti. I medici ci avevano detto chiaramente che avrebbe avuto dei ritardi motori e cognitivi».
Il 25 marzo Francesca riceve l'olio benedetto di Gesù Bambino e quello stesso giorno inizia la novena. Intanto i controlli si intensificano e si fa strada pian piano l'ipotesi di una nuova cura cortisonica endove­na che avrebbe comportato per Alessia, oltre al rico­vero di almeno 2 mesi, tutte le varie conseguenze che una cura così invasiva avrebbe provocato. «Ricordiamo come fosse oggi - continua Francesca - che durante un controllo un Professore, nel visitare Alessia, commentava la malformazione ad alta voce con i colleghi e provava a sollecitare la manina della bambina dicendo loro: "Vedete, la paziente ha l'istinto di stringere, ma il suo è come uno stimolo ancestrale, lontano, che non arriverà mai ai muscoli della mano". Sia io che Ivano abbiamo provato a spiegargli che Alessia prima non era così, che ci saranno pur state vie risolutive a tanta nostra disperazione!
Lui ci guardò e ci disse quasi con distacco: "Io posso solo constatare quello che vedo   e la realtà di Alessia è questa!". Poi con freddezza aggiunse "...ma è vero che esiste un Dio"». Ivano, preso dal racconto, continua «a quelle paro­le io e Francesca ci siamo guardati. Quel vocabolo finale, "Dio", è come se avesse accesso all'improv­viso un interruttore di luce a tanto nostro buio». Intanto l'appuntamento prefissato per il ricovero si avvicinava. Anche le cure diventano sempre più forti e Alessia era sempre più spenta. 4 medici si accaniva­no aumentando la dose. Io e Francesca eravamo disperati... anche perché la situazione non miglio­rava affatto. Ma c'era una cosa che ci sosteneva: la preghiera per Alessia aumentava sempre di più. Attorno a noi si era costituito un vero e pro­prio gruppo spirituale di amici, conoscenti e pa­renti che pregavano per noi e per Alessia. Anche Elisa, la sua sorellina di 4 anni, appena vedeva Alessia stare male, scappava nella sua cameretta e mettendosi in ginocchio davanti alla statuetta della Madonna recitava le sue preghierine. Quando si è trattato di decidere, dopo aver invo­cato lo Spirito Santo, abbiamo aperto a caso la Sacra Bibbia e ci è capitato sotto gli occhi il passo del profeta Michea 2,12-13».
Leggendo quelle parole Ivano si fermò e disse: «Basta! Ora la vita di Alessia è nelle mani di Colui che è l'unico che può risolvere davvero questa situazione». Decisero di non ricoverare più la piccola Alessia.
«Intanto, come una "voce interiore", - conti­nua Ivano - quasi un pensiero martellante, mi suggeriva: "indagate sul reflusso"... E fu così che contattai in quei giorni il Prof. Cesare Ghi­nelli, chirurgo pediatrico dell'Ospedale Mag­giore di Parma, che pregava con noi. Ci disse di recarci a Parma per fare una radiografia all'eso­fago. Abbiamo così scoperto che Alessia aveva anche un'altra malformazione.
Non aveva (angolo di IUS ben formato, un angolo formato dal margine sinistro dell'esofago e dalla grande tuberosità gastrica e quindi, quan­do lo stomaco lavorava, il mangiare tornava su anche se la bimba non rigettava.
"Ecco, ci mancava anche questo", fu la prima espressione che uscì dalla bocca di Francesca. Era esausta e sconfortata, la desolazione le si leggeva negli occhi. Io, non so perché, a quella notizia reagii in modo diametralmente opposto. "Ma rin­grazia ugualmente il Signore", le risposi.
Il medico fortunatamente ci conosceva e capì la nostra situazione.
Ci diéde dei consigli molto pratici, cercando di ispessire le pappe e renderle più solide. Intanto anche la preghiera aumentava. Tra di noi ormai era nato quasi un linguaggio in codi­ce... fatto di gesti semplici, di piccoli "segnali" che tutti avevano imparato a decifrare. Quando Alessia iniziava ad avere le convulsioni, Francesca faceva uno squillo con il telefonino a tutte le persone del gruppo. Chi riceveva la chiamata - amici, parenti, persone che pregavano Gesù Bambino e la Madonna assieme a noi - capivano che dovevano incominciare a pregare. Quando le crisi convulsive finivano, gli squilli diventavano due. Questo serviva a raggiungere più persone possibili. Tutti pregavano per lei, - indica Alessia - e diventava un'unica preghiera d'intercessione presso il Signore. Recitavamo in particolar modo la preghiera del malato, quella che è dietro ad alcune immaginette di Gesù Bambino.
Così facendo abbiamo notato un netto mi­glioramento. Le crisi cominciarono ad essere sempre meno frequenti. Ricordo anche il gior­no in cui abbiamo unto per la prima volta no­stra figlia con l'olio benedetto di Gesù Bam­bino. Era il 25 Marzo.
L'abbiamo unta sulla fronte e poi, abbiamo intinto il ciuccio nell'olio perché lo assumes­se...». Ma l'olio non è da bere! » interviene con un sorriso Padre Marco.
«Padre, con tutti quei veleni che era costretta ad assumere nostra figlia ogni giorno... figuria­moci se ci spaventava un po' di olio...»
«È in riferimento alla festa mensile che si cele­bra al Santuario ogni 25 del mese che avete scelto questa data precisa?" chiede P. Marco. "No... ma perché, Padre, cosa succede ogni 25 al Santuario?»
A questo punto il Padre presenta ai genitori - che ancora non riescono a cogliere tutte le coincidenze provvidenziali che si intrecciano con la storia di Alessia - il calendario con gli appuntamenti del Santuario. «Lo vedete? Ogni 25 del mese è scritto in rosso perché tutti i devoti sanno che, quello, è il giorno dedica­to al Piccolo Re: è il giorno in cui ci si ritrova spi­ritualmente intorno a Lui»».
Francesca, commossa, guarda il foglio e stupefat­ta piange di gioia a tanta misericordia! Anche Ivano è commosso ma ha fretta di raccontare ancora quell'ul­timo tassello che manca alla testimonianza: la guari­gione. «Il 2 maggio Alessia ha avuto l'ultima crisi. Per me era stata una giornata particolarmente pesante, e Francesca poco prima mi aveva avvi­sato che la bimba non stava bene. Salii in mac­china e subito mi accorsi dello squillo. Fu come una pugnalata al cuore. Mi fermai e pregai il Piccolo Re con queste parole. "Gesù Bambino, ricopri questa telefonata col tuo Sangue prezio­so. Lo so che Tu l'hai già guarita con la Tua Croce ma aspetto solo la Tua benedizione".
Arrivo a casa e mi dirigo subito alla culla di Alessia. La vedo ancora là, stravolta... Mi sono inginocchiato accanto a quella culla e piangen­do ho appoggiato il capo a quel lettino dicendo "Basta, Signore, sono stanco. Ora non voglio fare più niente: Gesù Bambino, mi abbandono completamente a Te".
Da quel momento Alessia è guarita!
Guarita: non ha più avuto crisi. Ha recuperato totalmente il sorriso, la capacità di muoversi, di giocare, di afferrare gli oggetti... la guardi, Padre Marco, direbbe mai che questa bambina era nelle condizioni che le abbiamo appena raccontato?».
,Pensi, Padre, - è la mamma Francesca che parla - spesso pregavo così la Madonna e Gesù Bam­bino: "Vi prego, fate che un giorno Alessia possa abbracciarmi, fate che possa afferrare i miei occhiali e gettarli pure per terra o possa arriva­re a prendere i miei capelli e tirarmeli" ...».
Ironia della sorte: Alessia, durante una visita presso una dottoressa che non ha mai accettato il fatto di non aver mandato la loro figlia a fare il rico­vero di due mesi, ha afferrato quei suoi capelli sciol­ti e li ha tirati talmente forte che i due genitori sono diventati rossi dalla vergogna. E per di più, durante la visita, dopo la guarigione, si è limitata solo a dire che vedeva "evidenti miglioramenti!".
Concludiamo la testimonianza con una frase oserei dire "illuminata" da una Sapienza di fede che spesso fa la differenza in ogni ambiente, soprattutto quelli dove la sofferenza è di casa. Ed è quella del dottor Flavio Cimorelli, neuropsichiatra infantile del centro Don Gnocchi di Pessano con Bornago (MI). Guar­dando la piccola Alessia dopo una lunga consulta con referti, e con chi ha conosciuto lo stato in cui era la piccola, ha detto: « Questa benedetta doppia cor­teccia c'è e lasciamola li dov'è. A volte noi medici vogliamo sempre dare delle spiegazioni anche a casi dove la spiegazione non c'è»...
Forse Gesù Bambino, sentendo quella frase, avrà concluso con un bel sorriso...
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RINGRAZIANO LA MADONNA E IL BEATO BARTOLO LONGO a130, a3, 2014
Finalmente dopo tanti anni mi sono decisa a raccontare la mia testimonianza sulla Madonna di Pompei. Siamo nell'anno 2001. lo sono tutrice - ma mi considero madre­ di mia mia sorella maggiore Marina invalida (cerebrolesa e cieca), dalla morte di no­stra madre. Nell'anno 2001 Marinella, così la chiamiamo, comincia ad avere emorragie uterine che vengono curate per mesi per "premenopausa". Non mi voglio dilungare sulle varie diagnosi. A metà aprile quella definitiva: "Can­cro collo dell'utero in donna vergine". Abbiamo la grazia di entrare subito al Policlinico Gemelli di Roma e dopo un lungo periodo di studi su una paziente molto grave si decide per l'intervento su un cancro molto aggressivo, peggio del sarcoma. I medici dicono sei mesi o un anno di vita. Pronta per l'interven­to da fine aprile, non veniva operata perché non c'era posto in rianimazio­ne che di notte veniva occupato sem­pre da altre urgenze. Fino a quando la mattina dell'8 maggio del 2001. alle ore 7.00 mi reco con Marinella in car­rozzella in Cappella per ascoltare la SS Messa. Finita la Messa mi avvicino alla Statua della Vergine Maria con – Marinella - e-te dico: "Madre mia oggi è la Tua festa. Se si deve operare operala
Tu oggi. Sii Tu il suo chirurgo" Torno in camera ed alle ore 08.00 entrano le in­fermiere festose dicendomi: "Stefania! Marinella si opera!". Non vi dico la mia gioia e preoccupazione. È uscita dalla camera operatoria alle ore 12.20, finite le suppliche nel mondo. II professore che l'aveva operata mi dice: "Ora siamo nelle mani di Dio!" : Nei successivi giorni di convalescenza mi dicono che Mari­nella, in quanto cerebrolesa grave non può essere sottoposta né a chemiote­rapia né a radioterapia. Oggi il nostro Angelo è qui con noi in ottima salute, ecco la sua foto. Sono sicura che No­stra Mamma Santissima alle ore 12.00 dell'8 Maggio del 2001 è scesa in terra ed ha raccolto le richieste di grazia dei Suoi figli e le ha presentate in Cielo a Suo Figlio e Lui, fra queste ha concesso la guarigione a Marinella.
Pregate ed invocate Mamma Nostra Santissima perché Lei vi ascolta. Grazie Mamma a nome di Marinella. Stefania S. Latina
 
Scrivo questa lettera per esprimere la mia gratitudi­ne al mio caro fondatore, il Beato Bartolo Longo per avermi fatto sperimentare un miracolo nella mia vita, attraverso Mamma Maria. Nella prima settimana di agosto caddi, dopo che già soffrivo di un dolore alla gamba. Non riuscivo più a mettermi in ginocchio per pregare da molto tempo, poiché non potevo allungare la gamba. Ho fatto delle cure per alleviare il dolore, dopo una settimana ho provato un po' di sollievo, ma dopo due settimane il dolore è ritornato, anzi la condizione della mia gamba peggiorava. Ero così preoccupata che decisi di consultare uno speciali­sta ortopedico. Eravamo ormai in ottobre, ed era la vigilia della festa del Beato Bartolo Longo, che cade il 5 ottobre, e tutte noi stavamo decorando la statua del Beato. Sentii il desiderio di offrire una ghirlanda di fiori; così dopo averla preparata mi sono avvicinata per offrirgliela. La statua era posta troppo in alto e quindi trovai difficoltà a deporla. In qualche modo ci riuscii e offrii quei fiori con le lacrime agli occhi, pregando per la mia guarigione, poi sono andata a dormire. II 5 ottobre mi sono svegliata di mattina presto, e quale sorpresa! non sentivo più alcun dolore. II mio cuore traboccava di gioia. Sono corsa alla statua del beato Barto­lo Longo e l'ho ringraziato con lacrime di gioia, questa vol­ta. Ora posso pregare anche un intero rosario stando tutto il tempo in ginocchio. Grazie Bartolo Longo. Grazie infinite. Tua devota figlia.
Sr. Mary Jancy M. OP Suore Domenicane di Pompei Kottuvally (Kerala) – India 
Con grande gioia vi scrivo questa lettera che deside­ro venga pubblicata sulla Rivista perché voglio che tutto il mondo sappia del grande miracolo che mi ha concesso Gesù per mezzo della Madonna di Pompei. Sei mesi fa, mia nuora era incinta ed è andata per la prima volta a fare degli accertamenti. Le dissero che la bambina sarebbe nata non perfetta (con sindrome) e proposero di fare un altro test. Le dissero inoltre che c'era la possibilità di abortire, ma sia lei che mio figlio hanno rifiutato dicendo che se Gesù gliela dava così, così l'avrebbero tenuta. Dopo due giorni mi è arrivato il vostro giornale che riportava una storia simile a quella di mia nuora e mio figlio. Allora per me è stata come una conferma che la bambina sarebbe nata tutta sana. Ho pregato tanto la Madonna, che ci ha fat­to la grazia: il 19 luglio è nata una bella bambina di circa 4 chilogrammi e lunga circa 55 cm! La mia nipotina era sanis­sima! Ringrazio la Madonna dei Rosario che ha esaudito le mie preghiere. Dopo che è nata, ho portàfà il giornale che avevó ricevuto ai neo-genitori, dove c'era pure la foto della bambina e così anche loro hanno creduto che la Madonna aveva ottenuto il miracolo! Invio la foto della bambina ap­pena nata. Sia chiama Liah Mary. Vi prego di pubblicarla e di continuare a pregare per questa bambina, per la sorella, che ha 3 anni, e per tutta la famiglia: ho 4 figli e 11 nipoti. Maria C. Winnipeg - Canada
 
Sono una mamma di tre splendidi figli: Antonella, spo­sata con Domenico; Luigi, sposato con Fortuna; Elisa­betta, che vive con noi. Inoltre, sono anche nonna di due bellissimi nipoti: Mattia ed Antonio, nati dalla mia pri­ma figlia. Sono una vostra benefattrice, molto devota alla Vergine del Rosario di Pompei e al Beato Bartolo Longo. In passato scrissi una lettera che depositai tra gli archi dell'al­tare del Santuario di Pompei, in cui mi rivolgevo a Maria Ver­gine così: "Madre mia del Santissimo Rosario e Madre nostra, da Te aspetto oggi con fervore la sospirata grazia, Tu che sei la più tenera tra le madri, ascolta la mia preghiera, sii suppli­chevole verso Tuo Figlio Gesù. Fa' che Luigi e Fortuna possano procreare un bambino e possano vedere nella creatura, che spero gli donerai, un segno ancora più vivo della Tua presenza nella loro casa. Benedici il loro amore e fa'che sia fecondo, co­sicché domani possa un'altra vocina lodarti, un altro cuorici­ no amarti, un'altra vita rendere testimonianza del Tuo amore per noi': Purtroppo quella lettera si bagnò perché, nel pel­legrinaggio che feci a piedi da Ercolano a Pompei, il tappo della bottiglia dell'acqua che avevo in borsa si era staccato, ma io ero sicura che la Madonnina e il Beato Bartolo Longo l'avessero ricevuta lo stesso Era la-fine dei mese di maggio 2011. Gino e Fortuna, che ad agosto faranno cinque anni di matrimonio, volevano questo bambino come dono della Madonna e non tramite la scienza. Per questo hanno pre­gato tanto, e con loro anche tante altre persone, non solo familiari. Oggi, con la gioia nel cuore, vorrei che testimo­niaste sulla vostra Rivista la grazia ricevuta, perché niente è impossibile a Dio. lo voglio testimoniarlo a tutto il mondo: Dio ci ama e si prende cura di noi, ha avuto misericordia e ci ha esaudito. Non smetterò mai di ringraziare la Madonna di Pompei e Bartolo Longo, che mi hanno esaudito. Intanto continuo a pregare, mi affido alle vostre preghiere perché ne abbiamo bisogno. Candida de L.
(Tratto da: Il Rosario e la nuova Pompei anno 130,  num 3, 2014)******************************************************************************************
TESTIMONIANZE E GRAZIE GESU’ BAMBINO DI PRAGA
C­arissimo Padre Marco,
le scrivo per dare testimonianza di una gran­de grazia che sta vivendo la mia famiglia. Oggi sento forte il desiderio di parlare con lei, le rias­sumo brevemente i fatti: mio padre affetto da 10 anni da grave scompenso cardiaco, oramai all'ultimo sta­dio, in data 29/8/2013 veniva ricoverato in gravissi­me condizioni per l'ennesima aritmia, con prognosi di 48 ore a rischio vita. Verso le 2 dei mattino del 31 agosto venivamo contattati telefonicamente dal­l'ospedale per essere informati dell'aggravamento di mio padre; un respiro affannato con i reni bloccati... Può solo immaginare il nostro sconforto. Mio padre, nonostante decine e decine di ricoveri, ce l'aveva sempre fatta e adesso era lì, fermo, debole, legato ad un filo vicino a quel letto, con quella sacca del­l'urina vuota... Ho invocato il Bambino Gesù per aiu­tarlo!
Nella stessa giornata di sabato, verso le 18.00 la si­tuazione si aggrava ancora di più, mia mamma ci ha chiamati dicendo che i medici le avevano detto: "ci vorremmo sbagliare, ma in queste condizioni, suo marito ha poche ore di vita"...
Hanno staccato tutti i fili, tutte le flebo e lo hanno tol­to dalla rianimazione per portarlo in una stanza di emergenza dove noi e tutti i parenti potevamo stare con lui. Immagini che strazio, verso le 10 ormai senza speranza, è venuto anche mio marito, portando la mia bimba di 13 mesi nella sala d'aspetto. Oramai non c'erano più speranze, il battito di 60 ed un re­spiro affannato, con la maschera dell'ossigeno e la morfina, perché, secondo i medici, la priorità ormai era quella di farlo soffrire il meno possibile!
All'una di notte sono tornata a casa per stare anche accanto alla mia bimba e, mentre percorrevo il cor­ridoio, nella stanza dei miei genitori, su di un quadro dei loro matrimonio, ho visto come una luce a forma di mantello che illuminava la parte di mio padre. Ho guardato due volte e sono scappata a letto spaven­tata, pensando a un triste presagio o semplicemente a un segno: come se un angelo, o la Madonna, se lo fossero venuti a prendere... o lo stavano proteg­gendo... Sono andata a letto con la pace nel cuore e con la sicurezza che mio padre sarebbe stato me­glio! AI mattino ho chiesto a mia madre se dormiva con qualche luce accesa ma lei mi disse di no ed io ho capito che in quel momento avevo visto il mantello del Bambino Gesù che stava proteggendo mio pa­dre. Infatti dopo due giorni si è sbloccato con i reni e gli hanno tolto la morfina. Dopo 15 giorni si è alzato dalla sedie a rotelle: mi dica lei se questa non è stata una Grazia!
Purtroppo il nostro ottimismo si è spento quando una nuova aritmia segnava il cuore, oramai già compro­messo. Da quel giorno non riesce più ad alzarsi, una pressione bassa 60 la massima, una piaga da decubito ed un corpo ridotto a pelle e ossa. Ogni qualvolta cerca di alzarsi sviene o accusa dei tremori perché il cuore non riesce più a pompare. I medici non danno più speranze, anzi ci hanno detto che potremmo portarlo anche a casa, visto che qualcuno vuole anche morire fuori dall'ospe­dale. Pensi che ulteriore colpo, ma la mia fede mi ha sempre trasmesso una tranquillità nell'anima. Ancora una volta un segno dal cielo mi fa com­pagnia, una mattina verso le 9.00, mentre facevo colazione, sul muro sul calendario dove c'è il vol­to di mia figlia di 2 mesi, io e mia mamma abbiamo visto come una luce andare su è giù e an­che la rotazione di una palla di luce ed ancora una volta la tranquillità ci ha accompagnato e mio padre si è leggermente ripreso.
Ho voluto scriverle per dirle che oggi 29/9/2013 è passato un mese ed io nonostante tutto ho la pace nel cuore. I medici lo danno per spacciato, un cuore "alla frutta" stanco, una pressione da collasso, non si riesce più ad alzare da due settimane, ma io accompagnata da questi segni di luce, credo ancora nei miracoli ed ogni giorno, accompagnata dalla fede, percorriamo un passo dopo l'altro con la speranza della guarigione. Aggiungo ancora un'ul­teriore episodio, mio padre nella notte dell’1 ottobre si è sognato la Vergine che sedeva accanto a lui, mio padre le disse che era tanto malato ed in quelle con­dizioni, non potendo muoversi dal letto, non poteva vedere la sua nipotina! lo lo interpreto come un altro segno dal cielo!
Grazie per avermi ascoltata e chiedo una preghiera di guarigione per mio padre... Anna
 
Rev. P Marco,
le scrivo per raccontarle una grazia che mio marito ha ricevuto nel 1953 per opera di Gesù Bambino di Praga.
Ero fidanzata con lui, Mario, e purtroppo lavorava lontano: in Belgio, in una miniera. Un giorno è suc­cesso un terribile incidente: un crollo a mille metri sot­to terra. Pensi che il grisù (detto anche gas di miniera: è un gas combustibile inodore e incolore, caratteri­stico delle miniere di carbone e di zolfo, è costituito prevalentemente da una miscela di metano e quantità variabili di anidride carbonica, ossigeno e azoto. Poi­ché è più leggero dell'aria è pericolosissimo! Si era sparso e lui era lì sotto...
Sono scesi 4 uomini a salvarlo ed è uscito sano e sol­vo senza nemmeno un graffio. Allora mia suocera mi ha detto che quando ha saputo dell'incidente ha pregato tanto Gesù Bambino di Praga. Ho sem­pre avuto la certezza che è stato Lui a salvarlo, io Lo ringrazio di Cuore. Sono passati 60 anni e sempre ho pagato l'abbo­namento e ricevo il Messaggero che leggo con molta fede e ritengo il mensile più bello.
Quando ho avuto problemi di salute sono sempre stata aiutata dal Piccolo Re.
Grazie Gesù Bambino: continua a proteggere me e tutta la nostra fami­glia. Aiutaci ad amorTi sempre di più. Angela F.
(Messaggero di Gesù Bambino di Praga 1/2014)
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RINGRAZIANO LA MADONNA E IL B. BARTOLO LONGO a.130 n.6
Senso che la Regina del Santissi­mo Rosario di Pompei ha ope­rato un grande miracolo nella mia vita. Non appena ho ricevuto dal Santuario il libro dei "Quindici Sabati" ho cominciato a pregare la Vergine di Pompei per la mia vocazione, trovare il mio posto nella vita e essere lì dove Dio mi vuole. All'inizio del 2011 mi tro­vavo in una comunità religiosa come candidata. Le suore contemplative avevano dei problemi e la Santa Sede aveva vietato l'ingresso di giovani ra­gazze nella comunità. Ci sono rimasta lo stesso (al di fuori della Comunità, presso le consorelle della Lituania), per il discernimento della mia vocazione, pregando la Madonna di Pompei con i Quindici Sabati. Pregavo la Vergine Maria di mostrarmi la strada che do­vevo seguire. Quando finiva un ciclo ne cominciavo un altro, sempre con la stessa intenzione. Ricordo di aver fatto tre o quattro volte i Quindici Sa­bati. Ad aprile 2012, poiché i problemi peggioravano, il Vescovo responsabile della Comunità ha vietato ai candi­dati interessati alla vita monastica di restare con le suore, anche solo per il discernimento vocazionale. Così sono tornata in Bielorussia. Ero delusa: sen­tivo che in quella Comunità era il mio posto e la mia vocazione. Non capivo, e non riuscivo a vedere più il cammino da seguire. Ancora una volta ho inizia­to i Quindici Sabati, e dopo anche le tre novene alla Regina del Rosario di Pompei. Alla fine di settembre ho ter­minato la mia preghiera. Pochi giorni dopo ho incontrato un sacerdote che conoscevo bene. Gli ho parlato della mia situazione. Egli mi ha consigliato. di ritornare dai Domenicani, l'Ordine del Rosario. È il primo Ordine che ho conosciuto e volevo entrare lì prima di incontrare la Comunità di San Gio­vanni. I Domenicani erano il mio pri­mo amore, se così si può dire. Tutto si è svolto molto rapidamente, come se qualcun altro stesse organizzando tut­to. Prima ho conosciuto dei Padri Do­menicani e il Terz'ordine Domenicano in Bielorussia. Dopo ho incontrato le suore domenicane che conoscevo bene. Mi hanno detto che avrei potuto entrare in Convento senza problemi. L'8 dicembre del 2012 sono entrata nel Terz'ordine Domenicano (sono già Sr. Maria Dominique, OP). Ora sono quasi postulante presso le Suore Do­menicane. Sono sicura che è stata la Regina del Rosario di Pompei che ha fatto questo miracolo. E non solo. Ogni volta invocavo prima del Rosario San­ta Caterina da Siena (una delle figure principali dell'Ordine domenicano) e dopo il Rosario, San Domenico (fon­datore dell'Ordine Domenicano). Essi pregavano con me la Regina del Rosa­rio. Ecco la mia piccola testimonianza. Chiedo anche preghiere affinché tutto vada bene per l'ingresso in Convento.
Vi ringrazio delle immaginette in in­glese e in francese che mi avete invia­to, tante persone chiedevano di avere un'immagine della Madonna di Pom­pei. In unione di preghiera. Nathalie D. V. - Bielorussia
 
Ho deciso di inviarvi questa lettera per testimoniare la grazia che ho ricevuto ben 13 anni fa. Ero stata respinta all'esame di abilitazione di avvocato, ed in quel periodo ero anche amareggiata perché nel frattem­po erà successo un episodio professionale che mi aveva piuttosto scosso e che mi aveva provocato un problema dermatologico. Ero molto scoraggiata e non mi interessava più l'esame per continuare la professione. Comunque, an­dai a sostenere l'esame a Napoli e un amico, a conclusione dei tre giorni di prova, mi disse "prima di partire ho piacere di portarti a vedere qualcosa di Napoli". Mi ritrovai dunque a Pompei e, facendo un giro in città mi resi conto che lì c'era il Santuario. Entrai, c'era una donna in ginocchio che invo­cava la Madonna per suo figlio, era disperata. Mi avvicinai e sentii che lì c'era la Madonna. La invocai: "Madonna mia, ti prego... aiutami... non farmi più venire a fare l'esame, non ce la potrei fare ancora a venire qui...". Dopo sei mesi uscirono i risultati e fui ammessa all'orale. Ottenni il titolo di avvo­cato come il beato Bartolo Longo. Non ho mai pensato di testimoniare questo episodio della mia vita, perché forse l'ho ritenuto poca cosa rispetto a tante altre testimonianze, ma per me è stata una cosa grande. ~ poiché oggi ho preso
in mano la vostra Rivista, ho pensato, "Voglio ringraziare la Madonna per quella volta, anche se l'ho fatto tante volte dentro di me". Grazie. Daniela e-mail
 
Volevo riportare sulla meravigliosa rivista "Il Rosario e la Nuova Pompei" una testimonianza di interces­sione della Beata Vergine del Rosario. Qualche gior­no fa mia madre, casualmente, ha scoperto di avere valori alti di pressione sanguigna; fin qui, apparentemente, non c'era nessun motivo per allarmarsi, poiché con un'oppor­tuna cura la pressione sarebbe ritornata ai valori normali. II problema più grave era che a quei valori alti di pressio­ne si aggiungevano quelli del colesterolo, il che è molto pericoloso. Amante di Maria, la Vergine Santa che ci inse­gna a pregarla con il santo Rosario, mi misi in incessante preghiera affinché il suo intervento potesse ristabilire le quei valori. Dopo tre giorni di intense preghiere, la Vergine Santa è intervenuta in nostro soccorso, i valori si ristabilirono inspiegabilmente. Sono certo che la Vergine bella, che elargisce grazie a chi confida in Lei, ha prestato ascolto alla mia supplica e come Madre tenera ha interceduto per mia madre presso Dio, il Padre misericordioso e buono che non abbandona mai i suoi figli. Vorrei che questa testimonian­za di intercessione fosse riportata sulla Rivista che il Beato Bartolo Longo ci ha donato come strumento di evangeliz­zazione mariana, affinché tutti sappiano che Maria non ci abbandona mai e ci è sempre vicina con la sua potente e materna protezione. S S Leopoldo V. San Giuseppe Vesuviano (Napoli)
 
Scrivo questa lettera per rendere testimonianza per una grazia ricevuta. Negli ultimi due anni mio figlio ha avuto dei problemi legali. lo ero tanto preoccupa­ta che quasi che mi ammalavo e non trovavo pace. Così ogni sera pregavo il beato Bartolo Longo e la Madonna di Pompei, affidando a loro mio figlio perché lo aiutassero.
Così, oggi, una parte del problema si è risolta, ma ci sono altre questioni da risolvere. Pregherò ancora il beato Bar­tolo Longo, grandissimo avvocato, e la Madonna, Madre Nostra Santissima, affinché tutto si concluda bene e trova­ré finalmente un po' di pace nella mia avanzata età, dopo tanti sacrifici. Spero di venire presto a Pompei per pregare e ringraziare il beato e la Madonna nel Loro Santuario. Una devota Levittown (NY) - USA
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TESTIMONIANZE DI GRATITUDINE A PADRE PIO
PADRE PIO ha protetto me e la mia bambinaNell'anno 2000 aspettavo una bambina, la gravidanza era stata, da un punto di vista fisico, ottima, ma psicologicamente ero distrutta. Ansia, irrequietezza, depressione.Al termine della gravi­danza, prima del parto, il medico mi disse che, nonostante i valori fosse­ro buoni, la bambina purtroppo aveva assunto una posizione poda­lica (con la testa rivolta verso l'alto) e si era aggrovigliata nel cordone ombelicale, per cui era necessario intervenire subito con un cesareo. Mi preoccupai ma capii che era ine­vitabile. Mia madre, sentendo ciò, si avvicinò a me e, un po' timorosa per la mia reazione, mi chiese di po­ter metter un santino di Padre Pio sotto il cuscino, io accettai. Dopo circa 10 minuti tornò il medico, che nel frattempo aveva già fatto prepa­rare la sala operatoria, e per scru­polo mi rivisitò ancora una volta. A quel punto, sbalordito, mi chiese che cosa fosse successo in quel frangente di tempo, perché la bam­bina si era improvvisamente girata ed era pronta per nascere natural­mente, senza operazione.Tutto an­dò bene e mia figlia ora è sanissima. Inoltre, nonostante in sala parto avessi cambiato letto, in camera ri­trovai sotto il cuscino il santino di Padre Pio. Prego Padre Pio di ac­compagnarmi ancora nei momenti difficili della mia vita.
 
ILLESA dopo una caduta. da 3 metriMio marito ed io siamo  devoti a Padre Pio da sempre e ci siamo recati presso la sua tomba innumerevoli volte. Nel 2000 eravamo in vacanza in Puglia e avevamo preso in affitto una stanza per accedere alla quale bisognava salire una scala a chiocciola molto ripida e con gradini di marmo molto alti, nonché priva di poggia-mano. Una mattina, purtroppo, suc­cesse che scivolai dai primi scalini, facendo un capitombo­lo, giù per tutta la scala, di quasi 3 metri. Mio marito, spa­ventato, mi vide cadere roto­lando su me stessa più volte prima di finire a terra. Per for­tuna, a parte il grande spaven­to e un po' di stordimento, la caduta non ebbe conseguenze gravi. Non finiremo mai di lodare e ringraziare san Pio e la Divina Provvidenza per que­sta grazia ricevuta. Adriana Genova
 
Quel forte profumo di violeMi chiamo Antonio e scrivo dalla provincia di Torino. Inizio col dire che la mia devozione a san Pio è cominciata nel 2010, quando mia mamma è stata coinvolta in un brutto inciden­te e Padre Pio ha evitato il peggio. Il 18 ottobre ero nel mio orto a ta­gliare alcuni rami di una pianta quan­do, all'improvviso, la scala sotto i miei piedi si ruppe, facendomi cade­re. In quell'istante la prima cosa che mi è venuta in mente di fare è stata invocare il nome di Padre Pio e mi sono sentito come se qualcuno mi stesse aiutando. Sarei potuto cade­re proprio sul mucchio di pietre che erano sotto la scala, rischiando dei danni seri e invece sono caduto su un terreno morbido. Una volta a terra ho sentito un forte profumo di viole. Da quel giorno, in molte al­tre occasioni ho sentito la presenza di Padre Pio nella mia vita e nei mo­menti di bisogno mi rivolgo sempre a Iui. A breve sarò a San Giovanni Rotondo per ringraziare personal­mente il santo frate. Antonio Torino
 
Padre Pio il mio Angelo CustodeMi chiamo Francesco V. e scrivo da Corigliano Calabro per ringraziare immensamente Padre Pio, il mio angelo custo­de, il mio amico. Sono il nonno del piccolo Francesco; un bam­bino bellissimo di appena 6 mesi che, affetto da una grave cardiopatia, si preparava ad affrontare un difficile intervento. II giorno prima del­l'operazione, mentre rientravo a casa, aprii la cassetta postale e dentro non c'era altro che la rivista Voce di Padre Pio. Sulla copertina c'era il volto del san Pio, con un'espressione dolce e tranquilla, io pensai che quello era certamente il segno che Padre Pio non ci avrebbe abban­donato in quel difficile momento e, emozionato, affidai ancora una volta a lui il piccolo Francesco. La mattina dell'intervento, insieme ad altri famigliari,ci appartammo nella cappella dell'ospedale e io mi sedetti proprio sotto l'immagine di san Pio e cominciai a pregare. Dopo quasi cinque ore di intervento i medici uscirono dalla sala operatoria dicen­doci che l'intervento era andato per il meglio. Scoppiammo tutti a piangere per la gioia e andammo nella cappella per ringraziare Padre Pio. Sono certo che continuerà a proteggere il piccolo Francesco e a rimanere al nostro fianca Grazie.
 
Mi crollò il mondo addossoIl primo dicembre del 2000 nac­que mia figlia Francesca che subito affidai alla protezione di Padre Pio, cosi come avevo fatto per l'altro mio figlio. Padre Pio, infatti, ci è sempre stato vicino. Purtroppo circa un mese fa da alcuni esami, risultò che mia figlia aveva un difetto congenito alla coagulazione dei sangue. Mi crol­lò il mondo addosso e subito pregai san Pio, Gesù e la Madonna. Il medico mi disse che per sicurezza, però, sarebbe stato meglio ripetere gli esami e così facemmo. Nell'attesa di ricevere i risultati invocai l'aiuto si san Pio affinché mi concedesse la grazia di proteggere la mia bambina.
Dopo qualche giorno andai a riti­rare di esami e i risultati erano tornati nella norma. Grazie, grazie, caro Padre Pio, proteggi sempre me e la mia bambina. Carmen C.  (Tratto da: “Voce di Padre Pio” 7-8-/2014)
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TESTIMONIANZE DI GRATITUDINE A PADRE PIO 6/2014
CONTINUO ogni giorno a recitare il Rosario
AIla fine di ottobre del 2013, un giorno mi accorsi che c'era qualcosa che non an­dava al mio seno, mi feci visitare dal medico di famiglia che mi con­sigliò di fare degli esami. La preoc­cupazione era tanta, pensavo di avere un male incurabile. Mi sono rivolta a san Pio chiedendogli di aiutarmi e ogni giorno mi dedicavo a recitare il Rosario, promettendo che se tutto fosse andato per il meglio avrei scritto questa lettera per farla pubblicare come testimo­nianza della grazia ricevuta. Ho fi­nito di fare gli ultimi controlli a febbraio del 2014, con un risultato positivo: tutto era a posto. Il pros­simo controllo sarà fra sei mesi e spero che vada tutto bene. Conti­nuo ogni giorno a recitare il Rosa­rio e ripongo la mia fiducia in san Pio, certa che ascolterà ancora le mie preghiere. Ignazia, Sestu (CA)
 
«NIENTE È impossibile a Dio»
Scrivo per raccontare il grande dono di Dio e la grazia ricevuta per inter­cessione di san Pio da Pie­trelcina. Mi chiamo Antonietta N., sono ministro della santa Comunione, e ho una figlia di 45 anni che, dopo tanti anni di attesa e tre aborti spontanei, non riusciva ad avere un figlio. Con tutta la mia grande fede il giorno 11 ottobre 2012 mi recai a San Giovanni Rotondo per pregare sulla tomba del nostro amatis­simo san Pio. Pregai intensa­mente, con tutta la mia fede, e alla fine della mia preghiera sentii dentro il mio cuore che niente è impossibile a Dio. Dopo cinque mesi mia figlia rimase incinta e il giorno 20 dicembre 2013 è nato il mio nipotino Giulio. Antonietta N. Ventimiglia (IM)
 
UN PROFUMO MI HA PREANNUNCIATO L'ESITO DELLE ANALISI
Sono Consuelo, ho 41 anni e desidero ringraziare immensamen­te Padre Pio perché ha interceduto.presso Dio facendomi otte­nere una grande grazia. In un momento di ansia e preoccupa­zione, mentre scendevo dall'auto, al ritorno da una visita medica, ho sentito un fortissimo profumo dì gelsomiìno (di sera, in una strada trafficata, dove non ci sano piante). Ho subita capito che era un suo segno e sono stata contenta, perché ho sperato nel buon esito delle analisi che avrei dovuto fare di tra poco. La settimana dopo, mentre lavoravo e pensavo alle analisi fatte il giorno prima, il mio sguardo è caduto su una bella immagine di Padre Pio che ho sulla mia scrivania. L'ho visto radioso, sorridente, come se avesse voluto comunicarmi una bella notizia. Ho pensato che volesse dirmi che l'esito delle ana­lisi era già pronto ed era buono, infatti era così. Ho ritirato le analisi in anticipo ed erano buone. Consuelo,   CT
 
La massa tumorale è completamente sparita
Nel 2000 mio padre, che allo­ra aveva 63 anni, si amma­lò e gli fu diagnosticata una grossa massa tumorale ai polmoni. Soffriva molto per il dolore e aveva perso tutte le speranze di poter ve­dere crescere il suo unico nipotino, appena nato. Come accade a tanti malati e ai loro familiari, cominciaro­no anche per noi i viali della speran­za in tanti ospedali, ma inutilmente. Un giorno, mentre ero da solo in viaggio in macchina, preso dall'ango­scia, invocai Padre Pio. Dopo qualche giorno, mio padre cominciò a sentirsi sempre meglio, gli ulteriori accerta­menti che seguirono stabilirono che la massa tumorale era completa­mente sparita. Tutora, a distanza di circa dieci anni, mio padre è in buona salute e di nipotini ne ha ben cinque. Nicola P., PZ
 
VIDI ILVOLTO DI PADRE PIO
Il mio nome è Mario GrazianoT. e sono nato con una grave cardiopatia. Ho subito il primo intervento a soli 18 gior­ni dalla nascita e con poche speranze di potercela fare. Da quel momento in poi la mia vita è stata un calvario, ho dovuto fare altri interventi e numerosi controlli. Proprio in uno di que­sti controlli, nel 2000, mi dissero che avrei dovuto sottopormi all'ennesima operazione e che, tra l'altro, erano poche le spe­ranze di uscirne vivo. Sono partito con i miei genitori, con tanta paura, ma con la certezza che Dio e Padre Pio mi avrebbero seguito. L'intervento durò tantissimo e, quando terminò, fui tra­sferito nel reparto di Terapia Intensiva. Dopo tre giorni i medici iniziarono a svegliarmi e fu proprio in quel momento, al mio risveglio, che vidi il volto di Padre Pio. La figura del Frate mi apparve diverse volte lungo la degenza. Intanto miglioravo gior­no dopo giorno. Sono passati otto anni da quell'intervento e la sua presenza mi accompagna ancora oggi. Mario Graziano T., Serra San Bruno (VV)
(Voce di Padre Pio 6/2014)
 
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RINGRAZIANO LA MADONNA E IL BEATO BARTOLO LONGO
Vi scrivo poche righe per testi­moniare una grazia ricevuta dal Beato Bartolo Longo. Io vengo spesso a Pompei per pregare la Vergi­ne Santa, ma non mi soffermo quasi mai alla cappella del Beato Bartolo Longo. È capitato che avevamo pro­blemi in famiglia e, per una questione che per risolversi ci si doveva rivol­gere ad un avvocato, non sapevamo che fare. In casa non c'era pace ed eravamo nervosi, impauriti. lo ricevo sempre la Rivista "II Rosario e la Nuova Pompei" e, generalmente, lo sfoglio superficialmente e lo ripongo in un cassetto. E così è accaduto l'ultima volta, due giorni prima avevo ricevu­to il nuovo numero e, come al solito, l'avevo riposto in un cassetto. Ma poi d'istinto, non so perché, mi è venuta l'idea di riprenderlo. L'ho aperto per caso alla pagina della posta e mi ha colpito particolarmente una lettera. In un attimo mi si sono aperti gli oc­chi e, non so spiegarlo, ho capito che solo lui mi poteva aiutare. Non avevo nessuna immaginetta di lui e, così, ho ritagliato la sua immagine dal gior­nale pregando tanto e chiedendo: "Beato Bartolo Longo, lo so, tu non mi conosci, perdonami, ti prego. Aiutaci a superare questo momento brutto.
Ho tanto bisogno d'aiuto. Sei venuto tu da me senza che ti conoscessi': Gli ho detto tante altre cose e gli ho par­lato di me, della mia famiglia, di tutto. Ho pianto molto pregando e mi sono sentita molto sollevata, perché mi sentivo ascoltata. Non vi so spiegare molto bene il mio stato d'animo di quel momento bellissimo di preghie­ra. Dopo pochi giorni tutto si è siste­mato e quando mio marito mi ha te­lefonato per darmi la notizia che tutto si era risolto, sono corsa a stringere forte l'immaginetta di Bartolo Lon­go e ho ancora pianto. Stavolta dalla gioia. Non ringrazierò mai abbastan­za il Beato Bartolo Longo e la Vergine Santa di Pompei per tutto quello che hanno fatto per me. Quando la volta prossima verrò a Pompei, mi recherò all'urna del Beato Bartolo Longo per ringraziarlo da vicino e spero tanto che non ci abbandoni mai perché, senza il suo aiuto, non ce l'avremmo mai fatta. Grazie Bartolo Longo! Gra­zie Vergine Santa di Pompei! Nonna Maria
 
Mi chiamo Anna Maria, il nome della Madonna e della sua mamma. Fin da piccola, ho imparato ad amare Maria. Ora, a 73 anni, il mio amore per Lei non è diminuito. Ho un'incrollabile fiducia nella sua intercessione presso il Cuore di Gesù. Cinque anni fa ho avuto un carcinoma al colon. Sono stata operata e per sei mesi ho fatto la chemioterapia. Sono stati anni bui, ma non ho mai perso la fiducia nella Mamma celeste. Ho continuato a pregarLa ogni giorno per chiederLe la grazia e la forza per continuare a vivere gioiosamente. Sono madre e nonna. Sono passati cinque anni dall'operazione e sono guarita. Dopo qualche mese si è presentata una cistite violenta e ricorrente che mi ha costretta a prendere antibiotici per giorni. Ho consultato diversi urologi, ma nessuno è stato in grado di guarirmi. Ho iniziato allora a recitare per lunghi mesi la Novena alla Regina di Pompei e sono venuta varie volte al Santuario. Ho chiesto a Lei e al Beato Bartolo Longo di aiutarmi a trovare un bravo medico che riuscisse a curarmi. Dopo tanto tempo, sono guarita grazie alle cure ricevute. Ora più che mai posso dire che per ottenere grazie è necessario fidarsi di Dio e non perdere mai la speranza. I tempi del Signore non sono i nostri tempi. Grazie Maria! Grazie Bartolo Longo! Anna Maria C. Roma
 
Cara Madonnina, ti ringrazio per avermi dato la forza di venire da Te, per ringraziarti per il grande favore e dono che mi hai fatto, ridan­domi la salute mi hai permesso di sta­re ancora assieme ai miei familiari.
Con grande gioia ammiro ìl Tuo bel volto che appare ogni giorno su TV 2000 per il Santo Rosario. Grazie anco­ra per la mia salute e quella dei miei familiari. Proteggimi sempre ed ogni giorno pregherò con fede profonda. Grazie, Madonnina. Raffaelina Altieri
 
Le dico questa storia che mi è suc­cessa. Non vado per niente d'ac­cordo con il mio vicino di casa, con cui per contrasti sono finita in tribuna­le. Ho avuto problemi con la corte. II mio avvocato mi disse che avrei sicu­ramente perso la causa. Io lessi sulla rivista "II Rosario e la Nuova Pompei" che il Beato Bartolo Longo aiutava gli innocenti e mi affidai a lui. Così il Beato Bartolo Longo mi fece vincere perché lui sapeva che io ero innocente. Grazie. Raffaella M.  Sidney – Australia
 
Un membro del parlamento polacco si è ammalato di leucemia. Agnieszka gli ha consigliato di iniziare una novena alla Madonna di Pompei. Soffriva do­lori atroci a causa della chemioterapia. Durante la novena, il dolore è scomparso improvvisamente, completamente e inaspettatamente. Lui stesso ha scritto su Facebook che era stato grazie alla Regina del Rosario di Pompei che il do­lore non c'era più. Due giorni fa ha scritto che in ospedale ha trovato un donatore di midollo osseo dalla Germania. È stato molto difficile, perché ha un antigene molto raro, tanto da escludere tutti i donatori della Polonia. Non erano riusciti a trovare un donatore per molti mesi. Ha pub­blicato tutto questo su Facebook e ieri alcuni importanti quotidiani polacchi hanno parlato di lui e della novena di Pompei. Come potete vedere, abbiamo da raccontare tante meraviglie della Regina del Rosario. Abbiamo testi­monianze di guarigioni dall'ittero e di una guarigione per sospetta HIV (il test è risultato negativo), e altre malattie gravi. È un tempo di grazia, tanta gente in Polonia ha rico­minciato a pregare il Rosario. E le testimonianze più belle sono le conversioni. Marek e Agnieszka P. – Polonia
 
E con immensa gioia che invio un'offerta per ringraziare la Madonna di Pompei peraver interceduto presso Dio ed avermi ottenuto una grande grazia. Ero già sotto anestesia, pronta ad avere un intervento a cuore aperto, quando il chirurgo, dopo aver esaminato attentamente un altro esame fatto poco prima dell'intervento, ha preso la decisione di non operare, poiché il problema non era così grave come avevano ritenuto in precedenza. Ringrazio la Madonna dal profondo del cuore e Le chiedo di continuare a pregare per me e la mia famiglia. Alfonsina P. Brooklyn (New York) USA
(Da: “Il Rosario e la nuova Pompei” Anno 130 – nr 9 12/2014)*******************************************************************************************
RINGRAZIANO LA MADONNA E IL BEATO BARTOLO LONGO
Mi chiamo Anna A., sono una docente di lettere e in­segno presso la Scuola Me­dia Superiore "Dati" di Boscoreale. Da molti anni indegnamente recito con grande devozione il Santo Rosa­rio all'Altare Maggiore alle ore 18:00. Scrivo per segnalare un fatto accadu­to il 19 novembre 2013. Tornavo da Napoli, avevo sostenuto un esame ed ero molto felice perché era andato tutto bene, ma arrivata a casa trovai la mia mamma che accusava un dolore all'inguine e man mano che il tempo passava, quel punto dolente diventa­va gonfio e duro, proprio enorme. A quella vista, mi spaventai da morire, la prima cosa che feci fu di farla sdraiare. La situazione sembrava precipitare da un momento all'altro, disperata te­lefonai al medico di famiglia il quale mi consigliò di portarla in Ospedale, perché c'era bisogno che la visitasse un chirurgo (perché tutto poteva de­generare). Freneticamente cercai al telefono un chirurgo che conoscevo, ma non riuscii a rintracciarlo. Corsi di nuovo da mia madre per control­lare quella protuberanza e con gran­de rammarico potei solo constatare che era diventata ancora più grande e dura. A quel punto iniziai a prega­re a voce alta, invocando la Vergine di Pompei e chiesi disperata: «Cosa posso metterci sopra, cosa ho da po­ter mettere?». In quel preciso istante i miei occhi fissarono un fazzolettino di carta che il 13 Novembre (quindi sei giorni prima), giorno della discesa del quadro, avevo strofinato sulla vene­rabile immagine della Beata Vergine del Santo Rosario con grande fede, e l'avevo poi donato a mia madre che l'aveva posto sul comodino. Lo presi come se fosse stata l'unica speranza, l'unica via di salvezza e rivolgendomi alla mamma dissi: «Mamma, mettia­moci sopra questo fazzoletto che ha toccato l'immagine della Madonna di Pompei», e così feci. Corsi poi a tele­fonare di nuovo al chirurgo, non arri­vai neanche in cucina che mia sorella mi chiamò perché la mamma mi cer­cava. Ritornai nella stanza e con mio grande stupore mia madre mi disse queste testuali parole: «Guarda, ho messo la mano sul fazzoletto e sotto non c'è più nessun pallone. È tutto sgonfio, la parte è tutta morbida e non ho nessun dolore». Non c'era più niente del male, era tutto scomparso! Guardai con i miei occhi, il lato sini­stro dell'inguine era completamente liscio e morbido, senza nessuna pro­tuberanza. A quella vista, non seppi resistere, mi inginocchiai e piansi di gioia e ringraziai la Vergine del San­to Rosario per il miracolo accaduto.
In seguito, feci visitare la mamma dal chirurgo il quale diagnosticò un'ernia e, rivelatogli dell'accaduto, asserì che indubbiamente, in quel momento tragico, la Mamma di Pompei aveva messo le Sue mani sopra quel male! lo chiedo tutt'oggi alla Vergine del San­to Rosario di proteggere mia madre, di benedirla e liberarla da ogni male, in particolare da quell'ernia. Un gra­zie di cuore alla Santissima Vergine di Pompei per questo grande dono, glie­ne sarò sempre grata. Una Sua grande devota. Anna A. Boscoreale (Napoli)
 
Il Beato Bartolo Longo ha ascoltato la mia invocazione di aiuto. Sono stato colpito da un'ulcera trofica al tallone si­nistro con infezione tendinea. Malgrado fossi in cura con due medici, vedevo questa piaga crescere e le sofferenze diventare sempre più atroci. Il postino ci portò la vostra Ri­vista ed il mio pensiero fu rivolto al Beato Bartolo Longo. I giorni sono passati, ma ormai sono vicino alla guarigione totale. Ringrazio la Santissima Signora del Rosario ed il Bea­to Bartolo Longo di aver ascoltato la mia preghiera di aiuto. Il mio pensiero è di essere a Pompei per pregare e lodare la Vergine e Bartolo Longo. Gennaro C. Meta di Sorrento (Napoli)
 
Sono un devoto della Madonna di Pompei ed è tutta la vita che mi sono affidato alla Sua protezione. Alcuni giorni fa questa protezione si è trasformata in miraco­lo, se così si può chiamare. Mi ero arrampicato, senza usare la scala, su una pianta di olive per togliere i polloni. Mi trovavo ad un'altezza di poco più di due metri da terra, quand'ecco che sono scivolato e ho battuto con le spalle contro un al­tro ramo, poi mi sono ritrovato a cavalcioni su un altro ramo del tronco. In mano avevo anche le cesoie per la potatura, e se mi fosse scappata di mano chissà cosa mi poteva acca­dere. Senza dubbio la Madonna mi ha protetto. In famiglia abbiamo sempre invocato la Madonna perché noi, senza il suo aiuto, non sapremmo vivere. Sottoscrivo ciò che scrisse il grande poeta Dante Alighieri in un Canto del Paradiso che chi vuol grazie da Dio senza ricorrere a Maria Santissima è come un uccello che vuol volare senz'ali. Fernando Z. Foglianise (Benevento)
 
Voglio condividere con voi questa testimonianza. Stavo male di salute, sentivo malesseri tra petto e pancia che mi facevano veramente soffrire, sembrava che non ci fosse rimedio per me. E invece, dopo che ho iniziato a venire a Pompei ogni domenica per partecipare alla Santa Messa, pia­no piano mi sono sentito sempre meglio, in particolare dopo aver ricevuto la Comunione. Ci tengo a testimoniarlo perché ero costretto a stare quasi tutto il giorno a letto, soffrendo. Ora, invece, sto molto meglio, riesco ad uscire di casa e a con­durre una vita più normale. Ringrazio quindi il Signore per la grazia ricevuta e testimonio quello che ha fatto per me. Gerardo
 
Ancora sento il rombo cupo dei veicoli che, pericolosis­simi, mi sfrecciavano accanto, il 10 aprile dello scorso anno. Ero bloccato nella mia auto, a secco di carburan­te, su una strada a percorrenza veloce e senza corsia di emer­genza. Erano insieme a me, a bordo della mia vettura, mia moglie Vincenza e mio figlio Vincenzo alla guida. Tornavamo dall'ospedale di Arau, frazione di Zurigo, dopo una visita alla signora Giuseppina M. ed eravamo diretti a Basilea. Po­chi minuti dopo, quella sosta assolutamente imprevista, ma terrificante per la situazione in cui ci venimmo a trovare, senza difesa alcuna e con il rischio di finire, da un momento all'altro, schiacciati da qualche veicolo che giungesse troppo veloce. Minuti terrificanti, ma soprattutto di preghiera intensissima e fiduciosissima alla Madonna di Pompei e al Beato Bartolo Longo. Fu la nostra salvezza. Presto la Polizia, da noi avvertita, intervenne. Sopraggiunta sul posto una voltante, i poliziotti agganciarono la vettura e la trainarono alla più vicina stazio­ne di servizio. Non finirà mai la nostra riconoscenza all'amata Regina del Rosario e al Beato Bartolo Longo, nonché il nostro desiderio di ritornare, ogni volta che sia possibile, a Pompei, nel Santuario in cui ci sentiamo come a casa nostra. Gennaro P. Rheinfelden – Svizzera (da: “Il Rosario e la nuova Pompei” anno 130 num. 8)
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FIORETTI
Il Fioretto del giorno: La potenza della preghiera - Fin dalla giovinezza santa Scolastica, seguendo l'esem­pio del fratello, si era consacrata totalmente a Dio. Più tardi, anche lei fondò un monastero nei pressi del luo­go ove viveva san Benedetto con i suoi monaci. Una volta all'anno, Scolastica aveva la possibilità di vedere il fratello e di conversare con lui sui misteri divini, in una casetta non lontano dal monastero di san Benedet­to. Il 7 febbraio del 547 avvenne uno di questi incontri, secondo quanto narra san Gregorio Magno, al quale dobbiamo le poche notizie pervenute su questa Santa. «Il colloquio - scrive san Gregorio - si protrasse per l'intera giornata. Sembrava che Scolastica bevesse fuo­co dalle labbra del fratello; più Benedetto parlava di Dio e del Paradiso, e più nel cuore della sorella cresceva il fuoco del divino amore». Al termine della cena, Bene­detto voleva congedarsi, ma Scolastica lo supplicò dicendo: "Ti prego, non lasciarmi sola questa notte: continua piuttosto a parlarmi della vita che non ha ter­mine, sin tanto che spunti l'alba, ed io, dopo la Messa e la Comunione santa, possa ritornarmene alla mia cel­la". Benedetto rifiutò energicamente: «Che dici, sorel­la? A me non è permesso trascorrere la notte fuori dalla mia cella!». Scolastica capì che era inutile insistere; nul­la avrebbe potuto convincerlo. Allora si rivolse al Dio Altissimo, reclinò il capo tra le mani e pregò. Fuori scoppiò il finimondo: una bufera di vento e di acqua fece tremare la casetta dove stavano. Allora, Scolastica, con santo umorismo, disse al fratello: «Ed ora fratello, ritorna pure, se puoi, al tuo cenobio, e lascia me qui sola per questa notte». Al dolce rimprovero del fratello per quella tempesta, Scolastica replicò: «Ecco, io ti ho sup­plicato e tu non hai voluto ascoltarmi. Allora ho prega­to il Signore, ed egli mi ha esaudito». San Gregorio commentò quest'episodio così: «Scolastica fu più potente, perché era stata più forte nell'amore». 
Il Fioretto del giorno: Ciò che conta davanti a Dio - Un fratello religioso aveva letto, con molto profitto per la sua anima, un libro scritto da un dotto professore del suo Ordine. Incontrandolo, gli disse: «Vostra Pater­nità otterrà di sicuro un gran premio per i dotti libri che scrive!». «Mio caro fratello - rispose con sempli­cità l'Autore -, nel giorno del Giudizio la vostra sco­pa e la mia penna avranno lo stesso valore dinanzi a Dio. Anzi, se nell'umile vostro ufficio avrete avuto un'intenzione più pura di piacere al Signore, di quan­ta non ne abbia avuta io nello scrivere i libri, voi rice­verete una ricompensa maggiore, e mi sorpasserete nella gloria del Paradiso». 
Il Fioretto del giorno: Donne eroiche - Come nei primi secoli della Chiesa vi furono madri eroiche, quali Sinforosa, Felicita e Perpetua, così anche oggi ve ne sono. Salvatore Calderòn, giovane cattolico, veniva fucilato a Morelia, nel Messico, il 22 febbraio del 1927. Sua madre volle rimanergli accanto per con­fortarlo ed incoraggiarlo al martirio. Al crepitare della scarica fatale, la santa donna esclamò con accento di strazio: «Vergine santa, raccogliete l'anima benedetta del figlio mio e presentatela al Figlio vostro, perché l'accolga nel suo beato Regno!». 
Il Fioretto del giorno: Godere il Signore in eterno - Un giorno, san Francesco d'Assisi s'imbatté in un muratore e gli chiese: «Cosa fate?». «Io costruisco dal­la mattina alla sera». «Perché costruite?», domandò di l'uomo di Dio. «Per guadagnar denaro!», rispose il muratore. «E perché volete guadagnar denaro?», chie­se il frate. «Per comprare del pane», gli fu risposto. «E perché?», riprese il Santo. «Per poter vivere!», rispose il muratore. «E perché vivete?», chiese infine san Fran­cesco. Il muratore, confuso non seppe rispondere. La risposta gliela suggerì san Francesco, ricordandogli che il fine ultimo dell'uomo è: «Lavorare per il Signore per meritare e godere il Premio eterno del Paradiso». 
Il Fioretto del giorno: Il barone Bulow - Il barone Bulow, giunto all'età di vent'anni, compren­de che una vita senza religione è inesplicabile. Dopo lunghe e penose lotte interne, un caro amico lo invita a un corso di esercizi spirituali. Il giovane accetta il salu­tare invito, va in ritiro presso i Padri Gesuiti, ma pieno di prevenzioni e diffidenze. Ben presto, però, la compa­gnia di persone consacrate a Dio, il silenzio e il racco­glimento del luogo, la mistica pace che lo avvolge, le sublimi verità che ode e che gli rischiarano il pensiero di una luce, che egli aveva chiesto invano ai libri pro­fani, gl'inondano l'anima di una gioia nuova e gli pare che qualche cosa di sovrumano si sia impossessato di lui. Egli cade allora piangendo ai piedi del Crocifisso e detesta gli errori del passato. Dio gli si accostava ed egli lo abbracciava per non lasciarlo mai più. Cresciuto in ambiente protestante, ma irreligioso per educazione, il barone Bulow si consacrava al Signore e moriva da reli­gioso esemplare nella Compagnia di Gesù nel 1902.********************************************************************************
Il Fioretto del giorno: Tra la poesia della fede e della natura...
Durante la rivoluzione francese, un pio sacerdote della Vandèa, l'abate Soyer, riuscì ad organizzare per il gior­no di Pasqua, una funzione in aperta campagna, per far ricevere ai fanciulli la Prima Comunione. Spinto dal suo ardente zelo, l'uomo di Dio correva per i villaggi, per i borghi, per le campagne, ora tergendo una lacrima, ora raccogliendo un ultimo respiro, altrove istruendo i fan­ciulli; consolando ovunque afflitti e bisognosi, accolto da tutti come un angelo consolatore. Giunta la santa Pasqua, i buoni fedeli della Vandèa, eludendo con pru­denza le leggi empie del momento, si erano accostati ai Santi Sacramenti. Era ora la volta dei fanciulli della Pri­ma Comunione. L'impresa, per i tempi che correvano, si presentava alquanto rischiosa, ma l'abate Soyer non indietreggiava mai dinanzi alle difficoltà. Tanto corag­gioso quanto prudente, volle predisporre una festosa cerimonia nelle campagne, scegliendo per l'occasione una fiorita prateria lungo le sponde di un placido fiu­me. Due querce secolari, con i rami intrecciati, fian­cheggiavano l'altare, che venne eretto in quel luogo e adornato con festoni di alloro e ghirlande di fiori. La croce, che vi si ergeva nel mezzo, era ornata di mughetti, fiordalisi, rose silvestri ed altri fiori graziosi. Tutto fu allestito nella placida calma della notte. Alle prime luci del mattino, mentre le stelle si spegnevano una ad una, si videro lunghe schiere di fedeli discendere dai colli vicini per accostarsi a quel magnifico altare, sorto come per incanto nella natura. Cinquecento fanciulli, vestiti da angioletti e raggianti d'innocenza e di gioia, si disposero intorno alla Mensa fiorita. Dietro di loro, vi erano i parenti, tutti intenti a godere le caste dolcezze di quell'ora indimenticabile! L'abate Soyer intonò l'invo­cazione allo Spirito Santo. Parve allora che la volta celeste si aprisse e gli angeli del Cielo vi si affacciasse­ro per sorridere agli "angeli" della terra! Seguì quindi la santa Comunione. Fu un'ora di letizia indescrivibile! Quando il sacro ministro intonò il Te Deum di ringrazia­mento, il cielo pareva tinto di oro purissimo, e la terra ardeva di amore nelle sue nozze con il sole!*************************************************************************************
TESTIMONIANZE DI GRAZIE DI SAN GIUSEPPE
Carissimo don Mario, spero stiate tutti bene. Ho ricevuto gli scapolari e i cingoli che avevo chie­sto. Operata per un brutto male, avevo paura di sottopormi al controllo perché i medici mi ave­vano preannunciato che il male per cui ero sta­ta operata, poteva 'riformarsi. Ho pensato di indossare il cingolo' di San Giuseppe e, poco dopo averlo indossato, mentre recitavo il Santo Rosario di San Giuseppe, ho avvertito una sen­sazione di calore all'addome, come un cerchio di calore che mi fasciava la vita. Ho pensato a San Giuseppe e l'ho subito ringraziato per la sua vicinanza. Mi sono guardata addosso e ho notato nove noduli sull'addome e quella sensa­zione di calore di tanto in tanto si ripeteva. Sono andata al controllo e mentre mi preparavano per l'anestesia ho avuto come una visione: due angeli si sono avvicinati. Erano bellissimi e chiamandomi per nome mi hanno detto di stare tranquilla perché il male era sparito. Al mio risveglio il medico mi tranquillizza e mi confer­ma che di quel brutto male non c'era più trac­cia. Così ringrazio la Mamma celeste e il caro San Giuseppe per la grazia ricevuta. Grazie anche delle vostre preghiere e che Dio ci bene­dica tutti, ora e sempre. M. Domenica, Toronto, Canada.
 
Ringrazio San Giuseppe per aver ricevuto, per sua interces­sione, la grazia di aver superato un concorso molto difficile e di essere stata assunta, inaspet­tatamente, in tempi brevissimi dall'esito della selezione. Questa grazia ha cambiato la mia vita e pertanto ringrano infinitamente il caro Santo e chiedo la sua protezione e benedizione per me, per i miei cari, per le nostre famiglie e per coloro che ne hanno bisogno. Serafina da Rossano
 
In un momento difficile della mia vita, preoccupata per la salute di mio, marito, ho pre­gato con fede S. Giuseppe e, ancora una volta, sono stata esaudita. Grazie di cuore, S. Giuseppe! Invio l'offerta promessa per le vostre opere di carità e questa testimonianza per infon­dere speranza a chi ha bisogno di aiuto.
 
I segni prodigiosi di un intervento di San Giuseppe
Egregio direttore, sono abbonata a La Santa Crociata e divulgatrice del Sacro Manto da ol­tre cinquant'anni. Fin da giovanet­ta avevo scelto di vivere sotto la pro­tezione di San Giuseppe, e non sol­tanto perché ne porto il nome. Infi­nite sono le grazie che il mio caro San Giuseppe ha riversato su di me e sul­la mia famiglia. La grazia più stre­pitosa l'ho avuta il 6 maggio scor­so, nel pomeriggio, quando mio ma­rito è stato colpito da infarto acuto alle coronarie, così grave che i me­dici, dopo sette defibrillazioni e sei punture di adrenalina, non riuscivano a rianimarlo. Vedendo mio marito in quelle condizioni ho chiesto dispe­ratamente aiuto a san Giuseppe. Tra­sportato d'urgenza in ospedale, fu operato e trasferito per dieci giorni in rianimazione, intubato e con pro­gnosi riservata. Il giorno 13, festa del­la Madonna di Fatima, riaprì gli oc­chi. Trasferito nel reparto di cardio­logia, piano piano cominciò à mi­gliorare con grande meraviglia e in­credulità di tutti i medici per la pron­ta reazione. Ho sempre sperato e pre­gato tanto il mio patrono e dopo cir­ca un mese di degenza mio marito è tornato a casa e continua a star bene per la gioia di tutti noi. Non ho pa­role per ringraziare Dio, la Mamma celeste e il mio caro san Giuseppe. Pina C. F., Genova
 
Testimonianza di amoreGentilissimo don Mario, con mio marito Vincenzo da anni siamo residenti in Canada e iscrit­ti alla Pia Unione. Mio marito, mol­to malato, soffre da otto anni e da cinque e costretto a letto dalla malattia Alzheimer. Il medico, quan­do andavamo in ospedale per una delle visite di controllo, mi aveva an­nunciato che la malattia era nella fase terminale. Il Signore ha pensato diversamente. Vincenzo è un uomo di fede, di carità, di amore per la fa­miglia e per il prossimo. Diceva sempre: «nel fare la carità non bi­sogna guardare alla razza, al colo­re della pelle. Tutti sono figli di Dio e bisogna aiutarli». Ha fatto tanto bene e il Signore lo sa! Vado a Mes­sa tutti i giorni, anche per mio ma­rito allettato. Lui è molto contento che vado e per me è indispensabi­le, altrimenti non avrei la forza di andare avanti. Tornata a casa ini­zia la parte più importante della giornata: preghiera del mattino, lettura della Parola di Dio, la Co­munione (viene un sacerdote) e il Santo Rosario. La malattia di mio marito mi sta aiutando nella mia spiritualità e a convertirmi sempre di più. Dal nostro matrimonio (55 anni fa) sono nati Vittorio e Gabriele, sposati con figli, che con le loro fa­miglie vanno a Messa tutte le do­meniche. Posso ritenermi una don­na fortunata se posso curare mio marito a casa. Ora prego ancora il Signore per mio marito perché il suo «transito» sia sereno. Il Signore ci ha dato molto: la fede, i figli. Ades­so è tempo di ridare al Signore, cer­cando di vivere questo momento con fede, affidandomi al suo aiuto e alla sua misericordia. La saluto con cordialità.  Anna Maria C., Canada
(Da: La crociata in onore di San Giuseppe)************************************************************************************************
TESTIMONIANZE GRATI ALLA MADONNA E AL BEATO BARTOLO LONGO a129 n5 6/7/13
Da quasi 25 anni leggo la vostra bella Rivista, traen­do grande arricchimento spirituale e culturale.
La mia famiglia è stata sempre devota della Madonna. Fra i miei primi ricordi c'è la mamma che dice a noi cinque figli piccoli: at­tenti, ora ascoltiamo alla radio la Supplica alla Beata Vergine di Pompei! Ancor oggi non posso recitare questa bella preghiera seza commuovermi! Così, in ogni difficoltà, ci siamo sempre rivolti a Lei, chiedendo il Suo aiuto. Pro­prio per rendere lode e grazie a Maria desidero farvi conoscere questa storia piena di fede, che pub accendere la speranza anche nelle famiglie che stanno vivendo il dramma che la nostra ha speri­mentato.
Mio nipote Paolo (figlio di mia sorella) e sua moglie Laura, spo­si da pochi mesi, attendevano con gioia il loro primo figlio, una bambina. Si trovavano in Slovenia per una gita di fine anno. Aveva­no voluto affidare la loro creatura alla Madonna, nel Santuario di Bled e si accingevano a tornare. Il giorno seguente, all'improvviso, il dramma. Una forte emorragia ed il tragico verdetto: si doveva in­tervenire subito per salvare la vita della madre; la bimba era trop­po immatura, per lei non c'erano speranze.... I due sposi, profon­damente credenti, si sono rifugia­ti nel Signore e nella Madonna e hanno voluto dare alla loro crea­tura una possibilità di vita. Hanno chiesto il trasferimento nel più vicino ospedale italiano, a Udine.
Il personale medico ed infermie­ristico è stato encomiabile, sia per la competenza e dedizione, che per il calore umano. Hanno fatto il possibile per prolungare la gra­vidanza e quando hanno dovuto effettuare l'intervento chirurgi­co, il 10 gennaio, dopo meno di sei mesi di gestazione, la piccola pesava solo 502 grammi, ma era viva! Quante difficoltà e compli­cazioni hanno dovuto affrontare! Quante volte quella piccola vita è stata sul punto di spegnersi! In­tanto, noi familiari, i parenti e gli amici avevamo dato il via a una rete di preghiere che si è diffu­sa per tutta l'Italia e persino nel lontano Madagascar, dove una nostra cugina è Missionaria del­la Carità! Dicevamo: "Signore, la mettiamo nelle Tue mani e in quel­le della tua Santa Madre. Fai Tu, nella Tua sapiente Provvidenza". Il Signore ha avuto misericordia di noi e tutto si è risolto per il me­glio. Proprio il 24 Maggio, festa di Maria Ausiliatrice, la piccola è ve­nuta a casa. La bimba sarebbe do­vuta nascere il 16 aprile, il giorno del compleanno del Santo Padre Benedetto XVI. Dopo aver supera­to la crisi pericolosa, in febbraio, è stata battezzata con i nomi di Ma­ria Vittoria Benedetta. Oggi com­pìe 4 mesì "effettìvì" e ha superato il peso di cinque chilogrammi; inoltre, da un mese respira sen­za il supporto dell'arricchitore di ossìgeno ed ha ìnìzìato lo svezza­mento! Dai controlli specialistici che effettua due volte al mese sembra che tutto sia nella norma! Rìngraziamo ìl Signore per questo grande dono! Un vero miracolo! Ringraziamo la Beata Vergine di Pompei per la Sua intercessione! Licia S. Brescia
 
Voglio testimoniare con questa mia lettera, che avrei dovuto scrivere tanto tempo fa per una promessa fatta alla Madonna, di aver da Lei ricevuto due gra­zie. Sono una sua devota perché, fin da quando ero bam­bina, mia nonna mi ha avvicinato a Lei con l'esempio, con la preghiera e con i pellegrinaggi al suo bellissimo Santua­rio. Ho sempre creduto nella Sua potenza, pur non essen­do un'assidua frequentatrice della Chiesa e mi sono sem­pre rivolta a Lei, a Gesù ed ai Santi, che sento più vicini al mio cuore nei momenti difficili della mia vita, e non sono certo pochi. Cinque anni fa iniziai a scrivere questa lettera che non ho più inviato, ma ora sento che è il momento di farlo, anche se molte cose sono purtroppo cambiate, ma cominciamo il racconto. Ho 52 anni ed avevo due figli, uno di loro, il mio adorato Alessandro, due anni fa è volato in Cielo improvvisamente e inaspettatamente, anche se non stava tanto bene, lasciando la nostra famiglia in un pro­fondo e straziante dolore. Quando iniziai questo raccon­to era con noi e stava abbastanza bene, poi purtroppo le cose sono precipitate, posso solo aggiungere che era un ragazzo unico, con un grande cuore e una sensibilità rara. Il nostro sacerdote, che lo ha conosciuto, mi ha detto que­ste parole: "Tuo figlio non era di questo mondo" e adesso io sono sicura che sia un Angelo di Dio. Solo questa certezza mi dà il coraggio di affrontare le mie giornate senza di lui. Anni fa ho ereditato un quadro della Madonna di Pom­pei che ho appeso a capo letto nella mia stanza e tutte le sere lo guardo e Le chiedo di proteggermi, di proteggere la mia famiglia e di darmi la forza di affrontare la difficile vita che mi aspetta ogni giorno, perché anche il mio lavoro è impegnativo e stressante. Ultimamente poi ho avuto qualche problema di salute a causa della depressione e, nonostante le cure, ancora non è del tutto passata, perciò prego la Nostra Mamma Celeste di soccorrermi come ha già fatto altre volte, anche se quando Dio mi ha privato di mio figlio ho avuto dei momenti di ribellione, ma ho trova­to comunque la forza di continuare sempre a pregare. Che cosa sarebbe la nostra vita senza la fede? Un deserto ari­do e accecante, un labirinto oscuro senza vie d'uscita. La storia delle due grazie ricevute è questa: il 22 maggio del 2000 mi trovavo a bordo della macchina guidata da mio figlio Pietro ed abbiamo avuto un terribile incidente, mio figlio ne è uscito incolume mentre io ne conservo ancora le tracce. Ho supplicato la Madonna e S. Rita, di cui pro­prio quel giorno ricorreva la festa, di farmi superare anche questa dura prova e ce l'ho fatta. Ma la cosa sorprendente è che, pochi giorni prima dell'incidente, ho cercato invano un'immaginetta della Vergine di Pompei (regalatami da mia nonna) che si trovava attaccata al lato sinistro della macchina. Mio marito l'ha ritrovata dopo l'incidente esat­tamente al suo posto. Ma non è finita: il giorno di Natale del 2007 si è ripetuto il miracolo dell'immaginetta, prima introvabile e poi riapparsa al suo posto dopo che mio fi­glio Pietro era uscito incolume da un altro brutto inciden­te d'auto. Ora chiedo alla Madonna di aiutarmi a superare questa depressione. Mi rivolgo a Lei sempre e soprattutto Le chiedo di darmi la forza di accettare la perdita dei mio amatissimo Alessandro, che come lei accettò la volontà di Dio vedendo Gesù sulla croce. Maria Teresa L.
 
Voglio ringraziare la Madonna di Pom­pei e il Beato Bartolo Longo per avermi concesso una grazia importante. Invio annualmente due offerte in segno di ricono­scenza. La grazia riguarda una difficile, com­plicata, anzi impossibile, situazione lavorati­va che si è risolta nel migliore dei modi dopo aver recìtato la Novena al Beato Bartolo Lon­go. Vivevo nel buio più totale, ora vivo nella luce! Grazie, Beato Bartolo Longo! Possa tu diventare subito santo e godere per sempre della luce divina! Grazie perché dopo anni, anni e anni di sofferenza e depressione, in­sieme alla Vergine di Pompei mi hai esaudita! Pierina
(Il Rosario e la nuova Pompei – anno 129 num.5 6/7/2013)*******************************************************************************************
TESTIMONIANZE DI GRAZIE DI SAN GIUSEPPE
SERAFINA, Roma - Sono grata a San Giuseppe per avermi fatto superare l'ammissione ad un concorso molto difficile e per me importante. Continuerò sempre a pregarlo. Chiedo aiuto e protezione per me, per la mia famiglia e per tutti quelli che ne hanno bisogno. Grazie.
PIERO E ANTONELLA, Milano (per e-mail) Desideriamo ringraziare S. Giuseppe per le in­numerevoli grazie che, per sua intercessione, ci sono state concesse, non ultima quella di aver trovato un'abitazione, necessità diventata im­pellente a causa dell'imminente scadenza del contratto di affitto che non ci sarebbe stato rin­novato. La nuova casa ci è come "piovuta dal cielo" ad un canone ottimo. Grazie di cuore San Giuseppe. Tienici sempre sotto il tuo santo manto.
TICCONI SANDRA, (per e-mail) Desidero rin­graziare sinceramente e profondamente il glo­rioso patriarca San Giuseppe per la grande gra­zia ottenutami riguardo un mio problema di sa­lute. Il suo prodigioso intervento mi ha miracolo­samente guarita, ridandomi serenità e fiducia. Il suo potente e benevolo patrocinio è sempre presente in chi si affida con fede alla sua inter­cessione. Ringrazio con tutto il cuore San Giuseppe e spero che guidi e protegga sempre la mia famiglia.
DESOGUS GIORGIO, Carbonia (CI) (per e­mail) Vi scrivo benché non iscritto alla Pia Unione (lo è mia madre e lo erano mio padre, mia nonna e i miei zii) perché desidero ringra­ziare pubblicamente San Giuseppe. Per poter curare un mio parente, cercavo un appartamen­to in affitto in un'altra città. Impossibile trovarne uno adatto. Diversi proprietari me lo negavano anche se non facevano storie sul prezzo. Ho pre­gato San Giuseppe ricordando le sue vicissitudi­ne nel trovare un alloggio a Betlemme per la Madonna. E quasi per caso ho trovato una casa adatta al bisogno a condizioni economiche ac­cettabili e "normative" convenienti. La casa è davvero perfetta per le nostre necessità. Grazie di cuore a San Giuseppe e alla Madonna.
PISTIS FRANCESCA Ringrazio San Giuseppe per aver superato un concorso con molte diffi­coltà pregando insieme alla famiglia.
 
Luce, fede e buona volontà premiano sempreSono devota di San Giuseppe e l'ho pregato tanto per concludere il mio corso di studi. Le mie preghiere sono state esaudite e sarò sempre ricono­scente a questo grande Santo. Chiedo la protezione di San Giuseppe per me, per la mia famiglia e per tutti coloro che hanno bisogno. Continuerò a pregare San Giuseppe e a diffondere la bella devozione del Sacro Manto.
 
Maria Gemma -Roma Suffragio per i morti del BurundiCarissimi amici della Pia Unione del Transito di San Giuseppe, vi chiedo il favore e la carità di iscri­vere all'Unione Suffragi tutti i nostri morti del Burundi, assassinati du­rante la guerra fratricida, che non hanno potuto ricevere una degna e cristiana sepoltura. Vorrei mettere sulle loro tombe comuni una croce, segno di speranza per ogni cristiano, ma qui non riconoscono ancora que­sto segno come un onore per i poveri morti. Prego per loro in tutte le Sante Messe che celebro, affinché il Signore, Padre nostro, sia misericordioso con noi e con questi nostri cari morti. Iscrivendoli all'Unione Suffragi pres­so la Vostra Pia Unione, sono certo che riceveranno la carità spirituale di tanti amici e fedeli di San Giuseppe, che eleveranno al Signore preghiere di suffragio per loro. Affido alle pre­ghiere degli associati alla Pia Unione anche le vittime del disastro aereo sull'atlantico, sparite nelle profon­dità oscure degli abissi. Preghiamo per loro e perché nessuno muoia mai senza la grazia di Dio. Grazie in Gesù e Maria. R Vittorio B. (Bujulbura-Burundi)
 
Affacciarsi sul panorama della devozione a San GiuseppeReverendo Padre,
desidero raccontarvi come sono di­ventata devota a San Giuseppe. Un'esperienza che conservo ancora viva nonostante siano passati molti anni da quel bel giorno. Sono nata in una famiglia molto religiosa nel­la quale non mancava mai la pre­ghiera e la recita del S. Rosario. Nonostante questo, durante il deli­cato periodo della mia adolescenza, iniziai a frequentare gruppi di gio­vani poco inclini alle cose che ri­guardano Dio, la Chiesa, la preghie­ra. In breve tempo, purtroppo, presi le stesse abitudini iniziando persino a bere finché non sono diventata al­colista. Mentre mi trovavo in vacan­za in una città europea, mi è capita­to di passare davanti a una chiesa, dove non mettevo piede da anni. Con un forte desiderio varcai la so­glia e mi ritrovai in un'atmosfera che per me era diventa insolita, se non estranea. In un angolo vidi la statua di un santo con Gesù bambi­no in braccio e nell'altro un giglio. Senza esitare mi sono inginocchiata e ho iniziato a pregare chiedendo perdono e aiuto. Sono stata esaudi­ta. Smisi di bere ritrovando nuova­mente la gioia di vivere. Quel giorno ritrovai l'amore per il Signore e per tutto ciò che è bene; ritrovai la fede, dopo aver sperimentato sulla mia pelle che senza di essa non potevo vivere. Ci sono stati altri momenti bui ma San Giuseppe mi è sempre stato vicino. Sono passati molti anni. Ora ho una famiglia, un mari­to e dei figli da amare e dai quali ri­cevo tanto amore, quello stesso amo­re che il Signore ha voluto farmi ri­scoprire attraverso San Giuseppe. Lucia (Tratto da: “La santa crociata in onore di san Giuseppe”)
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GRATI ALLA MADONNA E AL B BATTOLO LONGO a 129, n 5/2013
Voglio ringraziare la Madonna di Pom­pei e il Beato Bartolo Longo per avermi concesso una grazia importante. Invio annualmente due offerte in segno di ricono­scenza. La grazia riguarda una difficile, com­plicata, anzi impossibile, situazione lavorativa che si è risolta nel migliore dei modi dopo aver recitato la Novena al Beato Bartolo Longo. Vi­vevo nel buio più totale, ora vivo nella luce! Grazie, Beato Bartolo Longo! Possa tu diventa­re subito santo e godere per sempre della luce divina! Grazie perché dopo anni, anni e anni di sofferenza e depressione hai pregato per me, insieme alla Vergine di Pompei e mi hai esau­dita! Pierina – Napoli
 
II beato Bartolo Longo ha interceduto per mio figlio Pasquale, che per varie vicissitudini, non era ancora riuscito a laurearsi, nonostan­te abbia 32 anni, e ovviamente non è riuscito a trovare nemmeno un lavoro. Poi uno spiraglio, ho pregato tanto, ho recitato ogni gior­no la preghiera per la canonizzazione del beato Bartolo Longo dopo il Santo Rosario e si è finalmente aperta una porta. Mio figlio è stato as­sunto da quattro mesi in un'azienda di Milano a tempo indeterminato, è riuscito a fare altri due esami con esito positivo e davanti a sé vede un futuro a cui aveva rinunciato a pensare. La mia famiglia è sempre stata sotto la protezione della Madonna di Pompei, che più volte ci ha aiu­tato, e in questa occasione Bartolo Longo ci ha dato una grande mano. Come da promessa, desidererei che questa mia testimonianza venisse pubblicata sulla Rivista e invito tutti coloro che si trovano in difficoltà a pregare, pregare, pregare. Grazie infinite. Sono già venuta a ringraziare di persona a Pompei la Madonna e il beato Bartolo Longo. Anna Maria C. – Salerno
 
Anche se con ritardo, voglio farvi conoscere questo epi­sodio miracoloso che ha coinvolto la mia famiglia. Era l'8 novembre 2008, eravamo in casa a Benevento, io, mia moglie Lea ed i miei due figli Alessandro e Simo­ne. Guardavamo alla TV una tra­smissione comica. All'improvviso mia moglie Lea avverte un dolore al cervello. Man mano il dolore si fa sempre più acuto. Dopo un po' decido di portarla a letto. II nostro medico di famiglia non risponde al cellulare e quindi chiamiamo la guardia medica che arriva dopo oltre un'ora. La situazione non mi piaceva affatto. Mia moglie non riusciva a parlare, muoveva solo la testa. Alla guardia medica fe­cero una prima diagnosi di forte dolore cervicale, per cui necessi­tava di antidolorifici. In seguito arrivò anche il nostro medico, che dopo un'accurata visita, propone una medicina simile a quella pre­scritta dalla guardia medica. La situazione non migliora. Durante la notte, mia moglie rispondeva alle mie domande con frasi scon­nesse ed era agitata. Di primissi­ma mattina chiamai l'ambulanza per il ricovero al pronto soccorso. Dopo gli accertamenti, al pronto soccorso dell'ospedale civile di Benevento venne diagnosticata a mia moglie un'emorragia celebra­le. Un enorme sconforto, dolore, angoscia e paura mi assalirono. Mi vedevo perduto. Non avevo il coraggio di avvisare a casa. Mia sorella Alessandra mi diede un'im­maginetta della Vergine di Pompei e del Beato Bartolo Longo. lo e mia moglie siamo da anni abbonati al­ la vostra Rivista "Il Rosario e la Nuova Pompei': Iniziai a pregare ininterrottamente il Rosario che da una vita porto con me. Chie­si alla Beata Vergine di Pompei e al Beato Bartolo Longo di salvare mia moglie. I medici specialisti del reparto dovettero intervenire con un'operazione alla testa. Prima dell'intervento mi fecero firmare tanti documenti di autorizzazio­ne previsti dalle leggi vigenti. Mi sentivo confortato dalla presen­za accanto a me della Madonna di Pompei e del Beato Bartolo Longo. L!ntervento durò diverse ore. Nella tarda mattinata mi comunicarono che l'operazione era riuscita. I me­dici comunque non sciolsero la prognosi. Dopo l'operazione ven­nero effettuati ulteriori esami. I risultati furono confortanti. Solo a in tarda serata riuscii a vedere mia moglie, con la testa tutta fasciata, in barella, mentre veniva trasferi­ta nel reparto di terapia intensi­va di Neurochirurgia. Dopo quasi due mesi di degenza, alla fine del 2008, mia moglie fu trasferita ad un centro di riabilitazione. All'ini­zio del 2009 l'ho riportarta a casa, in via di guarigione. Oggi, nono­stante le patologie e le medicine che deve prendere, Lea è ritorna­ta ad essere il perno della mia fa­miglia. Nessun medico ha potuto dare una spiegazione. Grazie, Ma­donna di Pompei! Grazie, Beato Bartolo Longo! Grazie anche agli angeli dell'equipe dei professo­ri di Benevento. Sono angeli del Signore mandati sulla terra per alleviare le sciagure umane. Tutto è comprovato e desidero far scri­vere questa grazia della Madon­na di Pompei e del Beato Bartolo Longo sulla vostra Rivista. Saverio e Lea De G. Benevento
 
Lettera di ringraziamento alla Beata Vergine Maria del Santissimo Rosario di Pompei per l'avvenuta guarigione di Anna M., di anni 83. Cinque anni fa la mamma avvertì dei dolori alle articolazioni e si bloccava per una forte artrite reumatoide. Nel fare gli esami del sangue si scoprì che l'emoglobina era bas­sa, si sottopose a due colonscopie e una gastroscopia, ma non si riuscì a scoprire la causa. Venne curata con cortisone, ferro e vitamine e faceva controlli periodici. Nel mese di marzo 2011, dopo un nuovo controllo, l'emoglobina era scesa ancora, ha dovuto fare delle flebo di ferro, ma nessun miglioramento si riscontrava, anzi peggiorava. Dopo ulteriori esami si evidenziò sangue occulto nelle feci, per cui fu necessaria una trasfusione con due sacche di sangue. Il risultato degli accertamen­ti, colonscopia e TAC addominale fu un cancro maligno, esteso probabilmente non solo al colon, ma a quasi tutto l'addome. Era necessario l'intervento chirurgico. lo ho pregato subito la Madonna di Pompei affinché non la facesse soffrire. Dal 24 giugno ho iniziato a recitare la Novena. II 28 giugno noi figlie abbiamo chiesto che mamma fosse dimessa dalla clinica; lo stesso giorno è stato consultato un oncolo­go al II Policlinico di Napoli che ha confermato la diagnosi, dicendo che l'intervento non solo era necessario ma anche urgente, per evitare così di operare in pronto soccorso. Ci consigliò un chirurgo del I Policlinico, il quale ci avvertì che l'entità di questi mali si scoprono solo durante l'intervento. lo nel frattempo continuavo a pregare la Madonna, recitando il Rosario e la Novena, e ho promesso che se mamma guariva avrei fatto pubblicare la grazia ottenuta. L'8 luglio mamma è stata ope­rata, già il medico quando è uscito dalla sala operatoria ci ha rassicurate, dicendo che l'intervento era riuscito e che il male era localizzato solo al colon, per cui era stato possibile asportarlo del tutto, anche se bisognava comunque aspettare l'esa­me istologico. Dopo cinque giorni dall'intervento mamma ancora non canalizzava, eravamo tutte preoccupate, io poi ho pensato di appoggiarle la corona del Rosario sulla pancia e dopo circa mezz'ora mamma ha canalizzato. II decorso postoperato­rio fu superato molto bene, i medici erano soddisfatti e si complimentarono con mamma, dicendo che era una donna molto forte. Fu dimessa 8 giorni dopo l'inter­vento. L’esame istologico ha confermato che non ci sono altri linfonodi. Dopo circa tre mesi, gli esami di controllo hanno confermato, per ora, l'avvenuta guarigione. lo ringrazio, e ringrazierò sempre la Madonna di Pompei per la grazia ricevuta. Brigida Somma Vesuviana (Napoli)
(Tratto da: “Il Rosario e la nuova Pompei” a. 129 n. 5/2013)
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GRATI ALLA MADONNA DI POMPEI E AL B. BARTOLO LONGO
(Tratto da “Il Rosario e la nuova Pompei” a.129; n.1 2013)
La cara Regina del Santo Ro­sario di Pompei mi è stata accanto fin da piccola, con grazie speciali e protezione. Ave­vo 12 anni quando fui salvata da un fulmine e ne rimasi illesa, ma ne ebbi le conseguenze per altri sei anni.
Era l'8 maggio del 1959, quando, togliendomi le scarpe ortopedi­che, le presi nelle mani e venni al Santuario, per invocare la grazia della salute completa alla Madon­na. Pregai intensamente e la cele­ste Protettrice mi ridonò non solo la salute, ma mi fece un dono più grande: mi chiamò a vivere nella Sua Casa, con il dono della voca­zione religiosa. Avevo 19 anni. Tre anni di preparazione spiritua­le e di discernimento, e varcai la soglia del Noviziato delle Suore del S. Rosario di Pompei. Passa­rono altri anni ed ecco un "mira­colo" della Madonna e del Beato Bartolo Longo. Era l'8 dicembre 2012, festa del mio compleanno, che festeggiai con le consorelle dell'infermeria, dove risiedo da vent'anni come aiuto infermiera. La notte seguente, ad un certo punto, mi sentii male, lanciai un grido e persi conoscenza: avevo in atto un'emorragia che non la­sciava sperare di vivere. Mi porta­rono subito all'Ospedale San Gio­vanni di Dio di Salerno. Qui davo segni di squilibrio mentale, davo pugni e non ero più riconoscibile. Le sorelle e i fratelli erano molto preoccupati e, piangendo, suppli­cavano la Madonna di aiutarmi. Contemporaneamente, mi fecero avere i conforti religiosi e l'Olio santo. Entrai in coma e mi trasferi­rono nella Sala intensiva per otto giorni. Quando uscii dal coma, vedevo tutto confuso e mi accorsi che avevo una gamba annerita e gonfia, procuratami da un ragno velenoso africano che porta alla morte. Ne ero stata morsa due mesi prima, trovandomi all'Ospe­dale di Castellammare, dove ho assistito ad una nostra suora ivi degente. Ci vollero altri giorni di intensa cura e finalmente 'tornai viva". Ora sono tornata a casa. Mi sento ancora molto debilitata, ma riconoscente ai miei parenti e alle consorelle, che hanno elevato ar­denti suppliche alla Regina del Cielo e al Beato Bartolo Longo per implorare la salvezza della mia vita. Ti ringrazio tanto, mia Madre celeste, ti sono riconoscente per il tuo "miracolo" operato per me, povera Suora. Grazie anche alle mie consorelle, Rosetta, Maria e Rachele e ai miei fratelli Giuseppe, Gabriele, Silvestro e Andrea, che hanno implorato Maria.
Non è la sola volta in cui la Vergi­ne ha interceduto per la mia fami­glia. Mia sorella Rachele, affetta da un tumore, era stata operata al seno, subendo uno svuotamen­to ascellare. Pregammo tutti con continue suppliche alla Madon­na, che le permise di riprende­re una vita normale dopo varie "chemio": Dopo due anni, il male si ripresentò e il dolore riprese. Fu fatta una gastroscopia e risultò secrezione gastrica con ulcera e carcinoma. Il 19 ottobre Rachele è stata rioperata. Attendemmo per tre giorni, tutto era fermo: mia so­rella era in stato di coma. Da ogni parte si elevarono preghiere alla Madonna e agli altri santi.
Ed ecco che, nell'ultima notte di attesa, la Madonna apparve in so­gno all'ammalata: era circondata da santi che formavano una cro­ce. Nel mezzo la Regina di Pompei e, intorno, il Beato Bartolo Longo, San Giuseppe Moscati, Padre Pio e il Beato Giovanni Paolo II.
La Madonna le sorrise e Rache­le si svegliò serena e sorridente. Per intervento del Cielo uscì dal coma. Subito fu celebrata una S. Messa di ringraziamento alla Ma­donna.
Grazie, Mamma mia, per il miraco­lo ricevuto da Te e dai Tuoi amici. Suor Maria Germana Cascone
 
Come promesso, vorrei fare una testimonianza relativa ad un miracolo avvenuto per inter­cessione del Beato Bartolo Longo.
Il 28 dicembre u.s., ricevetti un messaggio da parte di una mia cara amica nel quale mi chiedeva di pre­gare per un suo amico, improvvisamente in coma dopo un ictus (successivamente si scoprì che si trat­tava di meningite). Io le dissi di non preoccuparsi che avrei pregato tanto per lui. In particolare le dissi che l'indomani mi sarei recata dalla Madonnina di Pompei e avrei pregato per questo ragazzo. E così accadde.
L'indomani mi recai a Pompei. Appena entrai in chiesa fui presa da grande commozione, piansi tut­to il tempo in cui stetti in quel posto meraviglioso. Chiesi subito alla Madonnina la grazia della guari­gione per questo ragazzo in fin di vita e, nello stesso tempo, chiesi la grazia della gravidanza per questa mia grande amica che nella sua vita aveva passato dei momenti terribili a causa della morte prematura della madre e, tra l'altro, da tempo desiderosa d'ave­re un bambino.
Mi recai ai piedi del Beato Bartolo Longó e gli chie­si con tutto il cuore la guarigione del ragazzo e gli promisi che se l'avesse fatto la grazia da me chiesta io l'avrei fatta pub­blicare.
Quando uscii dalla chiesa, ancorché preoccupata per il ragazzo, sentii nel mio cuore la certezza che ciò sarebbe avvenuto!!
Nei giorni successivi pregai tantissimo e, dopo cinque giorni, ricevetti la bella notizia che il ragazzo si era svegliato senza aver riportato nes­sun problema a livello celebrale .... non si può immaginare la mia gioia! Ieri, 25 gennaio, la mia amica mi comunica che si trova in dolce attesa. Mi misi subito a piangere dalla gioia ringraziando la Madonnina.
Non so come ringraziare ancora la Madonnina e il Beato Bartolo per queste due grandi grazie... Loredana P.
 
Nel mese di gennaio, mia nipote fece un intervento, che di per sé doveva essere una sciocchez­za, invece per la negligenza dei medici le provocarono un emoperitoneo, una emorragia interna. La cosa grave sta nel fatto che non volevano ammetterlo e così la dimisero, senza completare gli esami del sangue. La mattina successiva, mia sorella doveva prendere servizio, ma aveva un'ansia tale che andò a lavorare molto prima dell'orario abituale. E così si premurò di andare a vedere se erano pronti gli esami di mia nipote. Ebbene, appena li vide si sentì morire perché era­no completamente sballati. Si premurò di telefonare all'altra mia sorella (cioè la mamma di mia nipote) e le disse di riportarla immediatamente in ospeda­le. Così si precipitò ad allertare i medici, che decisero per un nuovo intervento. Ebbene mia nipote è viva per miracolo. Aveva perso così tanto sangue che le era rimasta un'ora di vita. Per l'intervento della Vergine tutto è andato bene, ma ci sono voluti due mesi perché la ragazza si riprendesse. Il mio cuore è troppo picco­lo per poter contenere le parole giuste e ringraziare la Madonna di Pompei, che ci ha ridato mia nipote che stavamo per­dendo. Per questo voglio gridarlo a tutto il mondo. Una devota**************************************************************************************************
GRATI ALLA MADONNA DI POMPEI E AL BEATO B LONGO
Finalmente dopo tanti anni mi decido a scrivere per dare testimo­nianza di quanto la Vergine Santa sia stata presente nella mia vita. Da sempre sono legata a Pompei perché mia madre era molto devota della "Bella Mamma di Pompei"; così la chiamava, e mi raccontava di quan­te lacrime aveva versato davanti al Quadro di Maria quando mio padre, prigioniero in Germania, non dava notizie di sé. Per due anni non si seppe niente di mio padre, ma un giorno tornò. Ho in camera un quadro del­la Vergine appartenuto a mio nonno che, per una grazia ricevuta, le fece uno stupendo manto d'argento. Non mi dilungo a raccontare le tantissi­me grazie ricevute per dirvi di quella che più mi interessa far conoscere. Trent'anni fa fui operata per un tumore alle ovaie con l'asportazione di un ovaio e parziale resezione dell'altro. Tutto andò bene, ma mi fu detto che non avrei più potuto avere figli (ne avevo solo uno). Ci rimasi male, ma accettai la volontà di Dio. Dopo due anni, mi accorsi di essere incinta, e al secondo mese una fortissima emorragia mi fece temere il peggio e pregai la Vergine di Pompei con queste parole: "Ti prego, Mamma. Avevo accettato la volontà di Dio, ma ora che il bimbo c'è, non permettere che lo perda": Tutto andò bene e, dopo nove mesi, con meraviglia dei medici perché avevo portato a termine la gravidanza, nacque Luca, esattamente l'8 di maggio. Ora, il 29 settembre, mio figlio si sposerà. Invio una piccola offerta per i bisogni del Santuario e per una S. Messa per gli sposi Luca e Lisa Augiero. Grazie, Mamma di Pompei, del tuo immenso amore. Angela A. Lonigo (Vicenza)
 
Desidero testimoniare la grazia ricevuta dalla Mam­ma Celeste di Pompei. Sono stato diviso dalla mo­glie per sette lunghi anni. In questi anni, un uomo sbandato aveva spinto mia moglie a sbandare. Io prega­vo sempre davanti alla Vergine e le regalavo le mie lacri­me affinché le raccogliesse nel suo cuore. Al sesto anno la Vergine mi fece sentire nel cuore che dopo un anno la mia famiglia sarebbe tornata unita. E così accadde. Dopo un anno io ritornai in famiglia e ci riunimmo in pace. Se è troppo lunga la lettera potete fare la sintesi. Tengo a preci­sare che io passavo tutte le domeniche a piangere davanti alla Vergine e stavo dalle tre alle quattro ore insieme a Lei, e come ad una Mamma Le chiedevo di aiutare la mia fami­glia, i miei figli e mia moglie. Come fece la Mamma Celeste a farmi sentire nel cuore che al settimo anno si univa la mia famiglia? Me lo fece sentire come quando si sente di amare un figlio: è una sensazione profetica e piacevole. A.M.
 
Ringrazio la Vergine del Rosario di Pompei per aver sostenuto e protetto mia figlia in un difficile esame per l'esercizio della professione, dove la selezione era molto alta. Pur essendosi preparata con coscienza, condizionata dall'emotività, avrebbe rischiato di non ren­dere per quello che realmente sapeva, ma la Regina del Rosario di Pompei, alla quale sono ricorsa con fiducia, l'ha tranquillizzata e l'esame è stato superato brillantemente. Grazie Mamma di Pompei! Anna Maria T. - Asti
 
Con queste poche parole voglio ringraziare infinitamente la Beata Vergine del Santo Rosario di Pom­pei per la grazia che mi è stata concessa: la nascita, dopo tanti anni, del mio primo nipote. Un matrimonio ce­lebrato nel 2006, con l'impossibilità iniziale di poter avere un figlio a causa di problemi di salute, fortunatamente ri­solti nel migliore dei modi. Ma, nonostante il parere posi­tivo di molti medici, non riuscivano ad avere un bambino. Non ho mai perso le speranze ed ho continuato a prega­re, quando lo scorso inverno, inaspettatamente, ricevo la tanto attesa notizia: finalmente dopo anni, sarei diventata nonna. Uestate scorsa è nato un bellissimo bambino. Con questa lettera, oltre a ringraziare la Madonna di Pompei, voglio condividere con tutti i lettori questa gioia e testi­moniare che non bisogna mai perdere le speranze, ma continuare a pregare e avere fede. Chiedo che questa mia lettera venga pubblicata sulla vostra rivista. C.M. - Reggio Calabria
 
Scrivo per ringraziare la Santa Vergine e il Beato Bartolo Longo. Desidero con tutto il cuore che venga pubblicata questa mia, in quanto ne ho fatto promessa al caro Beato che ha ascoltato le mie preghiere e ha provveduto ad intercedere per noi. L'ho invo­cato non solo per mio marito, ma anche per problemi legali che non riuscivamo a risolvere, ma inspiegabilmente, poi, tutto si è risolto nel migliore dei modi. Grazie Mamma Cara, ancora una volta mi hai ascol­tato, dopo tanta disperazione e buio hai fatto risplendere la luce. Hai cancellato tutto: l'angoscia, il dolore, la disperazione; ci hai ridonato il sorriso, la gioia, l'amore, la pace e tanta fede. Si era nel periodo nata­lizio di quest'anno, c'era tanta felicità in giro, addobbi, luminarie, ecc, invece io ero disperata, mio marito ricoverato d'urgenza con febbre alta per una broncopolmonite doppia con addensamento polmonare. Nulla di buono, i medici erano pessimisti e ci gettavano nell'angoscia più totale. Dopo quindici giorni di ricovero, nessun miglioramento, tutto nero. Ho invocato, implorato, pregato tanto la cara Madonnina e il Beato, anche di notte, con il Rosario tra le mani e Lei ci ha esaudito. Piano piano i primi segni di miglioramento, la macchia iniziò a rimpic­ciolirsi e non ci fu più bisogno del ricovero ospedaliero, come inve­ce era stato previsto dai medici. La broncoscopia risultò negativa. Poi ebbe una ricaduta, con febbre, e dovette sottoporsi ad una radiografia al torace; si prospettava il peggio e invece (era mezzogiorno in punto, ricordo il rintocco delle campane ed io mi apprestavo a recitare l'Ange­lus), quando il radiologo uscì e disse: "Signor Vanacore, lei è guarito, la macchia non cè più, è sparita, auguri!" Oh Signore, sii Tu benedetto per i secoli dei secoli, insieme alla Tua Mamma Santissima e al Beato Bartolo Longo e a tutti i Santi. Vi chiedo di celebrare una Messa di ringrazia­mento e una preghiera per mio nipote che è in crisi con sua moglie e vuole separarsi; pregate per piacere insieme con noi affinché questa coppia si riunisca e ritrovi l'amore e la pace. Grazie. Vincenzo e Benedetta V. Amalfi (Salerno)
 
Sono una devota che tanto deve alla Mamma Celeste. In un libretto di pre­ghiere regalatomi dalle suore di Pom­pei ho ritrovato un foglio in cui avevo anno­tato le date di una novena fatta anni fa. Mi sono ricordata che avevo promesso la pub­blicazione della grazia se la Vergine mi aves­se alleviato un disturbo molto delicato, che non osavo confidare a nessuno e che dura­va da molto tempo. Ebbene alla fine dei 54 giorni il disturbo era quasi scomparso e poi andò sempre meglio. Mi spiace se non ho ringraziato prima, forse perché troppo de­licato da spiegare. Lo faccio ora e mi scuso per non essere più esplicita. Se decidete di pubblicare, fatelo solo con le mie iniziali. M.M.-Potenza
(Tratto da “Il Rosario e la nuiova PoMpei)
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TESTIMONIANZE DI MIRACOLI A LORETO
RIEVOCAZIONE DI UNA GUARIGIONE OTTENUTA A LORETO
La signora Immacolata Lemmo, residente a Vancouver (Canada), il 3 maggio scorso ha inviato una lettera nella quale rievoca una segnalata guarigione ottenuta per intercessione della Vergine Lauretana da Maria Di Tommaso, ora novantunenne, emigrata e residente a Vancouver. La pubblichiamo a edificazione dei lettori.
«Maria Di Tommaso, adesso ha 91 anni. Quando aveva 19 anni le crebbe una ciste sotto il braccio. Non poteva andare all'ospedale perché i tedeschi avevano rotto il ponte della strada che conduceva da Casacalenda a Campobasso. Allora la madre chiese al dottore del paese di fare qualcosa, ma quegli si rifiutò affermando che non si sentiva preparato per questo caso. La mamma però insistette e il dottore fece un buco nella parte malata del braccio di Maria, da una banda all'altra per farci passare una garza per l'eliminazione del pus.
La madre di Maria si recava a Loreto tutti gli anni. Questa volta ci portò anche Maria. Il medico del paese le diede una lettera da presentare all'ospedale per medicarsi. Giunta lì, un dottore la visitò e le disse: «Non hai più niente, è tutto asciutto! la Madonna ti ha guarita».
Maria racconta a tutti la sua storia. Io le passo la rivista del santuario di Loreto che lei legge volentieri e la attende. Da Vancouver ben quattro volte è tornata a Loreto per ringraziare la Madonna. Immacolata Lemmo
 
GUARIGIONI A LORETOLa guarigione di Adele TrasattiLa Signora Adele Trasatti si era sposata con Ezio Vita il 5 aprile 1952 all'età di 28 anni. La luna di miele fu di breve durata poiché, dopo appena venti giorni, la sposa avvertì i primi sintomi della tubercolosi ossea (malattia di Pott). Ricoverata all'Ospedale "Murri" di Fermo, passò all'Ospedale di Ancona per un ulteriore ciclo di cure che purtroppo risultarono inefficaci. Dopo un lungo periodo di degenza in vari ospedali, la Signora Trasatti venne riportata a casa e nel 1956 diede alla luce la piccola Anna Rita che venne allevata dai nonni pater­ni in quanto la Signora Trasatti veniva ricoverata all'Isti­tuto Elioterapico di Porto Potenza Picena, specializzato per la cura della tubercolosi ossea.
Le condizioni generali tendevano costantemente ad aggravarsi, tanto che si disperava per la sua vita. I medi­ci curanti dell'Istituto consigliarono i familiari a ripor­tare a casa la paziente in quanto le cure non sortivano effetto alcuno. Alla malattia di Pott si aggiunse poi una malattia all'intestino (la cui diagnosi non è riportata nei documenti) che le impediva persino di bere e mangiare.
Durante questo tempo la Signora Trasatti riferì di una visione notturna durante la quale una Signora le appoggiò la mano sul ventre e la incoraggiò a sopporta­re pazientemente il male. Da quel giorno la Trasatti poté nutrirsi, ma la gamba non accennava a migliorare.
La Madre Superiora dell'Ospedale convinse la Signo­ra Trasatti a recarsi a Loreto con il treno giallo organiz­zato dall'Arcidiocesi di Fermo, ma si preferì trasportare l'ammalata in ambulanza. Alle ore 10 della domenica la Signora Trasatti, giunta a Loreto in condizioni estreme, davanti all'immagine della Vergine Maria raccomanda­va la sua anima: "Mi sento morire", disse, mentre il suo corpo era pervaso da un eccezionale freddo seguito da vampate di calore.
Sentì che le dita del suo piede, per tanti anni immo­bilizzato, riprendevano il movimento; dopo il piede la gamba, poi il ginocchio. Ebbe la sensazione di essere accarezzata da una mano pietosa. Il dolore era scompar­so tanto che la Signora espresse in cuor suo il desiderio di scendere dalla barella, sicura di poter camminare; ma dominò la voglia e non si mosse né disse parola. Iniziò a piangere.
Il martedì successivo tornò in ospedale. I medici e le suore, sfasciando la gamba, videro "le bende asciutte" e la profonda piaga completamente rimarginata. Nel gi­nocchio, era visibile solo una piccola cicatrice. Ma la sor­presa continuò: la Signora Adele Trasatti si levò dal letto e ricominciò a camminare dopo cinque anni.
Nel pomeriggio dello stesso giorno il marito si recò a visitare la moglie, ma non la trovò a letto. Stava per chie­dere notizie, ma la Signora Adele corse ad abbracciar­lo da dietro l'uscio dicendo umilmente: "Sono indegna di tanta grazia".
 
CAREZZE MATERNEUn identico profumo di nardo percepito a Nazaret e a LoretoLoredana Pasquini di Perugia, il 18 maggio scorso, si è recata con il marito nella direzione della Congregazione Universale della Santa Casa e ha riferito quanto segue. Essendosi portata a Nazaret nel 2012 con altre due persone, si è prostrata davanti alla Grotta per pregare e sentì, come le altre due, un intenso profumo che identificò con quello di nardo. Recatasi a Loreto ed entrata in Santa Casa, percepì lo stesso profumo. Subito le venne in mente un mistico collegamento tra la Grotta di Nazaret e la Casa di Loreto. Tornano in mente le parole del testo del Gemellaggio tra il santuario dell'Annunciazione di Nazaret e quello dell'Incarnazione di Loreto, stipulato il 18 maggio 1997: «Due mani che si ricongiungono e due note che formano un'unica splendida melodia».
La stessa signora Pasquini ha riferito poi che un'altra volta, inginocchiatasi sul gradino della Santa Casa di Loreto per pregare, sentì sulla testa come una caduta d'acqua che poi constatò con sicurezza toccandosi con la mano. E ha affermato di avere interpretato il fenomeno come una carezza di Maria nella sua Casa terrena.
 
Guarito da un male al ginocchio
Alberto Alabardieri, il 19 maggio scorso, ha riferito al direttore di questa rivista quanto segue. All'età di circa 13 anni, in seguito allo scoppio di una mina, fu ferito gravemente in un ginocchio e fu trasportato all'ospedale di Pesaro. Non riusciva più a camminare e per fare pochi passi doveva servirsi delle stampelle.
Fu portato a Loreto in carrozzella dall'Unitalsi della diocesi di Pesaro. In Piazza della Madonna incontrò un tal Marcello in carrozzella. Alberto si appoggiò alla carrozzella di lui e cominciò a girare per la Piazza, portandosi fino a Porta Marina. Qui però si ritrovò nell'impotenza di tornare indietro spingendo la carrozzella, avendo il ginocchio rotto. Una suora si offrì a prendere la carrozzella e Alberto cominciò, sorprendentemente, a camminare da solo, percependo di essere stato guarito. Giunse tranquillamente fino alla Piazza della Madonna senza alcun aiuto.
Tornato a casa, costatò che la ferita veniva richiudendosi poco a poco, fino alla completa guarigione e che il buco profondo del ginocchio finì per chiudersi. Dopo moltissimi anni, ormai in età avanzata, è tornato ancora una volta a ringraziare la Madonna di una grazia così segnalata. (Il Messaggio della Santa Casa – Loreto 9-10/2014)*******************************************************************************************************************
TESTIMONIANZE DI GRATITUDINE A PADRE PIO
TESTIMONIANZA di una madre
Mi chiamo Patrizia ed abito a Casalvieri. Sono sposata e mamma di tre figli. Un'esi­stenza normale fino all'anno scorso, quando il mio primogenito Alessan­dro comincia ad accusare dei malo­ri. Dopo diverse visite mediche, sco­priamo quello che mai un genitore dovrebbe scoprire: mio figlio era malato ed andava necessariamente operato. I rischi che mio figlio cor­reva erano tanti. Rischiava di rima­nere paralizzato e problemi alla vi­sta. Intanto, la zia di Alessandro ci racconta di un sogno durante il qua­le Padre Pio l'aveva rassicurata sulle condizioni del nipote e sul buon esi­to dell'operazione. In quei giorni co­sì tormentati, con i medici che non facevano che rimandare l'operazio­ne a causa di guasti ai macchinari, mi fanno dono di una reliquia del San­ to di Pietrelcina.Alla fine, arriva il momento dell'operazione tanto at­tesa e tanto temuta allo stesso tem­po e mio figlio è uscito da quella sala operatoria così come ci era entra­to. Ora, passo dopo passo, ha ripre­so in mano la sua vita e ogni volta che lo guardo so chi devo ringrazia­re per ciò che vedo. Patrizia M., Casalvieri (FR)
 
FRANCESCO PIO è venuto al mondoMia moglie era incinta e tutto sembrava proce­dere per il meglio quando, all'improvviso e senza che nessuno potesse immagi­narsi una cosa del genere, ci sono state una serie di compli­cazioni. Mia moglie Daniela è stata trasportata d'urgenza da un ospedale all'altro per una metrorragia da placenta. Durante quel viaggio in ambu­lanza, mia moglie ha pregato Padre Pio che la aiutasse a superare quel momento e così è stato. Oltre alla professionalità di chi l'ha soccorsa sin dal primo momento dell'emergen­za, abbiamo riconosciuto la pre­senza del Signore attraverso l'intercessione di san Pio.
Così, il 18 ottobre del 2013 è venuto al mondo il piccolo Francesco Pio, che migliora e cresce giorno per giorno. Caro Padre Pio, sii sempre pre­sente nelle nostre esistenze e proteggici sempre, benedici il piccolo Francesco Pio e la sua mamma Daniela. Grazie! Giacomo S., Manduria (TA)
 
DA QUEL PROFUMO LA FINE DI UN INCUBO
E’ passato motto tempo da quando ho sentito forte la presenza di Padre Pio accanto a me. Ho avuto sempre difficoltà a racconta­re quest'episodio perché ho spesso avvertito la diffidenza di chi mi ascoltava, ma ora ho deciso di raccontare quanto mi è successo. Era il 1999 quando mia nuora partorì una bambina. Dai primi istanti della sua vita i medici capirono che qualcosa non andava come avrebbe dovuto. La piccola non riusciva ad alimentarsi autonomamente quin­di veniva alimentata artificialmente con grande preoccupazione di tutta la sua famiglia Si faceva un gran parlare di Padre Pio in quegli anni per via della Beatificazione imminente, e io cominciai a rivolgermi a lui nella preghiera, pregandolo di aiutare i medici a capire il da farsi. Intanto gli esami alla bambina continuavano senza alcun esito. In quei giorni capïtó uno strano episodio. Ero nella mia camera da letto quando cominciai a sentire un forte profumo che ho subito collegato a Padre Pio. Da quel momento, mia nipote Chiara ha cominciato a stare meglio senza che però i medici capissero cosa fosse realmente successo. Io lo so invece. Grazie Padre Pio. Davide M., ROMA
 
Quella lettera la risposta Eai miei dubbi
Era il 1965 quando ricevetti una lettera di risposta da Pa­dre Pio che ha dello straordi­nario. Era un periodo difficile per me e per la mia fede. In particolare, avevo difficoltà a comprendere co­me la Madonna potesse essere ma­dre amorevole di tutta l'umanità. Mi sentivo trascurata, sola, triste. Ebbe­ne, quella lettera di Padre Pio sem­brò leggermi nel pensiero e dissol­vere ogni mio dubbio. Nella lettera mi scriveva un frate che diceva di scrivere sotto dettatura giacché Pa­dre Pio aveva le mani piagate. Nella lettera si leggeva: "Angelica, la Ma­donna è la tua mamma, ti vuole be­ne ed è accanto a te, chiamala". Da quel momento preciso la mia vita è cambiata, ed io ho capito che non avrei più dubitato. Angeleca, FI
 
DOPO MOLTI ANNI SCRIVO PER RINGRAZIARE PADRE PIOPiù volte mi sono ripromessa di raccontare i prodigi di Padre Pio, anche al fine di condividere con altri la mia gioia e devo­zione. Era l'anno 1997 quando mia figlia ed il suo fidanzato - attuale marito - decisero di trascorrere gli ultimi glomi dell'anno in Scozia, dove in quel periodo viveva l'altro mio figlio. Durante un'escursione decisero di avventurarsi in visita alle Highlands, pur non avendo l'attrezzatura adeguata ad un'uscita del genere. II per­corso non si rivelò particolarmente difficoltoso nelle prime fasi, ma col calare della sera si resero conto che le rocce erano ormai ghiacciate e scivolose. Furono colti tutti da timore, perché intanto la notte si avvicinava e il freddo si faceva sentire. Non avevano via di scampo. Mia figlia, allora, cominciò ad invocare Padre Pio perché li aiutasse a trovare una soluzione. Ed ecco che, come per mirag­gio, comparvero due persone provviste di attrezzature ed equi­paggiamento che, vedendoli infreddoliti e lividi li portarono sani e salvi a valle. Come potrei non rendere grazïe? '` Ada T., Ceglie Messapica (BR)
 
"Guarda quello COME RIDE!"I medici mi comunicarono che erano necessarie ulteriori indagini per capire che cosa avessi -il sospetto era un tumo­re allo stomaco. Potete immagi­nare cosa io possa aver prova­to. Poi, mentre ero in ospedale accanto ad un infermiere, vidi nitidamente accanto a me Padre Pio che rideva. Io allora dissi: "Ma guarda quello come ride!", ma l'infermiere che mi stava vicino non si accorse di nulla Ebbene, esami alla mano, il medico mi disse che non c'era nulla di anomalo e che i sospetti si erano rivelati infondati. Non finirò mai di ringraziarti per aver intercesso per me! Suor Giovanna C., ROMA*********************************************************************************************
TESTIMONIANZE DI GRATITUDINE A PADRE PIO 4/2014
"NON FARMI FARE brutte figure!"
Il motivo di questa mia lettera è testimoniare non solo l'impor­tanza e la forza che san Pio mi ha dato nella mia esistenza, ma an­che raccontare il mio incontro con lui tanti anni fa. Ero appena un a dolescente quando mio padre, grande devoto di san Pio, condus­se me ed i miei due fratelli più pic­coli a San Giovanni Rotondo. Ri­cordo ancora il viaggio in corriera e il Santo Rosario che mio fratello si vergognò di recitare. Giunti al cospetto del frate, Padre Pio rim­proverò mio fratello per quella ver­gogna, senza che nessuno gli aves­se raccontato nulla. Ricordo an­che della mia richiesta di diventa­re suo figlio spirituale e della sua emblematica risposta:"Non farmi fare brutte figure!". Francesco M., NA
 
LIBERATO da una grossa crisi economica
Mio marito è un grande devoto di san Pio per­ché ha sentito netta la sua presenza varie volte nella sua vita, ma soprattutto perché è stato determinante in un periodo critico della sua vita. Padre Pio è riuscito silen­ziosamente ad avvicinarlo passo dopo passo a Dio e lo ha liberato da una grossa crisi economica che rischiava di annientarlo sia socialmente che psicologicamente.
Non lo ha mai lasciato solo, e noi per questo non possiamo non dirgli grazie! B., ROMA
 
LA FEDE CONTRO LA STATISTICASiamo una coppia di sposi e abbiarno deciso di scrivervi per raccontare la nostra storia Nel 2008 a mio marito è stato dia­gnosticato un gravissirno tumore: la sua unica e ultima speran­za era il trapianto di fegato. Le probabilità di trovare un fegato compatibile non andavano oltre il 7-8% e la nostra disperazione era indicibile.
Passato il primo periodo, però, cominciai a pensare spesso alla fra­se di san Pio che recita "Disperarsi non giova a nulla". Piuttosto, decisi, avrei pregato il più possibile, sperando che qualcosa sarebbe accaduto. Dopo quattro lunghi anni di attese e sofferenze, mentre ci trovavamo a Palermo per dei controlli, ci chiamarono per dirci che il fegato era arrivato, e che era proprio lì dove ci trovavamo. La sorpresa fu grande, unita alla gioia di sapere che tutta l'opera­zione del trapianto era andata bene. Grazie per quello che hai fat­to per noi. Gabtiella e Luigi Z., SR
 
In sogno Padre Pio mi sorridevaProprio un anno fa, nel mese di aprile, dovevo essere rico­verata per un intervento chi­rurgico di non grande entità. Il gior­no del ricovero, però, a seguito di ulteriori accertamenti, mi venne
comunicato che la situazione era decisamente peggiorata e che ave­vo un tumore.
Cercai di farmi forza e tutte le se­re, con le lacrime agli occhi, prega­vo con fervore san Pio. Giunti al giorno dell'operazione accadde una cosa bellissima: sognai Padre Pio che con un dolce sorriso mi ras­sicurava. Ho avvertito la sua pre­senza per tutta la durata dell'inter­vento chirurgico, e al risveglio il professore che mi aveva operata mi comunicò che tutto era andato per il meglio e che il tumore era benigno. Lucia B., Imola (BO)
 
NEL SOGNO LA SPERANZASono qui a raccontare un fatto accaduto oltre dieci anni fa e che tuttora ricordo come se fosse ieri. Mi era stata diagnosticata una grave malattia alla tiroide che mi portava seri problemi al muscolo cardiaco. Dovevo essere operata con una certa fretta. All'indomani dell'ope­razione, però, sognai Padre Pio che parlandomi mi passò la mano sul petto. Capiì allora che qualcosa doveva essere successo. E cosi era stato, ero guarita. Grazie Padre Pio. Rosa C. , SA
 
Sempre vicini NELLA PREGHIERAVi scrivo per testimoniare a gran voce la presenza di Padre Pio nella mia vita Nonostante le difficoltà e i molti affanni che la vita mi ha riservato, mai mi è mancata la mano salvifica di san Pio. Tredici anni fa, quando mia madre è mancata, ero distrutta dal dolore per quanto la vita mi aveva riservato, ma questo grande Santo mi ha continua­mente fatto sentire la sua pre­senza in tanti piccoli modi diversi, e per questo sempre mi rivolgo a lui nella preghiera con profonda fede. Marinella CM . Piegaro (PG)  (Voce di Padre Pio 4/2014)**********************************************************************************************
TESTIMONIANZE DI GRATITUDINE A PADRE PIO
«COME FACCIO ad aiutarti se non vieni in chiesa?»
Una brutta malattia aveva complicato la mia vita. Mi costringeva a camminare con una bombola di ossigeno, mi toglieva ogni forza. Un giorno incontrai una signora che mi re­galò un'immagine di san Pio con la reliquia e la preghiera al Santo. Io ero lontana dalla chiesa, da an­ni frequentavo i Testimoni di Geo­va. Nonostante questo, ho pro­vato a ricominciare a pregare, ma non accadeva niente, anzi le mie condizioni peggioravano giorno dopo giorno. Ero ormai dispera­ta, convinta che quel Dio che in­vocavo invano fosse morto. Ma proprio quella notte qualcosa mi svegliò d'improvviso e ai piedi del letto san Pio, con il suo saio marrone e in tono di rimprovero mi disse: «Figlia cara, come fac­cio ad aiutarti se non vieni in chiesa?». Da allora la mia vita è cambiata. Non solo sono guarita nel corpo, ma la fede mi ha salva­to anche l'anima. Giovanna Maria C., Aielo del sabato(AV)
 
«NON POTEVO avere figli, ma Padre Pio mi ha dato Francesca»
Nell'aprile del 2006 mi hanno diagnosticato un'endometriosi grave. Dopo alcuni interventi e innume­revoli cure, la diagnosi è stata "gravidanza impossibile". Ho pregato tanto san Pio e sono andata tante volte sulla sua tomba. Nel penultimo pellegri­naggio di luglio del 2008, ho sup­plicato il Frate santo, il cui corpo era esposto alla venerazione dei fedeli, di donarmi la gioia di un bambino. Prima di ripartire, una voce mi ha detto che sarei tornata presto. E così è stato. Due mesi dopo ero ancora dinanzi a lui e a dicembre ho scoperto di aspettare Francesca, una splendida bambi­na, sana e forte e che adora il nonnino Pio con la barba. Alla visita di controllo il medico mi ha detto che dovevo ringraziare qualcuno che non era di questo mondo. Padre Pio ha messo fra le mie braccia un dono meraviglio­so. Francesca è "figlia" di san Pio che la protegge ovunque e che cammina con noi sempre. Federica M. (Vicenza)
 
DA QUEL PROFUMO LA RINASCITAMi chiamo Lenor Freitas e vivo in Canada, ma sono di nazionalità portoghese. Quando avevo 28 anni, la mia madrina di battesimo, che era per me una seconda ma­dre, si è ammalata. Il male, diffusosi per tutto il suo corpo la costrinse ad intense cure e a un intervento chirurgico. In seguito all'asportazione di un seno, ha continuato a soffrire moltissimo a causa delle complicazioni seguite all'intervento. Un giorno, una cugina della mia madrina ci ha regalato un piccolo libro con la biografia ed alcune grazie ottenute da san Pio. Abbiamo comin­ciato una novena di preghiera al Santo, chiedendo la sua guari­gione. Nell'ultimo giorno della novena la casa si è riempita di un profumo intensissimo, soave e buonissimo. Da quel giorno, da quel profumo, da quelle preghiere è cominciata la rinascita. La mia madrina ha cominciato a migliorare sino alla totale guarigio­ne. Da tempo volevo raccontare questa grazia, ma solo adesso ho trovato il coraggio di farlo. Grazie san Pio. Toronto.
 
LA GUARIGIONE di mia madreMi chiamo Maria Teresa B. ed abito a Bologna. Vi scrivo per raccontarvi la storia della mia famiglia. Appe­na diplomata cominciai a lavora­re a "Casa Sollievo della Sofferen­za". Padre Pio era ancora vivo, co­sì ebbi modo di incontrarlo alcu­ne volte. Qualche anno dopo, per avvicinarmi alla mia famiglia, cambiai posto di lavoro, senza mai dimenticare gli anni vissuti a San Giovanni Rotondo. Due an­ni dopo a mia madre venne dia­gnosticato un tumore al seno. Mi sembrava che il mondo mi crol­lasse addosso. Decisi di scrivere una lettera ad una mia ex collega, figlia spirituale di san Pio. Prima dell'intervento chirurgico mi giunse un telegramma della mia amica nel quale mi diceva che si era rivolta a Padre Pio e che lui l'aveva incoraggiata alla speran­za. Il nostro cuore si aprì, affron­tammo più serenamente l'ope­razione, convinti dell'intercessio­ne del santo Frate. E cosìfu. Mia madre si è spenta serenamente a 96 anni, molti anni dopo quel­l'intervento. MariaTeresa B., BO
 
SULLA SUA TOMBARIACQUISTATO LA VISTAMi chiamo Angela M. e vi scrivo per ringrazia­re san Pio per avermi ridato la vista. Un mattino, il giorno della vigilia di Natale del 2011, mi sono alzata senza vederci. Portata all'ospedale dai miei figli, mi è stata diagnosticata una diplopia abbinata ad un'altra patologia che mi impediva di vedere. Ho pregato tanto, poi la scorsa estate sono stata a San Giovanni Rotondo e mi sono accostata alla tomba di Padre Pio. Mentre ero lì a pregare, ho cominciato ad avvertire un dolore all'occhio che ha cominciato a lacrimare e a bruciarmi. Dal giorno successivo a questo strano avvenimento ho ricominciato a vedere tutto perfettamente, tanto da riuscire a guidare l'auto. Non posso non dire grazie a san Pio. Angela M. Grugliasco (TO)
 
Ho donato e mi è stato dato.
Sono stato guarito da un tumore maligno per intercessione di san Pio che non smetterò mai di rin­graziare per avermi aiutato. La mia esperienza personale non ha dato inizio "ad una nuova fede" poiché ero già credente, ma è stata la più bella prova che un credente possa avere: il bene e l'amore che Padre Pio ci insegna ogni giorno non avrà mai nessu­n'altra forza contraria perché la forza e la volontà di Dio, l’Onnipotente sono insuperabili. Antonio G. Nocera Inferiore (SA)
(Voce di Padre Pio – 3/2013)
 
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Grati alla Madonna e al Beato Bartolo Longo
Sono profondamente grata alla Vergine del Santo Rosario di Pompei, non solo perché mi ha sempre sostenuto nei momenti diffi­cili, ma anche perché dopo aver recitato con fede la Novena, mi ha fatto subito la grazia di trovare un lavoro, che cercavo con urgenza. Grazie, grazie infinite alla Madonna che ha accolto le mie suppli­che, e sono sicura che nel corso del tempo mi aiu­terà anche a trovare un lavoro definitivo, bisogna avere costantemente fede, il suo cuore di Mamma non ci abbandona mai. Grazie Madonnina mia per tutto l'aiuto e la forza che mi dai.  Alessandra A.
 
Mi è gradito segnalare di aver invocato il Beato Bartolo Longo e di essere stato esaudito. Una pratica legale che riguar­dava mio figlio si era fermata e non trovavo via di uscita per avviarla a soluzione. Dalla Rivista "Il Rosario e la Nuova Pompei" ho letto il ringrazia­mento della Sig.ra Antonietta La Rosa (Sydney) e l'evidenza del suo problema che il buon avvo­cato Bartolo Longo si era prodigato ad esaudire. L'ho invocato come beato ed avvocato affinché il suo santo aiuto potesse smuovere questa pratica e portarla alla soluzione finale. In data 31 marzo 2011, nel tardo pomeriggio, è stato comunicato a mio figlio il buon esito e la chiusura dell'atto. Con felicità e preghiera voglio esprimere la mia ricono­scenza al Beato Bartolo Longo, con l'augurio che al più presto possa avvenire la sua canonizzazione. Ringrazio e saluto. Gennaro C. Meta di Sorrento (Napoli)
 
Era il 7 Settembre 2010, vigilia della natività di Maria, Madre di Gesù, ed ero ricoverata all'ospedale Cardarelli di Napoli per inter­vento alla carotide. Nel corso dell'intervento ci fu un piccolo problema che provocò una sospensione di ossigeno al cervello per sei secondi. Appena ter­minato l'intervento, il professore Muzzi decise di mettermi in coma farmacologico. Durante il tem­po in cui sono stata in coma, circa 24 ore, io ho avuto forte la sensazione di trovarmi a casa mia, precisamente in cucina, pregando il Rosario della Divina Misericordia. Ricordo anche che avevo tra le mani una corona datami dalle Suore del Santua­rio di Pompei e che la stessa aveva dei grani molto ruvidi. Ero quasi arrivata alle litanie del Rosario, quando sento bussare alla porta di casa e metten­do la corona nel libricino, nel punto dove avevo sospeso, mi apprestai ad aprire la porta. Promisi a Gesù di completare la preghiera appena mi fossi li­berata. Ahimè! Ho aperto gli occhi e, dopo qualche momento, mi sono resa conto di non essere a casa, ma in terapia intensiva. C'era una dottoressa, alla quale chiesi subito dove fosse il libricino e la co­rona gialla. La dottoressa mi disse che tra le mani non avevo niente. Così presi atto di aver avuto una sorta di visione e che le mie preghiere erano state ascoltate dalla Beata Vergine, poiché a Lei, poco prima dell'intervento, mi ero rivolta con queste pa­role: "Fa' che io possa ritornare qui, a Pompei, nel tuo Santuario, per poterti ringraziare". Questa mia testimonianza è un invito a tutti i fedeli ad affidarsi alla Beata Vergine, nella preghiera. Giulia G. Marano (Napoli)
 
Io e mia moglie Rosa siamo devoti della Ma­donna di Pompei. Il 16 giugno 1956 ci siamo sposati proprio nel Santuario di Pompei. Vorremmo dare testimonianza di un miracolo ri­cevuto dalla Madre di Pompei. Lo scorso aprile, mia moglie Rosa nell'alzarsi dalla sedia per aprire la porta di casa è caduta, colpendo con le spalle e la testa un mobiletto porta TV con due sportelli di vetro. Nell'urto, il vetro si è rotto e lei si è ritrovata con le schegge in testa e su tutto il corpo. Miracolosamente, non ha riportato nessuna grave conseguenza, solo delle contusioni. Subito io e mia moglie abbiamo notato l'intervento della Madon­na di Pompei perché siamo tutti e due avanti negli anni, ne abbiamo 80, e siamo malati di cuore, in particolare Rosa ha avuto un infarto e soffre di de­pressione ed ansia. Rosa recita sempre il Rosario e abbiamo un'immagine della Madonna davanti alla quale c'è sempre un lumino acceso. Siamo sicuri che la Madonna ci ha aiutato proteggendo Rosa dalle schegge di vetro. Se lo ritenete opportuno, pubblica­te pure questa nostra testimonianza. Andrea e Rosa D'A. Prato
 
Ho 84 anni, sin dalla giovinezza sono stata devota della Beata Vergine del Rosario di Pompei che mi ha sempre aiutato a supera­re tanti momenti di difficoltà: ora, come promesso, desidero esprimere la mia riconoscenza alla Mam­ma di Pompei per una grazia ricevuta recentemen­te. Mia figlia si trovava ricoverata in ospedale per una grave patologia, a causa della quale doveva essere sottoposta ad un intervento chirurgico molto invasivo, ma necessario.
Date le sue condizioni, e la pericolosità dell'ope­razione, i medici che la seguivano temporeggiava­no, ma, ad un certo punto, decisero di sottoporla alla preparazione pre-operatoria. Poche ore prima del momento stabilito, ricevemmo la "grazia" che scongiurò il pericolo dell'intervento.
Ancora una volta, la Mamma di Pompei aveva ascoltato le mie preghiere e mi aveva aiutato. De­sidero esprimere pubblicamente la mia gratitudine per la sua benevolenza e la sua costante protezione.
Anch'io, la figlia, vorrei offrire la mia testimonian­za. La mamma mi ha trasmesso sin da piccola il culto della devozione alla Madonna, portandomi in pellegrinaggio al Santuario della Vergine San­tissima di Pompei per pregare e ringraziarla per la grazia ricevuta. Nel corso della mia esistenza, no­nostante non sia una praticante, ho costantemente avvertito accanto a me la sua presenza consolatrice, e non ha mai mancato di rispondere alle mie invo­cazioni d'aiuto, in tutti i momenti più bui della mia vita. Sono sicura che, in futuro, la Madonnina con­tinuerà a proteggermi tutte le volte che le affiderò le mie sofferenze. Rosetta O. Bari
 
A questa mia segue un piccolo vaglia offerto alla Madonna che mi ha concesso una grand­e grazia. Da mesi sentivo "un'anima" che mi tormentava di notte; i sacerdoti con cui ho par­lato non ci credevano, mi hanno anche benedetto la casa, ma tutto proseguiva; avevo chiesto un esorci­sta, ma loro non se lo sentivano di chiamarlo. Ho fatto la novena alla Beata Vergine di Pompei e da un po' di giorni non sento più nulla, ho fatto pure il ringraziamento.
Mi scuso, ma ciò che ho scritto è la pura verità, non sono pazza ma ragiono ancora. Mi raccomando alle vostre preghiere: è stato un esperimento tremendo, ho perso 4 chili di peso. Vi ringrazio e pregate Ma­ria per me. Lidia T. Borghi Fiesso Umbertano – Rovigo
Il Rosario e la nuova Pompei – a 128 nr. 2/2012)
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GRATI ALLA MADONNA E AL B. BARTOLO LONGO
Nel mese di aprile 2007 venni colpito da una malattia al fegato, nuova per la medicina, di cui non si cono­sce la causa e tanto meno la cura. Facendo dei normali esami del sangue, due valori risultarono sballatissimi: la Gamma GT e la Fosfatasi. I valori normali per gli uomi­ni sono fino a 0,50 di Gamma, io ne avevo 1580, e fino a 0,25 di Fosfatasi, io ne avevo 1350. Conservo anco­ra tutte le analisi. Era la festa dei Gigli di Nola, faceva molto caldo e nel fare la doccia mi accorsi con stupore di avere al braccio sinistro, all'interno del gomito, una macchiolina nera. In un primo momento la presi per una mosca, ma mi sbagliai. Poi uscii per la festa, tornai a casa tardi, dimentico della macchiolina. Nello svestirmi per indossare il pigiama mi resi conto che la macchia si era ingrandita e aveva cambiato colore e forma. Il gior­no seguente il dermatologo, augurandosi di sbagliare, mi disse che si trattava di un melanoma. Subito prenotai una visita al Pascale di Napoli e fui visitato dal Primario del reparto oncologico. Il mio medico non si era sbagliato: il Professore mi disse che si trattava di una brutta forma di melanoma. Mi spiegò a cosa andavo incontro e insi­stette per iniziare la chemioterapia. Prima però chiamai il Prof. Rizzetto, Primario Epatologo all'Ospedale "Le Molinette" di Torino, che mi aveva diagnosticato il male al fegato, il quale mi disse di non assumere nulla senza il suo ordine. Il Primario del Pascale si mise subito in con­tatto con lui a Torino, suggerendo il tipo di chemio che potevo avere senza arrecare danno al fegato, già rovi­nato per la malattia. Vedendomi stretto fra due mali, mi rivolsi al Beato con fervore: «Ma mi vuoi aiutare? Vedi come mi trovo stretto fra due mali, io non ce la faccio più». La notte seguente fu agitatissima, non riuscivo a prendere sonno quando la mia camera da letto fu invasa da una luce fortissima, dovevo tenere gli occhi chiusi; udii una voce bellissima, angelica, che mi disse «Ma che paura hai? Vicino a te ci sono io», aprii gli occhi e fis­sai lo sguardo verso il punto più luminoso, continuai a sentire quella voce stupenda, che certamente veniva dal Beato perché mi disse: «Fai come me, recita il Rosario e sarai salvo». A questo punto, vidi una mano agitare una bellissima corona del Rosario, anch'essa molto lu­minosa; mi alzai, e andai verso la porta per vedere da dove fosse passato, ma era tutto chiuso. L'agitazione passò e mi addormentai. Avrei tante altre cose da dire ma non voglio dilungarmi ancora. La ringrazio e la saluto fraternamente. Viva il nostro Beato. Amen. Alleluia. Un figlio spirituale del Beato. Giuseppe R. Nola (Napoli)
 
Grato alla Vergine del Rosario che più volte si è ma­nifestata benevola nei miei riguardi in occasione di momenti difficili della vita, desidero testimoniare, dalle pagine di questa pubblicazione mariana, l'ultimo Suo prodigioso intervento in favore dei miei familiari. Cinque anni fa mia figlia, allora ventinovenne, rimasta senza impiego per la chiusura della ditta presso la qua­le lavorava, si trasferì in Germania dove, tramite web, aveva trovato opportunità di lavoro, pur senza alcun ap­poggio logistico in quel Paese e completamente a digiu­no della lingua tedesca. Conosciuto un ragazzo tedesco lo sposò e dal loro matrimonio nacquero due bellissime bimbe per accudire le quali, dopo il secondo lieto even­to, dovette lasciare la sua occupazione. Purtroppo, alla fine dello scorso anno, a causa della crisi mondiale, an­che il marito rimase senza lavoro con conseguenti grosse difficoltà economiche e relative enormi preoccupazioni per il futuro familiare. Mai abbiamo smesso di riporre fiducia nella Mamma Celeste alla quale, mia figlia, mia moglie ed io ci siamo rivolti con incessanti preghiere e quotidiane recite del Santo Rosario. Durante tutto il mese di maggio, come già faccio da anni nei due mesi dedicati alla Madonna, ho frequentato, nella Basilica di Pompei, il mattutino appuntamento del "Buon­giorno Maria", durante il quale particolare implorazione ho rivolto alla Madonna perché trovassero soluzione i problemi lavorativi di mio genero. Il 1° Giugno, giorno successivo all'ultimo appuntamento mattutino del mese di maggio, ho ricevuto una telefonata con la quale mia figlia, raggiante, mi comunicava che entro pochi giorni suo marito avrebbe intrapreso un nuovo lavoro ben re­munerato e di suo gradimento. Ho pianto di gioia ed il mio pensiero è subito corso alla Vergine del Rosario che, ancora una volta, aveva voluto esaudire benevol­mente le mie indegne preghiere. Oggi anche mia figlia ha ripreso a lavorare, seppure part-time, come in­segnante d'italiano per tedeschi desiderosi di co­noscere la nostra lingua. Grazie Maria, sii ovun­que benedetta, oggi e sempre, in terra ed in cielo. Amen. Carlo Scafati (Salerno)
 
I1 31 marzo 2009, mio marito è stato colpito da infarto mesenterico venoso. Trasportato all'Ospedale Monal­di di Napoli, la situazione è apparsa subito drammatica. Una patologia questa, la cui diagnosi viene fatta quasi sempre post-mortem e la cui mortalità è pari al 90%. All'entrata nella sala operatoria, intorno alle 22.45, la si­tuazione era disperata. In quel momento ho chiesto aiuto alla Madonna del Rosario di cui sono devotissima. La Madonna ha udito il mio grido di disperazione e di do­lore, ha placato il mio animo in tempesta e ha guidato la mano del Professore che in quel momento operava mio marito, permettendogli di salvargli la vita. Si è gridato al "Miracolo" ed oggi io, a distanza di sedici mesi dall'in­tervento, voglio testimoniare questo miracolo della Ma­donna del Rosario di Pompei, a cui giuro devozione e amore per tutta la mia vita. F S. Napoli
 
Sono una vostra benefattrice, molto devota alla Ver­gine del Rosario di Pompei; ogni giorno prego la Madonna per la mia famiglia e per tutti i miei cari, pa­renti e amici. Molto spesso mi sono affidata alla Mam­ma celeste con grande speranza e fiducia e sono sempre stata esaudita. Più di una volta sono venuta al Santuario per ringraziare personalmente la Madonna per le grazie ricevute e per nuove richieste. Quest'anno nel mese di giugno mia figlia di 35 anni ha dovuto fare degli accer­tamenti al seno per noduli sospetti. La mia ansia non ha trovato pace nell'attesa dei risultati, anche perché la dottoressa ha voluto fare degli approfondimenti più particolari. Ho pregato continuamente la Madonna col cuore aperto e ferito, pensando a tante cose negative. Finalmente dopo più di un mese di attesa, i noduli sono risultati benigni, anche se mia figlia dovrà fare accerta­menti ogni sei mesi per controllare la situazione. Voglio ringraziare la Madonna per questa grande grazia ricevu­ta e continuare a pregarla e ad implorarla per tutti i miei cari. Vi ringrazio anche delle belle lettere che mi scrivete ogni volta che spedisco un'offerta. Mi affido alle vostre preghiere perché ne abbiamo bisogno. Con tanto affetto. Lettera firmata Lamezia Terme (Cosenza)
 
Grazie Madre Misericordiosa! Carcinoma alla tonsil­la destra, sentenza infausta, sembrava la fine! In un flash rivedi tutta la tua vita che sembra spezzarsi e finire in breve tempo.
Il 13 novembre 2010, giorno della partenza per il reparto Alte Energie dell'Ospedale Civile di Brescia, in lacrime, alle sei del mattino, baciavo e chiedevo alla venerata Effigie della Madonna del Rosario di Pompei di non la­sciarmi solo ed abbandonato in questa incerta lotta. Io, intanto, mi abbandonavo tra le braccia di Lei, che veniva definita dal Beato Bartolo Longo "la più tenera fra le madri". Nell'abbandonarmi non riuscivo neanche più a pregare: "fiat voluntas tua", pensavo... Ma altri intanto pregavano per me, affidandomi sempre più a Lei... Gua­rii... Forse perché dovevo narrare a tutti la misericordia che mi impetrasti affinché gli indegni come me e i pec­catori si rivolgano a te con fiducia. Fiducioso e grato, continuo a pregare per tutti i bisognosi... Un dipendente del Santuario di Pompei
(Tratto da: “Il Rosario e la nuova Pompei” Anno 127, nr.9/2011)************************************************************************************
UN GRAZIE GRANDE ALLA MADONNA DI LORETO
Pubblichiamo una tra le tante lettere che pervengono alla direzione di questa rivista, le quali esprimono sincera gratitudine per il dono della prole, ottenuta per intercessione della Madonna di Loreto.
«Mi chiamo Paola e sono sposata da 10 anni e mezzo con Luigi. Due mesi fa, esattamente l'8 marzo [2013] siamo diventati genitori della piccola Chiara. Sembrerebbe una storia come tante, ma in realtà la nostra bimba è frutto della potente intercessione della Vergine Lauretana. Non riuscendo ad avere figli, a causa della mia endometriosi, quattro anni fa abbiamo adottato Alessandro arrivato a casa nostra appena 18 giorni dalla nascita. Ma io e Luigi avevamo il sogno di poter dare ad Alessandro un fratellino o sorellina, così dopo aver sentito parlare del nastro azzurro, decisi di mandarlo a prendere.
Così il 27 settembre 2011 ho indossato con devozione e affidamento questo prezioso nastro, pregando tutte le sere con Luigi la Vergine Lauretana. Il 10 dicembre di quello stesso anno venimmo con Alessandro in pellegrinaggio a Loreto, affidando alla Vergine la nostra famiglia e la seconda domanda di adozione, che nel frattempo avevamo inoltrato, rimettendoci alla frase: «Si compia in noi la tua Parola».
A giugno del 2012 un luminare dell'endometriosi mi disse queste testuali parole: - Scordati di poter avere un figlio naturalmente...-, ma non aveva fatto i conti con l'Onnipotente. Infatti qualche giorno dopo Chiara veniva miracolosamente concepita.
Il giorno del cesareo la professoressa che mi ha operato mi disse che non aveva mai visto nulla di simile e che era impossibile che una creatura potesse crescer dentro un utero come il mio. Non sapeva però che a proteggere la mia bimba c'è stata tutti i mesi la Mamma Celeste con il suo nastro!
Questa nostra storia possa essere di speranza a chi ormai non spera più, perché a Lui nulla è impossibile. Soprattutto quando a chiedergli le grazie è sua Madre». (Tratto da: “Il Messaggio della Santa Casa – Loreto)****************************************************************************************************
FIORETTI
Affidato alla Divina Misericordia
Santa Faustina Kowalska narra, nel suo Diario, quanto le accadde un Lunedì Santo: «Ho pregato il Signore che mi permetta di prendere parte alla sua dolorosa Passio­ne, in modo che con l'anima e con il corpo io possa pro­varla in me, nella misura in cui può prendervi parte una creatura, per quanto ciò è possibile, affinché possa sen­tire tutta la sua amarezza. Ed il Signore mi ha risposto che mi darà questa grazia e che giovedì, dopo la santa Comunione, me la concederà in una maniera singolare. Questa sera stava morendo un uomo ancora giovane, che soffriva tremendamente. Ho cominciato a recitare per lui la coroncina che mi ha insegnato il Signore. L'­ho recitata tutta, ma l'agonia si prolungava. Volevo co­minciare le litanie dei Santi, ma improvvisamente udii queste parole: "Recita la coroncina". Ho capito che quell'anima aveva bisogno di tante preghiere e di tanta misericordia. Mi sono chiusa nella mia stanza e mi sono prostrata davanti al Signore con le braccia in croce ed ho mendicato Misericordia per quell'anima. Ad un tratto ho sentito la grande Maestà di Dio e la grande giu­stizia di Dio. Ho tremato per lo spavento, ma non ho cessato d'implorare da Dio misericordia per quell'ani­ma. Mi sono tolta dal petto la piccola croce, la croce dei miei voti, e l'ho messa sul petto dell'agonizzante e ho detto al Signore: "Gesù, guarda a quell'anima con lo stesso amore con il quale hai guardato al mio olocausto il giorno dei voti perpetui e in forza della promessa che hai fatto per gli agonizzanti a me e a quelli che invo­cheranno la tua misericordia per loro". Il moribondo ha cessato di soffrire ed è spirato serenamente. Oh, quan­to dovremmo pregare per gli agonizzanti! Approfittia­mo della misericordia, finché è tempo d'indulgenza».
 
Immolata per amore delle anime
Santa Veronica Giuliani, clarissa cappuccina, narra nel suo Diario di aver chiesto, durante la Consacrazione, co­me aveva fatto altre volte, la grazia della liberazione di una certa anima dal Purgatorio. In quel momento sente nel suo cuore che l'avrebbe ottenuta. Ad un tratto, men­tre il Padre tiene in mano l'Ostia per comunicarsi, santa Veronica si trova ai piedi di Maria Santissima, che le mo­stra quell'anima. Subito la Santa si offre a patire 1a pena del danno e tutto ciò che essa avrebbe dovuto soffrire per esser liberata. Maria Santissima le concede all'istante la grazia e subito decreta che la Santa subisca tale terribile pena per tre giorni consecutivi: il Lunedì Santo, il Mar­tedì Santo e il Mercoledì Santo. Veronica accetta tutto, conformandosi alla Volontà di Dio, per mezzo dell'ob­bedienza. Non appena dà il suo consenso, infatti, quel­l'anima, purificata nel Sangue divino, chiara come un cristallo, se ne vola in Paradiso, mentre la Santa rimane in Purgatorio per scontarne i peccati.
 
La madre di un martire
La madre di Bonilla, un cristiano esemplare martirizzato in Messico nei primi decenni del '900, non appena seppe che il figlio era stato crocifisso, corse sul luogo del mar­tirio, ne depose dalla croce le spoglie e le portò via per dare ad esse una degna sepoltura. A coloro che, commos­si, le rivolgevano parole di conforto, la donna rispondeva: «Congratulatevi piuttosto con me, perché Iddio mi ha fat­to la grande grazia di esser la madre di un martire!».
 
Zelo per il culto divino
Il beato Egidio Maria di San Giuseppe, fratello religioso, nella sua profonda fede e pietà, aveva umilmente chiesto il permesso di provvedere a tutto l'occorrente per solen­nizzare le funzioni delle principali feste religiose, specie l'Esposizione del Santissimo Sacramento durante le Qua­rantore e il Giovedì Santo. Numerose erano le fatiche cui il pio religioso si sottoponeva, andando ad elemosinare, tornando in convento molto stanco, pur di manifestare il dovuto decoro per il culto al Signore e ai Santi. Benché tale incombenza lo impegnasse ed affaticasse molto, il Beato, non curante di sé, aiutava con prontezza e genero­sità i confratelli incaricati della sacrestia a preparare tutto l'occorrente per addobbare la chiesa nel modo migliore. Lo zelo per il culto divino lo animava a sostenere ogni sacrificio. A volte, quando qualche superiore si lamentava con lui perché gli pareva che si consumasse molta cera durante le feste, contro il voto di povertà, il Beato rispon­deva umilmente che non aveva il coraggio di vedere un Dio esposto sull'altare, trattato meschinamente e che è dovere primario dei religiosi coltivare lo zelo per il culto divino. Constatando, poi, che le numerose candele accese, favorivano il fervore e la devozione, pieno di santa letizia, diceva a qualche confratello: «Guarda come è bello Gesù Cristo in mezzo a tante candele!».
 
Consolare l'Addolorata Madre
Si racconta che un chierico, molto pio e grande devoto della Vergine Santa, meditava spesso i dolori da Lei sof­ferti nella Passione e nella sepoltura del Figlio suo Divi­no. Durante queste meditazioni, era tanto l'amore che gli infiammava il cuore che spesso si scioglieva in lacri­me, non riuscendo a dimostrare quanto desiderava la sua compassione alla Madonna, per gli immani dolori da Lei patiti. Il suo desiderio di compatirla era così grande, che avrebbe voluto che la Vergine Santa non avesse mai patito e fosse sempre stata ricolma di gioie celestiali; non solo, ma pur di consolare la sua amata Signora, le ricordava la gioia da Lei provata nel momento in cui vide il Figlio suo risorto e le cantava il "Regina cali". La Madonna gradì tanto la tenerezza di questo suo figlio prediletto. Quando questi si trovò in punto di morte, agitato per i timori del Giudizio divino che lo attendeva, ad un tratto vide brillare di un'insoli­ta luce la sua stanza: in quel soave splendore gli com­parve la Divina Madre che, benedicendolo, con un sorriso tutto dolce e materno gli disse: «Non temere, figlio mio, tu per addolcire l'amarezza dei miei dolori mi ricordavi la gioia che provai nella Risurrezione del mio Gesù; ed io, per calmare le tue angustie, ti annun­zio che quanto prima verrai con me a godere l'eterna gioia del Paradiso!».
 
I due ignoranti
Era un chiaro mattino di aprile, in cui la natura pare-
va allestita per una festa di angeli. In una chiesa di Milano una folla di fedeli aspettava, umile e devota, il momento della Comunione nel giorno della Santa Pasqua. Anche un giovane universitario - divenuto in seguito valente avvocato e deputato al Parlamento - si trovava lì per adempiere il precetto pasquale. In mezzo a quella moltitudine di volti, il giovane vide due personaggi, simili a due Patriarchi del Vecchio Testamento, splendenti di serena letizia. Si ritira egli allora prontamente dal suo posto, esce dalla chiesa e si mette alla ricerca di qualcuno dei suoi compagni di scuola i quali, sapendolo cattolico, spesso si faceva­no beffe di lui. In un'epoca in cui dominava il libera­lismo massonico era più che di moda attaccare con la beffa chiunque andasse in chiesa. Ne trovò due. «Se mi seguite un momento - disse loro - vi farò conosce­re due bigotti che si preparano alla Pasqua; sono così singolari, son sicuro che ne avrete da divertirvi per un pezzo». Non ci volle altro. Un istante dopo quei damerini spregiudicati allungavano le loro teste levi­gate su quella folla composta che aspettava, cantando, il momento di cibarsi dell'Ostia divina. «Eccoli lì - soggiunse subito il giovane cattolico - i due pezzi d'ignorantoni: quelle due teste bianche, soffuse di candida maestà, come due sovrani in estasi... Non li vedete?». I due amici avevano visto e capito tutto ...Silenziosi, umiliati, col volto rosso di vergogna, voltarono le spalle e cercarono di svignarsela al più presto. 1 due ignoranti che, confusi col popolo, si preparavano per l'imminente la Santa Pasqua erano Ales­sandro Manzoni e Cesare Cantù.*******************************************************************************************************
TESTIMONIANZE E GRAZIE DI GESU’ BAMBINO DI PRAGA
Carissimo Padre Marco,
mi chiamo Caterina Merigo e abito a Ma­clodio in provincia di Brescia.
Da più di 40 anni (ne ho 76) sono molto devota a Gesù Bambino che nel corso di questo lungo tempo non mi ha mai fatto mancare la Sua protezione aiu­tondo anche con dolce sollecitudine tutti quelli che invitavo a rivolgersi a lui. Gesù Bambino di grazie me ne ha fatte proprio tante in questi anni ma un po' per pigrizia, un po' per riservatezza non le ho mai scritto... ora sarebbe molto lunga la lista di tutto quello per cui devo ringraziare di cuore Gesù Bam­bino per cui mi limito a raccontarle cosa mi è suc­cesso a dicembre. Io porto sempre con me la me­daglia della salvaguardia e credo proprio ferma­mente che mi abbia salvato da una rovinosa caduta.
II 9 dicembre verso le 10 stavo scendendo da una scala che essendo in fase di sistemazione aveva l'ultimo gradino di un'altezza di circa 40 centimetri. Cadendo picchiai con violenza le gambe sul pia­nerottolo e anche la testa. Mi sono alzata dalla caduta senza nemmeno sa­pere come, e in quella piccola stretta mi sono sen­tita solo un po' scossa ma mi sono resa conto che non mi era successo proprio niente. Subito ho sentito dentro di me un forte senso di gratitudine per la protezione che il Piccolo Re mi aveva dato e ho deciso che questa volta dovevo dar voce ai miei sentimenti. Grazie Gesù Bambino! Caterina M.
 
Caro Padre Marco,
le scrivo con gioia per comunicarle che le preghiere da voi recitate nel giorno del mio intervento sono andate a buon fine. A metà marzo sono stato colpito da ictus ischemico, per il quale sono stato sottoposto ad un intervento sul­l'arteria basilare del cranio.
L'intervento è stato effettuato all'ospedale Molinette di Torino il 25/03/2013. II giorno prima, alcuni amici che avevano già iniziato la Novena, sono ve­nuti da voi ad Arenzano per fare benedire una mia maglietta ed hanno chiesto che fosse celebrata una S. Messa per la mia salute e per la riuscita dell'in­tervento. Infatti il lunedì, mentre io ero in sala ope­ratoria, ad Arenzano si pregava anche per me. Voglio ringraziare Gesù Bambino per la grazia che mi ha donato, anche a nome dei miei familiari. B. Piero
 
Sono devota a Gesù Bambino di Praga da molti anni e abbonata al Messaggero. Desidero dar testimonianza della grazia che Gesù Bambino di Praga ha fatto al mio primo nipote Davide di 13 anni. Era un sabato di luglio, aggiustando la sua bicicletta gli resta impigliato il dito indice della mano destra nella ruota a disco; portato d'urgenza al pronto soccorso i medici ve­dono che non c'è altro che amputare la prima fa­lange. Il ragazzo si oppone e i medici decidono di operare, la prognosi è di tre mesi, se dopo questo periodo non fosse guarito avrebbero amputato. Ho cominciato da subito novena e suppliche a Gesù Bambino. A settembre era completamente guarito. Grazie Gesù Bambino di Praga! Prometto che por­terò ad Arenzano Davide e la sua mamma, mia fi­glia. Davvero la fede può muovere le montagne come ha promesso Gesù. Gloria a Gesù Bambino di Praga! Piera Z. Locarno, Svizzera
 
Caro Padre,
come promesso a me stessa, ringrazio Gesù Bambino per l'immensa grazia rice­vuta, ora mi trovo qui a scrivere affinché questa te­stimonianza venga pubblicata.
Tutto iniziò lo scorso anno a novembre. Ero incinta alla 21a settimana di gravidanza gemellare e le co­se cominciarono a non andare più bene. Fui infatti ricoverata all'ospedale con minaccia di aborto spontaneo, dovevo stare a risposo assoluto, ovvio: il mondo mi crollò addosso. Subito mi disperai, poi mi affidai a Dio, rasserenata anche da mia madre, donna di grande fede, e da mia sorella che mi in­vitò a pregare Gesù Bambino e a ungermi con l'olio benedetto, dicendomi che mi avrebbe aiutato come aveva fatto con lei. Così feci, pregai molto e mi unsi con l'olio benedetto ogni giorno. Ero co­stretta a letto, ma questo non importava, l'impor­tante era solo che le cose andassero bene. Così il tempo passò, le bambine crescevano e arrivammo al 16 marzo ormai di quasi 40 settimane di gesta­zione, i medici decisero che era arrivato il momen­to di dare alla luce Chiara di Kg 2,750 e France­sca di Kg 3,370.
Così Gesù Bambino ha stupito i medici e anche me per aver portato a termine una gravidanza gemellare, ma Gesù Bambino tutto può. Grazie Gesù Bambino, grazie.
Un grande ringraziamento lo dedico anche a San Giuseppe a cui mi affidai fin da subito, dato che la data presunta del parto era il 19 marzo, festa   ! del papà.
Un saluto particolare lo dedico al mio caro papà venuto a mancare solo 15 giorni prima di questa nascita. Con profonda gratitudine, Lisa B. (Tratto da: “Il Messaggero di Gesù Bambino di Praga”)
********************************************************************TESTIMONIANZE SU SAN GIUSEPPELORINDA C. Reggio Emilia - Sono la zia di Chiara che si è ammalata ,molto seriamente nel settembre del 2012 e può ben immaginare l'angoscia di tut­ti noi familiari. Però non ci siamo persi d'animo e con tanta fede abbiamo ini­ziato il "Sacro Manto" a San Giuseppe e la "novena" alla Madonna di Pompei, che non ci hanno fatto mancare il loro aiuto. Ora Chiara è guarita e sta bene, ha ri­preso gli studi all'Università; dovrà fare periodicamente dei controlli, ma noi sia­mo certi che San Giuseppe con la Vergi­ne Santa e Gesù ci otterranno dal buon Dio la conservazione della sua buona sa­lute. In tante occasioni abbiamo pregato San Giuseppe ed egli ci ha sempre aiu­tato (anche se tanto immeritevoli). Spe­riamo che dal cielo ci protegga e ci tenga sotto il suo Santo Manto (in particolare i miei nipotini perché abbia a farli cresce­re in sapienza, età e grazia) e aiuti tutti coloro che lo invocano. Chiedo anche a lei una preghiera pertutti i miei cari e anche per me.
 
MARIA TERESA, Mantova - Ho quasi sessant'anni e ho passato la maggior parte della mia vita senza Dio. Famiglia cattolica, tutti i sacramenti, parrocchia e poi verso i diciassette anni semplice­mente non sono andata più in Chiesa. Il clima generale era quello del sessan­totto e mi sono completamente dimenti­cata di Dio.
Nel duemila dovevo sottopormi a tra­pianto di cornea in entrambi gli occhi e ho cominciato ad avere paura, a ritor­nare in chiesa, alla S. Messa e più tar­di con la fortissima intercessione di S. Rita da Cascia la mia conversione ha portato ad un cambio radicale di vita, iniziata circa quattro anni fa: separa­zione da mio marito con il quale ero spo­stata solo civilmente (lui era già divorziato), trasferimento nella mia cit­tà natale (Mantova) dove risiedono mia mamma e mio fratello, inizio di una vi­ta più semplice. A San Giuseppe non pensavo più di tanto, pur frequentando assiduamente la Chiesa fino a quando nel giorno di Natale del 2011 ascoltan­do l'omelia di un frate carmelitano su San Giuseppe ho sentito l'urgenza di pregarlo. Tornata a casa ho trovato in un libro di preghiere il Manto di San Giu­seppe. Nel frattempo avevo messo in vendita la casa di Trieste dove avevo abitato con il mio ex marito e questo mi avrebbe dato la possibilità di acquista­re un appartamento dove vivere a Man­tova. Nel frattempo vivevo in affitto in un monolocale abbastanza fatiscente, ma ero felice della mia scelta. Vendere la casa di Trieste oltre a questo signifi­cava la chiusura definitiva con il mio passato. La crisi economica era già ini­ziatale caratteristiche della casa non erano quelle di una famiglia media e il prezzo neppure. L'agente immobiliare non mi aveva dato alcuna speranza e mi sollecitava ad abbassare il prezzo che già inizialmente era piuttosto basso.
Ho iniziato il Manto di San Giuseppe e trenta giorni dopo, esattemente al tren­tesimo giorno ho stipulato il preliminare di vendita. Ho continuato il Manto ed esattamente al trentesimo giorno ho sti­pulato il rogito di vendita. L'agente im­mobiliare non credeva a quello che stata succedendo, ma io ho spiegato che era stata l'intercessione di San Giuseppe. Gli acquirenti sono una coppia giovane, "bravi ragazzi", semplici, entusiasti del­la casa e io di loro. Da allora San Giu­seppe è il mio "consulente finanziario", vivendo della pensione, avendo sostenu­to delle grosse spese per l'acquisto della nuova casa ecc., lo prego che mi aiuti a fare le scelte giuste, visto che prima ave­vo "le mani bucate". Ho ripetuto il Manto per aiutare mio fratello in due occasioni e sono stata sempre esaudita. A Lui con­fido i miei problemi concreti e Gli chiedo di aiutarmi nelle scelte pratiche di tutti i giorni. Sempre mi aiuta, sempre intervie­ne anche nelle richieste più banali.
 
I segni prodigiosi di un intervento di San Giuseppe
Egregio direttore, sono abbonata a La Santa Crociata e divulgatrice del Sacro Manto da ol­tre cinquant'anni. Fin da giovanet­ta avevo scelto di vivere sotto la pro­tezione di San Giuseppe, e non sol­tanto perché ne porto il nome. Infi­nite sono le grazie che il mio caro San Giuseppe ha riversato su di me e sul­la mia famiglia. La grazia più stre­pitosa l'ho avuta il 6 maggio scor­so, nel pomeriggio, quando mio ma­rito è stato colpito da infarto acuto alle coronarie, così grave che i me­dici, dopo sette defibrillazioni e sei punture di adrenalina, non riuscivano a rianimarlo. Vedendo mio marito in quelle condizioni ho chiesto dispe­ratamente aiuto a san Giuseppe. Tra­sportato d'urgenza in ospedale, fu operato e trasferito per dieci giorni in rianimazione, intubato e con pro­gnosi riservata. Il giorno 13, festa del­la Madonna di Fatima, riaprì gli oc­chi. Trasferito nel reparto di cardio­logia, piano-piano cominciò a mi­gliorare con grande meraviglia e in­credulità di tutti i medici per la pron­ta reazione. Ho sempre sperato e pre­gato tanto il mio patrono e dopo cir­ca un mese di degenza mio marito è tornato a casa e continua a star bene per la gioia di tutti noi. Non ho pa­role per ringraziare Dio, la Mamma celeste e il mio caro san Giuseppe.
 
Testimonianza di amoreGentilissimo don Mario, con mio marito Vincenzo da anni siamo residenti in Canada e iscrit­ti alla Pia Unione. Mio marito, mol­to malato, soffre da otto anni e da cinque è costretto a letto dalla malattia Alzheimer. Il medico, quan­do andavamo in ospedale per una delle visite di controllo, mia veva an­nunciato che la malattia era nella fase terminale. Il Signore ha pensato diversamente. Vincenzo è un uomo di fede, di carità, di amore per la fa­miglia e per il prossimo. Diceva sempre: «nel fare la carità non bi­sogna guardare alla razza, al colo­re della pelle. Tutti sono figli di Dio e bisogna aiutarli». Ha fatto tanto bene e il Signore lo sa! Vado a Mes­sa tutti i giorni, anche per mio ma­rito allettato. Lui è molto contento che vado e per me è indispensabi­le, altrimenti non avrei la forza di andare avanti. Tornata a casa ini­zia la parte più importante della giornata: preghiera del mattino, lettura della Parola di Dio, la Co­munione (viene un sacerdote) e il Santo Rosario. La malattia di mio marito mi sta aiutando nella mia spiritualità e a convertirmi sempre di più. Dal nostro matrimonio (55 anni fa) sono nati Vittorio e Gabriele, sposati con figli, che con le loro fa­miglie vanno a Messa tutte le do­meniche. Posso ritenermi una don­na fortunata se posso curare mio marito a casa. Ora prego ancora il Signore per mio marito perché il suo «transito» sia sereno. Il Signore ci ha dato molto: la fede, i figli. Ades­so è tempo di ridare al Signore, cer­cando di vivere questo momento con fede, affidandomi al suo aiuto e alla sua misericordia. La saluto con cordialità. Anna Maria C. - Canada  (Tratto da: “La crociata in onore di San Giuseppe)
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FIORETTI
Il Corteo delle Vergini
Santa Chiara, ottenuto il "Privilegium Paupertatis" po­teva morire con la bolla della Santa Povertà stretta al cuore. Poteva finalmente cantare il suo "Nunc dimittis", ora che il Papa aveva confermato la sua Regola di vita povera. Sul giaciglio della sua lunghissima infermità, mormorava alla propria anima, che si scioglieva dal cor­po, reso diafano dalla penitenza e dalla malattia: «In pa­ce, e va' lietamente a Colui che ti creò, ti santificò, e sempre ti ha amata e custodita. Va' a colui che t'ha guar­data». Una delle sue consorelle, che stava presso di lei, udendo quelle parole, le chiese premurosamente: «Che dite voi, madre santa? A chi parlate?». «Io parlo all'ani­ma mia benedetta», rispose la Santa. Dopo un po', ripre­se: «Benedetto sii tu, Signore mio, che mi creasti e con il tuo pietoso sangue mi ricomprasti per darmi vita eter­na, la quale sei Tu». Sorridendo, si volse quindi alla suora che l'assisteva e le disse: «Vedi tu il Re della glo­ria come vedo io?». Inginocchiate attorno al giaciglio
della loro madre, le Povere dame di San Damiano pian­gevano di dolore e di consolazione. Chiara aveva rice­vuto la bolla Papale il giorno prima, il 10 agosto, festa di san Lorenzo. Tutta la notte, dal cielo profondissimo, erano cadute le stelle, solcando la notte come d'un pianto silenzioso. Ora s'alzava l'alba del nuovo gior­no e spariva ogni traccia di dolore. Dalle grandi fine­stre, alte sulla campagna, la luce mattutina entrava quasi abbagliante. Chiara la accoglieva nei grandi oc­chi splendenti. Non era però luce naturale quella che entrava dalla porta. La Madre serafica si volse da quel­la parte e con lei tutte le suore, rapite più che stupite. Entrava dalla porta uno stuolo di vergini, tutte vestite di bianco, e ciascuna aveva in capo una corona d'oro. In mezzo a loro veniva una Vergine più gloriosa e splen­dente di tutte le altre. La sua corona era fulgidissima, come non fu mai il sole in tutto il suo splendore. La Re­gina delle Vergini si accostò al giaciglio di Chiara, chi­nandosi sulla morente e abbracciandola dolcemente. Quindi, tenendola così abbracciata, fece cenno che le porgessero il pallio. Era una tunica tutta d'oro, adorna di pietre preziose, che alcune vergini portavano sulle braccia. La Vergine Santa avvolse in quella veste l'ani­ma benedetta di santa Chiara, lasciandone sul giaciglio di sarmenti il povero corpo esamine. Partì, dunque, la Santa insieme alla Vergine, seguita da quel corteo re­gale, verso il convito eterno del Paradiso.
 
Una morte eroica
Il 28 maggio 1941, padre Massimiliano M. Kolbe, fu trasferito ad Auschwitz, tristemente famoso come cam­po di sterminio, in cui perirono migliaia di Ebrei. Quat­tro suoi confratelli l'avevano preceduto un mese prima. Fu messo insieme agli Ebrei perché sacerdote, gli fu as­segnato il numero 16.670 e fu sottoposto ai lavori più umilianti come il trasporto dei cadaveri al crematorio. La sua dignità di sacerdote e uomo retto primeggiava fra i prigionieri come attestò un testimone al Processo di beatificazione: «Kolbe era un principe in mezzo a noi». Alla fine di luglio fu trasferito al Blocco 14, dove i prigionieri erano addetti alla mietitura nei campi; uno di loro riuscì a fuggire e, secondo l'inesorabile legge del campo, dieci prigionieri vennero destinati al bunker della morte. Padre Kolbe si offrì in sostituzione di uno dei dieci prigionieri, un padre di famiglia. La dispera­zione che s'impadronì di quei poveri disgraziati, venne attenuata e trasformata in preghiera, grazie a padre Kol­be, che continuamente li incoraggiava e li confortava, impedendo così che cadessero nella disperazione. Un po' alla volta essi si rassegnarono alla loro sorte; mori­rono uno ad uno; le loro voci oranti si ridussero ad un sussurro. Dopo 14 giorni solo quattro prigionieri rima­nevano ancora in vita, fra cui padre Massimiliano. Al­lora le SS decisero di abbreviare la loro fine con un'iniezione di acido fenico poiché la cosa andava trop­po per le lunghe. San Massimiliano porse il braccio, di­cendo: «Ave Maria»; furono le sue ultime parole. Era il pomeriggio del 14 agosto 1941, vigilia della festa del­l'Assunta. 
Entrata in Cielo nel giorno del­l'Assunzione
Ciò che riportiamo è stato attestato da san Pier Da­miani e da lui provato col racconto autentico della se­guente visione. Essendo pio uso del popolo romano, ai suoi tempi, di visitare le chiese con ceri in mano nella notte della vigilia dell'Assunzione, accadde un anno che una nobile dama, mentre stava inginocchia­ta nella Basilica di Santa Maria in Aracceli sul Cam­pidoglio, con grande sorpresa vide comparirle davanti una donna da lei conosciuta e morta in quello stesso anno. Volle attenderla alla porta della chiesa e, allor­ché la vide uscire, presala per mano, e trattala in di­sparte, le domandò: «Non siete voi la mia madrina Marozia che mi tenne al fonte battesimale?». «Sì - rispose la defunta - sono proprio io». «Com' è che vi trovate fra i vivi, se moriste già da diversi mesi? E che mai vi è accaduto nell'altra vita?». «Fino ad og­gi - rispose l'anima - sono rimasta immersa in un fuoco ardentissimo in pena di tanti peccati di vanità da me commessi in gioventù, ma, in occasione di que­sta grande solennità, la Regina del Cielo, essendo discesa in mezzo alle fiamme del Purgatorio, mi ha li­berata insieme a molte anime, per farci entrare in Cie­lo nel giorno stesso della sua Assunzione. Ogni anno la divina Signora rinnova questo miracolo di miseri­cordia, ed il numero delle anime che Ella libera in tal modo, è circa quanto quello della popolazione di Ro­ma - allora Roma contava circa duecentomila abitan­ti -. In riconoscenza di questa grazia, noi ci rechiamo in questa notte nei santuari a Lei consacrati. Che se i vostri occhi vedono me sola, sappiate invece che sia­mo in grande moltitudine». E, vedendo che la dama rimaneva attonita e dubbiosa, soggiunse: « In prova della verità di quanto vi ho detto, vi annunzio che voi stessa morrete di qui ad un anno, in questa stessa fe­sta». San Pier Damiani riferisce che la pia dama, do­po un anno passato nell'esercizio di molte virtù per prepararsi degnamente alla morte, ammalatasi nel­l'antivigilia dell'Assunta, passò da questa vita nel giorno stesso della festa, come le era stato predetto dalla sua madrina.
 
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GRATI ALLA MADONNA DI POMPEI E AL BEATO BARTOLO LONGO
Nell'aprile del 2010, nostro figlio Bruno Carbone di 15 anni, ha ricevuto una lettera dal Pontificio santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei. Ve­nimmo così a sapere che un suo parente aveva scritto al Santuario chiedendo preghiere per Bruno. La lettera ci sorprese favorevolmente per due ragioni.
La prima per il suo contenuto fraterno ed affettuoso, che ci dava coraggio nel difficile momento che Bruno stava attraversando. L'aveva inviata Mons. Carlo Liberati, Arci­vescovo-Prelato e Delegato Pontificio per il Santuario di Pompei. Bruno è acondroplastico, soffre cioè di una forma genetica di nanismo e dal 25 marzo del 2010 ha inizia­to un grande trattamento chirurgico e ortopedico che per due anni cercherà di correggere alcune anomali del suo corpo, come la cortezza delle braccia e delle gambe; è un trattamento doloroso, invalidante, che richiede una grande forza d'animo da parte del malato e dei suoi familiari.
Da quando ha ricevuto la lettera, una bella immagine della Vergine del Rosario che l'arcivescovo aveva inviato insie­me alla lettera accompagna Bruno nella sua stanza; quan­do dorme deponiamo l'immagine sopra le sue gambe; da allora i dolori sono diminuiti e quando qualche volta sono più intensi, il reci­tare la preghiera scritta sul retro del­l'immagine lo aiuta a sopportarli.
Ora viene la spie­gazione del secon­do motivo di sor­presa.
Nel mese di giugno
1924, una famiglia di Klagenfurt (Au­stria) sperimentò " la grande angustia di vedere il picco­lo figlio di 6 anni contrarre (come al­tri compagni suoi di scuola e molti altri bambini) quella che sembrava essere una grave forma di encefalite virale, per la quale non esi­stevano in quel momento né vaccini né cure. La maggior parte dei bimbi colpiti morirono e altri rimasero grave­mente invalidi. Ci fu solo una straordinaria eccezione. La famiglia del bambino era devota della Beata Vergine del Rosario di Pompei. La invocarono insistentemente affin­ché lo salvasse. I professori che si occuparono del caso, dichiararono che si trattava di un caso "disperato" (il bam­bino era in uno stato letargico).
Un giorno, nel pieno del loro dolore e della fiducia nella Vergine, i genitori scrissero al Santuario di celebrare una Messa per la guarigione del loro bambino. In quello stes­so giorno, di sera, mentre recitavano la novena, sentirono nella stanza a fianco (dove il bambino riposava) un rumore sordo, come di qualcuno che cade di peso. I genitori accor­sero subito e rimasero meravigliati nel vedere il piccolo in piedi che camminava da solo per ritornare a letto. Da quel momento cominciò un sorprendente recupero, che fece di lui un caso studiato da vari medici austriaci e di altri paesi.
Quando fu adulto il bimbo raccontò così quello che era av­venuto: «Mi svegliò una voce che mi chiamava per nome; nella stanza tutta illuminata c'era una Signora molto bella in piedi vicino al comò che mi faceva segno con le mani di avvicinarmi; così mi alzai dal letto e le andai vicino; dal suo lato, da uno dei cassetti uscivano tanti pesci color argento e io cercai di prenderne uno, ma non ci riuscii e caddi; mi alzai ed in quel momento arrivarono i miei ge­nitori...».
Tutta la storia fu pubblicata nelle pagine de Il Rosario e la Nuova Pompei, del febbraio 1925. Essa integra la nar­razione fatta dal protagonista stesso dei fatti, ormai in età adulta.
Il bimbo crebbe sano e forte; divenne un grande sciatore e alpinista; si laureò con lode all'Università di Losanna, Svizzera; durante la seconda guerra mondiale e in seguito all'Anschluss (annessione dell'Austria da parte della Ger­mania) dovette fuggire in Italia per sfuggire ai nazisti; qui sfuggi miracolosamente alla fucilazione durante una retata dei nazisti che prendevano ostaggi per rappresaglia per l'uccisione di soldati tedeschi ad opera dei partigiani; fuggì di nuovo e fu catturato e mandato in un campo di concen­tramento dal quale riuscì a sopravvivere; emigrò in Ameri­ca, si sposò, ebbe 4 figli e 11 nipoti. E nel 2000, ad 82 anni, attorniato dalla sua famiglia che pregava per lui, ritornò alla casa del Padre. Il suo nome era Otto Rudolph Caucig Lucik, il nonno materno di nostro figlio Bruno e che oggi senza alcun dubbio intercede presso la Beata Vergine del Rosario di Pompei e presso il Suo Figlio, il Signore. Le coincidenze non esistono... le "Dio-incidenze" sì. Fernando C. Campoverde Lima - Perù
 
E’ con immensa gioia, grazie alla protezione della Ver­gine, che mio figlio Federico, ha ricevuto il 12 lu­glio una grazia. Federico è Maresciallo dei Carabinieri in Calabria, precisamente a Soverato. In quel giorno è stato sottoposto ad una durissima prova e, grazie a Dio e alla Vergine Santa, è andato tutto bene. Ho appena in­viato un'offerta, ma nessuna cifra è mai abbastanza per la grazia ricevuta. Luigina B. Rieti
 
Mia figlia è un'anestesista e lavora in ospedale, con il rischio di contrarre malattie infettive. Sei me­si fa, anche usando tanta attenzione, si è punta con lo stesso ago che aveva usato per una paziente affetta da epatite C, per cui è difficilissimo rimanere sani. Non ho pensato ad altro che pregare alla Vergine Benedetta, in cui ho tanta fiducia. L'ho anche raccomandata alle vostre preghiere. Sono stata esaudita. Mia figlia ha fatto gli esa­mi del sangue e sono risultati tutti negativi. Mia nipote Eleonora ha una cisti in un braccio e sta facendo tutti gli accertamenti. Pregate insieme a me che tutto sia ne­gativo, grazie. Italia R. Antonelli Ostra (Ancona)
 
Da cinque anni lottavo con un carcinoma alla ve­scica. Ho fatto tanti anni di chemioterapia e sono stato operato sette volte alla vescica. Spesso attacca­vo con i cerotti emostatici le immagini di Maria SS. di Pompei e del Beato, pregandoli di intercedere per la mia guarigione. Nell'ultimo intervento di cistoscopia, il professore che mi curava mi comunicavò che nella vescica era scomparso il tumore e la vescica era come se non avesse subito nessun intervento.
Ho chiesto a voi la Novena della Madonna che ho pre­gato per diversi anni, certo che sarei stato esaudito, come infatti è accaduto. Vi ringrazio. Calogero P. Porto Empedocle (Agrigento) (Da: “Il Rosario e la Nuova Pompei” 12/2010)***********************************************************************************************************
FIORETTO
Fuga verso la libertà...
La domenica delle Palme, Chiara sarà, come di consueto, unita a tutte le altre giovani nella chiesa di San Rufino per la cerimonia della distribuzione dell'ulivo e si vestirà an­cora una volta, con particolare cura, di abiti sontuosi. Ma la notte seguente, fra la domenica delle Palme e il lunedì santo, lascerà di nascosto la sua casa e, accompagnata da persone fidate, si recherà a Santa Maria della Porziunco­la, dove Francesco e i suoi frati l'attenderanno per consa­crarla a Dio. La domenica delle Palme: l'ultima nota festosa prima del pianto della Settimana Santa. Gesù sale a Gerusalemme a cavallo di un asino e attorno il popo­lo festante gli tributa onore, agitando rami di palma e ac­clamandolo «re di Israele». Ma Gesù pensa all'ora che sta per venire, all'ora della Passione e dice: «L'anima mia è turbata: E che devo dire ? Padre, salvami da quest'ora ? Ma sono venuto apposta per quest'ora! Padre glorifica il tuo nome» (Gv 12,27-28). La domenica delle Palme ha mantenuto attraverso i secoli, radicato in sé profondamen­te, questo carattere di festività esteriore, cui corrisponde un gemito interiore, un ripensamento dell'ora che viene. E ne scaturisce sempre un senso di tristezza, o meglio un turbamento doloroso, che riesce a dissolversi solo nel­l'abbandono totale alla Volontà di Dio. Nella cattedrale di San Rufino, con la luce serena della primavera che piove nella navata attraverso il magnifico rosone, con lo sfarzo degli abiti festivi multicolori e il fruscio dei rami d'ulivo che il vescovo Guido va distribuendo a tutto il popolo con­venuto, vi è aria di festa. E festa e armonia di colori è il gruppo delle giovani donne della nobiltà. Ecco, è la loro volta di avvicinarsi all'altare per prendere la palma. È la volta di Chiara. Ma Chiara non si muove. Gli occhi di tut­ti si fissano su di lei. Perché non si muove? È assorta in preghiera o distratta o forse non osa avventurarsi fra le due ali di popolo che ha fissi gli occhi su di lei? Tutti so­no sospesi nell'attesa. Ma è un attimo: come se fosse la cosa più naturale del mondo, il vescovo Guido scende i gradini dell'altare, si avvicina a Chiara e le porge la sua palma. Chiara ha finito di dire dentro di sé: «Sono venu­ta apposta per quest'ora: Padre, glorifica il tuo nome!». Scende la sera, una sera normale di un giorno di festa. In
casa nessuno sa nulla. Delle amiche e delle compagne di Chiara nessuna è a conoscenza del suo piano. Bona, l'uni­ca che ha seguito passo dopo passo Chiara nella sua vo­cazione, dal nascere fino alla risoluzione della sua donazione totale al Signore, ora che tutto sta per conclu­dersi è assente da Assisi: si trova a Roma per la Quaresi­ma. Le tenebre si fan sempre più fitte; la sera cede, poco a poco, alla notte. È l'ora. Il silenzio non fa che ripetere a Chiara: «Chi ama il padre o la madre più di me, non è de­gno di me» (Mt 10,37). La fanciulla si dirige verso una porta secondaria della casa: sarebbe troppo rischioso usci­re per la porta principale che immette nella piazza. Ma le si para davanti un primo grave ostacolo: la porta è ingom­brata da travi pesanti e da una colonna di pietra che sco­raggerebbero l'audacia di chiunque. Ma Chiara deve andare: le dà forza il pensiero che ora o mai più la porta le si aprirà verso la libertà suprema verso cui l'ha slancia­ta san Francesco, la libertà di servire Dio istante per istan­te, nella più assoluta fedeltà alla sua parola. E la porta viene aperta. Ecco, le si spalanca davanti l'oscurità della notte piena. «Il Signore è il mio pastore... Mi conduce ad acque tranquille... Mi guida per il giusto cammino... An­che se camminassi per una valle oscura, non temerei alcun male, perché Tu sei con me: la tua verga e il tuo bastone mi danno sicurezza...» (Sal 23,14), ripete fra sé la fanciul­la, mentre si dirige con passo deciso alla Porziuncola.*********************************************************************
TESTIMONIANZE GRATI ALLA MADONNA DI POMPEI E AL B. BARTOLO LONGO
A 28 anni mia nonna si ammalò gravemente e secon­do i medici non vi era alcuna speranza di vita. Una sera il medico che l'aveva in cura disse al nonno che durante la notte avrebbe avuto le convulsioni, poi, sa­rebbe morta. Tutto avvenne come aveva previsto il dot­tore e mentre stava per esalare l'ultimo respiro la Santa Vergine, dal quadro che aveva appeso di fronte al suo letto, le fece segno che non sarebbe morta. Il mattino seguente, il medico andò a visitarla sicuro di trovarla morta e restò sbalordito, invece, nel trovarla completa­mente guarita. Essendo scettico, il dottore non accettò mai che questa guarigione fosse dovuta all'intervento della Santa Vergine. Anch'io sono devoto della Vergine, in gioventù in modo discontinuo e da oltre 30 anni fer­vente devoto al punto da invocarla continuamente. Nel gennaio del 1980 mio figlio, che all'epoca aveva solo 6 anni, si ammalò gravemente. I medici, per i quali non vi era nessuna speranza, mi consigliarono di portarlo in qualche ospedale del Nord Italia. Non avendo possibili­tà di trasferirmi, lo feci ricoverare presso l'Ospedale di Bari. In quella circostanza io e mia moglie invocammo con fede la Santa Vergine. Dopo circa tre mesi per inter­vento della Madonna e per le cure mediche incominciò la completa guarigione. Da allora mi rivolgo sempre con fede alla Madonna di Pompei e quasi ogni sera mi reco in chiesa per la recita del Rosario e la Messa. Nel 1984, mentre ero in auto con mio figlio fui tampona­to violentemente da un'autovettura, tanto da rendere inservibile la mia auto. Nell'urto intervenne la Santa Vergine perché io e mio figlio uscimmo illesi dall'in­cidente. Nell'agosto del 1986, mentre ero in macchina, sempre con mio figlio, persi il controllo del freno e l'au­to urtò con violenza contro un muro. Anche in questa circostanza la Madonna intervenne in nostro aiuto e ne uscimmo completamente illesi. Nel 1993 durante una partita di calcio, mio figlio riportò una brutta frattura al braccio sinistro. Decise di farsi curare in loco. Anche questa volta la Vergine intervenne e lui guarì completa­mente. Nel 1998 ad un mio parente fu diagnosticata una grave malattia. Una mattina, alzatomi dal letto, trovai nel comodino un'immagine della Madonna di Pompei. Dopo aver baciato quell'immagine Le rivolsi questa preghiera: Santissima Vergine del Rosario fallo guarire ed io lo accompagnerò al tuo Santuario per ringraziarti. La Vergine Maria ha esaudito la mia preghiera e quel mio parente si è ripreso abbastanza bene. Io, però, non sono ancora riuscito a recarmi a Pompei assieme a lui. Non smetterò mai di invocare la Vergine perché sono sicuro che ascolta le mie preghiere.
Salvatore C. Terlizzi (Bari)
 
Un giorno, leggendo la vostra rivista ho pensato: «Perché Bartolo Longo non è ancora salito agli Altari?». Un sant'uomo che ha dedicato la sua vita alla Madonna di Pompei, che ha diffuso in tutto il mondo la recita del Santo Rosario, della Supplica e dei 15 sa­bati? Perché? In più, grazie a lui, in tutto il mondo ci sono chiese dedicate alla Vergine di Pompei. Allora ho cominciato a pregare Lui che sta più vicino alla Ma­donna, a Lui non l'avrebbe certamente negata questa grazia. Mio figlio ha studiato per moltissimi anni, ma non ha mai completato gli studi. Vari dottori e psicologi mi hanno detto della sua incapacità. Ma io continuavo a pregare e oggi sono felice. Mio figlio è già grande, è un professionista. Grazie alla Vergine di Pompei e a Barto­lo Longo che mi hanno fatto questa grazia per la quale ho implorato e aspettato per anni. Ho 82 anni e vorrei vedere questa mia pubblicata sulla Rivista "Il Rosario e la Nuova Pompei". Un gran saluto. Giovanna B. Buenos Aires - Argentina
 
Sono una Carmelitana scalza nata in provincia di Chieti, vicino Vasto. Sono entrata in Monastero a 20 anni, nel 1957. In dicembre cominciai ad avere qual­che problema di salute; questo metteva a rischio il mio sogno di essere Carmelitana. In febbraio stavo male; con me era venuta un'altra ragazza del mio paese. Ve­dendomi afflitta pregava per me. Una notte sognò che eravamo al nostro paese, nel Santuario della Madonna delle Grazie. Tutte e due eravamo vicino alla balaustra, in ginocchio, a pregare, ed io piangevo. Sull'Altare c'era un sacerdote che celebrava la S. Messa; all'im­prpvviso il sacerdote si voltò verso di noi, allargò le braccia e disse: "Sabato". La mia consorella si svegliò e pensò che lui avesse voluto dirci di fare i Quindi Sabati alla Madonna di Pompei. Il giorno dopo tni raccontò del sogno e così la sera stessa incominciai la novena. Anche la mia consorella e la Maestra delle Novizie si unirono a me. Così una sera, mentre pregavo la Regina del S. Rosario, in ginocchio vicino al letto, per ottenere la grazia tanto desiderata, sentii una voce dolcissima dire un "Sì" così soave dentro e fuori di me. Mi alzai, guardai intorno, aprii la porta della cella, ma non c'era nessuno. Raccontai alla Madre Maestra e alla mia con­sorella quello che avevo sentito. Esse mi incoraggiaro­no a continuare, sicure che la Santa Vergine mi avrebbe esaudita. La mia salute migliorò e così nell'ottobre del 1958 ho avuto la gioia di poter prendere il Santo Abito. La mia guarigione completa avvenne nel 1963, prima dei Voti Solenni, professati il 7 ottobre. Eccomi al 50° di professione religiosa, per narrare le grandi meravi­glie che il Signore ha compiuto in me, per mezzo del­la Sua Santissima Madre, Regina del Santo Rosario di Pompei. Suor Maria degli Angeli Monastero di San Giuseppe Locarno Monti – Svizzera
(Da: “Il Rosario e la Nuova Pompei” 9-10-2010)**********************************************************************************
TESTIMONIANZE A SAN LEOPOLDO
Il luogo dove si venera la figura di san Leopoldo Mandié è uno «scrigno» d'amore. Tutto parla di lui, ma in modo silenzioso, discreto, nascosto. Com'è sta­to lui: un uomo piccolo, ma tanto grande; sì, perché il suo cuore era ricolmo di Dio, che riversava sulle per­sone che ricorrevano a lui.
Il fine della sua vita è stato, ed è tutt'ora: «Portare anime a Cristo». E per questo ha speso tutta la sua vita in una continua immolazione di sé. Quella piccola celletta, che ancora parla di lui, è lì come se dicesse ai penitenti le parole di Gesù: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò».
Caro san Leopoldo, i luoghi del silenzio sono i luo­ghi dove si può ascoltare la voce di Dio. Ti ho cono­sciuto circa 15 anni fa, attraverso un piccolo santino trovato in una chiesa. La tua figura mi ha subito at­tratta e da allora sei entrato nella mia vita. Ti ho sen­tito come una persona buona, attenta alla sofferenza umana: pure io in quel periodo vivevo. un momento molto difficile.
Ho iniziato a pregarti e a farti conoscere con viva fede. Ho scoperto in te un vero compagno di vita, si­lenzioso, nascosto, ma sempre fedele, come è stata tutta la tua vita.
Non hai lasciato molti scritti o foto, perché teme­vi ne facessero mercanzia, come dicevi tu stesso, ma hai lasciato il vero «profumo di Cristo», il buon pane «spezzato». Lo dimostrano le tantissime testimonian­ze dei devoti. Senza mai risparmiarti, hai dato tutta la vita per portare anime a Cristo, trascorrendo quasi in­tere le tue giornate in quella piccola, angusta e fredda celletta, dove solo alla fine della tua vita, e per obbe­dienza, hai lasciato che venisse posta una piccola stufa.
Mi è difficile descrivere su questi fogli cosa provo ogni volta entrando nel santuario a te dedicato e così curato dai frati, perché io vivo e respiro sensazioni ve­ramente spirituali. Tutto in questo luogo parla di cosa è stata la tua vita immolata. Sei stato un piccolo uomo, ma solo di statura. Sei tanto grande. E un innamorato di Maria.
Io, dopo Gesù e Maria, sono una grande devota e innamorata dei santi. Essi sono figure luminose che Dio dona all'umanità in momenti particolari e difficili della storia, proprio per guidarci sempre più a lui.
I santi hanno fatto esperienza dell'amore di Cristo nella contemplazione della croce. Sono i migliori co­noscitori di Dio perché hanno «capito» la croce e han­no seguito Cristo. Lo dovremmo fare pure noi.
Quando ho occasione di recarmi a Padova, non manco mai di recarmi al santuario di San Leopoldo. So che lui è in cielo, ma anche in questo luogo santo, e accanto a coloro che chiedono la sua intercessione. Padre Leopoldo non farà mai mancare la sua vicinan­za così preziosa per donarci il suo grande conforto e per farci vivere i suoi esempi di amore e carità, affin­ché li incarniamo nella nostra vita.
Caro Leopoldo sei stato, e lo sarai per tutta l'eterni­tà, una lampada accesa che mai si spegnerà. Leopoldino caro (come confidenzialmente ti chia­mo e mi rivolgo a te), l'ultima mia visita fatta al tuo santuario mi ha riempito di tanti doni spirituali, che mi danno la forza di andare avanti pur nelle prove continue della vita. Il mio sostegno è la fede e l'invito a «non farci rubare la speranza» come dice papa Fran­cesco. La fede, infatti, non vuol dire evidenza, ma spe­ranza contro ogni speranza.
Grazie, san Leopoldo, perché ancora una volta sono uscita dal tuo santuario con più gioia nel mio cuore. E con la certezza che Dio mai ci abbandona, è sempre con noi e ci ama di un amore eterno, e ci at­tende tutti santi, in Paradiso.
Ilda T., Ravenna, 30.10.2013
 
IL DONO DI GENITORI CRISTIANISono un'abbonata al Portavoce di san Leopoldo Mandic e fin da bambina devota al santo. Poco più di un anno fa mi trovavo a scrivere e a pregare san Leopoldo per il mio nipotino Alessio che ora, grazie all'intercessione di san Leopoldo, sta meglio.
Ora, invece, chie­do aiuto a san Leo­poldo per mio papà Adriano, da alcuni mesi non sta bene e gli è stato diagnosti­cato un brutto male. Mio papà ha 78 anni, figlio, uomo, mari­to e padre meravi­glioso. È il secondo di sette fratelli. Ha sempre aiutato i suoi genitori e i suoi fratelli, soprattut­to Giannino (il maggiore, infermo dall'età di due anni per poliomielite), lavorando tanto, giorno e notte. Ha cresciuto i suoi cinque figli insieme a mia mamma; non ci hanno mai fatto mancare niente. Soprattutto, ci hanno insegna­to quanto siano importanti la fede e l'esempio di vita cristiana, anche quando noi figli, per l'età o per altri motivi, ci allontanavamo dalla Chiesa. Ora ci ritrovia­mo adulti e sappiamo quanto è importante la fede. Ci hanno insegnato che le cose materiali non contano, che bisogna sempre amare e rispettare il prossimo e perdonare quando qualcuno ci fa qualche sgarbo. Io ho 43 anni e non ho mai visto i miei genitori litigare e mancarsi di rispetto; mi chiedo come abbiano fatto in 57 anni di matrimonio! Insomma, sono orgogliosa dei miei genitori. Chiedo la grazia a padre Leopoldo (io lo chiamo sempre così anche se so che corretto è dire «san») per mio papà, che le terapie vadano bene e ci aiuti a superare tutto con fede, tanta fede. Marina B., Porto Viro (RO), 25.5.2013
 
LEOPOLDO, UN «SANTO COSI BELLO E BUONO»
Il mio è un ringraziamento di cuore, ricolmo di spirito Santo. Vorrei abbracciare con gioia e dire «grazie» al mio caro padre Leopoldo Mandic, che nel dicembre 2009 mi ha aiutato, in un intervento gravissimo, dove la mia vita era seriamente in pericolo. Mi ha mantenu­ta calma e, con la sua potenza e intercessione, ho po­tuto affrontare quella che poteva essere la mia fine e, invece, è stata la mia rinascita fisica e motivo di cresci­ta spirituale interiore. Ogni giorno lo ricordo, in par­ticolare nell'anniversario mensile di quell'intervento.
Grazie padre Leopoldo! La tua luce, la tua presen­za, mi accompagnino sempre. O Dio, ti ringrazio per averci dato questo santo così bello e buono da riempi­re il cuore. Ora devo affrontare altri interventi: chiedo preghiere perché padre Leopoldo accompagni me e
accompagni chi mi sta accanto e chi guiderà questi in­terventi. Dio aiuti tutte le persone bisognose e ci doni sempre la pace. Grazie. Antonella (via email)
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TESTIMONIANZA
"La Madonna mi salvò"
Premetto che mia madre (di nome Maria) ha trascorso la sua adolescenza a Napoli e proprio là imparò ad amare la Madonna di Pompei dedicandole tutto il suo amore. In tutta la vita non mancò mai di dedicare alla Madonna la sua pre­ghiera meravigliosa, il Santo Rosario.
Io con la mia famiglia abitavo a Milano in via Paisiello 18. Il fabbricato era composto, una parte ad uso abitazioni ed una parte ad uso industriale per la fabbricazione di sa­poni (il proprietario era un certo ing. Ghoez, svizzero).
Al piano terreno un grandissimo salone, in cui era in­stallato il reparto per fare funzionare le grandi caldaie per l'ebollizione delle materie. mentre al piano superiore erano depositate in grandi sacchi le materie per la produzione del sapone. Lo stabilimento da parecchio tempo aveva so­speso la sua attività e la custode controllava l'ambiente.
Quel fatale giorno, precisamente il 4 luglio 1914, io con degli amici e mio cugino Giuseppe Carboni, residente a Fano (Pesaro), entrammo nello stabilimento per giocare. Per sa­lire al. piano superiore vi era una scala a chiocciola: su per quella salimmo al piano superiore.
Raggiuntolo, non mi accorsi che a un certo punto vi era una botola aperta (che serviva per gettare il materiale al piano terreno). Nel correre all'indietro, mi infilai nella botola andando a finire sul pianterreno in mezzo a due blocchi di cemento, che servivano a sostenere le caldaie.
Gli amici, spaventati, non dissero nulla. La custode, en­trando per controllare l'ambiente, sentì dei lamenti e venen­do verso di me, mi trovò a terra in una pozza di sangue. Diede l'allarme, venne l'autolettiga dei pompieri e finii al Policlinico di via F. Sforza (Milano).
La diagnosi fu di sospetta frattura base cranica e commo­zione cerebrale.
Arrivò mia madre: il primario riferì che non vi era più nulla da fare.
Mia madre, disperata, continuava a dire che io non ero morto; cominciò a pregare, invocava la Madonna!
Passò la notte. Al mattino arrivò il primario e mi trovò vivo! Rivolto a mia madre le disse testualmente: «Signora, io sono un uomo di scienza, non credo ai miracoli, ma se lei è devota ad un santo, lo vada a ringraziare».
Dopo quattro giorni uscii dall'ospedale, come conferma il certificato medico.
Ma la tragedia continuava dopo essere stato dimesso dall’Ospedale. Dopo pochi giorni ero colpito da questi fatti: uscendo con mia madre non potevo vedere cose che si muo­vevano (persone, tram, auto, ecc.), perché mi procuravano giramenti di testa, quindi dovevo camminare con gli occhi chiusi.
Altro fenomeno strano: se guardavo dove mettere i piedi, avevo paura di farlo, perché vedevo sotto i miei piedi una buca profonda.
Le preghiere di mia madre continuarono sino alla mia com­pleta guarigione.
In seguito all'incidente avrei dovuto iniziare le scuole ele­mentari all'età di otto anni.
Frequentai regolarmente le mie scuole e feci il servizio militare.
All'età di dieci anni, ricordo che mia madre mantenne la promessa fatta al primario dell'ospedale: comperò un cuore d'argento e lo portammo in un Santuario (nelle Marche), ri­cordo che era gestito da Frati vestiti di bianco, mi sembra Frati Carmelitani. Ugo Zai (Tratto da: “Lampade viventi”)
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TESTIMONIANZE E GRAZIE RICEVUTE DA GESU’ BAMBINO DI PRAGA
Buongiomo Padre,
sono una mamma che a gennaio dell'anno scorso ha vissuto l'orrore legato all'altissimo rischio di perdere il proprio bambino di appena tre anni a causa di una imponentissima e improvvisa emorragia cerebrale...
Un bimbo atteso per anni e avuto dopo molti tratta­menti e fatiche.
II 10 gennaio come tante altre mattine siamo andati all'asilo facendo la preghierina del mattino, l'ho la­sciato sano e felice...
Dopo neanche un'ora l'ho rivisto mentre stava en­trando in coma sdraiato in un lettino del pronto soc­corso dell'Ospedale S. Camillo di Roma, circondato da medici in lacrime e una neurorionimotrice che stringendomi il braccio mi diceva di essere forte.
Dopo un trasporto alla TIP del Gemelli dove in aiuto hanno tentato senza successo un intervento (poi ripetuto dopo venti giomi con altrettanto insuccesso) il mio bambino è stato tenuto in coma per quasi un mese durante il quale fra i vari oggetti benedetti, mia madre mi ha fatto avere l'olio della lampada del Ge­sù Bambino di Praga...
Sono state giornate interminabili e allucinanti ma al­trettanto intense nella preghiera, perchè era l'unica fonte di luce in quei momenti bui. Ungevo il mio bambino e recitavo (con mio marito) la preghiera e la coroncina più e più volte al giomo, ogniqualvolta ci era possibile entrare da lui, e abbiamo chiesto la grazia....
Uscito dal coma, mio figlio ha dovuto fare il mete­dove a scalare per tanti giomi, aveva le allucinazioni e i tremori tipici delle crisi di astinenza. È stato pesan­te...
II nostro bambino era inoperabile in modo tradizionale, i due tentativi di embolizzazione erano falliti, lui si era ripreso senza (direi già miracolosamente) aver riportato alcun deficit, ma il rischio di nuovo san­guinamento era altissimo e bisognava fare un altro tentativo...
Con mio marito abbiamo deciso di portarlo a Milano dove ci è stato indicato un Professore (il nome del professore è stato omesso dalla Reda­zione per ragioni di privacy) famoso a livello mondiale per il tipo di intervento che avrebbe dovuto fare al capo. Siamo partiti in treno nei giorni di peg­gior nevicate a Roma... Continuavamo a pregare e a ungere il nostro bambi­no, e anzi era proprio lui che chiedeva l'olio. È arrivato il giorno dell'interven­to: un’ora di studio e 5/6 ore di intervento «andatevi a prendere qualcosa» - c'era stato detto - «perchè ci vorrà parecchio»... Dopo non saprei neanche quanto tempo, ma certamente poco, è uscito il medico dalla sala operatoria con un sorriso fino alle orecchie, di­cendoci che Jacopo non sarebbe stato operato semplicemente perchè non c'era più bisogno di alcun in­tervento... dico la verità è stato altrettanto traumatico perchè inizialmente la sensazione era quella di non avere avuto la possibilità di «chiudere il cerchio». C'è voluto un po' di tempo. Nei giorni successivi ho donato (a fatica, ma con tutto il cuore) la boccettina con l'olio, a un papà che fuori dalla sala operatoria aveva atteso insieme a noi per fare una risonanza magnetica al suo bimbo Riccardo di due anni circa che aveva un grave problema a livello cerebrale... Ho tenuto l'immaginetta, chiedendo alle infermiere di di farmi una fotocopia da dare al papà di Riccardo affinchè potesse anch'egli recitare la coroncina e la preghiera. Non so come sta oggi Riccardo ma sono molto fiduciosa. Una cosa, però, so per certo: che Jacopo non ha mai dimenticato quella boccettina donata e, ancora oggi, continua a chiedermi l'olio. Mi piacerebbe molto portare il mio bimbo che sem­bra essere molto legato alla figura del Bambino Ge­sù, per fargli vedere la lampada da cui è provenuto l'olio.
Rringrazio TANTO per l'attenzione che vorrete porre a questa mia e-mail.
La Saluto cordialmente invialdole una foto del mio tesoro più prezioso in uno dei giomi più belli ed emozionanti della nostra vita... Che il Signore ci benedica
Affettuosi saluti e un GRAZIE di cuore Michela e famiglia
 
Cara Redazione del mensile di Gesù Bambi­no, questa non è la prima volta che scrivo per testimoniare di una grazia ottenuta pre­gando il nostro Piccolo Grande Re; ma ci tenevo a farvi conoscere cosa è accaduto alla fidanzata di mio cugino, una dolcissima ragazza, Cristina, poco più di due mesi fa. Da diverse settimane Cristina soffriva di un raffreddore e di una febbre che non cessavano con nessuna cura. Sembrava che nessun antibiotico facesse il suo dovere. I primi giomi di marzo Cristina viene ricoverata per andare in fondo alla questione e verificare la causa di questo malessere che diven­tava sempre più preoccupante. Qualche glomo do­po, una notizia che ci raggela: siamo di fronte a una brutta infezione al cuore e... si sospetta una leucemia fulmi­nante. Non verrò qui a tediarvi con freddi ed impersonali dati clinici, vi dirò soltanto che ap­preso la notizia, ho subito tele­fonato al Santuario per offidar­la alle cure del Santo Bambi­nello. Neanche un giorno dopo, la peggiore delle ipotesi viene scongiurata. Non è leu­cemia fulminante. Questo ci ha dato ancora più coraggio di pregare e sperare e ho richie­sto l'invio dell'olio benedetto di Gesù Bambino, col quale Cri­stina ha cominciato ad ungersi ogni giomo confidando in lui. L'altalenarsi di sentimenti che ci hanno attanagliato in quei glomi terribili è indescrivibile, non abbiamo mai perso la spe­ranza, anche quando i medici dicevano che era una "morta che camminava", che non avrebbe superato la settimana, che questo, che quello... Eb­bene, pochi giomi dopo lo Santa Pasqua, Cristina è toma­ta a casa, in maniera del tutto inspiegabile, inaspettatamente il quadro clinico si è normaliz­zato. Ancora oggi non si spie­gano (i medici, non certo noi) cosa sia avvenuto e soprattutto con un quadro clinico tanto se­rio sia potuto capovolgersi. Il cuore di Cristina non manifesta nessun problema, nessuna sof­ferenza, è come se non fosse mai stata male. Il medico che ho verificato gli esami ha detto: "se non avessi fatto personalmente gli esami, non ci crederei".
Noi invece, che crediamo a Gesù, sappiamo quanto sia grande l'amore e la misericordia. Voglio gridare il mio "grazie". Grazie Gesù che hai avuto pietà delle nostre preghiere. Sarei riconoscente se voleste pre­gare ancora per Cristina e per noi tutti, stavolta per lodare Gesù!
Dio vi benedica tutti e benedica il giomole che mi oc­compagna ormai do quasi 20 anni.
Saluti e vivi ringraziamenti, Silvana G.
 
Rev.do P Marco,
(…) volevo dirle Padre della grande grazia ricevuta da Gesù Bambino anche se è passato qual­che anno e io avevo promesso a Gesù Bambino di farla pubblicare.
Ora le spiego Padre.
Un giorno mio marito mi disse di guardargli l'osso del braccio e nel gomito c'era un "palloncino" molle e scuro. Il giomo dopo andiamo dal medico, lo guar­da lo tocca e poi decide di aspirare questo liquido perché altrimenti avrebbe infettato il sangue.
Mi sembro di rivivere quel giorno: noi gli chiediamo se è una ciste ma risponde di no perché la ciste ha un liquido di colore diverso, poi gli dà una cura di antibiotici. Passano due settimane ed ecco si ripresenta il problema così ritomia­ma dal dottore che aspira di nuovo il liquido dicendoci che se dovesse ripresentarsi saremmo dovuti anda­re all'ospedale. Dopo due settimane ricompare il liquido, ero preoccupa­to, mi venne in mente di aver comprato l'olio benedetto al Santuario e casi iniziammo a ungere questa protuberanza recitando la coroncina. Passarono 7 o 8 giomi e la protuberanza con il liqui­do era quasi sparita. Che gioia, alzai gli occhi sulla statuina di Gesù Bambino che tengo su un altarino in camera e gli dissi con tutto il mio cuore quanto sei grande mio Piccolo Re mentre i miei occhi si riempi­rono di lacrime per la riconoscenza.
Grazie Gesù Bambino continua a proteggerci e noi ad amarti sempre di più. Adriana      
 
Crissimo P Marco,
desidero testimoniare la mia guarigione grazie a Gesù Bambino e al­l'olio benedetto. A gennaio mi erano cominciati dei dolori fortissimi alla testa (dal mattino alla sera), non mi passavano con niente. Sono stata dal dot­tore che mi ha dato delle cure per quindici giomi. Mi era un po' migliorato, ma continua­" vano lo stesso tutti i giomi. Ho cominciato a mettere l'olio be­nedetto non so per quanto s tempo, ma adesso sto benissi­mo.
Grazie Gesù Bambino.
Lode e onore a Te, per sempre! Elisabetta
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FIORETTI
Il Fioretto del giorno: II fornarino santo
Giovannino, un robusto giovinetto di quindici anni, pre­stava servizio presso un onesto fomaio viennese. Il bimbo del padrone voleva stare sempre in compagnia di Giovan­nino, perché questi gli narrava delle belle storielle. Il gio­vane garzone, dovendo fare tutte le mattine il giro dei clienti con la gerla piena sulle spalle, aveva pregato la pa­drona di tenere il figlioletto con sé almeno in quel tempo, tanto più che il bimbo pretendeva di essere portato in brac­cio, e per lui era molto faticoso camminare con un doppio carico addosso. Ma la donna, per non sentir piangere il suo pargoletto, che non voleva mai staccarsi da Giovannino, lo esortò a continuare come meglio poteva. Tutte le matti­ne si vedeva girare per la città il buon fornarino con la ger­la piena di pane sulle spalle e con il suo padroncino in braccio. «Ecco san Cristoforo», udiva dire spesso al suo passaggio. Allora, egli si voltava per vedere il Santo, ma non vi riusciva. Non capendo come il Santo potesse dile­guarsi così presto da sfuggire tutte le volte ai suoi sguardi, un giorno raccontò l'accaduto alla sua padrona. «San Cri­stoforo, mio caro - gli rispose la buona donna - sei tu», e
si mise a raccontargliene la storia. «Si narra che un tempo, un uomo di robusta statura di nome Adòcimo, dopo aver servito diversi padroni, pensò di consacrarsi al servizio di Cristo. Si costruì, dunque, una capanna in cui ritirarsi sul­le sponde del fiume Oronte e lì si diede alla preghiera e a traghettare per suo amore i passeggeri dall'una all'altra sponda. Un giorno, mentre trasportava un bambino di so­vrumana bellezza, il fiume s'ingrossò improvvisamente per la pioggia caduta e si fece talmente minaccioso che questi, nonostante la sua imponente statura, non avendo il coraggio di affrontare l'impeto delle acque, si fermò inde­ciso in mezzo alla corrente. «Coraggio - gli disse allora il vezzoso bambino seduto sulle sue spalle -, tu porti il vin­citore della morte e dell'inferno». Ed era vero. Quel bam­bino era Gesù. L'uomo obbedì e raggiunse la sponda opposta incolume. Da quel giorno in poi quell'uomo ven­ne chiamato da tutti Cristoforo, ossia "portatore di Cristo". Hai capito dunque?». Giovannino aveva ascoltato quel rac­conto incantato. «Oh, potessi anch'io portare Gesù! Oh, potessi diventare un novello san Cristoforo!», ripeteva spesso il pio giovane. Il Signore volle appagare quel san­to desiderio, chiamandolo al suo servizio. Poco tempo do­po, infatti, quel giovane lasciava il mondo per consacrarsi a Dio. Divenne sacerdote, fu uomo di grande virtù ed og­gi la Chiesa lo annovera tra i suoi Santi! È san Clemente Hofbauer, chiamato anche "l'Apostolo di Vienna".
 
Il Fioretto del giorno: Il carnefice brutale - L'ingegnere Segura Vilchis, presidente della Lega della Libertà, veniva arrestato e condannato a morte in odio al­la fede. La madre, che l'amava più di se stessa, corse a gettarsi ai piedi del generale Obregon, pregandolo a cal­de lacrime di volerle rendere l'amato figliolo. Per tutta ri­sposta quell'uomo brutale, con un calcio in faccia, la fece rotolare per terra, facendole saltar via due denti! La pove­ra donna, rimessasi in piedi a fatica, con la bocca insan­guinata, non poté far altro che associarsi al martirio del figlio. Madre e figlio, dunque, caddero martiri, colpiti am­bedue dalla ferocia di un medesimo carnefice!
 
Il Fioretto del giorno: Il suonatore di violino
A Chieri san Giovanni Bosco aveva imparato a suona­re il violino, con cui accompagnava le funzioni, dal ca­po cantore del Duomo. Invitato da un suo zio di centodue anni ad intervenire ad una festa in una frazio­ne di Buttigliera d'Asti per aiutare a cantare e anche a suonare il violino, vi si prestò; e ogni cosa andò benis­simo fin dopo il pranzo consumato in casa di quello stesso zio, che era il priore della festa. Finito di desina­re, i commensali, fra cui anche il parroco, lo invitarono a suonare qualcosa per ricrearsi; ed egli, per compiace­re specialmente il vecchio zio che più di tutti insisteva, non seppe rifiutarsi, e suonò talmente bene che ricevet­te molti applausi. Quand'ecco ode un bisbigliare e un calpestio nel sottostante cortile. Si porta alla finestra che era aperta, e vede una frotta di ragazzi e ragazze che danzava al suono del suo violino. Non si può esprime­re lo sdegno da cui fu invaso in quel momento il chie­rico Bosco. «Come! - gridò ai commensali -. lo che tanto protesto contro il ballo, ne sono diventato il pro­motore?! Ciò non sarà mai più!». E, gettato a terra il violino, vi saltò sopra coi piedi, lo fece in mille pezzi, e non volle più sapere di suonarlo per l'avvenire.************************************************************************************
TESTIMONIANZE
Vorrei parlare di mia sorella, Teresa Perre Aloisi, emigrata in Australia e rimasta vedo­va (del fu Antonio Aloisi) in giovane età con sei figli. Donna carismatica, Teresa ha sem­pre condotto la sua vita con profonda fede e carità cristiana, in mezzo alle preoccupazio­ni e alle occupazioni giornaliere, aiutando la numerosa famiglia con dedizione e genero­sità. Bella d'aspetto e sempre sorridente, af­fabile con tutti, parla e agisce con soavità e mitezza. Nonna premurosa, ama profonda­mente i suoi nipotini, di cui si prende cura. Inoltre è sempre disponibile con tutti. Vive la sua quotidianità in continua preghiera con digiuni e astinenze. La sua costante preghiera verso Santa Rita, patrona dei casi impossibili, ha fatto sì che si compisse il miracolo verso suo figlio Francesco, che or­mai era in coma da otto mesi e non dava più segni di vita. Improvvisamente ha aperto gli occhi, tornando alla vita proprio nel momen­to in cui Teresa stava recitando la sua nove­na alla Santa, mentre diceva queste parole: "Fonte di ogni bene, fonte di ogni consola­zione, ottienimi la grazia che desidero, tu, che sei la Santa degli impossibili, l'avvocata dei casi disperati. Santa Rita, per le pene da te sofferte, per le lacrime d'amore da te vis­sute, vieni in mio aiuto, parla e intercedi per me, che non oso chiedere presso il Cuore di Dio, Padre di misericordia. Non allontanare da me il tuo sguardo, il tuo cuore, tu, esper­ta nel soffrire, fa' capire le pene del mio cuore. Consolami e confortami dandomi se tu vuoi la guarigione di mio figlio Francesco e questo ho chiesto e questo ho ottenuto!". Spero che possa essere di conforto a tutti coloro che, con molta pazienza, sapranno cogliere queste parole: la preghiera opera miracoli. Suor Pierangela Perre (Dalle api alle rose)
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Nell'agosto 2011, mentre mi tro­vavo in montagna per alcuni gior­ni di riposo, avevo con me il libro "Un prete sorridente" che pre­senta la vita del venerabile don Giuseppe Quadrio. Lo leggevo all'aperto con spirituale edifica­zione e commozione senza pro­blemi di vista. In cappella, però, ci vedevo molto poco. Ritornata a Torino la vista è diminuita velo­cemente, tanto che non riuscivo più a leggere i salmi della Liturgia delle Ore. Nel gennaio del 2012, dopo una visita oculistica, venne diagnosticata una grave macu­Idpatia avanzata ad entrambi gli occhi e che era necessaria una cura di iniezioni. Nonostante le cure, risultò che la retina si era rattrappita e non vi era più nul­la da fare. Fui sottoposta a due interventi con il laser il 7 e 14 dicembre 2012. Dopo questi è trascorso oltre un anno e la mia vista è tornata - possiamo dire - normale. Attualmente posso leggere anche caratteri stampa abbastanza piccoli e ho il piacere di prestarmi a leggere la Parola di Dio durante la celebrazione eucaristica. È questa precisa­mente la grazia che avevo chiesto al Signore e alla Madonna, per intercessione del venerabile don Giuseppe Quadrio. Suor T. Angioline, FMA (Torino) (Bollerttino Salesiano)
 
Filippo, padre di un bambino di cinque anni, è stato operato d'ur­genza il 15 agosto 2013, per una occlusione intestinale gravissima. Si scopre così che è affetto da leucemia. Sua mamma Martina è disperata, come pure tutta la sua famiglia, perciò chiede alle suore salesiane di pregare Maria per l'intercessione di don Bosco. Lei stessa si rivolge a tutti gli amici del cielo e li prega menzionando tutti i nomi della famiglia. Recandosi ogni giorno all'ospedale, non ces­sa di pregare: "Ave, o Maria...". Filippo viene sottoposto ad una difficile chemioterapia. II 15 no­vembre 2013 giungono a Marsi­glia, nella chiesa di San Giuseppe, le reliquie di don Bosco. Mamma Martina vi si reca portando in cuo­re questo grande bisogno: chiede­re a don Bosco la guarigione di suo figlio. Lo chiede con fede. II 17 novembre 2013 ecco la sorpresa: alle analisi non c'è traccia di can­cro! Mamma Martina esultante ne dà notizia. Attualmente Filippo sta bene e ha ripreso il suo lavoro. Grazie a Maria Ausiliatrice e a don Bosco! Don Deniel F. (Ispettore Francia-Belgio Sud) (Bollerttino Salesiano)
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GUARIGIONI A LORETO
ULDA BRANCHETTI di CAMAIORE
La paziente si ammalò nel 1931 di tubercolosi polmonare e renale destra e nel 1933 subì asportazione del rene destro. Dal 1932 al 1941 fu ricoverata di continuo in Sanatorio; nel 1936 fu operata per un ascesso formato­si sul troncone del rene destro. Dopo 3 mesi subì un intervento chirurgico per annessite e appendicite con fibroma uterino. Nel 1937 fu applicato un busto per tubercolosi vertebrale. Nell'agosto 1956, in preda a forti dolori, fatta dia­gnosi di peritonite specifica (con ascesso freddo alla 9° costa sinistra) venne ricoverata nel Sanatorio di Bologna (Villa Salus); dopo un anno passò a Forte dei Marmi (ricovero di S. Camillo). Nonostante le cure aveva sempre frequen­ti e violentissime coliche addominali, con vomito; sempre stipsi; numerose iniezioni calmanti. Il 6 maggio 1958 partì col treno malati per Loreto, mentre era in preda a violenta colica; le coliche si ripeterono durante il viaggio e nelle prime ore del pomeriggio del giorno seguente (mercoledì 7), tanto che i medici dovettero eseguire più iniezioni di stupe­facenti, l'ultima delle quali, fra le 14 e le 15 del 7 maggio. L'addome era voluminoso, teso, dolente.
Portata in S. Casa avvertì come una forte scossa elettrica e riacutizzazione dei dolori. Distesa in barella, venne trasferi­ta in Piazza in attesa della processione col Santissimo. Durante la processione, i dolori furono così forti che la paziente vo­leva essere portata in medicheria per avere ancora un'iniezione calmante; una Dama la pregò di sopportare ancora pochi minuti essendo vicinissimo il passaggio del Santissimo; appena il Vescovo passò e la benedisse con la Sacra Ostia, subì come una scossa elettrica generale che le fece fare un balzo (notato da chi le era vicino: la Dama Nara Genzini e il Dr. Ettore Palagi di Camaiore) e accusò un dolore violentissimo, dopo il quale ebbe un improvviso rilassamento, un affiosciamento dell'addome che assunse un volume normale e avvertì un subitaneo benessere generale. Si alzò immediatamente ripren­dendo una vita normale (dal rapporto del Dr. Giorgio Favati, medico del treno).
Il 19 maggio 1960 si è riunita a Loreto la commissione medica per esaminare il caso Ulda Branchetti del 1958. Sono presenti il primario chirurgo dell'Ospedale di Loreto Prof. Bosmin e i Dottori: Bordoni di Firenze, Bellincioni di Firenze, Miniati, Carlesi di Prato e Bartelloni da Camaiore (segretario della commissione).
Il Dr. Bordoni legge la storia dell'ammalata. Il Prof. Bosmin distribuisce a tutti collegialmente le copie delle cartelle cliniche della paziente e in special modo le cartelle cliniche di Bologna e del San Camillo di Forte dei Marmi dove la paziente è stata ricoverata dal 4.11.1956 al 28.7.1958.
Si decide di visitare la paziente per constatare le sue attuali condizioni di salute e dal referto risulta che la paziente
è in ottime condizioni generali, normali le cicatri­ci delle pregresse operazioni addominali e al rene destro; l'addome è trattabile e indolente su tutto l'ambito come pure indolenti le logge renali.
All'esame dell'apparato respiratorio si consta­ta solo lievi sfregamenti ad entrambe la basi ed ipomobilità delle medesime per cui si ritiene clini­camente guarita. "Cosa non spiegabile dal punto di vista scientifico, data l'istantaneità del fatto e la sua completezza."
I medici dichiarano il fatto come "Guarigione straordinaria."
La sera del giorno della guarigione, mentre gli ammalati dormivano, Ulda Branchetti volle ringraziare la Madonna facendo il faticoso giro in ginocchio intorno alla Santa Casa. La riservatez­za dell'ammalata fu tanto esemplare che nessuno quasi si accorse del fatto straordinario. L'indo­mani, tre medici furono chiamati a constatare le condizioni della Signora Branchetti e la loro atte­stazione è riportata nei punti 2 e 3. Mi piace sot­tolineare il fatto che la Signora Ulda Branchetti ha affermato: "Non sono venuta Loreto per chiedere,
n
la guarigione; ma per chiedere la grazia della pace nel mondo. Io ho offerto il mio viaggio e le sofferenze mentre ero in treno, perché soffrivo molto, per la pace del mondo che mi sta molto a cuore".
Il controllo della tubercolosi
Da quando, nel 1880, fu provato che la malattia era contagiosa, la tubercolosi divenne una malattia conosciuta e le persone infette furono ospitate nei sanatori che, per le classi media e alta, offrivano cure eccel­lenti e costante attenzione medica. Pur tuttavia, nonostante i benefici dell'aria fresca e del lavoro nei sanatori, anche sotto le migliori condizio­ni, morivano in cinque anni il 50% di coloro che entravano (1916). Visto il diffondersi della tubercolosi, in Italia, come in altri Paesi, si cercarono nuove strade per il suo contenimento. Fu quindi promulgata una leg­ge (Testo unico delle leggi sanitarie 1265/1934) che prevedeva in ogni provincia l'istituzione di un Consorzio Provinciale Antitubercolare, ente morale retto da un apposito statuto. Facevano parte obbligatoriamente del consorzio la Provincia, i Comuni, e gli enti pubblici che in tutto e in parte svolgevano azione antitubercolare. Intanto cominciarono gli studi per lo sviluppo di un vaccino. Dopo il "Vaccino Maragliano" (Edoardo Maragliano), utilizzato sull'uomo fin dai primi anni del 1900, fu svi­luppato, tra il 1908 e il 1921, un vaccino da Albert Calmette e Camil­le Guérin all' Istituto Pasteur di Parigi e fu chiamato "BCG" (Bacillo Calmette Guérín). Il vaccino BCG venne usato sull'uomo nel 1921 in Francía, ma non ricevette diffusione e consenso negli Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania fino alla seconda guerra mondiale. In questi anni furono usate anche alcune pratiche chirurgiche, quali lo pneumotorace
terapeutico o la tecnica di piombag­gio, che consisteva nel fare collas­sare il polmone infetto per tenerlo a "riposo" e permettere alle lesioni di guarire. In Italia furono le teorie di C. Forlanini (1885 e 1888) con la progressiva affermazione del pneu­motorace terapeutico per il tratta­mento della tisi polmonare che re­sero indipendente la tisiologia. La ricerca di cure mediche continuò incessantemente. Nel 1944, infat­ti, Albert Schats, Wlizabeth Bugie e Selman Waksman isolarono lo Streptomyces griseus e scoprirono la streptomicina, il primo antibioti­co e primo agente batterico efficace contro il micobacterium tuberculo­sis. Questa scoperta è generalmen­te considerata l'inizio dell'era mo­derna della tubercolosi, anche se la vera rivoluzione comincia nel 1952, con lo sviluppo dell'isoniazide, il primo farmaco micobattericida ora­le. L'avvento della Rifampicina nel 1970 accelerò i tempi di ricovero e ridusse in modo significativo il nu­mero di casi di tubercolosi fino al 1980. (Tratto da: “Il Messaggio della Santa Casa – Loreto)***************************************************************************************************
RINGRAZIAMO LA MADONNA E IL BEATO BARTOLO LONGO
Finalmente dopo tanti anni mi sono decisa a raccontare la mia testimonianza sulla Madonna di Pompei. Siamo nell'anno 2001. Io sono tutrice - ma mi considero madre - di mia sorella maggiore Marina invalida (cerebrolesa e cieca), dalla morte di no­stra madre. Nell'anno 2001 Marinella, così la chiamiamo, comincia ad avere emorragie uterine che vengono curate per mesi per "premenopausa": Non mi voglio dilungare sulle varie diagnosi. A metà aprile quella definitiva: "Can­cro collo dell'utero in donna vergine" : Abbiamo la grazia di entrare subito al Policlinico Gemelli di Roma e dopo un lungo periodo di studi su una paziente molto grave si decide per l'intervento su un cancro molto aggressivo, peggio del sarcoma. I medici dicono sei mesi o un anno di vita. Pronta per l'interven­to da fine aprile, non veniva operata perché non c'era posto in rianimazio­ne che di notte veniva occupato sem­pre da altre urgenze. Fino a quando la mattina dell'8 maggio del 2001 alle ore 7.00 mi reco con Marinella in car­rozzella in Cappella per ascoltare la SS Messa. Finita la Messa mi avvicino alla Statua della Vergine Maria con Marinella e le dico: "Madre mia oggi è la Tua festa. Se si deve operare operala Tu oggi. Sii Tu il suo chirurgo". Torno in camera ed alle ore 08.00 entrano le in­fermiere festose dicendomi: "Stefania! Marinella si opera!" Non vi dico la mia gioia e preoccupazione. È uscita dalla camera operatoria alle ore 12.20, finite le suppliche nel mondo. Il professore che l'aveva operata mi dice: "Ora siamo nelle mani di Dio!: Nei successivi giorni di convalescenza mi dicono che Mari­nella, in quanto cerebrolesa grave non può essere sottoposta né a chemiote­rapia né a radioterapia. Oggi il nostro Angelo è qui con noi in ottima salute, ecco la sua foto. Sono sicura che No­stra Mamma Santissima alle ore 12.00 dell'8 Maggio del 2001 è scesa in terra ed ha raccolto le richieste di grazia dei Suoi figli e le ha presentate in Cielo a Suo Figlio e Lui, fra queste ha concesso la guarigione a Marinella.
Pregate ed invocate Mamma Nostra Santissima perché Lei vi ascolta. Grazie Mamma a nome di Marinella. Stefania S. Latina
 
Scrivo questa lettera per esprimere la mia gratitudi­ne al mio caro fondatore, il Beato Bartolo Longo per avermi fatto sperimentare un miracolo nella mia vita, attraverso Mamma Maria. Nella prima settimana di agosto caddi, dopo che già soffrivo di un dolore alla gamba. Non riuscivo più a mettermi in ginocchio per pregare da molto tempo, poiché non potevo allungare la gamba. Ho fatto delle cure per alleviare il dolore, dopo una settimana ho provato un po' di sollievo, ma dopo due settimane il dolore è ritornato, anzi la condizione della mia gamba peggiorava. Ero così preoccupata che decisi di consultare uno speciali­sta ortopedico. Eravamo ormai in ottobre, ed era la vigilia della festa del Beato Bartolo Longo, che cade il 5 ottobre, e tutte noi stavamo decorando la statua del Beato. Sentii il desiderio di offrire una ghirlanda di fiori; così dopo averla preparata mi sono avvicinata per offrirgliela. La statua era posta troppo in alto e quindi trovai difficoltà a deporla. In qualche modo ci riuscii e offrii quei fiori con le lacrime agli occhi, pregando per la mia guarigione, poi sono andata a dormire. Il 5 ottobre mi sono svegliata di mattina presto, e quale sorpresa! non sentivo più alcun dolore. Il mio cuore traboccava di gioia. Sono corsa alla statua del beato Barto­lo Longo e l'ho ringraziato con lacrime di gioia, questa vol­ta. Ora posso pregare anche un intero rosario stando tutto il tempo in ginocchio. Grazie Bartolo Longo. Grazie infinite. Tua devota figlia. Sr. Mary Jancy Mulloor OP Suore Domenicane di Pompei Kottuvally (Kerala) - India
 
Con grande gioia vi scrivo questa lettera che deside­ro venga pubblicata sulla Rivista perché voglio che tutto il mondo sappia del grande miracolo che mi ha concesso Gesù per mezzo della Madonna di Pompei. Sei mesi fa, mia nuora era incinta ed è andata per la prima volta a fare degli accertamenti. Le dissero che la bambina sarebbe nata non perfetta (con sindrome) e proposero di fare un altro test. Le dissero inoltre che c'era la possibilità di abortire, ma sia lei che mio figlio hanno rifiutato dicendo che se Gesù gliela dava così, così l'avrebbero tenuta. Dopo due giorni mi è arrivato il vostro giornale che riportava una storia simile a quella di mia nuora e mio figlio. Allora per me è stata come una conferma che la bambina sarebbe nata tutta sana. Ho pregato tanto la Madonna, che ci ha fat­to la grazia: il 19 luglio è nata una bella bambina di circa 4 chilogrammi e lunga circa 55 cm! La mia nipotìna era sanis­sima! Ringrazio la Madonna del Rosario che ha esaudito le mie preghiere. Dopo che è nata, ho portato il giornale che avevo ricevuto ai neo-genítori, dove c'era pure la foto della bambina e così anche loro hanno creduto che la Madonna aveva ottenuto il miracolo! Invio la foto della bambina ap­pena nata. Sia chiama Liah Mary. Vi prego di pubblicarla e di continuare a pregare per questa bambina, per la sorella, che ha 3 anni, e per tutta la famiglia: ho 4 figli e 11 nipoti. Maria C. Winnipeg – Canada
 
Sono una mamma di tre splendidi figli: Antonella, spo­sata con Domenico; Luigi, sposato con Fortuna; Elisa­betta, che vive con noi. Inoltre, sono anche nonna di due bellissimi nipoti: Mattia ed Antonio, nati dalla mia pri­ma figlia. Sono una vostra benefattrice, molto devota alla Vergine del Rosario di Pompei e al Beato Bartolo Longo. In passato scrissi una lettera che depositai tra gli archi dell'al­tare del Santuario di Pompei, in cui mi rivolgevo a Maria Ver­gine così: «Madre mia del Santissimo Rosario e Madre nostra, da Te aspetto oggi con fervore la sospirata grazia, Tu che sei la più tenera tra le madri, ascolta la mia preghiera, sii suppli­chevole verso Tuo Figlio Gesù. Fa' che Luigi e Fortuna possano procreare un bambino e possano vedere nella creatura, che spero gli donerai, un segno ancora più vivo della Tua presenza nella loro casa. Benedici il loro amore e fa' che sia fecondo, co­sicché domani possa un'altra vocina lodarti, un altro cuorici­no amarti, un'altra vita rendere testimonianza del Tuo amore per noi': Purtroppo quella lettera si bagnò perché, nel pel­legrinaggio che feci a piedi da Ercolano a Pompei, il tappo della bottiglia dell'acqua che avevo in borsa si era staccato, ma io ero sicura che la Madonnina e il Beato Bartolo Longo l'avessero ricevuta lo stesso. Era la fine del mese di maggio 2011. Gino e Fortuna, che ad agosto faranno cinque anni di matrimonio, volevano questo bambino come dono della Madonna e non tramite la scienza. Per questo hanno pre­gato tanto, e con loro anche tante altre persone, non solo familiari. Oggi, con la gioia nel cuore, vorrei che testimo­niaste sulla vostra Rivista la grazia ricevuta, perché niente è impossibile a Dio. Io voglio testimoniarlo a tutto il mondo: Dio ci ama e si prende cura di noi, ha avuto misericordia e ci ha esaudito. Non smetterò mai di ringraziare la Madonna di Pompei e Bartolo Longo, che mi hanno esaudito. Intanto continuo a pregare, mi affido alle vostre preghiere perché ne abbiamo bisogno. Candida de L.
(Tratto da: “Il Rosario e la nuova Pompei – anno 130 – n. 4 5/2014”)
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GUARIGIONI A LORETO
La guarigione della Sig.ra Francesca Rao
La guarigione è avvenuta il 2 luglio 1938 e la Signora F. Rao si è presentata al Collegio Medico di Loreto l'otto ottobre 1938.
La Sig.ra Francesca Rao, di anni 27, di Roma, ricoverata da 22 anni al Protettorato San Giu­seppe, è affetta da sei anni di sinovite tuberco­lare, cardiopatia, cistite, ernia inguinale con­seguente a continui sforzi di vomito, febbri malariche, ascessi multipli che da tre anni si riproducono ininterrottamente raggiungendo il centinaio; alcuni di essi erano molto profon­di e costringevano a letto l'ammalata.
La Signora si è recata in pellegrinaggio a Loreto, per la terza volta, nel giugno del 1938. Durante il viaggio di ritorno, quasi vicino a Roma, la Sig.ra Rao sente un gran bruciore per tutto il corpo e, giunta al Protettorato, si sente perfettamente guarita. Viene sottoposta a visita medica dai sanitari che la tenevano in cura da tempo e tutti unanimemente ricono­scono la guarigione completa. Erano scompar­si gli ascessi e i disturbi causati dalla cistite e dall'ernia inguinale. Nel settembre dello stesso anno, la Sig.ra Rao torna a Loreto per far con­statare la guarigione dal Collegio medico ivi operante. Il Collegio medico riscontra nel cor­po numerosissime cicatrici, prevalentemente localizzate negli arti; data però la diagnosi di cistopielite e di ascessi multipli che per tanto tempo avevano costretto a letto l'ammalata, i medici si riservano di rivalutare la Sig.ra Rao dopo un anno invitandola ad esibire una suf­ficiente documentazione sanitaria onde avere elementi per poter formulare un giudizio.
L'Osservatorio Medico "Ottaviano Paleani" è stato stabilito presso la Santa Casa di Loreto il 2 Febbraio 2012 al fine di con­statare, raccogliere i fatti ed effettuare la valutazione di ciascun caso di guarigione apparentemente inspiegabile, nonché di monitorarne l'evoluzione per almeno un anno attraverso un'at­tività professionale qualificata. Il materiale proposto in questa rubrica proviene dall'archivio dell'osservatorio. Per ulteriori in­formazioni si può consultare il sito: osservatorioloreto.org.
La Signora presentò nove certificati medici ri­lasciati dai sanitari curanti: Cav. Dr. Alessandro Frati, Prof. Dr. Luigi Gedda dell'Università di Roma, Prof. Dr. Salvatore De Villa dell'Univer­sità di Roma, Dr. Benedetti, Dr. Cav. Giuseppe Mancini, Prof. Cav. Benedetto Casella della Reale Università di Roma, Dr. Agostino Maltarello, tut­ti attestanti sia le malattie che la Rao accusava, quando si recò a Loreto in pellegrinaggio nel giu­gno 1938, sia la guarigione ottenuta istantanea­mente il 2 luglio dello stesso anno.
Il Collegio Medico di Loreto visitò la Rao l'otto ottobre 1938. Nel verbale si legge quanto segue: "Si notano numerosissime cicatrici di ascessi pregressi, ben consolidate, non dolenti, retratte. L'ammalata non accusa nessun disturbo della minzione, appare ben sanguificata, con masse muscolari toniche e pannicolo adiposo abbon­dante. La scomparsa rapida del complesso qua­dro nosologico, lo stato generale di buona salute e soprattutto la guarigione spontanea dell'ernia inguinale destra, ci autorizza a concludere che la scienza con i suoi mezzi attuali non poteva fare altrettanto".
Il giorno 16 Luglio 1938, il Dr. Giuseppe Man­cini del Protettorato San Giuseppe, scriveva: "Dichiaro di aver curato Francesca Rao da circa sei anni 1) per infezione malarica accompagnata da vomiti ricorrenti ed ostinati che persistettero anche dopo la guarigione della malaria, renden­dole quasi impossibile di ritenere qualsiasi cibo liquido; 2) per cisto-pielite purulenta cronica e successiva incontinenza d'urina; 3) per ascessi multipli (circa 100) con febbri elevate, succeden­tisi ad intervalli variabili nelle regioni iliache, glutee, nonché alle braccia e regioni ascellari: la maggior parte di essi furono incisi, taluni si apri­rono spontaneamente, ma nessuna cura valse ad impedire il ripetersi dei medesimi.
La Rao da tre anni non lasciava più il letto, senza neppure poter cambiare posizione per il dolore degli ascessi, e tutte le cure praticate per le suddette malattie, tranne che per la malaria, erano state vane; e nei periodi di maggiore vio­lenza dei sintomi il suo stato di depressione era
così grande che non poteva neppure sedersi sul letto senza che insorgessero minacciosi disturbi da iposistolia.
Tutte queste manifestazioni morbose sono cessate due giorni dopo il suo ritorno da Lore­to, allo svegliarsi da un sonno prolungato, tanto che ha potuto scender dal letto e camminare da sola, mangiare pasta asciutta, mortadella, insala­ta cruda ed altri cibi che non poteva prendere da anni, trattenere bene ed emettere regolarmente le urine.
Similmente certificavano altri sei medici (atti dell'Osservatorio) tra cui il Prof. Luigi Gedda che seguiva il Protettorato San Giuseppe al fine di svolgere un programma di ricerca "intorno alla crescenza". (Tratto da: “Il Messaggio della Santa Casa – Loreto)
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CAREZZE MATERNE
Bambino guarito da una malformazione ai piedi
Si illustra qui un fatto prodigioso che risale al 1939, ma che è stato riferito a questa direzione del «Messaggio» solo in questi ultimi mesi. Guerino Camilletti, nato nel 1936 a Passatempo (Osimo) e ora resi­dente a Villa Musone (Loreto), venne alla luce con una grave malfor­mazione ai piedi, che si presentavano rovesciati rispetto alla normale posizione, nella probabile fattispecie di «piede valgo equino». Dopo tre anni il bambino, che era costretto a camminare gattoni, pesava appena 6 chili. 1 nonni, vivamente preoccupati, lo condussero da un medico di Ancona, il quale diede loro questo responso: per guarirlo sarebbe stato necessario rompergli i piedi e raddrizzarli. 1 nonni non si sentirono di sottoporre il piccolo a una simile dolorosissima operazione chirurgica. Pensarono bene invece di portarlo nella Santa Casa di Loreto, confidando nella potente intercessione della Madonna. Il bambino, in Santa Casa, cominciò a dire di vedere Gesù Bambino camminare sopra il cornicione dell'altare, con stupore generale.
Tornato a casa, il piccolo Guerino cominciò a mangiare e a crescere. Poco a poco, i piedi si raddrizza­rono, cosicché egli poté camminare normalmente per tutta la vita, fino al presente.
Sposa e sposo guariti per intercessione della Vergine Lauretana
La signora Philomena Molloy di Kildare (Irlanda) ci informa per via epistolare su due segnalate gra­zie ottenute da lei e dal marito per intercessione della Madonna di Loreto. La signora Molloy nel 1975 pellegrinò a Loreto. Era affetta da dolori alla schiena, dovuti a un incidente stradale. Recatasi in Santa Casa, sentì una forte fitta alle spalle e da quel momento non ha avuto più nessun dolore alla schiena.
Di recente è stato diagnosticato a suo marito un cancro alla pelle su una gamba. Data la gravità del caso, i dottori hanno creduto di doverlo operare creando una spiegabile preoccupazione nel paziente e nei famigliari. Nel frattempo la signora Philomena ha sognato di essere in Santa Casa e così ha pensato
bene di usare l'olio delle lampade della Santa Casa spargendolo sulla parte inferma della gamba del marito e ripetendo la devota unzione per diverse settimane, fino a quando il marito è stato chiamato per l'operazione chirurgica. Il giorno dell'operazione, nell'ospedale, la signora Molloy è stata raggiunta da una telefonata da parte di un dottore, il quale le diceva che non si trattava di un cancro, come era stato diagnosticato prima. La signora attribuisce il fatto a una speciale protezione della Madonna di Loreto e prega la direzione di questa rivista di far conoscere questa sua testimonianza.
Mamma nonostante un'operazione all'utero
Il 29 luglio 2012, Davide De Lauro di San Giorgio in Bosio (PD) ha riferito al direttore di questa rivista quanto segue. Una signora di 35 anni del suo paese - di cui ha lasciato nome e cognome - avendo subito un'operazione all'utero, si è sentita dire dai medici che non avrebbe più potuto avere figli.
Lei, desiderosa di essere mamma, si è rivolta con fiducia alla Vergine Lauretana e poi con il marito si è recata in devoto pellegrinaggio a Loreto. In Santa Casa ha avvertito come un colpo forte allo stomaco, tanto da sentirsi male. Il marito l'ha invitata a uscire, ma lei ha voluto restarvi per ascoltare una santa
messa. Due giorni dopo si è presentata in ospedale per le analisi di rito e, con somma sorpresa dei medici, è stata trovata incinta. (Tratto da: “Il messaggio della santa Casa – Loreto)*******************************************************************************
Grati alla Madonna e al Beato Bartolo Longo a cura di Ciro Cozzolino
Il giorno 4 novembre 2011, alle 9.30 circa, come al solito uscii di casa. Mi sembrava una gior­nata normale, con il cielo cupo e una leggera pioggerellina. Alle 11, però, tutto si capovolse: la pioggia violenta e il vento di tramontana spingeva­no a valle rivoli e ruscelli verso i torrenti Fereggia­no e Bisagno. Poco prima delle 12.30, mi trovavo nei pressi della scuola S. Agata. Improvvisamente squilla il cellulare: era Anna, che mi chiedeva di prendere la bambina a scuola. A quel punto mi fer­mai in zona e aspettai in macchina: l'acqua scen­deva con violenza ed era impossibile uscire. Alle 12.30 la pioggia diminuì d'intensità e ne approfittai per andare a prendere la mia nipotina Ireena. La bambina scese da scuola velocemente e veloce­mente entrò in macchina, così che ci avviammo su­bito verso casa. Arrivati a metà di corso Sardegna, la bambina mi fece notare che, a lato del marciapie­di, scorreva tanta acqua. Io non diedi importanza al fatto, in quanto quando piove succede spesso di vedere queste scene. Arrivati in via Fereggiano no­tai una fila di macchine insolita per quel giorno. Mi infilai sulla destra e, sorpassando, arrivai davanti al ristorante "O sole mio", dove mi apparve una scena apocalittica: macchine che ondeggiavano e indietreggiavano spinte dall'acqua. Le moto, po­steggiate sulla destra, cadevano una dietro l'altra come birilli. Tanta gente cercava scampo gridan­do aiuto! Io rimanevo dentro alla macchina con la bambina. Entrambi eravamo terrorizzati e la bam­bina chiedeva aiuto gridando, mentre l'acqua ave­va sfondato con violenza la parte anteriore ed era salita fin sopra i sedili. Mi guardai intorno e cercai disperatamente di uscire dalla macchina, ma pur­troppo un'auto bianca mi impediva di uscire per portare fuori la bambina. Sul tetto della macchina bianca, aggrappato, vi era il proprietario. Anche lui cercava di salvarsi tenendosi disteso sul tetto ed io, vedendolo, con quanta voce avevo in gola gli urlai: "Aiuto! Mi salvi almeno la bambina!". L'uomo, dopo aver sentito la bambina piangere, si sporse pericolosamente e, allungando un braccio, mi gridò: "Mi dia la mano della bambina!". Io pre­si il braccio della bambina, bagnata e terrorizzata, e, con uno sforzo sovrumano, riuscii a raggiungere il braccio del "salvavita"! A quell'uomo gridai di passare la bambina all'autista del bus vicino, che aveva assistito a tutta la scena. L'autista, presa la bambina, mi fece capire, con un cenno della mano, che la bambina era salva! Tutto ciò avveniva in soli dieci secondi, giusto il tempo per salvare la bambi­na: subito dopo la macchina bianca si mosse trasci­nata dall'acqua, lasciandomi solo, abbandonato al mio destino. Con la macchina bloccata, mi guardai intorno e vidi un marasma completo tra urla e ru­mori delle macchine che si urtavano tra loro, auto che si accavallavano, auto che sfondavano saraci­nesche e vetrate ed entravano nei negozi. Il bus era in balia dell'acqua, la mia auto perdeva i pezzi ad ogni urto, mentre l'acqua entrava nell'abitacolo: era un'apocalisse. Preso dal panico, cercai di scen­dere dalla macchina, ma appena misi i piedi a terra, l'acqua mi travolse mandandomi a gambe all'aria, sommerso dalla fanghiglia. Un colpo tremendo mi fece sobbalzare e mi ritrovai contro un tronco d'al­bero, fermato dal contenitore della spazzatura, che per me ha significato "l'ancora della salvezza". La corsa verso il mio destino si è arenata lì, dopo che avevo fatto già l'ultimo pensiero. Bagnato fradicio, sballottato tra una macchina e l'altra, riuscii ad ar­rivare sino al portone n. 25 di via Fereggiano. Lì ho trovato il nostro salvatore, insieme ad un bravissimo giovane extracomunitario, il quale, con l'acqua sopra la cintura, ha portato Ireena giù dal bus. Un grazie di cuore devo dirlo a Michela mia nipote, la quale custodisce in casa, gelosamente, 1'effige della Madonna di Pompei, della quale è devotis­sima e alla quale tutti i giorni si rivolge chiedendo protezione per tutti i parenti. Io e Ireena siamo stati protetti. Grazie! Gaetano A. Genova
 
Sono una grande devota della Vergine del Ro­sario di Pompei e del Beato Bartolo Longo. S Vi prego gentilmente di pubblicare la testi­monianza di una grazia che ho chiesto ed ottenuto per loro intercessione. Mio figlio, dopo la laurea, si era trasferito a Milano per cercare lavoro; dopo aver lavorato per tanti anni da precario in un'azien­da, ha dovuto partecipare al concorso per essere assunto a tempo indeterminato. Le possibilità era­no pochissime, con soli tre posti su un centinaio di concorrenti. Ho iniziato a recitare la Novena e il Santo Rosario tutti i giorni, avevo anche da una settimana terminato i Venti Sabati alla Madonna di Pompei. Ebbene, il 13 maggio 2011 mio figlio supera la prova scritta, poi la prova orale e il 20 giugno firma il contratto a tempo indeterminato. Per questa importante grazia invito tutti a rivolger­si alla Vergine di Pompei e al Beato Bartolo Longo nei casi disperati. Una devota Castelluccio Inferiore (Potenza)
 
Carissimi tutti del Santuario di Pompei, sono devotissima della Vergine del Santo Rosa­rio. Vi scrivo questa lettera per far sapere a tutti i devoti della Madonna la grazia che abbiamo ricevuto. È stato un miracolo grande.
Mia nipote Alessandra esce da ormai sette anni con un ragazzo di nome Joshua, desiderano sposar­si al più presto, dopo la laurea. Il 28 giugno 2011 sono venuti degli amici per festeggiare la laurea, c'erano anche gli altri parenti della mia famiglia. Un loro amico venne con il motorino e il fidanza­to di mia nipote alla fine del pranzo volle fare un giro sul motorino. Dopo qualche minuto, non si sa come, ha sbandato ed ha avuto un bruttissimo incidente. L'hanno trasportato all'ospedale in eli­cottero, in fin di vita. È stato per due settimane in coma, senza mai riprendere conoscenza, e non ha potuto vedere quanti amici e familiari gli sono sta­ti vicini all'ospedale. Nessuno riusciva a dire una parola, si piangeva soltanto. Mio figlio Maurizio, padre di Alessandra, mi ha detto "mamma prega, ci vuole solo un miracolo, Joshua sta male è una brutta condizione". Tutti i giorni, dal 28 giugno, non ho mai smesso di pregare la Vergine di Pompei e il beato Bartolo Longo. E la Vergine di Pompei si trovava proprio qui, in Missione, lo scorso mese di giugno. Nelle mie preghiere sempre dicevo "Vergi­ne di Pompei, prima che lasci questa terra d'Ame­rica, fammi la grazia salvami Joshua". E la grazia l'abbiamo ricevuta, la Vergine di Pompei e il bea­to Bartolo Longo ci hanno fatto questa grazia così grande. Il ragazzo sta facendo ancora la terapia, sta cominciando a camminare, sta anche studiando per un esame. Noi tutti eravamo preoccupati che potes­se aver subito danni al cervello, anche i medici non ci davano nessuna speranza, ma per la misericordia di quella bella Vergine di Pompei e Bartolo Longo, ragiona benissimo. Ora tutti mi chiamano per dir­mi "Carmela, quando fai un'offerta alla Madonna fammelo sapere che vogliamo collaborare tutti per ringraziare la Vergine per la grazia che ci ha fatto per Joshua". Scusatemi per la scrittura, ho 86 anni e non riesco a scrivere bene (non sono istruita). Vi saluto tutti del Santuario della Vergine di Pompei e fate una preghiera per questi due bravi ragazzi, per il loro avvenire. C. Carmela R. (New Jersey) – USA
Tratto da: “Il Rsario e la Nuova Pompei! Anno 128 – n. 6 – giugno 2012.*******************************************************************************************
TESTIMONIANZE DI GRAZIE RICEVUTE DA G. BAMBINO DI PRAGA
Carissimo Padre Marco,
sono Tiziana, ho 28 anni e voglio farvi sa­pere quanto Gesù Bambino sia sempre stato (limportante per me e la mia famiglia. La de vozione per lui parte dalla mia nonna paterna, in se­quito ad incidente automobilistico molto brutto. Poi i miei genitori, che si sono conosciuti nel 1980, hanno continuato questo legame col Bambino e l'hanno tra­smesso a me.
Da Lui abbiamo ricevuto tante grazie, per parenti ed amici e recentemente una anche per me.
Sabato 7 dicembre 2013, infatti, ho avuto un inci­dente stradale, da cui sono uscita miracolosamente illesa, nonostante il cappottamento dell'auto (che è andata distrutta). L 'immaginetta di Gesù Bambino è sempre stata nelle nostre macchine, nella tendina pa­rasole, e quella mattina, trovandomi a testa in giù, lo accarezzavo e lo ringraziavo per avermi protetta e per non avermi persa di vista.
E continuerò a ringraziarlo sempre, così come fanno i miei genitori e tutte le persone che mi vogliono bene. Tiziana B.
 
Vorrei dare la mia testimonianza in onore di Gesù Bambino di Praga, mio aiuto e mia guida.
Ho potuto conoscere la Sua potenza qualche anno fa in vista di alcuni dì esami scolastici im­portanti, e oggi invece voglio ringraziarlo per avermi donato una bambina meravigliosa.
Dopo due anni di ricerca io e mio marito eravamo ormai senza speranza così abbiamo deciso di andare direttamente a Praga al Santuario di Gesù Bambino. L'abbiamo pregato intensamente e Lui non ha tardato ad illuminarci con la Sua grazia. Ha regalato al no­stro matrimonio una meravigliosa bambina. Mi ha as­sistito durante tutta la gravidanza. Anche il parto, che tutti dicevano difficoltoso a causa delle grandi dimen­sionì della bambina, è andato molto bene senza trop­pe complicazioni. Non smettete mai di pregare Gesù Bambino: Lui ci ama, ci ascolta e ci sostiene nel no­stro cammino...
Ho voluto pubblicare questa testimonianza per dare speranza a tutte quelle coppie che sono in cerca di prole. Simona
 
Rev. P Marco, vorrei che pubblicasse questa mia lettera per grazia ricevuta da Gesù Bambino.
(…) Alla fine di ottobre 2013 un giorno mi accorsi che c'era qualcosa che non andava nel mio seno, mi feci visitare dal mio medico di famiglia il quale mi consi­gliò di fare degli esami...
Non le dico quanta preoccupazione avevo, a tal pun­to che mi stavo esaurendo! Pensavo di avere un male incurabile. Ogni notte prima di andare a letto mi pas­savo l'olio benedetto leggendo la preghiera che è al­legata all'olio. Nel comodino vicino dove dormo c'è la statuina di Gesù Bambino e ogni notte mi affidavo a lui chiedendogli che gli esami che dovevo fare fos­sero tutti negativi.
Ho finito dì fare glì esami a febbraìo 2014: il rìsultato che tutto era a posto! Grazie Gesù Bambino... Ora dovrò andare a controllo fra sei mesi, continuo ogni notte a ungermi con l'olio e a dire la preghiera che Gesù Bambino protegge sempre a me e alla mia fa­miglia e che il prossimo controllo possa andare tutto bene.
Grazie Gesù Bambino! Ignazio S.
 
Notoriamente si dice che se si "cade" malati la fede aiuta. Aiuta ad affrontare meglio la malattia, la sofferenza, ad accettarne le conseguenze e le limitazioni... Aiuta a vivere meglio con serenità la morte. Non è casuale tale espressione "vivere la morte": la morte può essere vissuta o co­munque prepararsi alla morte è un'esperienza co­sciente fondamentale. La mia storia, che vi porto è stata consapevolezza, certezza di preparazione a tale evento. Quando ebbi la diagnosi "recidiva di can­cro", ricevetti dei regali: un libro di Tiziano T. grande giornalista, che scriveva: "... parlavo con il vecchio gioielliere di Sunda Nagar che mi chiese co­sa mi era successo. "Sono stato in giro per ospedali. Ho il cancro". "Deve essere sta­to il periodo più divino della sua vita!" Ribatté quello con assoluta naturalezza. Si lo era stato. Ma lui come faceva a saperlo? E prese a raccontare: "Un mussulmano, cacciato dalla moschea, prese a ruzzolare giù per la gradinata. A ogni scalino in cui picchiava sentiva male, soffriva e cosi pensava a Dio. Ma quando fi­nalmente arrivò in fondo gli dispiacque che non ci fossero più gradini". Lo lessi, lo rilessi, inizialmente non capii. Come poteva un tumore essere divino? Continuavo invece a chiedermi: "Perché mi accade questo? Perché proprio a me?" Ricevetti una cassetta di un'intervista su dolore e sofferenza di Padre David Maria Turoldo ad una settimana dalla sua morte: "il dolore è disumano e bisogna essere degli eroi per sopportarlo. La risposta di Dio al dolore è Gesù Cristo... Nonostante tutto dobbiamo aiu­tarci a sperare." "Nonostante tutto dobbiamo aiu­tarci a sperare"
Un'amica, che continua pregare per me, mi porta dal Bambin Gesù di Arenzano e casi inizio una novena, dove tra l'altro si parla di tiepidezza: sì mi riconosco! La mia fede è stata fino ad oggi tiepida. Il Signore ha parole durissime: "Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido sto per vomitarti dal­la mia bocca. Tu non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo."
Rifletto, prego, leggo il Vangelo soprattutto nei mo­menti più difficili, di sconforto assoluto, di malessere fisico senza sosta...
Cado, cadono i capelli, cadono le unghie, tocco il fondo... Sono stanca: notti sconfinate insonni, stan­chezza ancora, sfiducia... Arrivo a pensare che la so­luzione possa essere nel prendere tutte le medicine che tengo nel cassetto. Ma di là, nell'altra stanza c'è un bambino... Leggo il Vangelo, prego. Degli amici 4 non mollano, telefonano, se voglio uscire per una breve passeggiata, ci sono. Sempre. Mi ascoltano. Assecondano richieste improbabili. Stanno li. So­no accanto alla mia croce. Continuo a far fatica ad aprirmi, ad accettare l'aiuto di chi mi circonda: vuol dire ammettere che non sono più sufficiente a me stessa, che ho bisogno degli altri! Ricevo un messag­gio dalla mia oncologa, con cui sono in conflitto sul percorso terapeutico da seguire. "Non sempre i re­gali della vita sono facili da accettare, spesso ci feriscono o deludono le nostre aspettative eppur tuttavia sono la via per fortificare la nostra tem­pra e farci seguire il giusto cammino; la sofferen­za è il rifiuto del dono". Le rispondo acida, chi è lei, che in piena salute, afferma che la malattia è un do­no. Scandaloso! Decido d'imparare a pregare me­glio: trovo un parroco, una chiesa, una comunità...
E poi, nonostante tutto, giorno dopo giorno è diventato davvero un periodo "divino". Non sono più sola: sento costantemente un aiuto profondo come fossi sempre soste­nuta, contenuta, avvolta in un caldo, sof­fice palmo della mano. Sperimento l'esperienza di un Dio che ti ama, anche se sei senza capelli, senza unghie, con un corpo deturpato... Leggo: "C'è più gioia nel donare che nel ricevere": è così, è vero: l'ho provato molte volte in passato, nel mio lavoro e mi ricordo che chi dona riceve il dono di poterlo fare. Mario Melazzini, medico malato di SLA, dice che la malattia può diventare valore aggiunto. La sofferen­za, e tutto ciò che ti accade, è comunque un Dono. Ci sono delle difficoltà nella vita che apparentemente ti sembrano insormontabili, di fronte alle quali ti senti incapace e debole. Se tu confidassi un po' di più nel Signore, ti accorgeresti che Lui stesso le risolverebbe: fidati di Lui, invece che delle tue capacità. Comincio davvero a vedere le cose da un'altra prospettiva: for­se più vera, forse più giusta. Le persone sono ora altre persone, vedo nuovi bisogni, nuove priorità, nuovi modi di essere, di pensare, di agire.
E l'amore è al centro. Dio è l'Amore: e Lo vedo negli occhi smarriti di chi riceve una diagnosi, che certa­mente cambierà la sua vita, in chi si dispera, cade, si risolleva, accetta con gioia e gratitudine l'aiuto dei fratelli che condividono con passione la loro soffe­renza.
Da malati il mondo è diverso, nuovo! E ripeto: "Sia fatta la volontà di Dio". Non chie­do la guarigione ma che sia fatta la volontà di Dio, così come la Madonna disse il suo "Eccomi". Graziella (Messaggero di Gesù Bambino di Praga 4/2014)
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FIORETTI
Il Fioretto del giorno: «Coraggio figlio mio...»Una volta, durante il noviziato, sant'Ignazio da Làconi ricevette il compito di dare la sveglia ai confratelli e di portare l'acqua, dal pozzo in camerata, durante la notte. Ma accadde che una volta, prima del Mattutino, affati­cato in simili faccende, sentì venir meno le sue forze, salendo le scale, perché la grande brocca d'acqua che tra­sportava, e che altre volte non gli era sembrata così pe­sante, gli sembrò pesante, come se fosse di piombo. Fu quindi costretto a fermarsi, ansante, in cima alle scale, dove si trovava una nicchietta con una statua della Ver­gine Maria, che egli era solito salutare con ardenti giacu­latorie. A Lei, dunque, diresse il suo sguardo e il suo insopprimibile sospiro: «Non ne posso più, Madonna mia! Datemi Voi la forza di resistere». Fra Ignazio non si accorse di aver sospirato tanto forte da farsi sentire da un frate che, destatosi dal sonno, uscì dalla cella, credendo giunta l'ora della sveglia. Ma il colloquio proseguiva e si udì un'altra voce, dolce e soave, che diceva: «Coraggio! Abbi pazienza, figlio mio, e pensa a quel che soffrì il mio Figlio divino...». Certamente qualche altro frate udì l'una e l'altra voce e si rese conto che fra Ignazio conversava con il Cielo, ed il Cielo lo ascoltava e gli rispondeva.
 
Il Fioretto del giorno: «...pensavo a Gesù...»
San Domenico, anima angelica più di Cielo che di terra, amava sinceramente Gesù. Il suo cuore e la sua vita Do­menico li donava a Gesù solo. Egli era per lui l'Amico per eccellenza, l'Amico che lo consolava, innamorava, spingendolo al sacrificio più generoso ed eroico nella pra­tica della virtù. San Domenico andava a scuola a costo di tanta fatica: ogni giorno, infatti, doveva percorrere una quindicina di chilometri a piedi, per strade insicure. A chi gli domandava se non avesse paura, l'angelico ragazzo ri­spondeva: «Macchè paura! Io non sono solo. Ho l'Ange­lo custode che mi accompagna». Una mattina d'inverno, a scuola, mentre si attendeva il maestro (un buon prete di nome Don Cagliero), i compagni riempirono la stufa di sassi e di neve. Al maestro dispiaciuto che, accortosi del­la birichinata, stava iniziando ad impartire il rimprovero, i ragazzini dissero: «È stato Domenico». Il Santo non si discolpò e così fu severamente punito dal maestro, men­tre gli altri sghignazzavano. L' indomani, però, la verità si venne a sapere, e l'insegnante, stupito, gli domandò: «Per­ché non mi hai detto che eri innocente?». Rispose Dome­nico: «II compagno, già colpevole di altre mancanze, sarebbe stato cacciato da scuola. Io pensavo di essere per­donato. E poi pensavo a Gesù... anche Lui è stato castiga­to ingiustamente...».
 
Il Fioretto del giorno: Non attaccare mai più il cuore a cosa terrena
San Giovanni Bosco, quand'era giovane, avendo un giorno preso un merlo, lo allevò con cura e lo addestrò al canto, zufolandogli all'orecchio note e ariette, di mo­do che, dopo un po' di tempo, quell'uccello era diventa­to il suo divertimento e la sua delizia. Ma... ogni cosa quaggiù passa e non dura. Un brutto giorno, ritornando da scuola, trovò la gabbia vuota: un gatto l'aveva sfon­data ed il merlo era sparito. Il Santo si mise a piangere. Sua madre cercò di calmarlo, dicendogli che di merli nei nidi ne avrebbe trovati ancora. Ma Giovanni continuò a singhiozzare. Non gli importava niente degli altri merli. Era «quello lì» il suo piccolo amico, che non avrebbe mai più visto. Rimase triste per alcuni giorni, e nessuno riusciva a farlo ritornare ad essere allegro. Finalmente, si fermò a riflettere sulla nullità delle cose mondane, e da allora prese una risoluzione superiore alla sua età: pro­pose di non attaccare mai più il cuore a cosa terrena.
 
Il Fioretto del giorno: Gaspare dal cuore d'oro!
La famiglia di san Gaspare Del Bufalo abitava nel "cortile antico" del Palazzo Altieri, le cui finestre del­le due modeste stanze, difese da robuste inferriate, da­vano su Via della Gatta e sul vicolo di Santo Stefano del Cacco. Attraverso quelle grate, il ragazzo poteva scorgere il panorama delle grandi miserie umane del­la sua Roma. Mendicanti sofferenti e abbandonati, i cui corpi, spesso a malapena ricoperti di stracci, la­sciavano intravedere piaghe purulente non curate, che facevano tanto ribrezzo alla povera natura umana. A volte, tra questi, vi erano anche storpi e minorati; e non mancavano disoccupati e fannulloni di mestiere, dediti all'accattonaggio, ladri e truffatori. Alcuni, spe­cie d'estate, passavano la notte sdraiati su quelle vie malsane e insicure. L'occhio di Gasparino li passava in rassegna, il cuore gli si stringeva e qualche lacrima gli bagnava le ciglia. «Poveretti! lo ho tutto: affetto, pulizia, cibo. Loro nulla!». Dal profondo del suo ani­mo generoso sorse naturale l'impulso di far subito qualcosa, almeno per aiutarli un po'. Fece un cenno con la mano, come un timido invito, e tra le sbarre passò loro un po' di cibo. Come succede sempre, quel primo tenue soccorso fu un richiamo. Si diffuse la no­tizia e i poveri si moltiplicarono. Se le vetrate, ad una certa ora, non s'aprivano, era un picchiar di bastoni forte e prepotente sull'inferriata: un baccano inferna­le. Allora Gaspare, di corsa, faceva man bassa di quanto poteva prendere ed accorreva. Non distingue­va cosa da cosa e spesso dava in elemosina anche a
quanto era destinato al pranzo o alla cena della fami­gliola. Era davvero commovente vederlo privarsi an­che di qualche dolciume: un vero eroismo per un ragazzo della sua età! Non poche volte diventava egli stesso un accattone per poter dare di più.
 
Il Fioretto del giorno: La modestia nel vestire
Fin dal principio della permanenza di don Bosco a To­rino, si diffuse la fama della sua virtù e santità, e non poche famiglie facevano a gara per stringere relazio­ni con lui. Ora, accadde che un giorno un'intera fami­glia era venuta a fargli visita, avidissima di ascoltare le sue parole piene di grazia e di Spirito Santo. Don Bosco, al vedere la poca modestia nel vestire della si­gnora e delle figliole, e volendo toccarle al vivo, ri­volse subito il discorso alla più piccina dicendole: «Vorrei che tu mi dessi una spiegazione». «Sì, sì, di­ca pure, reverendo», rispose la bambina fuori di sé per la contentezza. «Dimmi, perché disprezzi così le tue braccine?». «lo?!... non le disprezzo!». «Eppure, sembra che sia così!». «Oh, tutt'altro! -prese a dire la madre -. Se sapesse, debbo sgridarla per la sua va­nità. Oltre a lavarle, le profuma con acque odorose».
«Appunto per questo - continuava il Santo sempre ri­volto alla ragazza - io ti dico che tu disprezzi le tue braccia». «E perché?». «Perché, quando morrai, le tue braccia saranno gettate a bruciare nell'inferno». «Ma io non faccio nulla di male! lo all'inferno non ci vo­glio andare!». «Eppure, sarà così... o, per lo meno, al Purgatorio, e chissà per quanto tempo!». «Dunque, questo avviso fa anche per me!», esclamò una delle più grandi, arrossendo. «Sì... e le fiamme saliranno dalle braccia al collo e lo bruceranno». «Ho capito - concluse la mamma -, ho capito! Tocca a me mette­re rimedio, e lo farò!». Da quel giorno, molte altre volte quella famiglia si recò a far visita a don Bosco, ma sempre con vestiti compitissimi.
 
II Fioretto del giorno: Carità verso il prossimo
San Francesco di Paola si prodigava per amore di Dio ad alleviare le sofferenze dei poveri, li difendeva da so­prusi e ingiustizie davanti ai potenti, baroni e re del-
l'epoca. Ricco di amore e di venerazione per la Santa Madre Chiesa, si prendeva cura dei suoi membri più de­boli: i poveri, come gli incolti, gli analfabeti, gli indife­si; per loro non risparmiava forze e dedizione e spesso il Signore premiava la carità eroica del suo servo fede­le con dei veri miracoli. Si narra che una volta, con il suo bastone, abbia fatto scaturire acqua da una roccia lì vicina per degli operai stanchi e assetati che lavorava­no per la costruzione del suo convento. Spesso, però, anche la sola presenza di grazia del Santo riusciva a sol­levare, oltre gli animi stanchi, la stessa forza fisica dei lavoratori. Infatti, alcuni operai che dovevano portare sulle loro spalle le pietre necessarie per il cantiere pur non avendo né muli né carri per trasportarle, riuscirono a caricare sulle proprie spalle quei macigni senza senti­re alcuna fatica, grazie alla presenza del Santo tra di lo­ro, che, sempre raccolto in Dio, infondeva pace e serenità e dava loro la forza fisica necessaria.
 
Il Fioretto del giorno: L'aiuola fiorita
Sopra una ridente collina, poco fuori dalla città, in mezzo
alla verde poesia delle piante, vi era un bianco villino, do­ve un ricco signore era solito recarsi tutti gli anni durante la stagione estiva insieme al suo unico figliolo. Il pio ge­nitore non perdeva occasione per educare ed istruire il vi­spo fanciullo nelle cose di Dio. Un giorno, condottolo in giardino, gli assegnò un'aiuola di fiori da coltivare. Il gio­vinetto, tutto contento, vi dedicava ogni giorno parte del suo tempo e, quando si mostrava poco pratico di quel la­voro, il babbo accorreva in suo aiuto, istruendolo amoro­samente. Una sera, dopo una di quelle piogge estive che sono una benedizione per i campi, il piccolo floricoltore, sceso in giardino, vide la sua aiuola tutta fiorita. Con gran­de sorpresa, il fanciullo si accorse che quei fiori erano di­sposti in modo tale da formare il suo nome. «Oh!... il mio nome scritto dai fiori - cominciò a gridare il giovinetto, fuori di sé dalla gioia -. Babbo! babbo! Veni a vedere... Anche i fiori sanno scrivere... Hanno scritto il mio no­me!.... Ma come avranno fatto ad imparare le lettere del nostro alfabeto?». «Sarà stato un caso», rispose il genito­re, per spingere il figlio a riflettere sulla Provvidenza divi­na. «Un caso? Ma allora bisognerebbe dire che il caso è un intelligente ed abile maestro; ma chi lo crederebbe? Sareb­be una follia sostenerlo!», osservava il fanciullo. Il giovi­netto ragionava secondo la logica del buon senso, e ragionava bene perché il buon senso, fino a quando non si ha la sventura di cacciarlo di casa, non inganna mai. Il sag­gio genitore, dopo averlo lasciato riflettere per un po' in­torno a quel fatto prodigioso, gli svelò l'enigma. «Guarda ora, figliolo - soggiunse il pio genitore ; guarda queste rose, queste primule, queste ortensie, queste violette, questi gerani, questi gelsomini... Quanta arte, varietà e grazia nelle loro forme! Quanta finezza nei loro ricami! Quanta leggiadria nelle loro tinte morbide e vellutate! Sarà tutto questo uno scherzo del caso? Sarà l'effetto di una materia vile e tenebrosa, oppure saranno le opere ammirabili di una Sapienza infinitamente grande e amorosa? Che cosa ne pensi?». «Penso - concluse il giovinetto senza esitare un momento - che i fiori, l'universo e tutte le stupende bel­lezze del creato sono opera di Dio, che le ha tratte dalla notte del nulla per darci cento e mille prove della sua po­tenza, della sua sapienza e del suo amore!».************************************************************************************
GRATI ALLA MADONNA E AL BEATO BARTOLO LONGO n.1 1-2/2014
Finalmente dopo tanti anni mi decido a scrivere per dare testimo­nianza di quanto la Vergine Santa sia stata presente nella mia vita. Da sempre sono legata a Pompei perché mia madre era molto devota della "Bella Mamma di Pompei'; così la chiamava, e mi raccontava di quan­te lacrime aveva versato davanti al Quadro di Maria quando mio padre, prigioniero in Germania, non dava notizie di sé. Per due anni non si seppe niente di mio padre, ma un giorno tornò. Ho in camera un quadro del­la Vergine appartenuto a mio nonno che, per una grazia ricevuta, le fece uno stupendo manto d'argento. Non mi dilungo a raccontare le tantissi­me grazie ricevute per dirvi di quella che più mi interessa far conoscere. Trent'anni fa fui operata per un tumore alle ovaie con l'asportazione di un ovaio e parziale resezione dell'altro. Tutto andò bene, ma mi fu detto che non avrei più potuto avere figli (ne avevo solo uno). Ci rimasi male, ma accettai la volontà di Dio. Dopo due anni, mi accorsi di essere incinta, e al secondo mese una fortissima emorragia mi fece temere il peggio e pregai la Vergine di Pompei con queste parole: 'Ti prego, Mamma. Avevo accettato la volontà di Dio, ma ora che il bimbo c'è, non permettere che lo perda'. Tutto andò bene e, dopo nove mesi, con meraviglia dei medici perché avevo portato a termine la gravidanza, nacque Luca, esattamente l'8 di maggio. Ora, il 29 settembre, mio figlio si sposerà. Invio una piccola offerta per i bisogni del Santuario e per una S. Messa per gli sposi Luca e Lisa Augiero. Grazie, Mamma di Pompei, del tuo immenso amore. Angela A. - Lonigo (Vicenza)
 
Desidero testimoniare la grazia ricevuta dalla Mam­ma Celeste di Pompei. Sono stato diviso dalla mo­glie per sette lunghi anni. In questi anni, un uomo sbandato aveva spinto mia moglie a sbandare. lo prega­vo sempre davanti alla Vergine e le regalavo le mie lacri­me affinché le raccogliesse nel suo cuore. Al sesto anno la Vergine mi fece sentire nel cuore che dopo un anno la mia famiglia sarebbe tornata unita. E così accadde. Dopo un anno io ritornai in famiglia e ci riunimmo in pace. Se è troppo lunga la lettera potete fare la sintesi.Tengo a preci­sare che io passavo tutte le domeniche a piangere davanti alla Vergine e stavo dalle tre alle quattro ore insieme a Lei, e come ad una Mamma Le chiedevo di aiutare la mia fami­glia, i miei figli e mia moglie. Come fece la Mamma Celeste a farmi sentire nel cuore che al settimo anno si univa la mia famiglia? Me lo fece sentire come quando si sente di amare un figlio: è una sensazione profetica e piacevole. A.M.
 
Ringrazio la Vergine del Rosario di Pompei per aver sostenuto e protetto mia figlia in un difficile esame per l'esercizio della professione, dove la selezione era molto alta. Pur essendosi preparata con coscienza, condizionata dall'emotività, avrebbe rischiato di non ren­dere per quello che realmente sapeva, ma la Regina del Rosario di Pompei, alla quale sono ricorsa con fiducia, l'ha tranquillizzata e l'esame è stato superato brillantemente. Grazie Mamma di Pompei! Anna Maria T. - Asti
 
Con queste poche parole voglio ringraziare infinita­mente la Beata Vergine del Santo Rosario di Pom­pei per la grazia che mi è stata concessa: la nascita, dopo tanti anni, del mio primo nipote. Un matrimonio ce­lebrato nel 2006, con l'impossibilità iniziale di poter avere un figlio a causa di problemi di salute, fortunatamente ri­solti nel migliore dei modi. Ma, nonostante il parere posi­tivo di molti medici, non riuscivano ad avere un bambino. Non ho mai perso le speranze ed ho continuato a prega­re, quando lo scorso inverno, inaspettatamente, ricevo la tanto attesa notizia: finalmente dopo anni, sarei diventata nonna. L’estate scorsa è nato un bellissimo bambino. Con questa lettera, oltre a ringraziare la Madonna di Pompei, voglio condividere con tutti i lettori questa gioia e testi­moniare che non bisogna mai perdere le speranze, ma continuare a pregare e avere fede. Chiedo che questa mia lettera venga pubblicata sulla vostra rivista. C.M. - Reggio Calabria
 
Scrivo per ringraziare la Santa Vergine e il Beato Bartolo Longo. Desidero con tutto il cuore che venga pubblicata questa mia, in quanto ne ho fatto promessa al caro Beato che ha ascoltato le mie preghiere e ha provveduto ad intercedere per noi. L’ho invo­cato non solo per mio marito, ma anche per problemi legali che non riuscivamo a risolvere, ma inspiegabilmente, poi, tutto si è risolto nel migliore dei modi. Grazie Mamma Cara, ancora una volta mi hai ascol­tato, dopo tanta disperazione e buio hai fatto risplendere la luce. Hai cancellato tutto: l'angoscia, il dolore, la disperazione; ci hai ridonato il sorriso, la gioia, l'amore, la pace e tanta fede. Si era nel periodo nata­lizio di quest'anno, c'era tanta felicità in giro, addobbi, luminarie, ecc, invece io ero disperata, mio marito ricoverato d'urgenza con febbre alta per una broncopolmonite doppia con addensamento polmonare. Nulla di buono, i medici erano pessimisti e ci gettavano nell'angoscia più totale. Dopo quindici giorni di ricovero, nessun miglioramento, tutto nero. Ho invocato, implorato, pregato tanto la cara Madonnina e il Beato, anche di notte, con il Rosario tra le mani e Lei ci ha esaudito. Piano piano i primi segni di miglioramento, la macchia iniziò a rimpic­ciolirsi e non ci fu più bisogno del ricovero ospedaliero, come inve­ce era stato previsto dai medici. La broncoscopia risultò negativa. Poi ebbe una ricaduta, con febbre, e dovette sottoporsi ad una radiografia al torace; si prospettava il peggio e invece (era mezzogiorno in punto, ricordo il rintocco delle campane ed io mi apprestavo a recitare l'Ange­lus), quando il radiologo uscì e disse: "Signor Vanacore, lei è guarito, la macchia non cè più, è sparita, auguri!" Oh Signore, sii Tu benedetto per i secoli dei secoli, insieme alla Tua Mamma Santissima e al Beato Bartolo Longo e a tutti i Santi. Vi chiedo di celebrare una Messa di ringrazia­mento e una preghiera per mio nipote che è in crisi con sua moglie e vuole separarsi; pregate per piacere insieme con noi affinché questa coppia si riunisca e ritrovi l'amore e la pace. Grazie. Vincenzo e Benedetta V. Amalfi (Salerno)
 
Sono una devota che tanto deve alla Mamma Celeste. In un libretto di pre­ghiere regalatomi dalle suore di Pom­pei ho ritrovato un foglio in cui avevo anno­tato le date di una novena fatta anni fa. Mi sono ricordata che avevo promesso la pub­blicazione della grazia se la Vergine mi aves­se alleviato un disturbo molto delicato, che non osavo confidare a nessuno e che dura­va da molto tempo. Ebbene alla fine dei 54 giorni il disturbo era quasi scomparso e poi andò sempre meglio. Mi spiace se non ho ringraziato prima, forse perché troppo de­licato da spiegare. Lo faccio ora e mi scuso per non essere più esplicita. Se decidete di pubblicare, fatelo solo con le mie iniziali. M.M. – Potenza*****************************************************************************
TESTIMONIANZE DI GRATITUDINE A PADRE PIO
SOFFRIVO tanto
Era da un po' di anni che nella mia famiglia le cose non an­davano per il verso giusto. Ogni sera mi addormentavo pre­gando e sperando che il giorno do­po fosse migliore di quello ormai passato. La mia prima figlia era di­sperata perché, dopo sei anni di matrimonio, non riusciva ad avere il dono della maternità. L'altra figlia, aveva vissuto due brutte esperien­ze sentimentali e non ancora era riuscita a trovare un ragazzo che le volesse davvero bene. Soffrivo tanto nel vederle così inquiete e deluse. Un giorno mio cognato ci invitò a fare un viaggio a San Giovanni Ro­tondo. Accettammo. Appena giun ti nel santuario incominciai a prova­re un senso di pace e di tranquillità. Mi afferrò una grande emozione, che mi riempì gli occhi di lagrime. Mi immersi subito nella preghiera. Facemmo ritorno a casa e, trascorso un po' di tempo, avemmo la bella notizia che la mia primogenita era incinta e che fra nove mesi sarem­mo diventati nonni. La seconda fi­glia, avendo conosciuto un bravo ragazzo e trovato un buon lavoro, cominciava a far progetti di matri­monio.
Ringraziai e continuo a ringrazia­re di vero cuore Padre Pio per a­vermi concesso queste due grazie ed aver ridato alla mia famiglia pace e serenità. savana, M. T. (BR)
 
BASTA CHE io pensi a LuiDa cinque anni convivo con linfoma cerebrale non Hdgkin, che ha cambia­to la mia vita. Infatti prima lavora­vo come elettricista in una raffine­ria di petrolio ed avevo le abitudi­ni ed i tempi di un operaio impe­gnato otto ore al giorno. Il mio uni­co svago era lo sport (insieme ad altri amici allenavo una squadra di atletica leggera), che mi serviva per scaricare le tensioni accumula­te nella giornata e per avere una buona forma fisica.
Ora, pensionato perché riconosciuto inabile, ho trovato la serenità grazie a Padre Pio, da me invocato nei mo­menti tristi e di sconforto. Basta che io pensi a Lui per sentirmi meglio.
Mi dedico ad attività di volonta­riato sostenendo l'associazione ita­liana contro le leucemie-linfomi e mieloma.
Sulla tomba di San Pio ho depo­sto la mia gratitudine per l'aiuto spirituale ricevuto. Battista S. S. (CA)
 
«MAI PIÙ spinelli!»
Mio figlio, di circa venti anni, aveva preso la pes­sima abitudine di fuma­re spinelli. Consapevole del male e delle conseguenze che ne pote­vano derivare, chiesi a Padre Pio di allontanarlo da quel vizio mi­cidiale. Partecipai quindi ad un pel­legrinaggio a San Giovanni Ro­tondo e sulla tomba del Santo rin­novai la mia preghiera.
Quando feci ritorno a casa, presi l'immaginetta di Padre Pio che a­vevo portato con me e la misi nel­la scatola in cui mio figlio aveva ... “1a roba”.
In maniera sorprendente sono stata esaudita. Mio figlio ha smes­so di fumare e mi ha detto con tan­ta convinzione: «Mai più spinelli!». Rendo lode a Dio e a San Pio da Pietrelcina. Una mamma devota di civitavecchia
 
UN MISTERIOSO profumoMia figlia Pina, da un po' di tempo, non stava bene. Cercavo di convincerla a farsi visitare o a sottoporsi ad un ri­covero ospedaliero ma inutilmen­te. Aveva una grande avversione per medici e medicine. Intanto con­tinuava a perdere peso e a star ma­le. Un'altra mia figlia, una notte, so­gnò Padre Pio che le disse: «Sono molto arrabbiato con tua sorella, per il suo comportamento con se stessa e perché non vuole prender­si cura della sua salute.
Dopo qualche giorno, in seguito al racconto di questo sogno, mia figlia si decise a farsi visitare e a fare del­le analisi cliniche. Purtroppo que­ste ultime diedero risultati allar­manti che determinarono l'imme­diato ricovero. Ci furono una serie di accertamenti e terapie, ma senza buoni risultati, quindi le dimissio­ni, con una diagnosi di "infiamma­zone alle mucose duodenali".
Un pomeriggio, sul lungomare di Sperlonga, accanto ad una statua di Padre Pio, Pina si fermò a prega­re. Ad un tratto fu investita da un misterioso profumo di rose e di tu­berose. Non c'erano fiori nei parag­gi, anzi, c'erano piuttosto depositi di rifiuti. Da quel momento mia fi­glia cominciò a star meglio e ad av­viarsi gradatamente verso la com­pleta guarigione. Vincenzina A. Casoria (NA)
 
PRIMA DI avere i risultatiUn anno e mezzo fa ad un mio carissimo congiunto venne diagnosticato un tumore maligno. Tutti, in famiglia, cademmo nello sgomento e nello sconforto. Mentre l'infermo si sottoponeva ad una chemioterapia, mi rivolsi con fede e speranza a San Pio da Pietrelcina di cui sono tanto devota. Poi ci furono ulteriori esami clinici.
La sera prima della data fissata per il ritiro dei risultati avvertii in casa un forte profumo di rose. Mi com­mossi pensando a Padre Pio. L'indomani dai risultati, attesi con ansia, risultò la completa scom­parsa del male. Ed esternai tutta la mia riconoscenza ed una pro­fonda gratitudine a San Pio. Katia Venezia  (Voce di Padre Pio 10 10/2007)
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Grazie ottenute per intercessione di San Giuseppe Moscati
Il 1° maggio 2009 mia madre, trovan­dosi in cucina, ad un tratto ha perso co­noscenza. Ho pensato si trattasse di un malore temporaneo. Il mattino seguente mi sveglio alle 4,45: entro nella stanza di mamma e la trovo accasciata sul pavi­mento.
Ho chiamato subito l'ambulanza. Tra­sportata all'Ospedale, il medico del Pronto Soccorso mi ha avvertito che si trattava di un ictus. Comprensibile la mia preoccupazione: ho iniziato subito la re­cita del S. Rosario invocando la Ma­donna di Pompei e la protezione di S. Giuseppe Moscati.
Ogni giorno mi sono recato in Ospe­dale per notizie circa la salute di mamma. I medici, da me interpellati, ri­spondevano in modo vago, ma io conti­nuavo a pregare. Finalmente, dopo un­dici giorni di degenza in ospedale, il me­dico mi ha assicurato che mamma poteva ritenersi fuori pericolo. Infatti, dopo qualche tempo, mamma è tornata a casa: si è ripresa lentamente, ha fatto la riabi­litazione motoria ed è autonoma.
Desidero ringraziare la Madonna di Pompei e S. Giuseppe Moscati, il Me­dico Santo di Napoli, per avermi con­cesso la grazia della guarigione di mamma, che affido alla loro benevola assistenza. Lorenzo Benelli (Magliano Sabina, Rieti).
 
Il 6 gennaio 2008 mio fratello Claudio di anni 76 all'improvviso ha accusato forti dolori all'addome. Ricoverato d'ur­genza in Ospedale, è stato sottoposto ad accertamenti clinici all'addome con la seguente diagnosi: «Proctite megaco­lon», cioè addome acuto da occlusione intestinale.
Noi familiari ci siamo rivolti a S. Giu­seppe Moscati, di cui siamo molto devoti, perché fosse scongiurato l'intervento chi­rurgico. Dopo dodici giorni le condizioni sono andate migliorando e così mio fra­tello è stato rimandato a casa.
Però il giorno dopo, a casa, mio fra­tello ha avuto un'emorragia così forte, da farne prevedere la fine, in quanto, se­condo i medici, non c'era alcuna spe­ranza di guarigione.
In quei momenti di pianto e di angoscia abbiamo avvertito ancora una volta la po­tenza prodigiosa del Medico Santo Giu­seppe Moscati, il quale si è compiaciuto apparire a mio fratello accanto al suo letto. Egli l'ha fatto alzare e camminare.
Ora mio fratello sta bene, ha ripreso la sua vita in famiglia, assistito da me e da mia sorella Teresa. Sulla tomba del Medico. Santo è stata celebrata la S. Messa per ringraziarlo e per chiedergli d'intercedere per tutti noi presso il Si­gnore Gesù. Antonietta Coppola (Mon­dragone, CE).
 
Adempio il mio dovere di ringraziare il Signore per intercessione di S. Giu­seppe Moscati, il quale, mediante le pre­ghiere della signora Marisa Micali, mi ha confortato in un momento diffic lè della mia vita.
Infatti, sono stato affetto da ernia ia­tale diagnosticata in seguito all'esame di gastroscopia, con fenomeni di tachicar­dia, astenia e sudorazione.
S. Giuseppe Moscati mi è stato vicino attenuando tutti i sintomi negativi subiti da un cuore giovane (37 anni), che sem­brava di una persona ammalata.
Testimonio in fede la mia guarigione, esprimendo la mia gratitudine al Signore e a S. Giuseppe Moscati. Molto presto verrò a Napoli a pregare e a ringraziare davanti alla tomba del Medico Santo. Giovanni Maria Santini (Roma).
 
Nel settembre 2006 mi è stato dia­gnosticato un carcinoma al seno e un linfonodo a sinistra. Dopo la terribile diagnosi, senza perdere tempo, mi sono messa in contatto con un oncologo di Milano, dove mi sono ricoverata all'O­spedale "S. Giuseppe" dei Fatebenefra­telli.
Ai dovuti controlli ed accertamenti approfonditi è seguito, il 24 ottobre 2006, l'intervento chirurgico, riuscito in modo soddisfacente, grazie all'intercessione di S. Giuseppe Moscati e di S. Padre Pio di Pietrelcina. Sono certa che entrambi con­tinueranno a vegliare su di me, sulla mia famiglia e sui miei parenti.
Negli anni 2008 e 2009 sono venuta con un gruppo di devoti nella chiesa del "Gesù" per esprimere la mia devozione e riconoscenza davanti alla tomba del Me­dico Santo Giuseppe Moscati. Dopo la visita al Gesù abbiamo proseguito per S. Giovanni Rotondo per una visita ricono­scente a S. Padre Pio. Caterina Venduti (Lazzaro, RC).
 
Nell'agosto 2008 mi sono ricoverata nell'Ospedale di Ferrara, perché, all'im­provviso, avevo perso quasi del tutto la vista. Mia sorella è venuta a visitarmi e con lei - che è tanto devota di S. Giu­seppe Moscati - ho pregato insieme nella Cappella dell'Ospedale.
A poco a poco ho ripreso a vedere, senza che i medici intervenissero affatto. Mi sordo sottoposta agli accertamenti cli­nici, che sono risultati negativi.
Nell'agosto 2009 sono venuta di per­sona a Napoli, nella chiesa del Gesù Nuovo per ringraziare il Medico Santo, il quale non cessa di consolare e di proteg­gere quanti si affidano a lui. Sabrina Ventre (Trieste).
 
Desidero ringraziare pubblicamente S. Giuseppe Moscati per la sua speciale protezione nei miei riguardi. Sono spo­sata da tre anni. La prima notte di nozze ho scoperto che soffrivo di vaginismo. Il mio cruccio era uno solo: curarmi ed avere un figlio. I medici da me consultati mi hanno detto che una gravidanza sa­rebbe stata difficile, se non impossibile.
Piangevo ogni sera: guardavo la foto di S. Giuseppe Moscati, di cui sono molto devota e che troneggia in cucina: gli chiedevo una gravidanza naturale, senza sottopormi a cure lunghe.
Il 13 dicembre 2007 sono arrivate nella mia Parrocchia le reliquie del Me­dico Santo, accompagnate dal Superiore del "Gesù Nuovo" di Napoli. Avvicinan­domi alle reliquie, ho pregato tanto per i miei familiari e per alcune persone soffe­renti.
Quella notte ho sognato S. Giuseppe Moscati, che mi annunciava la gravi­danza di una mia amica, che oggi ha ef­fettivamente una bella bambina. Guar­dando il Medico Santo dritto negli occhi, mi son fatta coraggio e gli ho chiesto: «Ed io? ... ». Egli mi ha sorriso ed è scom­parso.
Il 1 ° gennaio 2008, convinta da mia cugina, ho deciso di fare un test di gravi­danza e in serata le analisi del sangue. Il giorno dopo venivo informata che ero in­cinta. Son corsa a casa ad abbracciare non i miei familiari e il quadro di S. Giuseppe Moscati.
I miei problemi, però, non erano an­cora iniziati. Dal 17 gennaio fino al ter­mine della gravidanza mi son trovata di fronte a gravi difficoltà, tanto da sentirmi dire dal ginecologo: «Signora, questa gravidanza non riuscirà a portarla avanti». Ma io confidavo sempre nel sor­riso di S. Giuseppe Moscati, senza tra­scurare affatto le cure prescritte.
Dopo interminabili prove e sofferenze, il 27 agosto 2008 ho dato alla luce una meravigliosa bimba col nome di Anna­chiara (Chiara come la splendida santa francescana e Anna in ricordo di Nina, sorella del Medico Santo).
Desidero rendere questa testimo­nianza per coloro che come me soffrono e hanno sofferto, incoraggiandole a confi­dare nel Medico Santo e a pregarlo quale potente intercessore presso il Signore. Lucia Di Dato (Lecce).
 
Verso la fine del 2007 aspettavo il terzo figlio. La gravidanza trascorreva tranquilla, ma all'ottava settimana ebbi un piccolo distacco di placenta, per cui il medico mi prescrisse riposo assoluto. Questo durò fino al giorno di Pasqua, in cui, all'improvviso, fui colpita dd un'e­morragia.
Fui ricoverata all'Ospedale di Fratta per le opportune cure, ma, dopo una set­timana, ne seguì un'altra. Piangevo: mi sentivo ormai depressa senza forze. Ini­ziai a perdere anche il liquido amniotico, mentre i medici mi dicevano di prepa­rarmi al peggio.
Mi addormentai tra le lacrime e feci un sogno: stavo in una sala d'attesa in­sieme ad altre persone. Una signora pre­sente mi avvertì che c'era il Medico Santo Giuseppe Moscati, il quale si avvi­cinò a me e disse: «Non preoccuparti! Riuscirò a guarirti».
Mi svegliai molto turbata e raccontai tutto a mio marito, il quale mi disse che la piazza da me sognata era Piazza del Gesù, dove accorrono pellegrini da tutte le parti per visitare la tomba di S. Giu­seppe Moscati.
Io, commossa, chiesi subito di procu­rarmi una sua immagine: me la portò mamma, con una piccola reliquia del Santo, che ogni sera poggiavo sulla pan­cia, recitando la preghiera e chiedendo­gli di essere presente nella sala operato­ria, nel giorno del parto.
Così fu realmente. Dopo la nascita della mia bambina tutto si complicò: persi i sensi, non avevo più sangue, le trasfusioni non davano risultato. Dovetti subire un'isterectomia, restando quattro ore sotto i ferri. L'emorragia si fermò al­l'improvviso.
Io ero fiduciosa: sapevo che S. Giu­seppe Moscati avrebbe aiutato me e la bambina. E così avvenne.
Mi sono recata con mio marito e la bambina nella chiesa del Gesù per rin­graziare il Medico Santo e per testimo­niare il miracolo da lui operato con no­stra indescrivibile gioia. Adriana Pizzo (Casoria, NA).
 
Il 30 aprile 2009, mentre ero a bordo del mio motorino, una macchina mi ha tagliato la strada ed io sono sbalzato dal motorino cadendo con la testa sull'a­sfalto della strada. La Polizia, interve­nuta, credendomi già morto, mi ha co­perto con un lenzuolo bianco.
Nel frattempo, riprendendo cono­scenza, mi sono girato da solo, iniziando a vomitare sangue e a respirare. Subito è arrivata l'autoambulanza: il medico mi ha tolto il lenzuolo e, dopo aver control­lato le parti del collo (un trauma cranico e un polso rotto), ha provveduto a tra­sportarmi all'Ospedale Loreto Mare.
Per tre mesi sono rimasto in Ospedale con prognosi riservata. È proseguita la cura, che mi ha consentito di lasciare l'Ospedale. Son convinto di essere stato liberato da un incidente mortale per l'in­tervento di S. Giuseppe Moscati, di cui sono stato sempre, fin da piccolo, molto devoto. Vengo spesso a pregarlo nella chiesa del Gesù e a ringraziarlo di quanto ha fatto finora per me. Giuseppe Castelli (Napoli).
 
A mia figlia - all'età di 18 anni - dopo sei mesi dall'asportazione di un me­lanoma fu diagnosticato un «linfoma non Hodgkìn» con cellule di alto grado di malignità.
Ho sempre confidato nel Signore: in quel triste periodo mi sono affidata al­l'intercessione dei santi medici Giuseppe Moscati, Cosma e Damiano.
Nei momenti particolarmente difficili, soprattutto il giorno che precedeva per mia figlia la TAC di controllo (fatta pe­riodicamente per valutare l'andamento del male) mi recavo puntualmente nella chiesa del Gesù davanti alla tomba del Medico Santo, perché intercedesse per mia figlia presso il Signore.
Con grande stupore ogni referto di controllo andava sempre per il meglio. Il decorso della malattia è stato lento, ma risolutivo, con la meraviglia e la gioia di tutti quelli che mi conoscono.
Questa testimonianza, dopo tanti anni, vuole essere un ringraziamento dal profondo del cuore al Signore che ci elar­gisce ogni bene, e in particolare a S. Giu­seppe Moscati, che ha assistito larga­mente mia figlia, diventata oggi madre di due splendide bambine. Elena Coiro (S. Castrese, CE).
 
Il 21 agosto 2009 mio figlio Gabriele Marchesani, di appena due anni e mezzo, incidentalmente ha ingerito cera liquida per candele: l'effetto immediato è stato il vomito e la tosse. Lo abbiamo portato in Ospedale, dove la dottoressa di turno, dopo aver telefonato al Centro antiveleni di Milano, gli ha somministrato un cuc­chiaio di maalox per evitare che al bam­bino venisse il mal di pancia, esortandoci a tornare tranquillamente a casa, anche se mio figlio continuava a tossire e a vo­mitare.
Questa cosa a me non è piaciuta e, dopo aver chiesto spiegazioni al Centro antiveleni di Milano, ho portato di nuovo mio figlio in Ospedale, dove gli è stata fatta la radiografia e il prelievo. Quando i medici si sono resi conto della gravità della situazione, in quanto la radiografia dava risultati positivi di addensamento sia nei polmoni che nei bronchi, si sono attivati per fare una flebo, ma mio figlio, dopo due ore di vomito, di lamenti, di pianto e di respiro corto, stava collas­sando.
Mio figlio mi guardava diritto negli occhi ed io ho invocato S. Giuseppe Moscati perché intercedesse presso il Signore e salvasse mio figlio (ricordo che in quella stanza c'era una grande immagine di Padre Pio). Dopo un po' la flebo ha fatto il suo effetto positivo e mio figlio stava molto meglio: dopo 5 giorni di ricovero ospedaliero e 15 di terapia antibiotica mio figlio è risultato guarito.
In tutto il periodo ho invocato la po­tente intercessione di S. Giuseppe Mo­scati perché illuminasse i dottori che visi­tavano il bambino: sono sicura che tra loro c'è stato anche lui a visitarlo. Un mese dopo, esattamente il 25 luglio, io, mio figlio e il papà, per una bellissima coincidenza non affatto programmata, siamo andati nella chiesa del Gesù Nuovo per ringraziare S. Giuseppe Mo­scati. Poi abbiamo scoperto che il 25 lu­glio è la data di nascita del Medico Santo, che ha protetto e proteggerà sem­pre il mio bambino. Mariarosaria Pinto (Torre del Greco, NA. (a cura di Giuseppe Samà S.I.) Tratto da: “Il Gesù nuovo” 2012
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Grati alla Madonna e al Beato Bartolo Longo
Anche se sono passati tanti anni, mi sento in dove­re di dare la mia testimonianza. Sono una madre e come tutte le madri sono sempre preoccupata per i miei figli. Nel mese di febbraio 1989 mia figlia Clau­dia ebbe la febbre altissima, il medico mi disse di farle subito la penicillina altrimenti bisognava ricoverarla per bronchite. La mia disperazione era grande perché non era la prima volta che accadeva. La bambina non voleva fare la puntura, ma si aggravò e fummo co­stretti a fargliela quella sera. Ero sola, mio marito era andato al lavoro. Erano le 21:00, misurai la tempera­tura, era arrivata a 41°, provai di tutto, anche gli im­pacchi di acqua fredda sulla fronte, poi stanchissima verso mezzanotte mi appoggiai sul capo di mia figlia. Chiudendo gli occhi vidi un bagliore: era il quadro della Vergine che scendeva dal soffitto e il Bambino che la Vergine aveva in braccio, con il Rosario in ma­no, si avvicinava al letto di mia figlia. A tale vista mi spaventai e scattai in piedi mentre il quadro piano pia­no risaliva. Misurai di nuovo la temperatura e con grande stupore era scesa a meno di 37°. Per tutta la notte non riuscii a capire cosa era successo. Quando la mattina venne lo specialista mi disse che la bam­bina era viva per miracolo, perché non si trattava di bronchite, ma di morbillo, e la penicillina, prescrit­ta dall'altro medico e che io le avevo dato, risulta mortale con il morbillo. Per ringraziare la Vergine feci un quadretto votivo e lo portai al Santuario. Anna V. Eboli (Salerno)
 
Sono una mamma disperata. Ho un figlio con pro­blemi di salute. Il 19 giugno mi è arrivata la vo­stra Rivista e leggendola mi ha colpito la pagina delle grazie di guarigione ottenute per mezzo della Madonna di Pompei e del Beato Bartolo Longo. Al­lora anch'io mi sono affidata a Loro. Ho telefonato al Santuario della Madonna di Pompei e mi ha ri­sposto un addetto alla sacrestia a cui ho spiegato la mia situazione. Lui mi ha risposto che di lì a poco si sarebbe recitata la Supplica alla Madonna; mi ha chiesto il nome di mio figlio in modo da poterlo af­fidare alla Madonna di Pompei e al Beato Bartolo Longo proprio durante la Supplica. È passato un po' di tempo ed ho visto qualche miglioramento. Ringra­zio di cuore la Madonna di Pompei e il Beato Bar­tolo Longo. Desidero che venga pubblicata questa mia testimonianza. Rosa B. Villa Castelli (Brindisi)
 
Sono una fedele abbonata alla vostra Rivista, ma soprattutto sono una grande devota della Vergi­ne del Rosario di Pompei. Avevo fatto voto di far pub­blicare la testimonianza di una grazia che ho chiesto e che mi è stata concessa, pertanto Vi prego gentilmente di pubblicare quanto segue. Mia nipote dopo aver conseguito la laurea si era trasferita in una città del Nord per cercare lavoro; anche se trovava qualcosa, era sempre precario perché le proponevano lavori con contratti a termine, infatti anche dopo tredici mesi finiva in una bolla di sapone. Costretta a salta­re sempre da un lavoro all'altro finiva per demora­lizzarsi. Le ho suggerito di iniziare la pia pratica dei 15 sabati e dalla mia città ho iniziato anche io. Da premettere che una delle mie preghiere quotidiane è la Novena che recito sempre la sera e che un pomerig­gio recitai per mia nipote in modo ancora più intenso. Ebbene venerdì 3 dicembre arriva la lieta notizia che aspettavamo da tempo: era stata assunta a tempo inde­terminato. Vi sembrerà una coincidenza, ma venerdi 3 avevo iniziato anche la pratica dei Primi Venerdi e dei Primi Cinque Sabati. Voglio ringraziare per sempre la SS. Vergine di Pompei che mi ha ascoltata. Ringraziandovi ancora per la vostra cortesia, porgo di­stinti saluti e vi prego di ricordare me e la mia famiglia nelle vostre preghiere, sopratutto per i bisogni dell'ani­ma. Lettera firmata Enna
 
Mi chiamo Paola, sono sposata da 7 anni. Da tem­po sognavo di diventare madre, ma questo de­siderio sembrava lontano dall'avverarsi e proprio nel momento in cui le speranze erano svanite, un giorno sfogliando la rivista ho letto la preghiera per riceve­re grazie per intercessione del Beato Bartolo Longo. Da quel momento ogni sera prima di addormentarmi mi rivolgevo al Beato e così dopo 10 mesi di grande fede e speranza il 30 settembre ho scoperto di essere incinta.
Spero che il Beato mi accompagni giorno per giorno in questo cammino e che molto presto potrò venire al Santuario per ringraziarlo personalmente. Per sua intercessione la Vergine mi ha concesso il dono più bello della vita. Paola C. S. (Lecce)
 
Desidero ringraziare con tutto il cuore la Vergine SS.ma di Pompei e il Beato Bartolo Longo per la grande grazia ricevuta per un nostro piccolo caro che, proprio nel giorno della festa della Madonna, si era trovato in immediato e gravissimo pericolo di vita. La Madonna gli ha concesso di superare brillantemente un delicatissimo intervento chirurgico e ottenere una sorprendente guarigione, stabile e duratura, nel giro di pochissimi giorni. Rendo grazie al Signore per la me­ravigliosa grazia ottenuta attraverso l'intercessione della Regina del S. Rosario ed invito tutti a rivolgersi sempre a Lei attraverso la preghiera del Rosario. M. Assunta Portici (Napoli)
 
Educata sin dall'infanzia al culto Mariano ed in particolare alla devozione alla Beata Vergine del Rosario di Pompei, non ho mai trascurato la recita giornaliera del Santo Rosario e le altre pratiche con­sigliate (Novene, Supplica, 15 Sabati alla Madonna). Ho chiesto la protezione di Maria in ogni avversità e difficoltà della vita e sempre ho tratto conforto e sostegno dalla preghiera. Ho avvertito su di me il Suo sguardo benevolo, non mi sono mai sentita delusa nel­le mie aspettative.
Recentemente, ho avuto modo di comprendere ancora di più quanto è grande il suo amore per me; ha accol­to la mia preghiera di madre disperata per la salute di mio figlio. A seguito di una brutta infezione, mio figlio è stato colpito da paralisi agli arti inferiori e si vedeva costretto all'immobilità.
Ho supplicato la Beata Vergine di Pompei di non la­sciare che morissi con il dolore di vedere mio figlio su una sedia a rotelle, e proprio nel mese di maggio, dopo un anno di sofferenza, ho avuto la gioia di rice­vere la visita di mio figlio a casa che si sosteneva con il solo supporto di un bastone.
Riconoscente per la grazia ricevuta, scrivo questa let­tera perché possa essere pubblicata sulla rivista "II Rosario e la Nuova Pompei" di cui sono una assidua lettrice da 74 anni (ne ho 94). Ninetta P. G. (Potenza)
(Tratto da: Il Rosario e la nuova Pompei” Anno 127 nr.5 maggio2011)
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GRATI ALLA MADONNA DI POMPEI
Lo scorso agosto mio nonno, ottantenne, viene ri­coverato per insufficienza respiratoria all'ospe­dale di Castellammare di Stabia (NA). Dagli ac­certamenti risulta la presenza di liquido nella pleura, circa 600 ml, che impedisce al cuore, già sofferente, di pompare liberamente. È necessario il trasferimento a Na­poli per procedere allo svuotamento tramite un ago infilato nel petto, intervento rischiosissimo per lui già carico di deficienze cardiache. Tutto, comunque, va' per il meglio permettendogli di ritornare all'ospedale di Ca­stellamare, dove resta per una settimana in sala intensi­va. Qui, però le cose incominciano a prendere una pie­ga diversa. Le tracce di sangue riscontrate nel liquido mettono in allarme i medici che sospettano la presenza di un tumore. A questo punto, con tutto il cuore sono ri­corsa alla Vergine del S. Rosario e mi sono recata quasi ogni giorno al Santuario. Non ho chiesto alla Madonna un miracolo, ma che potesse ottenere almeno dal Si­gnore la grazia di lasciare che il nonno restasse con noi ancora qualche anno. Il ricovero è durato quasi un mese e i medici continuavano a dare cattive notizie. Alla fine di agosto il nonno viene trasportato in un'altra struttura a Mercogliano (AV). Qui, è sottoposto ad ecografia, da cui risulta che non c'è più traccia di liquido, cosa che ha permesso l'estrazione dell'ago. Ora sono passati più di due mesi e il nonno è tornato, nonostante i suoi acciac­chi, alla vita di sempre. Avrei voluto aspettare ancora per dare una garanzia scientifica della sua guarigione, ma è giusto dare a Dio quello che è di Dio e non tardare più nel rendere il mio grazie alla Regina del Rosario per la gioia che ha restituito alla nostra famiglia. Spero che tutti possano sperimentare la potenza del Santo Rosa­rio e la pace che Cristo Gesù ci dona ogni volta nella preghiera. S Lucia Longobardì - Scafati (SA)
 
Scrivo per ringraziare la bella Madonna del Rosa­rio di Pompei. Sono da sempre devota. Il mio se­condogenito si chiama Antonio Rosario, proprio in onore suo. Un mese fa ho avuto un grave problema di salute. Faticavo a riprendermi e temevo di non riuscire più a sollevarmi da quel colpo. Tutti i giorni ho recitato il Santo Rosario e la stupenda Supplica alla Madonna. Mi sono accorta che, giorno dopo giorno, lentamen­te, recuperavo le forze e riuscivo ad alzarmi dal letto. Guardavo sempre la bella immagine, enorme, su tela che ho acquistato al Santuario a Pompei e che ho fatto incorniciare. Adesso mi sento molto meglio e quando la Madonna lo vorrà, verrò di persona a ringraziarla ancora una volta per la grazia concessami, che non è la prima e mi auguro neanche l'ultima. Invito tutti ad affidarsi con fiducia all'Augusta Regina delle Vittorie. Nessuno resterà deluso. Grazie Madonna e veglia anco­ra su di me e sulla mia famiglia. Michelina B - Torino
 
Desidero con questa mia testimonianza rendere pubblico il mio fervoroso ringraziamento alla Beata Vergine del Rosario di Pompei, cui sono molto devota, per avermi concesso la grazia di essere mamma di una stupenda bambina che, come promesso, ho già portato al Suo altare, per affidarla alla Sua ma­terna protezione. Chiedo scusa umilmente per il ritardo di questa mia testimonianza. Imploro la Sua Materna Benedizione su tutta la mia famiglia, rendendo peren­nemente grazie a Dio e alla Beata Vergine del Rosario di Pompei. Annamaria R - Taurianova (RC)
 
Desidero rendere pubbliche due grandi grazie che ho ricevuto dalla cara Mamma Celeste. Circa due anni fa sulla mia famiglia era sceso il buio. Non c'era più pace soprattutto tra mio figlio e mia figlia. Loro che condividevano ogni attimo della giornata, erano diventati nemici agguerriti. Ho pregato tanto la Santa Vergine di Pompei e Lei mi ha esaudito. La pace ora regna tra i miei figli e il mio cuore non soffre più. Un'altra grande grazia l'ho ricevuta l'estate scorsa, per una grave infezione, mio fratello era andato in setticemia. Le speranze erano nulle, ma ancora una volta la sua mano mi ha sorretto. Mio fratello è usci­to dal coma e ha superato l'infezione. Grazie, Mamma Celeste, per queste meraviglie che riversi sui tuoi figli e grazie per averci fatto, nel Figlio tuo Gesù, un dono grande e insuperabile! C. Angela S - Paola (CS)
 
Cara Madonnina, sono la mamma di Mario quel bimbo che venerdì 8 maggio hai miracolato. Per un semplice prelievo di sangue il mio bimbo si è ritrovato in ambulanza e poi in ospedale. Come tu sai è arrivato in fin di vita, con i valori di emoglobi­na a 2. Ma grazie al tuo grande amore di mamma hai ascoltato la nostra Supplica. Adesso Mario sta bene ed io non so come ringraziarti dandogli tutto l'affetto di questo mondo, ma nonostante ciò abbiamo sempre bi­sogno di te. Ascolta sempre le nostre preghiere. Grazie per averci aperto tutte le strade per scoprire che Mario aveva cisti congenita nella pancia di circa 10 cm, che si nutriva di sangue. Proteggi tutti i bimbi e fa sì che ogni mamma sia capace di guidare il proprio figlio. Grazie per il tuo amore. La mamma di Mario - Portici (NA) Tratto da: “Madonna del Rosaruio di Pompei” 7-8/2009
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TESTIMONIANZE SU PADRE PIO
"NON FARMI FARE brutte figure!"
I motivo di questa mia lettera è testimoniare non solo l'impor­tanza e la forza che san Pio mi ha dato nella mia esistenza, ma an­che raccontare il mio incontro con lui tanti anni fa. Ero appena un a­dolescente quando mio padre, grande devoto di san Pio, condus­se me ed i miei due fratelli più pic­coli a San Giovanni Rotondo. Ri­cordo ancora il viaggio in corriera e il Santo Rosario che mio fratello si vergognò di recitare. Giunti al cospetto del frate, Padre Pio rim­proverò mio fratello per quella ver­gogna, senza che nessuno gli aves­se raccontato nulla. Ricordo an­che della mia richiesta di diventa­re suo figlio spirituale e della sua emblematica risposta:"Non farmi fare brutte figure!". Francesco M., NA.
 
LIBERATO da una grossa crisi economicaMio marito è un grande devoto di san Pio per­ché ha sentito netta la sua presenza varie volte nella sua vita, ma soprattutto perché è stato determinante in un periodo critico della sua vita. Padre Pio è riuscito silen­ziosamente ad avvicinarlo passo dopo passo a Dio e lo ha liberato da una grossa crisi economica che rischiava di annientarlo sia socialmente che psicologicamente.
Non lo ha mai lasciato solo, e noi per questo non possiamo non dirgli grazie! B., ROMA
 
LA FEDE CONTRO LA STATISTICASiamo una coppia di sposi e abbiamo deciso di scrivervi per raccontare la nostra storia. Nel 2008 a mio marito è stato dia­gnosticato un gravissimo tumore: la sua unica e ultima speran­za era il trapianto di fegato. Le probabilità di trovare un fegato compatibile non andavano oltre il 28% e la nostra disperazione era indicibile.
Passato il primo periodo, però, cominciai a pensare spesso alla fra­se di san Pio' che recita "Disperarsi non giova a nulla". Piuttosto, decisi, avrei pregato il più possibile, sperando che qualcosa sarebbe accaduto. Dopo quattro lunghi anni di attese e sofferenze, mentre ci trovavamo a Palermo per dei controlli, ci chiamarono per dirci che il fegato era arrivato, e che era proprio li dove ci trovavamo. La sorpresa fu grande, unita alla gioia di sapere che tutta l'opera­zione del trapianto era andata bene. Grazie per quello che hai fat­to per noi. Gabriella e Luigi Z., SR
 
In sogno Padre Pio mi sorridevaProprio un anno fa, nel mese di aprile, dovevo essere rico­verata per un intervento chi­rurgico di non grande entità. Il gior­no del ricovero, però, a seguito di ulteriori accertamenti, mi venne
comunicato che la situazione era decisamente peggiorata e che ave­vo un tumore.
Cercai di farmi forza e tutte le se­re, con le lacrime agli occhi, prega­vo con fervore san Pio. Giunti al giorno dell'operazione accadde una cosa bellissima: sognai Padre Pio che con un dolce sorriso mi ras­sicurava. Ho avvertito la sua pre­senza per tutta la durata dell'inter­vento chirurgico, e al risveglio il professore che mi aveva operata mi comunicò che tutto era andato per il meglio e che il tumore era benigno. Lucia B., Imola (BO)
 
LA SPERANZASono qui a raccontare un fatto accaduto oltre dieci anni fa e che tuttora ricordo come se fosse ieri. Mi era stata diagnosticata una grave malattia alla tiroide che mi portava seri problemi al muscolo cardiaco. Dovevo essere operata con una certa fretta.All'indomani dell'ope­razione, però, sognai Padre Pio che parlandomi mi passò la mano sul petto. Capii allora che qualcosa doveva essere successo. E così era stato, ero guarita. Grazie Padre Pio. Rosa C., SA
(Tratto da: “Voce di Padre Pio”)*************************************************************************************
TESTIMONIANZE SU SAN GIUSEPPE
«Pane e Signore» e metodo preventivo
La mia missione è tra i bambini disa­bili della scuola speciale che è sotto il patrocinio di S. Giuseppe, St. Joseph Nivas special school for the physical­ly and mentally challenged. Essa ap­partiene alla Congregazione delle figlie di S. Maria della Provvidenza. Nella scuola operano a tempo pieno dodici suore guanelliane specializza­te nell'istruzione dei bambini con di­sabilità. Le suore, seguendo lo spirito di San Luigi Guanella, offrono non soltanto educazione, assistenza ma una casa nella quale alla professîo­nalità sanitaria e riabilitativa, si ag­giunge una cura per l'anima e per la qualità del tempo che gli ospiti tra­scorrono insieme attraverso attività di animazione e socializzazione; come dice S. Luigi Guanella. «Pane e Paradiso», con il metodo preventivo.
La prima grazia che abbiamo ricevu­to attraverso l'intercessione di S. Giuseppe è il riconoscimento giuri­dico (dallo Stato indiano) della no­stra scuola. Abbiamo visto e speri­mentato l'aiuto e la protezione di San Giuseppe sempre. Dovevo introdurre nella scuola l'attività di musica e danza e non sapevo come fare e chi potesse aiutarmi. Ho iniziato a chie­dere l'intercessione di San Giuseppe sicura che mi avrebbe aiutato. Dopo un po’ di giorni una giovane signora si è presentata chiedendomi il per­messo per fare un po' di volontariato nella nostra scuola. Subito accettai e parlando con questa signora seppi che lei era una maestra di musica e danza. Mi sono commossa e ho pen­sato subito a quanto bene avrebbe potuto fare ai nostri bambini. A lei presentai il programma che io avevo pensato e subito accettò con gioia di fare scuola ai nostri piccoli e tutto gratuitamente. Ho saputo che la si­gnora non è della nostra religione ma Indu. Attirata dalla nostra missio­ne lei è diventata più di una coopera­trice, inoltre è lei che fa conoscere agli altri la nostra scuola. Questa signora sta continuando il suo volontariato per la durata di 3 anni ed è diventata “l'amica” di tutti.
Desidero proprio rendere grazie a S. Giuseppe perché ha ascoltato la mia preghiera e quella dei bambini della nostra casa. Con affetto Sr.Mallni-FSMP Principal of the school
 
La potente mano di GiuseppeReverendo direttore, nell'agosto 2012 mio figlio non sentendosi bene da qualche tempo, decise di sottoporsi a endoscopia gastrica, risultato linfo­ma gastrico. Potete immaginare la sua preoccupazione e con lui noi tut­ti. Mentre mio figlio si sottoponeva alle cure chemioterapiche, io non mi sono persa d'animo e mi sono rivolta a San Giuseppe con grande fiducia e speranza pregandolo ininterrotta­mente per tutta la durata della cura, offrendogli anche la mia vita. San Giuseppe ha ottenuto a mio figlio la grazia della guarigione! Dopo sei lunghi mesi di chemioterapia mio fi­glio risultò guarito alla endoscopia gastrica prevista per il controllo, con grande gioia e soddisfazione di tutti, anche dei medici. Da un anno dovrà sottoporsi a nuovo controllo medico. Che dire? San Giuseppe ci ha ottenu­to questa grande grazia della guari­gione. Grazie, grazie molte mio caro San Giuseppe, ti sarò riconoscente per tutta la vita; però non smetto di pregarti perché ho bisogno di tante grazie: con cinque figli, otto nipoti e undici pronipoti ho ben da pregare! Anna (Tratto da: “La santa crociata in onore di San Giuseppe)
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GUARIGIONI A LORETO
La guarigione di Loreto, 15 giugno 1955
La Signora RINA BUZZINI è nata il 5/8/1926 a Stragnano Molin Nuovo (Arezzo). Nella primavera del 1946 le viene diagnosticata una "pleurite secca destra" guarita in quasi un anno mediante cure praticate a domicilio. Nell'ottobre dello stesso anno subisce uri appendicectomia, ma al tavolo operatorio le viene riscontrata una peritonite cronica tubercolare. Da allora la Signora Buzzini comincia ad avere coliche sempre più frequenti e dolorose, accompagnate da vomito e diarrea muco-sanguinolenta intervallata da stipsi. La temperatura si assesta sui 37,5 °C circa durante il giorno con frequenti picchi di 38,5°-39°C di sera. Fino al 1950 la Signora Buzzini viene curata a casa con cicli di penicillina/streptomicina, cure ricostituenti e antianemiche, poi per il persistere della sintomatologia viene ricoverata nell'Ospedale Civile di Arezzo quindi trasferita in montagna per un mese e mezzo. Nel 1951 viene ricoverata all'Istituto Ortopedico di Villa San Camillo di Forte dei Marmi, ma le condizioni cliniche della Signora diventano sempre più gravi; la paziente si alza sporadicamente, la temperatura è sempre febbrile e le coliche durano anche una settimana. Varie volte viene "siringata" per estrarre urina peraltro mista a sangue. Nello stesso anno si manifesta una fistola vaginale da raccolta ascessuale fredda verosimilmente localizzata nel cavo del Douglas. Alla visita obiettiva, l'addome è sempre globoso e dolente.
Dal Gennaio 1955 non riesce più ad alzarsi e resta a letto fino al momento in cui, essendosi notevolmente aggravate le condizioni, il 7 Giugno la paziente viene ricoverata d'urgenza presso l'Ospedale Civile di Arezzo dove le vengono praticate tre trasfusioni di sangue, cure ricostituenti ed antianemiche. Lo stato generale è di grave denutrizione con notevole pallore, assenza di riflessi corneale e faringeo; sfregamenti pleurici e minore espansione del margine inferiore polmonare destro; addome tumido ma ben trattabile, indolente, non presenza di masse palpabili; notevole dilatazione gastrica con "guazzamento"; riflessi addominali assenti. La paziente esprime il desiderio di recarsi a Loreto; i medici la dimettono dall'Ospedale, ma senza assumersi responsabilità per quanto riguarda il pellegrinaggio.
Il 13 giugno giunge a Loreto, col treno rosa, in condizioni gravissime. Viene portata in Chiesa dove improvvisamente avverte di sentirsi bene; si alza in buone condizioni di salute. Da notare che nel momento della guarigione, la Buzzini era in stato d'incoscienza riprendendosi nel momento in cui si alza.
I medici del pellegrinaggio annotano quanto segue: "Confrontando i dati clinici attuali con quelli asseriti nei certificati che accompagnano l'ammalata, si deve concludere che le condizioni della Buzzini sono notevolmente modificate specie per il quadro addominale tanto che ora l'ammalata può nutrirsi anche con cibi solidi senza aver vomito. Le sue condizioni saranno controllate fra un anno".
A distanza di un anno, esattamente in data 23/8/1956 i medici del treno Pellegrinaggio Toscano, dopo aver preso visione della documentazione medica e dopo aver sottoposto a visita medica la Sig.ra Buzzini Rina, dichiarano in scienza e coscienza di averla trovata clinicamente guarita. (Dr. Bordoni Tito di Firenze, Dr. Porciatti Ferrario, Dr. Ducci Giovanni di Arezzo, Dr. Toma Giuseppe). (Tratto da: “Il messaggio della santa Casa – Loreto)
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TESTIMONIANZE E GRAZIE RICEVUTE DA GESU’ BAMBINO DI PRAGA
Carissimo Padre Marco,
le scrivo per Ringraziare il nostro adorato Gesù Bambino per una grande grazia rice­vuta, quattro anni fa abbiamo iniziato a venire in va­canza ad Arenzano, ho affidato subito i miei bimbi e i miei cari alla sua protezione, ogni giorno Lo ono­riamo e troviamo conforto in Lui. In questo periodo ci ha fatto proprio vedere la Sua presenza; la mia mamma facendo degli esami, per puro caso, ha scoperto di avere un tumore al rene. Le hanno detto che avrebbero asportato tutto l'organo, da quella sera abbiamo iniziato a mettere l'olio benedetto di­rettamente sul suo fianco e io lo mettevo sulla sua foto. Il 12 giugno l'hanno operata, aprendo hanno visto che il tumore era molto piccolo e hanno deciso di asportare solo quel pezzo lasciandole il rene. Sa­pevamo che Gesù Bambino era li a tenerle la ma­no...
Abbiamo pregato tanto in attesa dell'esame istologico che è arrivato proprio il 25 giugno il giorno dedicato a Lui, il quale confermava il tumore maligno ma for­tunatamente localizzato solo lì, quindi avendolo tolto è guarita e, in più, ha ancora il rene! Non dovrà fare nessuna terapia solo controlli, ogni 6 mesi, e questo grazie a Lui. Ti adoriamo Gesù Bambino di Praga e continueremo a diffondere la tua infinite bontà!
Grazie anche a tutti voi per tutto quello che fate, con il Messaggero ci sentiamo ancora più uniti a voi. Verremo a ringraziare di persona il Piccolo Re.
Con infinito affetto
Barbara (da Como)
 
Gentilissimi Padri,
condivido con gioia questa grazia....
49 anni fa dopo 9 anni di preghiere e lacrime è arrivato mio figlio! Ero in attesa di 7 mesi e mia mam­ma devotissima al Bambinello mi ha portato al Santua­rio e nella piazzetta dove c'è il Bambinello, appoggian­do la sua mano sul mio pancione ha detto: Bambinello mio questa vita che arriva la consacro a Te. Mio figlio è nato bello biondo occhi azzurri e come non potevo se non chiamarlo Donato? Dono meraviglioso di Dio! Ora ha 49 anni ed è un gran chitarrista molto cono­sciuto specialmente dai giovani. Ha una meravigliosa scuola dove insegna non solo la chitarra, ma anche a vivere onestamente. Ha studiato dai salesiani e ha fatto il chierichetto, un tesoro di figlio! Sta scrivendo il 12° libro didattico. Purtroppo lo scorso anno im­provvisamente gli è spuntata una ciste sul dito della mano sinistra (quella che, come chitarrista, usa di più). È stato operato da un rinomato chirurgo di Mi­lano. Ma l'operazione non ha dato buon esito. Mio figlio era disperato, è andato dai più grandi chirurghi a Savona, Firenze, Brescia. Altro non hanno fatto che dargli cortisone, antinfiammatori, antibiotici. Niente! Abitando sopra casa mia un giorno piangendo come un piccolino è venuto da me dicendomi: Mamma io non so fare altro! Cosa faccio? Ero disperata anch'io. Ma una domenica mattina un solo pensiero ha preso la mia mente: il Bambinello!
Allora ho preso l'olio che ho sempre in casa e sono salita da lui: "dammi la mano" gli ho detto e con l'olio benedetto di Gesù Bambino gli ho fatto il Segno della Croce con tanta fede.
II mattino è sceso da me e mi ha detto: "mamma, il dito: riesco a piegarlo!"
La domenica successiva ho ripetuto la stessa cosa. Il lu­nedì mattina è sceso da me felice e saltando dalla gioia continuava a dirmi: "mamma non ho più niente!" Non so cosa dire! Sono certa che è una grazia fatta dal Bambinello. E per voi è così? Anna B.
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FIORETTI
Il Fioretto del giorno: «Coraggio figlio mio...» Una volta, durante il noviziato, sant'Ignazio da Làconi ricevette il compito di dare la sveglia ai confratelli e di portare l'acqua, dal pozzo in camerata, durante la notte. Ma accadde che una volta, prima del Mattutino, affati­cato in simili faccende, sentì venir meno le sue forze, salendo le scale, perché la grande brocca d'acqua che tra­sportava, e che altre volte non gli era sembrata così pe­sante, gli sembrò pesante, come se fosse di piombo. Fu quindi costretto a fermarsi, ansante, in cima alle scale, dove si trovava una nicchietta con una statua della Ver­gine Maria, che egli era solito salutare con ardenti giacu­latorie. A Lei, dunque, diresse il suo sguardo e il suo insopprimibile sospiro: «Non ne posso più, Madonna mia! Datemi Voi la forza di resistere». Fra Ignazio non si accorse di aver sospirato tanto forte da farsi sentire da un frate che, destatosi dal sonno, uscì dalla cella, credendo giunta l'ora della sveglia. Ma il colloquio proseguiva e si udì un'altra voce, dolce e soave, che diceva: «Coraggio! Abbi pazienza, figlio mio, e pensa a quel che soffrì il mio Figlio divino...». Certamente qualche altro frate udì l'una e l'altra voce e si rese conto che fra Ignazio conversava con il Cielo, ed il Cielo lo ascoltava e gli rispondeva.
 
Il Fioretto del giorno: «...pensavo a Gesù...»
San Domenico, anima angelica più di Cielo che di terra, amava sinceramente Gesù. Il suo cuore e la sua vita Do­menico li donava a Gesù solo. Egli era per lui l'Amico per eccellenza, l'Amico che lo consolava, innamorava, spingendolo al sacrificio più generoso ed eroico nella pra­tica della virtù. San Domenico andava a scuola a costo di tanta fatica: ogni giorno, infatti, doveva percorrere una quindicina di chilometri a piedi, per strade insicure. A chi gli domandava se non avesse paura, l'angelico ragazzo ri­spondeva: «Macchè paura! Io non sono solo. Ho l'Ange­lo custode che mi accompagna». Una mattina d'inverno, a scuola, mentre si attendeva il maestro (un buon prete di nome Don Cagliero), i compagni riempirono la stufa di sassi e di neve. Al maestro dispiaciuto che, accortosi del­la birichinata, stava iniziando ad impartire il rimprovero, i ragazzini dissero: «È stato Domenico». Il Santo non si discolpò e così fu severamente punito dal maestro, men­tre gli altri sghignazzavano. L' indomani, però, la verità si venne a sapere, e l'insegnante, stupito, gli domandò: «Per­ché non mi hai detto che eri innocente?». Rispose Dome­nico: «II compagno, già colpevole di altre mancanze, sarebbe stato cacciato da scuola. Io pensavo di essere per­donato. E poi pensavo a Gesù... anche Lui è stato castiga­to ingiustamente...».
 
Il Fioretto del giorno: Non attaccare mai più il cuore a cosa terrena
San Giovanni Bosco, quand'era giovane, avendo un giorno preso un merlo, lo allevò con cura e lo addestrò al canto, zufolandogli all'orecchio note e ariette, di mo­do che, dopo un po' di tempo, quell'uccello era diventa­to il suo divertimento e la sua delizia. Ma... ogni cosa quaggiù passa e non dura. Un brutto giorno, ritornando da scuola, trovò la gabbia vuota: un gatto l'aveva sfon­data ed il merlo era sparito. Il Santo si mise a piangere. Sua madre cercò di calmarlo, dicendogli che di merli nei nidi ne avrebbe trovati ancora. Ma Giovanni continuò a singhiozzare. Non gli importava niente degli altri merli. Era «quello lì» il suo piccolo amico, che non avrebbe mai più visto. Rimase triste per alcuni giorni, e nessuno riusciva a farlo ritornare ad essere allegro. Finalmente, si fermò a riflettere sulla nullità delle cose mondane, e da allora prese una risoluzione superiore alla sua età: pro­pose di non attaccare mai più il cuore a cosa terrena.
 
Il Fioretto del giorno: Gaspare dal cuore d'oro!
La famiglia di san Gaspare Del Bufalo abitava nel "cortile antico" del Palazzo Altieri, le cui finestre del­le due modeste stanze, difese da robuste inferriate, da­vano su Via della Gatta e sul vicolo di Santo Stefano del Cacco. Attraverso quelle grate, il ragazzo poteva scorgere il panorama delle grandi miserie umane del­la sua Roma. Mendicanti sofferenti e abbandonati, i cui corpi, spesso a malapena ricoperti di stracci, la­sciavano intravedere piaghe purulente non curate, che facevano tanto ribrezzo alla povera natura umana. A volte, tra questi, vi erano anche storpi e minorati; e non mancavano disoccupati e fannulloni di mestiere, dediti all'accattonaggio, ladri e truffatori. Alcuni, spe­cie d'estate, passavano la notte sdraiati su quelle vie malsane e insicure. L'occhio di Gasparino li passava in rassegna, il cuore gli si stringeva e qualche lacrima gli bagnava le ciglia. «Poveretti! lo ho tutto: affetto, pulizia, cibo. Loro nulla!». Dal profondo del suo ani­mo generoso sorse naturale l'impulso di far subito qualcosa, almeno per aiutarli un po'. Fece un cenno con la mano, come un timido invito, e tra le sbarre passò loro un po' di cibo. Come succede sempre, quel primo tenue soccorso fu un richiamo. Si diffuse la no­tizia e i poveri si moltiplicarono. Se le vetrate, ad una certa ora, non s'aprivano, era un picchiar di bastoni forte e prepotente sull'inferriata: un baccano inferna­le. Allora Gaspare, di corsa, faceva man bassa di quanto poteva prendere ed accorreva. Non distingue­va cosa da cosa e spesso dava in elemosina anche a
quanto era destinato al pranzo o alla cena della fami­gliola. Era davvero commovente vederlo privarsi an­che di qualche dolciume: un vero eroismo per un ragazzo della sua età! Non poche volte diventava egli stesso un accattone per poter dare di più.
 
Il Fioretto del giorno: La modestia nel vestire
Fin dal principio della permanenza di don Bosco a To­rino, si diffuse la fama della sua virtù e santità, e non poche famiglie facevano a gara per stringere relazio­ni con lui. Ora, accadde che un giorno un'intera fami­glia era venuta a fargli visita, avidissima di ascoltare le sue parole piene di grazia e di Spirito Santo. Don Bosco, al vedere la poca modestia nel vestire della si­gnora e delle figliole, e volendo toccarle al vivo, ri­volse subito il discorso alla più piccina dicendole: «Vorrei che tu mi dessi una spiegazione». «Sì, sì, di­ca pure, reverendo», rispose la bambina fuori di sé per la contentezza. «Dimmi, perché disprezzi così le tue braccine?». «lo?!... non le disprezzo!». «Eppure, sembra che sia così!». «Oh, tutt'altro! -prese a dire la madre -. Se sapesse, debbo sgridarla per la sua va­nità. Oltre a lavarle, le profuma con acque odorose».
«Appunto per questo - continuava il Santo sempre ri­volto alla ragazza - io ti dico che tu disprezzi le tue braccia». «E perché?». «Perché, quando morrai, le tue braccia saranno gettate a bruciare nell'inferno». «Ma io non faccio nulla di male! lo all'inferno non ci vo­glio andare!». «Eppure, sarà così... o, per lo meno, al Purgatorio, e chissà per quanto tempo!». «Dunque, questo avviso fa anche per me!», esclamò una delle più grandi, arrossendo. «Sì... e le fiamme saliranno dalle braccia al collo e lo bruceranno». «Ho capito - concluse la mamma -, ho capito! Tocca a me mette­re rimedio, e lo farò!». Da quel giorno, molte altre volte quella famiglia si recò a far visita a don Bosco, ma sempre con vestiti compitissimi.
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RINGRAZIANO LA MADONNA E IL BEATO BARTOLO LONGO
Finalmente dopo tanti anni mi decido a scrivere per dare testimo­nianza di quanto la Vergine Santa sia stata presente nella mia vita. Da sempre sono legata a Pompei perché mia madre era molto devota della "Bella Mamma di Pompei"; così la chiamava, e mi raccontava di quan­te lacrime aveva versato davanti al Quadro di Maria quando mio padre, prigioniero in Germania, non dava notizie di sé. Per due anni non si seppe niente di mio padre, ma un giorno tornò. Ho in camera un quadro del­la Vergine appartenuto a mio nonno che, per una grazia ricevuta, le fece uno stupendo manto d'argento. Non mi dilungo a raccontare le tantissi­me grazie ricevute per dirvi di quella che più mi interessa far conoscere. Trent'anni fa fui operata per un tumore alle ovaie con l'asportazione di un ovaio e parziale resezione dell'altro. Tutto andò bene, ma mi fu detto che non avrei più potuto avere figli (ne avevo solo uno). Ci rimasi male, ma accettai la volontà di Dio. Dopo due anni, mi accorsi di essere incinta, e al secondo mese una fortissima emorragia mi fece temere il peggio e pregai la Vergine di Pompei con queste parole: "Ti prego, Mamma. Avevo accettato la volontà di Dio, ma ora che il bimbo c'è, non permettere che lo perda". Tutto andò bene e, dopo nove mesi, con meraviglia dei medici perché avevo portato a termine la gravidanza, nacque Luca, esattamente l'8 di maggio. Ora, il 29 settembre, mio figlio si sposerà. Invio una piccola offerta per i bisogni del Santuario e per una S. Messa per gli sposi Luca e Lisa A. Grazie, Mamma di Pompei, del tuo immenso amore. Angela A. - Lonigo (Vicenza) 
Desidero testimoniare la grazia ricevuta dalla Mam­ma Celeste di Pompei. Sono stato diviso dalla mo­glie per sette lunghi anni. In questi anni, un uomo sbandato aveva spinto mia moglie a sbandare. Io prega­vo sempre davanti alla Vergine e le regalavo le mie lacri­me affinché le raccogliesse nel suo cuore. Al sesto anno la Vergine mi fece sentire nel cuore che dopo un anno la mia famiglia sarebbe tornata unita. E così accadde. Dopo un anno io ritornai in famiglia e ci riunimmo in pace. Se è troppo lunga la lettera potete fare la sintesi. Tengo a preci­sare che io passavo tutte le domeniche a piangere davanti alla Vergine e stavo dalle tre alle quattro ore insieme a Lei, e come ad una Mamma. Le chiedevo di aiutare la mia fami­glia, i miei figli e mia moglie. Come fece la Mamma Celeste a farmi sentire nel cuore che al settimo anno si univa la mia famiglia? Me lo fece sentire come quando si sente di amare un figlio: è una sensazione profetica e piacevole. A.M. 
Ringrazio la Vergine del Rosario di Pompei per aver sostenuto e protetto mia figlia in un difficile esame per l'esercizio della professione, dove la selezione era molto alta. Pur essendosi preparata con coscienza, condizionata dall'emotività, avrebbe rischiato di non ren­dere per quello che realmente sapeva, ma la Regina del Rosario di Pompei, alla quale sono ricorsa con fiducia, l'ha tranquillizzata e l'esame è stato superato brillantemente. Grazie Mamma di Pompei! Anna Maria T. - Asti 
Con queste poche parole voglio ringraziare infinita­mente la Beata Vergine del Santo Rosario di Pom­pei per la grazia che mi è stata concessa: la nascita, dopo tanti anni, del mio primo nipote. Un matrimonio ce­lebrato nel 2006, con l'impossibilità iniziale di poter avere un figlio a causa di problemi di salute, fortunatamente ri­solti nel migliore dei modi. Ma, nonostante il parere posi­tivo di molti medici, non riuscivano ad avere un bambino. Non ho mai perso le speranze ed ho continuato a prega­re, quando lo scorso inverno, inaspettatamente, ricevo la tanto attesa notizia: finalmente dopo anni, sarei diventata nonna. L'estate scorsa è nato un bellissimo bambino. Con questa lettera, oltre a ringraziare la Madonna di Pompei, voglio condividere con tutti i lettori questa gioia e testi­moniare che non bisogna mai perdere le speranze, ma continuare a pregare e avere fede. Chiedo che questa mia lettera venga pubblicata sulla vostra rivista. C.M. - Reggio Calabria 
Scrivo per ringraziare la Santa Vergine e il Beato Bartolo Longo. Desidero con tutto il cuore che venga pubblicata questa mia, in quanto ne ho fatto promessa al caro Beato che ha ascoltato le mie preghiere e ha provveduto ad intercedere per noi. L'ho invo­cato non solo per mio marito, ma anche per problemi legali che non riuscivamo a risolvere, ma inspiegabilmente, poi, tutto si è risolto nel migliore dei modi. Grazie Mamma Cara, ancora una volta mi hai ascol­tato, dopo tanta disperazione e buio hai fatto risplendere la luce. Hai cancellato tutto: l'angoscia, il dolore, la disperazione; ci hai ridonato il sorriso, la gioia, l'amore, la pace e tanta fede. Si era nel periodo nata­lizio di quest'anno, cera tanta felicità in giro, addobbi, luminarie, ecc, invece io ero disperata, mio marito ricoverato d'urgenza con febbre alta per una broncopolmonite doppia con addensamento polmonare. Nulla di buono, i medici erano pessimisti e ci gettavano nell'angoscia più totale. Dopo quindici giorni di ricovero, nessun miglioramento, tutto nero. Ho invocato, implorato, pregato tanto la cara Madonnina e il Beato, anche di notte, con il Rosario tra le mani e Lei ci ha esaudito. Piano piano i primi segni di miglioramento, la macchia iniziò a rimpic­ciolirsi e non ci fu più bisogno del ricovero ospedaliero, come inve­ce era stato previsto dai medici. La broncoscopia risultò negativa. Poi ebbe una ricaduta, con febbre, e dovette sottoporsi ad una radiografia al torace; si prospettava il peggio e invece (era mezzogiorno in punto, ricordo il rintocco delle campane ed io mi apprestavo a recitare l'Ange­lus), quando il radiologo usci e disse: "Signor Vanacore, lei è guarito, la macchia non cè piu, è sparita, auguri!'. Oh Signore, sii Tu benedetto per i secoli dei secoli, insieme alla Tua Mamma Santissima e al Beato Bartolo Longo e a tutti i Santi. Vi chiedo di celebrare una Messa di ringrazia­mento e una preghiera per mio nipote che è in crisi con sua moglie e vuole separarsi; pregate per piacere insieme con noi affinché questa coppia si riunisca e ritrovi l'amore e la pace. Grazie. Vincenzo e Benedetta V. Amalfi (Salerno) 
Sono una devota che tanto deve alla Mamma Celeste. In un libretto di pre­ghiere regalatomi dalle suore di Pom­pei ho ritrovato un foglio in cui avevo anno­tato le date di una novena fatta anni fa. Mi sono ricordata che avevo promesso la pub­blicazione della grazia se la Vergine mi aves­se alleviato un disturbo molto delicato, che non osavo confidare a nessuno e che dura­va da molto tempo. Ebbene alla fine dei 54 giorni il disturbo era quasi scomparso e poi andò sempre meglio. Mi spiace se non ho ringraziato prima, forse perché troppo de­licato da spiegare. Lo faccio ora e mi scuso per non essere più esplicita. Se decidete di pubblicare, fatelo solo con le mie iniziali. M.M. - Potenza
(Tratto da: “Il Rosario e la nuova Pompei” anno 130 n. 1 gen/feb/2014)
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GRATI ALLA MADONNA DI POMPEI E AL BEATO BARTOLO LONGO
Voglio ringraziare la Madon­na e il beato Bartolo Longo che con la loro intercessione mi hanno aiutato nel superare alcuni problemi legali. Li ho invocati tanto, soprattutto Bartolo Longo che era un avvocato e che al più presto sarà agli onori degli altari. Ora pregherò anco­ra affinché tutto vada per il meglio.
Vi chiedo di pubblicare la mia lettera sul vostro giornale e vi chiedo di pre­gare per me e per i miei figli e soprat­tutto per i miei nipoti, in particolar modo per Salvatore che ha problemi di cuore, io prego sempre con tanta fede il Beato che interceda presso la Madonna affinché li protegga e li guidi nei loro studi. Distinti saluti M. A. - Brooklyn USA
 
Mi chiamo Vincenzo Spina, risiedo a Montemurlo, in provincia di Prato.
Voglio raccontare ciò che mi è succes­so: un giorno mentre ero a fresare il terreno, sono stato travolto dalla fre­sa, inspiegabilmente lasciata in funzio­ne e che mi ha travolto fino alle ginoc­chia.
Avrebbe potuto stritolarmi le gambe, invece sono rimasto illeso, liberan­domi dalla fresa avvolto da una luce che non esiste qui sulla terra, perché in questa luce c'era Maria Santissima e il suo sorriso non potrò mai dimen­ticarlo, resterà per sempre nei miei occhi e nel mio cuore.
Dolce Regina benedici tutti i miei fratelli e sorelle che hanno bisogno di Te, specialmente quelli lontani dalla fede.
Madre aprimi la strada per venire nuovamente davanti al Tuo trono a Pompei.
Vi abbraccio e vi porto nel mio cuore. Vincenzo S - Montemurlo (PO)
 
Mi chiamo Giuseppina sono originaria di Santa Maria Capua Vetere ma vivo a Milano. Vi scrivo per esprimere la mia gratitu­dine e quella della mia famiglia alla Santissima Ver­gine che per la seconda volta ha salvato mio marito. La prima volta fu nel 1984, quando a soli trentacin­que anni fu sottoposto a sostituzione valvolare aorta e mitrale. Presa dallo sconforto mi rivolsi alla nostra mamma che prontamente è intervenuta. La mia pro­messa fu di tornare a Pompei per ringraziarla ogni volta fossi tornata nella mia città d'origine. E così ho sempre fatto.
Lo scorso novembre, mio marito per caso si sottopo­se a una radiografia del torace dalla quale risultò ci fosse del liquido nel polmone destro. Venne subito ricoverato con sospetto di mesotelioma, visti i suoi precedenti contatti con amianto. Io e i miei figli cademmo in uno sconforto indescrivibile. Come mam­ma ho dovuto piangere di nascosto e dicevo: "State tranquilli la Madonna di Pompei lo salverà per la seconda volta". Con parole piene di disperazione la chiamavo e la pregavo con amore e fiducia. Ed ecco che per la seconda volta me l'ha salvato. È stato sot­toposto ad una serie infinita di esami e biopsie alla fine gli esiti sono tutti negativi, era una pleurite che non dava segnali, ora tutto sta tornando nella norma e con grande amore e devozione dico grazie anche in nome della mia famiglia. Dico a tutti di pregare e di avere fede, la nostra mamma celeste non abbandona nessuno.
Ho scritto questa lettera per promessa fatta. Grazie a voi che la leggerete e pregherete per noi. I Giuseppina - Sedriano (MI)
 
Sono Anna, ho settantotto anni e sono molto devota alla Madonna di Pompei fin dai tempi della mia gioventù.
L'inizio del mio calvario fu nel lontano 1955 quan­do, per errore, mi fu diagnosticato un tumore ad una coscia, mentre in realtà era solo una semplice cisti. Iniziai a pregare per la mia guarigione, feci anche un voto alla Madonna indossando il vestito come il Suo, l'ho portato fino a consumarlo, poi l'ho bruciato e ne porto le ceneri sempre con me. Inoltre, alcuni anni fa mia figlia fu operata per un carcinoma maligno alla mammella ma grazie alle mie preghiere e alle cure è guarita. In seguito mi sono ammalata anch'io a causa di un tumore alle ovaie con la loro totale asportazio­ne ma mi sono curata e la mia devozione forte mi ha portato a pregare sempre di più la Madonna del Rosario. Infatti oggi sto bene e continuerò sempre a pregare. F Adele - Prato
 
Con tutto il fervore di cui sono capace, vengo a ringraziare la Madonna di Pompei e Bartolo Longo poiché dopo anni di attesa e preghiere mi hanno concesso all'improvviso la gioia di diven­tare nonna. Anna B – Napoli
Tratto da: “Il Rosario e la Nuova Pompei” nr 3/2010
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UN’INCREDIBILE CONVERSIONE A MEDJUGORJE
Testimonianza di Sulema e del marito
Sulema vive in Canada e riceve da anni messaggi di Maria e di Gesù. Ha sempre avuto una gran fede, fin da bambina, contraria­mente al marito che si era allon­tanato dalla pratica religiosa da anni. Quando Sulema cominciò a ricevere messaggi lo confidò al marito che non le ha mai credu­to; riteneva impossibile che Ge­sù e Maria le parlassero in fran­cese a lei che era nata e cresciu­ta nel Salvador come lui e quin­di la loro lingua materna è lo spagnolo.
 
Nel 1998 mi fu offerto un bigliet­to per un viaggio a Medjugorje. Ero molto contenta perché desidera­vo tanto andarvi. Mi dicevo che po­tevo farlo senza avvisare Sabino, mio marito, che in quel tempo si tro­vava a El Salvador per via del suo la­voro. Io sarei potuta andare e torna­re prima che lui rientrasse a casa. Il venerdì mattina sento "Mamma Ma­ria" che mi dice chiaramente: "Fi­glia mia, chiama Sabino" io le rispo­si: "Ah no, Mamma Maria, non pos­so farlo! Se gli parlo del viaggio si­curamente me lo impedirà, mi dirà di non partire". Non ho obbedito, ma il venerdì sera, ancora Mamma Maria mi parla e mi dice: "Figlia mia, chiama Sabino!". Era un ordi­ne, non potevo più rifiutarmi; e allo­ra ho chiamato subito mio marito al telefono e, grazie a Dio, mi ha rispo­sto subito. Gli ho detto: "Sabino, io vado a Medjugorje; vuoi venire con me? Ti do due minuti per darmi una risposta, sì o no". Ho detto due mi­nuti perché essendo lui avvocato, i suoi impegni sono tanti che riempio­no tutto il suo tempo. Mi ha chiesto: "Dove vai?" "In Europa - ho rispo­sto - ma non ho parlato di pellegri­naggio". "Oh sì. Ok, sì, vengo con te", era contento. Ma due giorni pri­ma della nostra partenza Sabino mi telefona e mi dice: "Sulema non posso venire, sono malato". Ho pen­sato "Ah, questa canzone già la co­nosco", non gli ho creduto, e invece era davvero malato.
Sabino continua ïl racconto: Sì quando Sulema mi ha chiamato io mi trovavo a El Salvador; le ho detto che accettavo di partire con lei, ma subito mi sono recato dal dottore che mi aveva in cura. Quando gli ho par­lato del viaggio che stavo per fare lui mi ha avvisato: "Non puoi fare que­sto viaggio perché il tuo orecchio (per il quale ero in cura) peggiore­rebbe e rischieresti di rimanere sor­do. Il pericolo era l'udito perché viaggiando in aereo ad alta quota, e dovendo andare dal Quebec - Cana­da fino in Europa, a causa della de­pressione rischiavo di perdere l'o­recchio. Ho spiegato tutto a Sulema che mi ha risposto: "Sta a te decide­re" e in quel momento ho risposto: "Bene, vengo". Ho preso l'aereo, sono arrivato a casa in nottata e lo stesso giorno sono andato dal mio dottore che mi ha ripetuto quanto aveva detto il suo collega di El Sal­vador: "Sabino, non puoi andare in aereo per tante ore, per un viaggio così lungo!". Comunque siamo par­titi in auto, insieme ad altre persone del pellegrinaggio. Appena siamo saliti sull'auto la capogruppo ha det­to: "Cominciamo a dire un rosario!" io ho esclamato: "Cosa? Non ci sia­mo ancora imbracati e già si comin­cia a pregare?". Veramente era un problema, in auto tutti pregavano e io ascoltavo, non sapevo partecipare alla preghiera, e allora guardavo la natura attraverso i vetri. Arrivati a Montreal, in aeroporto, ci siamo im­barcati. Arrivati a Mostar, scesi dal­l'aereo siamo saliti in autobus per arrivare a destinazione. Io, seduto al mio posto, vedevo attraverso i vetri, una strada molto, molto stretta, a la­to della quale si vedeva uno stra­piombo, un abisso che faceva paura a guardare; e in quel momento sì che mi è venuto desiderio di pregare! Ri­volgendomi a mia moglie le ho det­to: "Sulema, ma dove mi porti?" a volte guardavo l'abisso, a volte chiu­devo gli occhi e mi dicevo: "Se ci viene incontro in senso contrario un altro mezzo, autobus o camion, per noi è la fine, uno dei due cade dal burrone". Fortunatamente non è suc­cesso, e finalmente siamo arrivati sani e salvi a Medjugorje.
Scesi dall'autobus, guardandomi in­torno, ho notato molta gente, uomini, donne, giovani, anziani, tutti con un rosario in mano. Pensavo: "Ma che è questo? Dove sono capitato? In vita mia, dovunque sono vissuto, in Sud America, mai avevo visto un simile spettacolo, come qui in Euro­pa, dove mi trovo adesso. È impossi­bile, forse è una visione o altro?" avevo dubbi su quanto vedevo. Arrivati alla pensione, ci hanno indi­cato la nostra camera dove abbiamo depositato i nostri bagagli. Poi, ri­volgendomi ai miei compagni di viaggi ho chiesto se lì ci fosse una discoteca.
Sulema continua: Quando siamo arrivati, era ora di ce­na, abbiamo saputo che in chiesa si celebrava la messa, mi sono rivolta ai nostri compagni di viaggio, un gruppo ristretto di 9 persone, dicen­do che prima si poteva andare in chiesa. Sabino allora ha chiesto: "C'è un bar, una discoteca o un po­sto qualsiasi per divertirmi e passare il tempo?". Gli ho risposto che non c'era nulla di quanto desiderava e che se non voleva venire con noi po­teva rimanere in camera. Ma renden­dosi conto che non c'era né televi­sione né internet mi chiese: "Ma al­lora dove siamo?".
Interviene Sabino che prose­gue la testimonianza: mi resi conto che l'unica cosa da fa­re era accompagnare mia moglie in chiesa. Ci siamo dunque incammi­nati verso la chiesa: Sulema avanti, io la seguivo e dietro noi, gli altri del gruppo. Arrivati davanti alla chiesa, tutti si sono inginocchiati davanti al­la statua della Madonna. Io sono ri­masto in piedi, mi sono limitato a guardare la statua: era bella, ma non proprio tanto.
Abbiamo proseguito verso la chiesa e là veramente è successo qualcosa di strano. La chiesa era gremita, pie­na piena di persone. Sulema è entra­ta per prima e come avanzava in mezzo alla folla, al suo passaggio la gente si spostava, si divideva per far­la passare e noi dietro di lei che an­dava avanti tranquillamente fino a raggiungere il primo banco, proprio davanti alla statua della Madonna.
E questo - continua Sulema - è suc­cesso per tutti e 14 i giorni del no­stro soggiorno a Medjugorje. Quan­do entravamo, la gente riempiva la chiesa, con tutti i banchi occupati, ma noi proseguivamo in mezzo alla folla e abbiamo sempre trovato po­sto al primo banco. La gente si alza­va e lasciava libero il posto, proprio lì seduti di fronte a Mamma Maria. Tanto che Sabino mi diceva: "Ma perché affrettarsi per andare in chie­sa? Tanto abbiamo il nostro posto ri­servato!".
Continua poi Sabino: il secondo giorno dal nostro arrivo, cominciavo a sentire in me qualcosa di strano. Guardavo la statua della Santa Ver­gine, la fissavo per alcuni minuti, e infine le ho detto: "Se è vero che tu esisti, se è vero che tu fai dei mira­coli e che guarisci le persone mala­te, e se è vero che fai delle appari­zioni qui, allora guariscimi!". In quell'istante, nel mio orecchio ho sentito un gran rumore, come ci fos­se qualcosa che girava, e immediata­mente mi sono sentito guarito, gua­rito, guarito! Da allora non ho più avuto problemi a quell'orecchio. È stato qualcosa di emozionante, mi sono inginocchiato e ho chiesto alla Santa Vergine "perdono, perdono, perdono! ".
La settimana seguente dovevamo an­dare sul monte Krizevac - continua Sulema - e visto che mio marito aveva anche un'infezione all'alluce, abbiamo chiesto un taxi perché non poteva camminare a lungo. Quel giorno Sabino non era affatto di buon umore. "No, io non vengo", mi aveva detto, ma alla fine si era deci­so a venire. Quando siamo arrivati ai piedi del Krizevac, scesi dal taxi, una signora che era lì, gli ha offerto un bastone. Ma il mio Sabino, già in giornata poco buona, ha esclamato: "Un bastone per me?!", secondo lui un bastone serve solo per le persone anziane. Si sentiva offeso, ma ha fi­nito per accettare.
Abbiamo iniziato la salita della Via Crucis, quella salita così difficolto­sa. Abbiamo raggiunto la prima sta­zione, poi la seconda, la terza, e Sa­bino si lamentava e brontolava di­cendo che non poteva continuare e non ce la faceva a camminare. Arri­vati alla quarta stazione è lì che ha ricevuto la più grande grazia della sua vita.
Sabino continua il racconto: lo non dimenticherò mai nella mia vita quello che è successo. Dopo aver protestato e discusso con mia moglie lungo tutto il percorso ad ogni stazione dicendo che era im­possibile per me continuare, alla quarta stazione ho deciso di fermar­mi. Mi sono seduto su una grande roccia che era lì e mi sono sentito sollevato in quella comoda posizio­ne, il piede si riposava e anch'io con lui; ma ero contrariato, ero adirato ed irascibile e ho litigato con mia moglie che a volte rispondeva a vol­te stava in silenzio. E più stava zitta, più io mi arrabbiavo. Ed ecco quello che è successo. All'improvviso ho sentito un gran calore dietro di me, alle mie spalle e un qualcosa che mi tirava indietro, mi attirava come una calamita. E allora... (In questo mo­mento Sabino viene colto dall'emo­zione e piange. Sulema continua il racconto spiegando al pubblico che quello che stava per raccontare l'a­veva vissuto in contemporanea as­sieme al marito, nello stesso mo­mento come fossero collegati l'uno all'altra).
Sabino era seduto su quella roccia ed io ero un po' distante da lui per­ché, in quel momento, era veramen­te arrabbiato, era in una crisi di col­lera davvero forte.
E in quell'attimo tutti e due ci siamo voltati e... continua Sabino piangen­do: Ho visto il mio Signore, di una grande bellezza. Quanto era bello! La sua veste bianca, la sua purezza, e mi ha detto in lingua spagnola: "Yo soy et Buen Pastor y me ocuparè de mis ovejas".
Aggiunge Sulema: voltandomi ho visto la "santa umanità di Gesù" per me era la terza volta che lo vedevo, ma non così da vicino come in quel momento. Era vicino a noi. Era lì con i suoi capelli biondi, col suo sor­riso magnifico, la sua veste bianca, e il suo sguardo! Dopo averlo visto si cambia, non si è più come prima, la nostra vita non è più la stessa di pri­ma. E ha detto, in francese: "Je suis le Bon Pasteur, et j'ai soin de mes brébis" (Io sono il Buon Pastore e ho cura delle mie pecore). Aveva in ma­no il suo bastone, era così bello! Ma io avevo paura: è la prima volta che lo confesso.
Avevo paura di Sabino che era mol­to adirato in quei momenti e ho pen­sato: "Se continuo a guardare Gesù, Sabino mi chiederà `Ma tu che vedi? Chi vedi?'. Allora mi sono voltata e mi sono imposta di non guardarlo. Ma il mio cuore, il mio amore per Gesù era più forte ed ero in lotta con me stessa, pensavo: non importa co­sa dirà o farà, voglio vederlo ancora. In quel momento ci siamo voltati en­trambi, ma Gesù non c'era più! Non abbiamo detto nulla, anche se avevo tanta voglia di dire a Sabino che ero stanca di sentirmi dire da lui che io ero pazza. Capivo però che in quel momento non potevo parlargli in quel modo. E nemmeno lui, forse per orgoglio o altro, ha parlato. Ma ha preso il suo bastone ed è partito correndo lungo la salita. Se siete sta­ti a Medjugorje sapete bene che quella salita è tutta tra le rocce, mol­to faticosa. Egli avanzava correndo. E così è stato fino alla Croce, e quando è arrivato, si è inginocchiato e ha pianto tutti i suoi peccati. Io ho pensato: se San Paolo è stato sbalza­to dal suo cavallo, il mio caro Sabi­no è stato sbalzato dalla sua roccia, Gesù lo ha buttato a terra dalla roc­cia. Tornando in sé, è lui, Sabino che ha detto di scendere e tornare per an­dare subito in chiesa per ricevere il sacramento del perdono. Ciò che ha vissuto ai piedi della Croce, solo Dio lo sa. È sceso dal monte, io l'ho seguito e arrivati in chiesa, siamo andati insieme alla confessione e ab­biamo avuto il provilégio di essere confessati entrambi da padre Slavko. Tutto è una grazia.
Vedete io ho pregato Sabino per ben 26 anni. E tutto è successo alla quar­ta stazione della Via Crucis, là dove Gesù incontra sua Madre. Proprio sua Madre è venuta a cercare il fi­glio Sabino, perché voleva portarlo a suo Figlio Gesù. Capite l'insistenza di Mamma Maria quando mi diceva: "Chiama al telefono Sabino", sapeva bene cosa lo aspettava, la sua con­versione!
Per giorni siamo rimasti in silenzio, ma alla vigilia della nostra partenza per il ritorno in Quebec, mentre era­vamo riuniti in gruppo con i nostri compagni di viaggio per dare ognu­no testimonianza della propria espe­rienza nei giorni trascorsi a Medju­gorje, con mia grande sorpresa, Sa­bino ha preso la parola e ha raccon­tato l'evento vissuto sul Krizevac. "Sì - dice Sabino - in quei giorni c'era in me un conflitto, una lotta in­terna per decidere se riferire quanto mi era successo o continuare a stare in silenzio. Se avessi continuato a ta­cere, mi sarei sentito in colpa. Allo­ra ho deciso di raccontare esatta­mente quanto mi era successo alla quarta stazione. Quando ho iniziato a parlare Sulema era seduta vicino a me. In quei giorni io non le avevo detto nulla della visione di Gesù. E anche lei non mi aveva parlato di quella stessa esperienza vissuta in­sieme.
Ci siamo ritrovati a parlare assieme dello stesso evento che avevamo vis­suto e che era tenuto segreto nel no­stro cuore.
Era davvero una situazione partico­lare: io che rivelavo di aver visto Ge­sù e lei che testimoniava di aver vi­sto esattamente Gesù, allo stesso modo e nello stesso momento". (Il SEGNO del soprannaturale n. 300-GIUGNO 2013)
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TESTIMONIANZE
Grazie per una guarigione
In occasione della canonizzazione di don Guanella mi trovavo in Brasile, ma avevo organizzato alcune mie amiche di Itri (Li), mio paese natio, perché partecipassero alla cerimonia e poi mi riferissero.
All'indomani del fausto evento, mi telefonò la mia amica Anna. Mi rac­contò della bellezza della cerimonia, della moltitudine di tutti i paesi del mondo che faceva riferimento a don Guanella della ricchezza di emozio­ni e di preghiera esperimentate. Poi mi comunicò che ritornando da S.Pietro alla stazione Termini, aveva­no incontrato nel bus un' gruppo di persone che non erano di Itri e che parlavano con grande entusiasmo ed emozione di don Guanella. Avendo capito che non erano persone che co­noscessero le congregazioni guanel­liane, chiese loro come avessero cono­sciuto don Guanella. Allora una si­gnora, che era di un paese vicino Frosinone (di cui lei non ricordava il nome), dimostrando una immensa soddisfazione ed una gioia unica per aver partecipato alla canonizzazione di don Guanella, le disse che questo santo l'aveva guarita da un grave tu­more. Infatti lei stava molto male a causa della malattia e si trovava in ospedale e non sa se fu visione o fu sogno, vide un uomo vestito di nero, accompagnato da alcuni bambini, con in mano un messale molto anti­co che le si avvicinò e lei le chiese chi lui fosse e lui rispose che era don Luigi Guanella, ma lei capi "Granello': L'indomani notte le suc­cesse la stessa cosa, lui le apparve alla stessa maniera, con i bambini e con il messale in mano, al che lei gli chiese.­" Cosa vuoi Granello?" E lui sorriden­te le disse: "lo sono don Luigi Guanella e tu sei guarita." Svegliatasi e sentitasi subito bene, domandó al personale dell'ospedale se conosce­vano questo santo dal nome Luigi Guanella ma essi, che non lo cono­scevano, la consigliarono di rivolgersi alle suore del paese per saperne di più. Una delle suore le disse che le pa­reva di aver visto un'immagine di don Luigi Guanella al santuario del­la Civita, La donna allora si portò su­bito al santuario e domandò ad un sacerdote a proposito di don Guanella, al che questi, molto con­tento, la introdusse nella cappella delle reliquie dove lei stessa riconobbe nel quadro che era sull'altare il santo che l'aveva guarita. Lo stesso sacer­dote le comunicò che don Guanella sarebbe stato canonizzato il 23 otto­bre. Ecco perché lei era andata a Roma quel giorno e, quando al mo­mento della canonizzazione si scopri il quadro di don Guanella, provò una vivissima emozione, perché era pro­prio lui il santo che l'aveva guarita. Ormai don Guanella è stato canoniz­zato, ma a me piace riferire l'accaduto e ne ringrazio il Signore Il Signore opera meraviglie e le opera anche per mezzo del nostro carissimo Fondatore. Sr. Elda  FSMP
 
La potenza della vita è più forte delle macchineIn seguito all'ennesima grazia ri­cevuta per intercessione di San Giuseppe, mi è sembrato doveroso comunicarlo anche a lei, caro di­rettore; se vorrà, potrà anche pub­blicare questo scritto affinché pos­sa portare speranza a chi da tanto tempo attende una grazia.
Premesso ciò racconto il fatto. Il mio secondo figlio Manuel si è spo­sato cristianamente il 13 agosto 2011 in una chiesa dedicata a San Giuseppe (e questo mi è parso su­bito un segno di particolare prote­zione); dopo poco la moglie è ri­masta incinta ed ora è al quarto mese di gravidanza.
Il 20 dicembre (nella settimana di Natale) si è sottoposta agli esami prescritti e dall'indagine morfolo­gica risultavano gravi problemi alla testa del bambino, tanto che la dottoressa, senza tatto e mezzi ter­mini, istigava all'aborto in quanto, secondo lei, il bambino era con­dannato alla cecità e all'immobi­lità per tutta la vita. Questa terribi­le notizia caduta come una folgore a ciel sereno, ci ha fatto piombare il mondo addosso, ci ha tolto la gioia dell'imminente Natale e ci siamo sentiti schiacciati da quest'immen­so dolore.
Però non ci siamo arresi. Mentre i genitori cercavano con urgenza di ripetere l'esame in un'altra struttu­ra per verificare la fondatezza di quella terribile diagnosi, io e mio marito abbiamo pregato e fatto pregare in particolare San Giuseppe.
Dopo due giorni, il 22 dicembre, mio figlio e mia nuora sono andati in una struttura privata per ripete­re l'esame e, con gioiosa sorpresa, gli è stato comunicato che il bimbo sta bene e che non c'erano motivi di preoccupazione. Può immaginare la gioia di tutti noi dopo giorni di lacrime, paure, terrore, angoscia. Abbiamo subito ringraziato il Signore ed in particolare San Giuseppe che ci ha ascoltato. All'inizio ho parlato di "ennesima grazia" ottenuta per sua interces­sione perché mi ha sempre esaudi­to in tutto quello che chiedevo con la preghiera, spesso con insistenza, del sacro Manto e con le novene (oltre che il rosario e la santa mes­sa quotidiana).
Avrei voluto di volta in volta man­darle il resoconto particolareggiato di ogni grazia che ricevevo, ma mi e mancato il tempo, però ho sem­pre provveduto a manifestare la mia riconoscenza al caro San Giuseppe sostenendo ogni anno, specie in marzo, mese a lui dedica­to, numerose vocazioni di aspiran­ti al sacerdozio. Non poteva man­care in questa ultima occasione il mio ringraziamento. La saluto con affetto fraterno. Elvira
Dalla rivista: “La santa crociata in onore di San Giuseppe”
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TESTIMONIANZE SU PADRE PIO
GRAZIE anche per questoSono un devoto di Padre Pio e vi scrivo per dare testimonianza di quanto mi è capita­to tempo fa. In visita con mia mo­glie ad una vicina di casa vittima di un incidente stradale, conobbi una vecchietta che era nel letto ac­canto e che teneva gli occhi chiusi quasi tutto il tempo. Ma un mo­mento li aprì e cominciò a guar­darmi intensamente. Io mi avvici­nai e le porsi un immagine di Pa­dre Pio e lei mi apparve subito se­rena e sorridente. Tomai in ospe­dale un po' di tempo dopo e mi raccontarono che quella vecchiet­ta era spirata, ma che alcuni gior­ni prima di morire aveva avuto un improvviso miglioramento che le aveva consentito di trascor­rere gli ultimi giorni della sua vita in casa con la sua famiglia. Grazie anche di questo san Pio. Severino M., San Demetrio nei Vestini (AQ)
 
MIO FIGLIO ha ripreso a camminare perché Padre Pio glielo ha detto
Caro Padre Pio, mi chiamo Mary, e sono la mamma di un bimbo di nome Logan, che ora ha 33 mesi e che è stato colpito dalla mononudeosi. Aveva la febbre da oltre un mese e mezzo e ormai da quindici giorni non camminava neanche più. Mesi in ospedale vedendo mio figlio stare sempre peggio, poi mio marito Teres è venuto a San Giovanni Rotondo a chiedere una gra­zia. Di ritorno all'ospedale mio figlio non staccava gli occhi dall'immagine di Padre Pio, e quando mio marito gli ha chiesto di camminare, lui ci ha risposto che l'avrebbe fatto l'indomani, perché così gli aveva detto Padre Pio. Così è accaduto. Logan ha ripreso a camminare il gior­no successivo e io non posso che rendere grazie pubblica­mente per quanto accaduto. Mary B., Correggio (RE)
 
NATO A 26 SETTIMANE, RINATO GRAZIE A PADRE PIOSono la bisnonna di un pronipote nato in circostanze drarn­matiche e vi scrivo per testimoniare l'intercessione di san Pio da Pietrelcina. Il mio nipotino Pietro è nato ad appena 26 set­timane. Pesava poco più di 800 grammi e i medici ci dissero che Pietro poteva andare incontro a tutta una lunga serie di perico­li e di problemi. Eravamo spaventati, ma ci siamo rivolti fiducio­si al santo Padre Pio. Non ci avevano dato molte speranze, dove­vamo prepararci anche al peggio, ma la catena di preghiera che si è messa subito in moto ha salvato il nostro piccolino. Di tutti i problemi che ci avevano prospettato, Pietro ha subito solo l’inter­vento più blando, e con l'assistenza divina, è sempre andato a­vanti nel suo percorso di crescita. Tutti i pediatri si meravigliava­no dei suoi progressi e della sua crescita, al punto tale che i medi­ci che non lo conoscevano non riuscivano ad immaginare che fosse nato prematuro. Grazie san Pio per il tuo prezioso aiuto. Giuliana C., Roma
 
QUEL PROFUMO per dirmi che non mi avrebbe abbandonatoNel lontano 1953 fui accusato ingiustamente di aver sot­tratto dei fondi dall'ufficio in cui lavoravo. Fu aperta un'inchiesta amministrativa e giudiziaria molto lunga. Ricordo che a quell'epoca sulla testata di un giornale apparvero arti­coli molto velenosi contro di me e fui licenziato. In quell’inverno seduto nel­l'orto di casa, mi rivolsi a Padre Pio e intorno a me si sprigionò un gran profumo di ciclamino. Intorno a me l'orto era tutto secco, ed ebbi la net­ta sensazione che quel profumo vo­leva farmi capire che la mia preghiera era giunta a Lui e non mi avrebbe ab­bandonato, Ritrovai lavoro, e i proble­mi nella mia famiglia si affrontavano con più vigore e fiducia. Ora sono in pensione, ma ho questo debito di ri­conoscenza per l'appoggio che Padre Pio mi ha sempre dato. Giuseppe O., Subbiaco (AR)
 
CHE GIOIA vedere Ettore correreSono la zia di Ettore, un bambino che ha subito una pesante operazione a giu­gno. In quell'occasione scrissi ai confratelli di san Pio per otte­nere preghiere per quel bambi­no. E a distanza di alcuni mesi posso dire che Ettore sta bene e che è una gioia immensa vederlo correre e giocare. Forse tra un paio d'anni dovrà subire una nuova operazione, ma nel frattempo non posso che dirvi infinitamente grazie per le vostre preghiere e per il vostro aiuto.
Spero di venire al più presto a San Giovanni Rotondo per rendere grazie personal­mente al Santo di Pietrelcina. Grazie, grazie, e ancora grazie. R. S., Napoli
 
LA MIA VITA CON PADRE PIOAvevo 14 anni (ora ne ho 77) quando per la prima volta (era nel 1950) andai a San Giovanni Rotondo da Padre Pio, con la mia mamma. C'era tanta gente e bisognava far presto per poter entrare in chiesa, e in quell'occasione rimasi colpita dal suo modo dl cele­brare la santa Messa, e da allora Padre Pio non mi ha più lasciato. Nel 1958 mia mamma si ammalò di tumore e due giorni prima di morire mio fratello volle venire a San Giovanni Rotondo per chiedere a Padre' Pio la grazia. Il frate di Píetreldna però quel giorno era ammalato, e mio fratello consegnò ad un altro frate la foto di mia mamma perché la mostrasse a Padre Pio. Lungo la strada di ritorno a casa, pensavo a mia mamma ed avevo una brutta sensazione. Giunti a casa,~ invece la mia mamma serena e tranquilla, mi disse subito. "Lucia, oggi ho visto vicino alla porta Padre Pio vestito di bianco e tu eri accanto a Lui". La mattina dopo alle 8,30 1a mia mamma volò in cielo fra le mie braccia. E il mio rapporto con Padre Pro continuò anche dopo, quando riuscii per caso a confessarmi da Padre Pio, anche se avevo ceduta il mio posto a mia sorella.
Insomma, Padre Pio è sempre stato a guida della mia vita, e così sarà per sempre. Lucia D. Assisi (PG)
 
PADRE PIO ha vegliato su di me che ero all'oscuro di tuttoOtto mesi fa mi colpì un for­issimo mal di testa, che non mi passava neanche con le medicine. Me ne andai a letto gridando dal dolore. Pregavo Padre Pio che mi liberasse da quella tortu­ra, e mentre ero ormai delirante, vidi l'immagine di Padre Pio che mi strin­geva le mani e mi dava conforto. L'in­domani mi svegliai senza più dolori e circondata da un fortissimo odore di fiori. Andai in giro per le altre stanze della casa, cercando la fonte di quel profumo, ma non la trovai. Mi senti­vo graziata dall'intervento di Padre Pio e così era stato. Dopo alcuni ac­certamenti, mi dissero che ero stata colpita da un'ischemia al cervello, che era stata la causa di quei dolori, ma Padre Pio aveva posto la sua mano su di me. Sono poi stata a San Gio­vanni Rotondo a rendergli grazie. Emma E., Somma Vesuviana (NA)
 
PADRE PIO le ha detto: "È per tua sorella"Il 22 marzo è nato il nostro bellissimo Francesco. Dopo 10 anni di matrimonio e di attese, ormai la speranza stava lasciando il posto alla rassegna­zione. Poi, lo scorso aprile, mia sorella Loretta sogna Padre Pio che le porge fra le braccia un bambino e le dice: "È per tua sorella".
Nel frattempo io e mio marito tentiamo di inseguire il nostro sogno di diventare genitori per­correndo altre strade, compre­sa la fecondazione assistita.
In prossimità dell'inizio delle cure, però, alcuni problemi mi fanno rinviare tutto. Ero triste, insoddisfatta, ma Padre Pio. aveva pensato a tutto. In quello stesso mese sono rimasta incinta del mio piccolo Francesco. Ringraziamo allora con devozione e amore Padre Pio per questo bellissimo dono. Daniela e Cristiano, Biassono (MB)
 
PER CHI NON CREDE SOLO COINCIDENZE, PER CHI CREDE NON POTEVA ESSERE COSI’
Tutto inizia con un grazie a Padre Pio. L'anno scorso sono stata a San Giovanni Rotondo per chiedere una grazia per la mia mamma, e un anno dopo vi torno per ringraziarlo.Alla mia mamma è stato diagnosticato un tumore che non le assicurava che tre mesi di vita. Io, da grande devota, ho cominciato a pregare giorno e notte senza mai perdere la speranza. Fanno a mia madre una che­mio palliativa e, l’oncologo che la stava seguendo mi disse che molto probabilmente non avrebbe retto la terapia, e che in ogni caso non sarebbe servita poi a molto. A sei mesi di distanza dovevamo fare una tac di controllo e quella mattina andai in ginocchio al cospetto della foto di Padre Pio che avevo in casa, pregandolo di darmi un segno. Erano le 7.30. Alle 8 mi squilla il cellulare. Mia cognata, in ospedale, mi riferiva quanto detto dall'oncologo che seguiva in quel momento mia madre. La tac era andata sorprendentemente bene. Per chi non crede - ci disse - erano solo coincidenze, per chi vede con gli occhi della fede non era così.
Dopo un anno e mezzo e due pet, non c'è più traccia della malattia. Stefania D., Firenzuola (FI)
 
Quel sorriso mi ha guarita
Mi chiamo Mafalda e scrivo dalla provincia diVarese per ringraziare Padre Pio e per dare testimonianza dell'amore di Dio. Sette anni fa sono stata opera­ta al cuore, ero in terapia intensiva, intubata e priva di forze. Verso le quattro del pomeriggio sulla finestra della mia camera ho visto Padre Pio. Non mi ha parlato ma il suo volto sorrideva. Un sorriso indimenticabi­le. Il giorno seguente è successa la stessa cosa e ho sentito dentro di me qualcosa di inspiegabile, come se il male uscisse dal mio corpo. Mi sentivo guarita. Non potrò mai di­menticare e tengo vivo nel mio cuore e nella mia mente quel sorri­so colmo di dolcezza e di serenità. Mafalda S., Somma Lombardo (VA)
 
MI SONO RIVOLTA FIDUCIOSA A TE E TU MI HAI ESAUDITA
Caro Padre Pio, anch'io voglio ringraziarti per l'aiu­o che hai dato a mia fglia. Aveva un disturbo da anni, ma non voleva saperne di medici. Per questo mi sono rivolta fiduciosa a te nella preghiera e tu mi hai esaudita. Caro Padre, continua a proteggere tutta la mia famiglia e i miei due amati nipotini e perché mio figlio ritrovi la fede. Giovanni L., Torino
 
La speranza che ACCENDE LAVITAVorrei testimoniare la grandezza di Dio attra­verso Padre Pio. Io e mio marito desideravamo tanto dei figli, ma dopo tanti tentativi non arrivano neanche con l'aiuto dei medici. Un giorno, leggendo un libro sul frate di Pietrelcina, mi colpì una testimonianza. Una donna che non riusciva ad avere figli sogna Padre Pio che le dice di tenere una sua imma­gine sul comodino. Pensai anch'io di fare una cosa simile e misi un'immagine di Padre Pio sulla scrivania dei mio ufficio, cosi che potesse restare sem­pre vicino à me. Ebbene, non so come, ma poco dopo rimasi incinta Ora prego tanto perché il "miracolo" si possa ripetere perché vorrei dare un fratellino a Gabriele, che ormai ha sei anni. Simona R., Macerata (Tratto da: “Voce di Padre Pio”)
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Testimonianza di Mirjana Dragicevic-Soldo
Mirjana Dragicevic-Soldo è nata il 18 marzo 1965 a Sarajevo. Ha avuto apparizioni quo­tidiane dal 24 giugno 1981 al 25 dicembre 1982. Quel giorno, dopo averle affidato il deci­mo segreto, la Madonna le disse che per il resto della sua vita avrebbe avuto apparizioni annuali - ogni 18 marzo. Secondo le sue parole, dal 2 agosto 1987 ogni secondo giorno del mese avverte dentro di sé la voce della Madonna che prega insieme a lei per i non creden­ti. Ogni tanto La vede. Mirjana è sposata ed ha due figli. Vive con la famiglia a Medjugorje. L'intenzione di preghiera che le ha affidato la Madonna riguarda i non cre­denti, ovvero coloro i quali non hanno conosciuto l'amore di Dio.
 
Do il benvenuto a tutti con il nostro tradizio­nale saluto: Rendiamo grazie a Gesù e Maria! Sono felice e lieta che un simile numero di persone si sia riunito per celebra­re la Madonna ed aiutarla nella realizzazio­ne del Suo piano per Medjugorje. Per me que­sto è un giorno speciale. Tutti voi che siete stati presenti all'apparizione di stamane siete consapevoli che la Madonna era con noi, ci ha benedetto con la sua grazia materna e ci ha consegnato nuovamente un messaggio con il quale ci ha ricordato come dob­biamo vivere per poter accogliere Suo Figlio nella nostra vita e darGli lo spa­zio del quale è degno. Ecco il messaggio della Madonna di stamane.
Cari figlioli, sono venuta a voi a braccia aperte per accogliervi tutti nel mio abbraccio, sotto il mio mantello. Ma non posso farlo finché il vostro cuore è gonfio di ingannevoli splen­dori e falsi idoli. Purificatelo e lasciate che i miei angeli cantino in esso. Allora vi acco­glierò sotto il mio mantello e vi affiderò Mio Figlio che porti nel vostro cuore la vera feli­cità. Non attendete, figli miei! Vi ringrazio.
La Madonna ha poi aggiunto: "Lasciate che i miei angeli cantino nel vostro cuore". Anche io vi esorto a farlo, ad aprire il vostro cuore ed accettare il Suo amore, quello che Lei vuole darvi. Poiché sono personalmente convinta che ciascuna per­sona che viene a Medjugorje vi giunge per­ché chiamata da Lei, poi­ché per Lei ciascuno di noi è necessario. Dunque cer­cherò di spiegarvi quello che ritengo più importante, ciò che vorrei serbaste nel vostro cuore e portaste nelle vostre case, alle vostre famiglie.
Come vi è probabilmente noto, ho avuto apparizioni quotidiane dal 24 giugno 1981 fino al Natale 1982.
" Allora ho ricevuto il deci­mo segreto e la Madonna mi ha detto che non mi sarebbe più apparsa ogni giorno, ma una volta all'anno, ogni 18 marzo, e così sarà fino alla fine della mia vita. Mi disse anche che avrei avuto delle apparizioni casuali. Queste apparizioni sono cominciate il 2 agosto 1987 e continuano ancora oggi. Non so fino a quando le avrò. Avvengono ogni secondo giorno del mese, il loro fine è la preghiera per i non credenti. In realtà, la Madonna non ha mai usato il ter­mine "non credente" poiché, secondo le Sue parole, in questo modo già si dà un giudizio. La Madonna piuttosto dice: "coloro i quali non hanno ancora sentito l'amore di Dio". Lei desidera che nelle nostre preghiere quo­tidiane mettiamo al primo posto "i non cre­denti" poiché la maggior parte di quel che accade di male, come ad esempio le guerre, i divorzi, l'abuso di droghe, gli aborti, è opera loro.
La Madonna afferma anche: "Figli miei, ogni qual volta pregate per gli altri, in realtà pregate per voi stessi, per il vostro futuro". A parte le preghiere, Lei ci chiede di essere esempio di vera vita cristiana. Ma ciò non significa andare in giro, predicare, criticare gli altri, giudicarli. Al contrario, ciò signifi­ca che dobbiamo mostrare agli altri, con la nostra vita, come Dio, ovvero il Suo Amore, è dentro di noi e che siamo dif­ferenti dai "figli di questo mondo". Ma questo, a mio parere, non significa che dob­biamo stare zitti. Ritengo che la Madonna si riferisca al fatto che, prima di dire alcunché, dobbiamo anzitutto pregare umilmente e sinceramente.
Se preghiamo, Gesù parlerà per mezzo nostro. Ma se non preghiamo bensì solo predi­chiamo, le nostre parole saranno vuote e faremo esattamente il contrario di quel che desideravamo.
La Madonna desidera che la preghiera per i non credenti sia all'inizio, prima di tutte le altre preghiere. Quando una volta ho chiesto alla Madonna chi fossero i non credenti, mi ha risposto: "Tutti coloro i quali non sento­no la Chiesa come loro casa e non ricono­scono Dio come loro Padre." Una volta durante un'apparizione a Medjugorje la chiesa era piena di pellegrini. Pregavamo e cantavamo. Quindi noi sei, allora bambini, chiedemmo alla Madonna se fosse felice che così tanta gente nella chiesa pregasse e glorificasse Gesù. Lei ci guardò tristemente e rispose: "Figlioli, coloro i quali pregano in chiesa sono tanti quanto le dita che avete nelle mani." La Madonna desiderava dirci esattamente questo: tutti coloro i quali non sentono la chiesa come loro casa, non rico­noscono Dio come Padre - sono i non cre­denti. Le chiesi come avremmo dovuto pre­gare per i non credenti, quale fosse il modo migliore e quale preghiera la più efficace. Rispose: "Figli miei, pregate col cuore. Ogni preghiera che dite con il cuore per i non credenti è una buona preghiera. Innanzitutto dovete sentire nel vostro cuore l'amore per loro, sentirli come vostri fratel­li e sorelle che non sono stati fortunati quanto voi da cono­scere l'amore di Dio. Quando sentite ciò, potete pregare per loro. Non dovete né criticarli; né giudicarli. Amateli, pregate per loro e mostrategli con il vostro esempio come va vis­suta la vita. In tal modo li cambierete. Così aiuterete loro, mentre a me asciughere­te le lacrime sul viso che verso a causa loro."
Come una madre, la Madonna desidera che tutti i Suoi figli siano sulla retta via, sulla via che conduce a Gesù Cristo. Di conseguenza soffre terribil­mente quando vede che i figli seguono la strada sbagliata. Per questo vi esorto tutti con il cuore a pregare per quelli che non hanno conosciuto l'amore di Dio. Se solo una volta aveste visto le lacrime sul viso della Madonna, a causa dei figli che hanno cambiato strada, sono sicura che preghereste per loro con tutto il cuore.
La Madonna ha dato a ciascuno di noi un compito speciale. Il mio, come vi ho già detto, è la preghiera per coloro i quali non hanno conosciuto l'amore di Dio. Vicka e Jakov pregano per i malati, Ivan per i giova­ni ed i preti, Marija per le anime del purga­torio ed Ivanka per la famiglia. La Madonna ci rammenta continuamente come al centro della vita cristiana vi debba essere la santa messa. In occasione di un'apparizione, quando eravamo ancora bambini, la Madonna ci disse: "Figli miei, se dovete scegliere tra il vedere me e l'andare a messa, scegliete sempre la santa messa poiché durante la santa messa mio Figlio è con voi."
In tutti questi anni di apparizioni la Madonna non ha mai detto: "Chiedete e vi sarà dato". Al contrario, dice sempre: "Pregate affinché io possa pregare il Figlio mio per voi." Gesù è sempre al primo posto. Tuttavia molti pellegrini pensano che noi veggenti siamo dei privilegiati, e che sia sufficiente dire a noi le loro necessità che la Madonna darà sicuramente ascolto alla nostra preghiera. Alcuni addirittura ritengo­no che basti toccarci perché si realizzino immediatamente i loro desideri.
Ma questo è un ragionamento del tutto sba­gliato poiché per la Madonna, come per una madre, non ci sono figli preferiti. Tutti noi siamo Suoi figli che Lei sceglie per differen­ti compiti. Ad esempio ha scelto noi sei per­ché portassimo i Suoi messaggi, e voi affin­ché siate apostoli di questi messaggi. Che sia così lo testimonia un Suo messaggio nel quale, a mio parere, si rivolgeva proprio a voi pellegrini: "Cari figli, io vi ho chiamato, aprite il vostro cuore, lasciatemi entrare affinché io possa fare di voi i miei apostoli." Ciò dunque significa che per la Madonna siamo tutti prescelti. Se poi vogliamo parla­re di privilegiati, allora in base ai messaggi della Madonna si può comprendere che que­sti siano i preti poiché Lei non ha mai parla­to di ciò che essi devono fare, piuttosto di quello che noi dobbiamo fare per loro. Molte volte sono stata fuori della Bosnia ed Erzegovina e della Croazia e ho avuto occa­sione di vedere come ci si pone verso i preti negli altri paesi. Posso testimoniare che ci si comporta in modo del tutto differente rispet­to ai credenti di Medjugorje. Da noi c'è ancora rispetto per i preti, la qual cosa si sta perdendo negli altri paesi, ma ciò è proprio quel che non è bene, quello che non dovreb­be essere. Riguardo a questo la Madonna dice: "Cari figlioli, se perdete il rispetto per i preti, lo perderete anche per la Chiesa e, alla fine, per il buon Dio. Se credi che il tuo sacerdote non si stia comportando così come dovrebbe, non andarlo a dire in giro; fai solo del male a te e a coloro che ti ascol­tano. Prendi il rosario, prega Dio per lui, digiuna per lui e così lo aiuterai." Ogni volta esorto in modo particolare i pellegrini affin­ché al ritorno nelle loro parrocchie mostrino come bisogna comportarsi verso i preti, come vadano rispettati.
La Madre celeste ci chiede inoltre di ripor­tare nelle nostre famiglie la preghiera del rosario poiché nulla può unire di più i mem­bri di una famiglia se non il pregare insieme. In tutto ciò i genitori hanno una grande responsabilità poiché devono piantare nel cuore dei propri figli le radici della fede, e questo lo possono fare al meglio solo pre­gando insieme e andando alla santa messa con i figli. È noto che i figli imparano meglio seguendo l'esempio; loro imitano i genitori e fanno ciò che gli vedono fare. Per questo la madre ed il padre devono mostra­re che nella loro vita al primo posto ci sono Dio e la Madonna, e poi tutto il resto.
A Medjugorje ho avuto l'opportunità di par­lare con molte coppie sposate da poco, di tutte le parti del mondo, le quali in parte dicono la stessa cosa: "Non abbiamo molto tempo per pregare, lavoriamo tanto, deside­riamo che i nostri figli non soffrano come abbiamo sofferto noi, desideriamo lasciargli più cose possibili." Ascoltandoli si risveglia in me un sentimenti di tristezza ed il pensie­ro che hanno un atteggiamento verso la vita del tutto errato. L'uomo può veramente lasciare ai suoi figli tutta la ricchezza mate­riale di questo mondo, gli può lasciare migliaia e migliaia di euro, ma i figli non saranno mai soddisfatti e desidereranno sempre qualcosa di più. Ma se i genitori imprimono nel cuore dei figli il desiderio di Gesù così che Egli sia al primo posto, questi giovani saranno felici e soddisfatti di ciò che hanno, e ci sarà quell'atmosfera di vera pace che solo Gesù può dare.
Ogni qual volta affermo che i figli vedono molto più di quel che i grandi pensano, riporto sempre l'esempio della mia famiglia. A mia figlia più grande, Marija, non ho mai detto nulla delle apparizioni poiché l'ho sempre reputata troppo piccola per com­prendere. Un giorno, quando aveva solo due anni, Marija stava giocando con una sua amica in camera, io le controllavo. Tra le tante cose l'altra bambina raccontava di come sua madre guida la macchina. Marija è stata un po' zitta e poi improvvisamente ha risposto: "E allora? Mia mamma parla con la Madonna ogni giorno." Ciò significa che se anche io non le avevo detto nulla, lei ha capito da sola quel che accade a casa. Ecco quanto è importante l'esempio dei genitori! Oltre a ciò, la Madonna ci chiede di digiuna­re a pane ed acqua ogni mercoledì e vener­dì. Sono consapevole che a molti di voi que­sto non piaccia e che sia una delle richieste più difficili della Madonna. Riguardo a ciò ho dei simpatici aneddoti di pellegrini pro­venienti da tutte le parti del mondo. Per quanto si possa essere simili, pur tuttavia esistono significative differenze nella com­prensione. Ad esempio quando dico ad un americano che bisogna digiunare a pane ed acqua, lui mi chiederà sempre se può bere almeno il caffè la mattina. Gli rispondo che lo può fare, ma solo prima che la Madonna si svegli perché non veda come beve. L'italiano chiederà se può digiunare a pran­zo piuttosto che a cena. Alcuni chiedono addirittura per quante ore bisogna digiunare il mercoledì. Come se non sapessero quante ore dura il mercoledì! In questo modo la maggioranza delle persone cerca di rifuggi­re dal vero digiuno. Eppure la Madonna è molto chiara in merito a ciò: digiuno a pane ed acqua! È bene ricordare che Lei non chie­de di digiunare a coloro che sono seriamen­te malati. Tra questi non si intende coloro che hanno emicranie saltuarie o disturbi intestinali. Si parla di malati gravi, cronici che con l'aiuto della preghiera capiranno cos'altro fare in alternativa al vero digiuno. Tutti gli altri preghino affinché Dio li aiuti a digiunare esattamente come la Madonna desidera, poiché la capacità di digiunare è un dono di Dio.
Inoltre la Madonna desidera che ci confes­siamo almeno una volta al mese. Lei ha espressamente detto che non c'è uomo sulla terra al quale non sia necessaria la confes­sione una volta al mese. Oltre a ciò è fonda­mentale riportare la Bibbia in famiglia. È necessario leggere quotidianamente le Sacre scritture poiché sono la viva parola di Dio. Affidandomi il messaggio, la Madonna non aggiunge altro; io ve lo trasmetto immedia­tamente usando le Sue stesse parole. Il Suo messaggio, quello relativo al riportare la Bibbia al centro della famiglia, l'ho inteso come invito alla lettura quotidiana di due-tre frasi dalle Sacre Scritture; non è importante la quantità, quel che è rilevante è che si legga la parola di Dio nelle nostre case. La Bibbia dunque non deve essere solo un sou­venir che non prendiamo mai tra le mani.
Per me è stato estremamente importante il messaggio della Madonna, quello nel quale diceva: "Cari figli, rinnovate la Chiesa!" poiché in quell'occasione, per la prima volta in tutti questi anni, mi sono fatta coraggio ed ho cominciato a commentare innanzi alla Madonna il Suo messaggio. Io, esattamente come tutti gli altri mi sono spaventata e mi sono sentita piccola di fronte ad un simile compito.
Le chiesi: "Chi siamo noi per rinnovare la Chiesa? Perché, Madre, ci chiedi questo? Che cosa possiamo fare veramente noi in merito a ciò?" Lei rispose: "Cari figli, innanzitutto rinnovate voi stessi, rinnovate le vostre famiglie, e poi io vi aiuterò a rin­novare gli altri. Vi prego ora di fare questo - rinnovare voi stessi, rinnovate le vostre famiglie, solo allora sarete in grado di rinno­vare anche gli altri."
Anche oggi per me è un giorno speciale per­ché ho visto il Suo volto ed ho percepito la Sua vicinanza. Molti pellegrini mi chiedono cosa si prova alla presenza della Madonna. Posso spiegarlo solo con l'aiuto di un esem­pio. Sono madre ed ho due figli. Come qual­siasi madre anche io darei la mia vita per la loro. Mentre sono con la Madonna è come se i miei figli non esistessero. Esiste solo il desiderio che Lei mi porti con sé, perché io possa vedere in eterno il Suo volto e sentire il Suo amore. Potete dunque capire quanto sia doloroso quando Lei se ne va, mentre noi dobbiamo continuare la nostra vita quotidia­na. Per questo dopo le apparizioni vado sempre nella mia stanza a pregare quanto necessario per comprendere e accettare che così deve essere, e per ricevere attraverso la preghiera la forza per andare avanti. Sempre mi accompagna un pensiero: Dio mio, come deve essere bello il paradiso, come deve essere bello guardarLa in eterno! E pure Suo figlio Gesù!
Osservate ora con tutte queste bandiere spiegate al vento - croate, italiane, tedesche, spagnole... - desidero affidarvi l'invito della Madonna a raccoglierci tutti sotto il Suo vessillo. Mi farebbe piacere che tutti lottas­simo per Lei, per l'amore e per la pace, per quello che Lei ci chiede. Anche se ormai da anni viene a Medjugorje, nostra Madre non ha mai detto: "Cari croati!", piuttosto dice: "Cari figli miei!", e questo significa che tutti siamo Suoi figli. Il giorno che ci troveremo innanzi al buon Dio, di fronte al Suo santo volto, Lui non ci chiederà come siamo stati in quanto croati, italiani o tedeschi, ci chie­derà come siamo stati in quanto persone, come è stato il nostro spirito.
Spesso mi imbatto nella domanda di che cosa rappresenti per me Medjugorje. Per descriverlo faccio di nuovo riferimento ad un esempio concreto. In un'occasione stavo salendo su per il Krizevac, dietro di me c'era un gruppo di italiani. I membri di que­sto gruppo portavano un giovane gravemen­te malato in lettiga. Chiunque sia salito sul Krizevac sa quanto è difficile su una simile salita portare qualcuno in lettiga. Eppure loro erano infaticabili. Soffrivano, ma con il sorriso sulle labbra. Dopo di loro seguivano avvicinandosi alcuni tedeschi che semplice­mente si proposero di dare il cambio nel portare la lettiga, anche se non conoscevano il giovane malato né alcuno degli italiani che lo trasportavano. Lo portarono per diverso tempo. Poi giunsero degli americani a dare il cambio ai tedeschi. Per non dilun­garmi oltre, il giovane malato fu portato la Krizevac dalle mani di tutto il mondo. Questo è per me Medjugorje! Per questo vi prego di unirvi sotto il vessillo della Madonna della pace e dell'amore e di lotta­re per i nostri fratelli e sorelle che non hanno conosciuto questo amore. Credetemi, solo così saremo anche noi felici poiché allo stes­so tempo questa preghiera è anche per noi. Vi ringrazio! (Tratto da "La scuola della Madonna" di Mario Vasilj)
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Testimonianza di Mirjana Dragicevic-Soldo
Mirjana Dragicevic-Soldo è nata il 18 marzo 1965 a Sarajevo. Ha avuto apparizioni quo­tidiane dal 24 giugno 1981 al 25 dicembre 1982. Quel giorno, dopo averle affidato il deci­mo segreto, la Madonna le disse che per il resto della sua vita avrebbe avuto apparizioni annuali - ogni 18 marzo. Secondo le sue parole, dal 2 agosto 1987 ogni secondo giorno del mese avverte dentro di sé la voce della Madonna che prega insieme a lei per i non creden­ti. Ogni tanto La vede. Mirjana è sposata ed ha due figli. Vive con la famiglia a Medjugorje. L'intenzione di preghiera che le ha affidato la Madonna riguarda i non cre­denti, ovvero coloro i quali non hanno conosciuto l'amore di Dio. 
Do il benvenuto a tutti con il nostro tradizio­nale saluto: Rendiamo grazie a Gesù e Maria! Sono felice e lieta che un simile numero di persone si sia riunito per celebra­re la Madonna ed aiutarla nella realizzazio­ne del Suo piano per Medjugorje. Per me que­sto è un giorno speciale. Tutti voi che siete stati presenti all'apparizione di stamane siete consapevoli che la Madonna era con noi, ci ha benedetto con la sua grazia materna e ci ha consegnato nuovamente un messaggio con il quale ci ha ricordato come dob­biamo vivere per poter accogliere Suo Figlio nella nostra vita e darGli lo spa­zio del quale è degno. Ecco il messaggio della Madonna di stamane.
Cari figlioli, sono venuta a voi a braccia aperte per accogliervi tutti nel mio abbraccio, sotto il mio mantello. Ma non posso farlo finché il vostro cuore è gonfio di ingannevoli splen­dori e falsi idoli. Purificatelo e lasciate che i miei angeli cantino in esso. Allora vi acco­glierò sotto il mio mantello e vi affiderò Mio Figlio che porti nel vostro cuore la vera feli­cità. Non attendete, figli miei! Vi ringrazio.
La Madonna ha poi aggiunto: "Lasciate che i miei angeli cantino nel vostro cuore". Anche io vi esorto a farlo, ad aprire il vostro cuore ed accettare il Suo amore, quello che Lei vuole darvi. Poiché sono personalmente convinta che ciascuna per­sona che viene a Medjugorje vi giunge per­ché chiamata da Lei, poi­ché per Lei ciascuno di noi è necessario. Dunque cer­cherò di spiegarvi quello che ritengo più importante, ciò che vorrei serbaste nel vostro cuore e portaste nelle vostre case, alle vostre famiglie.
Come vi è probabilmente noto, ho avuto apparizioni quotidiane dal 24 giugno 1981 fino al Natale 1982.
" Allora ho ricevuto il deci­mo segreto e la Madonna mi ha detto che non mi sarebbe più apparsa ogni giorno, ma una volta all'anno, ogni 18 marzo, e così sarà fino alla fine della mia vita. Mi disse anche che avrei avuto delle apparizioni casuali. Queste apparizioni sono cominciate il 2 agosto 1987 e continuano ancora oggi. Non so fino a quando le avrò. Avvengono ogni secondo giorno del mese, il loro fine è la preghiera per i non credenti. In realtà, la Madonna non ha mai usato il ter­mine "non credente" poiché, secondo le Sue parole, in questo modo già si dà un giudizio. La Madonna piuttosto dice: "coloro i quali non hanno ancora sentito l'amore di Dio". Lei desidera che nelle nostre preghiere quo­tidiane mettiamo al primo posto "i non cre­denti" poiché la maggior parte di quel che accade di male, come ad esempio le guerre, i divorzi, l'abuso di droghe, gli aborti, è opera loro.
La Madonna afferma anche: "Figli miei, ogni qual volta pregate per gli altri, in realtà pregate per voi stessi, per il vostro futuro". A parte le preghiere, Lei ci chiede di essere esempio di vera vita cristiana. Ma ciò non significa andare in giro, predicare, criticare gli altri, giudicarli. Al contrario, ciò signifi­ca che dobbiamo mostrare agli altri, con la nostra vita, come Dio, ovvero il Suo Amore, è dentro di noi e che siamo dif­ferenti dai "figli di questo mondo". Ma questo, a mio parere, non significa che dob­biamo stare zitti. Ritengo che la Madonna si riferisca al fatto che, prima di dire alcunché, dobbiamo anzitutto pregare umilmente e sinceramente.
Se preghiamo, Gesù parlerà per mezzo nostro. Ma se non preghiamo bensì solo predi­chiamo, le nostre parole saranno vuote e faremo esattamente il contrario di quel che desideravamo.
La Madonna desidera che la preghiera per i non credenti sia all'inizio, prima di tutte le altre preghiere. Quando una volta ho chiesto alla Madonna chi fossero i non credenti, mi ha risposto: "Tutti coloro i quali non sento­no la Chiesa come loro casa e non ricono­scono Dio come loro Padre." Una volta durante un'apparizione a Medjugorje la chiesa era piena di pellegrini. Pregavamo e cantavamo. Quindi noi sei, allora bambini, chiedemmo alla Madonna se fosse felice che così tanta gente nella chiesa pregasse e glorificasse Gesù. Lei ci guardò tristemente e rispose: "Figlioli, coloro i quali pregano in chiesa sono tanti quanto le dita che avete nelle mani." La Madonna desiderava dirci esattamente questo: tutti coloro i quali non sentono la chiesa come loro casa, non rico­noscono Dio come Padre - sono i non cre­denti. Le chiesi come avremmo dovuto pre­gare per i non credenti, quale fosse il modo migliore e quale preghiera la più efficace. Rispose: "Figli miei, pregate col cuore. Ogni preghiera che dite con il cuore per i non credenti è una buona preghiera. Innanzitutto dovete sentire nel vostro cuore l'amore per loro, sentirli come vostri fratel­li e sorelle che non sono stati fortunati quanto voi da cono­scere l'amore di Dio. Quando sentite ciò, potete pregare per loro. Non dovete né criticarli; né giudicarli. Amateli, pregate per loro e mostrategli con il vostro esempio come va vis­suta la vita. In tal modo li cambierete. Così aiuterete loro, mentre a me asciughere­te le lacrime sul viso che verso a causa loro."
Come una madre, la Madonna desidera che tutti i Suoi figli siano sulla retta via, sulla via che conduce a Gesù Cristo. Di conseguenza soffre terribil­mente quando vede che i figli seguono la strada sbagliata. Per questo vi esorto tutti con il cuore a pregare per quelli che non hanno conosciuto l'amore di Dio. Se solo una volta aveste visto le lacrime sul viso della Madonna, a causa dei figli che hanno cambiato strada, sono sicura che preghereste per loro con tutto il cuore.
La Madonna ha dato a ciascuno di noi un compito speciale. Il mio, come vi ho già detto, è la preghiera per coloro i quali non hanno conosciuto l'amore di Dio. Vicka e Jakov pregano per i malati, Ivan per i giova­ni ed i preti, Marija per le anime del purga­torio ed Ivanka per la famiglia. La Madonna ci rammenta continuamente come al centro della vita cristiana vi debba essere la santa messa. In occasione di un'apparizione, quando eravamo ancora bambini, la Madonna ci disse: "Figli miei, se dovete scegliere tra il vedere me e l'andare a messa, scegliete sempre la santa messa poiché durante la santa messa mio Figlio è con voi."
In tutti questi anni di apparizioni la Madonna non ha mai detto: "Chiedete e vi sarà dato". Al contrario, dice sempre: "Pregate affinché io possa pregare il Figlio mio per voi." Gesù è sempre al primo posto. Tuttavia molti pellegrini pensano che noi veggenti siamo dei privilegiati, e che sia sufficiente dire a noi le loro necessità che la Madonna darà sicuramente ascolto alla nostra preghiera. Alcuni addirittura ritengo­no che basti toccarci perché si realizzino immediatamente i loro desideri.
Ma questo è un ragionamento del tutto sba­gliato poiché per la Madonna, come per una madre, non ci sono figli preferiti. Tutti noi siamo Suoi figli che Lei sceglie per differen­ti compiti. Ad esempio ha scelto noi sei per­ché portassimo i Suoi messaggi, e voi affin­ché siate apostoli di questi messaggi. Che sia così lo testimonia un Suo messaggio nel quale, a mio parere, si rivolgeva proprio a voi pellegrini: "Cari figli, io vi ho chiamato, aprite il vostro cuore, lasciatemi entrare affinché io possa fare di voi i miei apostoli." Ciò dunque significa che per la Madonna siamo tutti prescelti. Se poi vogliamo parla­re di privilegiati, allora in base ai messaggi della Madonna si può comprendere che que­sti siano i preti poiché Lei non ha mai parla­to di ciò che essi devono fare, piuttosto di quello che noi dobbiamo fare per loro. Molte volte sono stata fuori della Bosnia ed Erzegovina e della Croazia e ho avuto occa­sione di vedere come ci si pone verso i preti negli altri paesi. Posso testimoniare che ci si comporta in modo del tutto differente rispet­to ai credenti di Medjugorje. Da noi c'è ancora rispetto per i preti, la qual cosa si sta perdendo negli altri paesi, ma ciò è proprio quel che non è bene, quello che non dovreb­be essere. Riguardo a questo la Madonna dice: "Cari figlioli, se perdete il rispetto per i preti, lo perderete anche per la Chiesa e, alla fine, per il buon Dio. Se credi che il tuo sacerdote non si stia comportando così come dovrebbe, non andarlo a dire in giro; fai solo del male a te e a coloro che ti ascol­tano. Prendi il rosario, prega Dio per lui, digiuna per lui e così lo aiuterai." Ogni volta esorto in modo particolare i pellegrini affin­ché al ritorno nelle loro parrocchie mostrino come bisogna comportarsi verso i preti, come vadano rispettati.
La Madre celeste ci chiede inoltre di ripor­tare nelle nostre famiglie la preghiera del rosario poiché nulla può unire di più i mem­bri di una famiglia se non il pregare insieme. In tutto ciò i genitori hanno una grande responsabilità poiché devono piantare nel cuore dei propri figli le radici della fede, e questo lo possono fare al meglio solo pre­gando insieme e andando alla santa messa con i figli. È noto che i figli imparano meglio seguendo l'esempio; loro imitano i genitori e fanno ciò che gli vedono fare. Per questo la madre ed il padre devono mostra­re che nella loro vita al primo posto ci sono Dio e la Madonna, e poi tutto il resto.
A Medjugorje ho avuto l'opportunità di par­lare con molte coppie sposate da poco, di tutte le parti del mondo, le quali in parte dicono la stessa cosa: "Non abbiamo molto tempo per pregare, lavoriamo tanto, deside­riamo che i nostri figli non soffrano come abbiamo sofferto noi, desideriamo lasciargli più cose possibili." Ascoltandoli si risveglia in me un sentimenti di tristezza ed il pensie­ro che hanno un atteggiamento verso la vita del tutto errato. L'uomo può veramente lasciare ai suoi figli tutta la ricchezza mate­riale di questo mondo, gli può lasciare migliaia e migliaia di euro, ma i figli non saranno mai soddisfatti e desidereranno sempre qualcosa di più. Ma se i genitori imprimono nel cuore dei figli il desiderio di Gesù così che Egli sia al primo posto, questi giovani saranno felici e soddisfatti di ciò che hanno, e ci sarà quell'atmosfera di vera pace che solo Gesù può dare.
Ogni qual volta affermo che i figli vedono molto più di quel che i grandi pensano, riporto sempre l'esempio della mia famiglia. A mia figlia più grande, Marija, non ho mai detto nulla delle apparizioni poiché l'ho sempre reputata troppo piccola per com­prendere. Un giorno, quando aveva solo due anni, Marija stava giocando con una sua amica in camera, io le controllavo. Tra le tante cose l'altra bambina raccontava di come sua madre guida la macchina. Marija è stata un po' zitta e poi improvvisamente ha risposto: "E allora? Mia mamma parla con la Madonna ogni giorno." Ciò significa che se anche io non le avevo detto nulla, lei ha capito da sola quel che accade a casa. Ecco quanto è importante l'esempio dei genitori! Oltre a ciò, la Madonna ci chiede di digiuna­re a pane ed acqua ogni mercoledì e vener­dì. Sono consapevole che a molti di voi que­sto non piaccia e che sia una delle richieste più difficili della Madonna. Riguardo a ciò ho dei simpatici aneddoti di pellegrini pro­venienti da tutte le parti del mondo. Per quanto si possa essere simili, pur tuttavia esistono significative differenze nella com­prensione. Ad esempio quando dico ad un americano che bisogna digiunare a pane ed acqua, lui mi chiederà sempre se può bere almeno il caffè la mattina. Gli rispondo che lo può fare, ma solo prima che la Madonna si svegli perché non veda come beve. L'italiano chiederà se può digiunare a pran­zo piuttosto che a cena. Alcuni chiedono addirittura per quante ore bisogna digiunare il mercoledì. Come se non sapessero quante ore dura il mercoledì! In questo modo la maggioranza delle persone cerca di rifuggi­re dal vero digiuno. Eppure la Madonna è molto chiara in merito a ciò: digiuno a pane ed acqua! È bene ricordare che Lei non chie­de di digiunare a coloro che sono seriamen­te malati. Tra questi non si intende coloro che hanno emicranie saltuarie o disturbi intestinali. Si parla di malati gravi, cronici che con l'aiuto della preghiera capiranno cos'altro fare in alternativa al vero digiuno. Tutti gli altri preghino affinché Dio li aiuti a digiunare esattamente come la Madonna desidera, poiché la capacità di digiunare è un dono di Dio.
Inoltre la Madonna desidera che ci confes­siamo almeno una volta al mese. Lei ha espressamente detto che non c'è uomo sulla terra al quale non sia necessaria la confes­sione una volta al mese. Oltre a ciò è fonda­mentale riportare la Bibbia in famiglia. È necessario leggere quotidianamente le Sacre scritture poiché sono la viva parola di Dio. Affidandomi il messaggio, la Madonna non aggiunge altro; io ve lo trasmetto immedia­tamente usando le Sue stesse parole. Il Suo messaggio, quello relativo al riportare la Bibbia al centro della famiglia, l'ho inteso come invito alla lettura quotidiana di due-tre frasi dalle Sacre Scritture; non è importante la quantità, quel che è rilevante è che si legga la parola di Dio nelle nostre case. La Bibbia dunque non deve essere solo un sou­venir che non prendiamo mai tra le mani.
Per me è stato estremamente importante il messaggio della Madonna, quello nel quale diceva: "Cari figli, rinnovate la Chiesa!" poiché in quell'occasione, per la prima volta in tutti questi anni, mi sono fatta coraggio ed ho cominciato a commentare innanzi alla Madonna il Suo messaggio. Io, esattamente come tutti gli altri mi sono spaventata e mi sono sentita piccola di fronte ad un simile compito.
Le chiesi: "Chi siamo noi per rinnovare la Chiesa? Perché, Madre, ci chiedi questo? Che cosa possiamo fare veramente noi in merito a ciò?" Lei rispose: "Cari figli, innanzitutto rinnovate voi stessi, rinnovate le vostre famiglie, e poi io vi aiuterò a rin­novare gli altri. Vi prego ora di fare questo - rinnovare voi stessi, rinnovate le vostre famiglie, solo allora sarete in grado di rinno­vare anche gli altri."
Anche oggi per me è un giorno speciale per­ché ho visto il Suo volto ed ho percepito la Sua vicinanza. Molti pellegrini mi chiedono cosa si prova alla presenza della Madonna. Posso spiegarlo solo con l'aiuto di un esem­pio. Sono madre ed ho due figli. Come qual­siasi madre anche io darei la mia vita per la loro. Mentre sono con la Madonna è come se i miei figli non esistessero. Esiste solo il desiderio che Lei mi porti con sé, perché io possa vedere in eterno il Suo volto e sentire il Suo amore. Potete dunque capire quanto sia doloroso quando Lei se ne va, mentre noi dobbiamo continuare la nostra vita quotidia­na. Per questo dopo le apparizioni vado sempre nella mia stanza a pregare quanto necessario per comprendere e accettare che così deve essere, e per ricevere attraverso la preghiera la forza per andare avanti. Sempre mi accompagna un pensiero: Dio mio, come deve essere bello il paradiso, come deve essere bello guardarLa in eterno! E pure Suo figlio Gesù!
Osservate ora con tutte queste bandiere spiegate al vento - croate, italiane, tedesche, spagnole... - desidero affidarvi l'invito della Madonna a raccoglierci tutti sotto il Suo vessillo. Mi farebbe piacere che tutti lottas­simo per Lei, per l'amore e per la pace, per quello che Lei ci chiede. Anche se ormai da anni viene a Medjugorje, nostra Madre non ha mai detto: "Cari croati!", piuttosto dice: "Cari figli miei!", e questo significa che tutti siamo Suoi figli. Il giorno che ci troveremo innanzi al buon Dio, di fronte al Suo santo volto, Lui non ci chiederà come siamo stati in quanto croati, italiani o tedeschi, ci chie­derà come siamo stati in quanto persone, come è stato il nostro spirito.
Spesso mi imbatto nella domanda di che cosa rappresenti per me Medjugorje. Per descriverlo faccio di nuovo riferimento ad un esempio concreto. In un'occasione stavo salendo su per il Krizevac, dietro di me c'era un gruppo di italiani. I membri di que­sto gruppo portavano un giovane gravemen­te malato in lettiga. Chiunque sia salito sul Krizevac sa quanto è difficile su una simile salita portare qualcuno in lettiga. Eppure loro erano infaticabili. Soffrivano, ma con il sorriso sulle labbra. Dopo di loro seguivano avvicinandosi alcuni tedeschi che semplice­mente si proposero di dare il cambio nel portare la lettiga, anche se non conoscevano il giovane malato né alcuno degli italiani che lo trasportavano. Lo portarono per diverso tempo. Poi giunsero degli americani a dare il cambio ai tedeschi. Per non dilun­garmi oltre, il giovane malato fu portato la Krizevac dalle mani di tutto il mondo. Questo è per me Medjugorje! Per questo vi prego di unirvi sotto il vessillo della Madonna della pace e dell'amore e di lotta­re per i nostri fratelli e sorelle che non hanno conosciuto questo amore. Credetemi, solo così saremo anche noi felici poiché allo stes­so tempo questa preghiera è anche per noi. Vi ringrazio! (Tratto da "La scuola della Madonna" di Mario Vasilj)
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FIORETTI
Il Fioretto del giorno: La bandiera di Francia - La notte di Natale del 496, Clodoveo, re dei Franchi, scendeva nella vasca dei catecumeni e, con animo pro­fondamente commosso, riceveva il Battesimo da san Remigio, arcivescovo di Reims. Tremila compagni, il fior fiore dei suoi cavalieri, ne seguivano l'esempio. Mentre usciva da quelle acque santificatrici, il Santo gli si accostò e gli rivolse queste parole, rimaste celebri nel­la storia: «China la fronte, fiero Sicambro, adora quel­lo che tu hai bruciato, brucia quello che hai adorato». All'uscita della chiesa, poi, gli si accostò un fanciullo, che gli porse un candido giglio, dicendo: «Figlio pri­mogenito della Chiesa di Francia, ecco il dono che il Cielo t'invia». Clodoveo, intenerito fino alle lacrime, gradì immensamente quel dono e volle che da quel mo­mento in poi il giglio venisse raffigurato sulla gloriosa bandiera della sua terra.
 
Il Fioretto del giorno: Tu pensa a smorzare le candeline... - Era il compleanno di mia figlia - racconta il professor Enrico Medi, scienziato di fama mondiale -, ed io, mentre salivo il Gargano, pensavo a lei che in quel momento forse stava spegnendo le candeline della tor­ta augurale. Distratto da questo pensiero, presi una cur­va troppo stretta e mi trovai di fronte a un'altra macchina che stava scendendo. Frenai nel disperato ten­tativo di attutire l'urto, che era comunque inevitabile. Invocai subito Padre Pio e, con mia grande sorpresa mi accorsi che le due macchine, invece di scontrarsi, si era­no fermate a qualche centimetro di distanza l'una dal­l'altra, senza toccarsi. Giunto al convento, mi recai immediatamente ad ossequiare il Padre con l'intenzio­ne di ringraziarlo ma, appena l'ebbi salutato, esclamò tra il serio e il faceto: «Tu pensa a smorzare le candeli­ne, che a portare la macchina ci penso io, eh! ... ».
 
Il Fioretto del giorno: L'annegato - Il vescovo di Vicenza, monsignor Farina, camminando una mattina del 1880 lungo il Bacchiglione, il fiume che bagna la città, fu raggiunto da un ubriaco che cominciò ad insultarlo, rovesciandogli addosso una raffica di inso­lenze. Il savio Prelato, allora, ricordandosi che l'ingiuria disonora colui che la fa e non colui che la riceve, se ne andò per la sua strada, senza dir nulla. Poco dopo, nel medesimo luogo in cui quel miserabile aveva ingiuriato il pio vescovo, si radunò un gruppo di persone, che guar­davano atterrite il cadavere di un annegato, appena ripe­scato dalle acque del fiume. Era quell'uomo che, caduto ubriaco nel fiume, vi aveva trovato la morte!
 
Il Fioretto del giorno: «...me le ha date per decorazione» - Una volta chiesero a san Pio da Pietrelcina se le stimma­te gli facessero male. «No, non mi fanno soffrire - ri­spose il Santo in tono ironico -. Il Signore me le ha date per decorazione...». In un'altra occasione un figlio spi­rituale gli domandò: «Ma Padre, san Francesco quando ha avuto le stimmate e tutti quei Santi che sono stati stimmatizzati hanno sentito il dolore della crocifissio­ne proprio in quel momento che sono stati forati loro piedi, mani e costato?». «Eh sì, che l'hanno sentito!», rispose Padre Pio. «Ma poi non hanno sentito più nien­te?», riprese audacemente il suo interlocutore. «Eh sì, perché il Signore ce le dona per guarnizione! Quanto sei sciocco! E una continua passione, una continua sof­ferenza...», fu la pronta risposta del Santo.
 
Il Fioretto del giorno: Vediamo se gli spuntano le corna... - Un giorno riferirono a Padre Pio che un celebre profes­sore di Firenze sosteneva la tesi che le stigmate gli erano venute per autosuggestione, per il continuo medi­tare sulla Passione di Cristo e per il desiderio di imme­desimarsi in Lui. «Dite a costui di pensare intensamente di essere un bue - rispose il Padre -, e vedremo se gli spunteranno le corna...».
 
Il Fioretto del giorno: La carità tutto sopporta - Un giorno santa Luisa di Marillac presenta una bevan­da a un infermo, ricoverato all'ospedale. Questi rea­gisce violentemente al gesto di carità, sbattendo il bicchiere in faccia alla santa suora. Senza aprir boc­ca, santa Luisa si ritira; ma torna poco dopo con un'al­tra bevanda. Ancora una reazione furiosa dell'infermo, che ripete il gesto brutale di prima. Di nuovo la suora ta­ce, e si allontana. Ma torna ancora una volta, si avvici­na a quell'infermo e gli rivolge parole di tale bontà e carità che quell'uomo non crede ai suoi occhi: si rivol­ge alla religiosa, la fissa sul bel volto luminoso e dolce, soffuso di tanta grazia celeste, e le dice: «Voi non siete una creatura della terra... Chi vi ha insegnato a trattare così colui che vi ha offeso?». Santa Luisa non risponde, ma gli mostra il Crocifisso che porta sul petto.
 
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TESTIMONIANZE - Grati alla Madonna e al Beato Bartolo Longo
Sono una devota della Madonna di Pompei, recito il Santo Rosario sempre e la Vergine mi ha concesso la grazia di salvare il padre dei miei cari nipotini Gabrie­la e Luis Gustavo. Sono figlia di italiani, nata a Porto Alegre, Brasile, mi chiamo Assunta Carmela Guaragna. Sono sposata da 40 anni con Annunziato Di Lorenzo, lui nato in Italia nello stesso paese dei miei genitori, Morano Calabro, provincia di Cosenza. Con mio marito abbiamo formato una bella famiglia di tre figlie, Adria­na, Luciana e Bruna. Insieme abbiamo fatto una bella strada, lui con il lavoro e io a gestire la casa e crescere le nostre figlie che, grazie a Dio, oggi sono tutte e tre laureate e sposate e sono la nostra gioia. Abbiamo avuto una grande grazia perché mio genero Luis Paulo, marito di Luciana, ha avuto un incidente gravissimo, perdendo un occhio. Dopo tanto dolore, con l'aiuto e l'amore della famiglia, Luis Paulo ha superato tutto e oggi con la gra­zia della Madonna di Pompei ha una famiglia bellissima. Ringrazio tantissimo Gesù e la Vergine di Pompei che ha fatto questa grazia e spero di cuore che ancora ci conce­ da molte grazie e protegga tutta la mia cara famiglia. Grazie Madonna di Pompei. Grazie per starmi sempre vicino. Assunta Carmela G. Porto Alegre – Brasile
 
 Scrivo questa lettera per ringraziare la Madonna del Santo Rosario di Pompei, della quale sono devota, per tante grazie ricevute, in modo particolare quella ricevuta nel 1994, il mio diploma di maturità. Con il susseguirsi di circostanze avverse e create da altri, e per una depressione bruttissima, pensavo di non riu­scire a conseguirlo. In quella occasione mi sono affi­data con maggiore fede e con tutto il mio cuore alla Madonna di Pompei, Padre Pio e Natuzza Evolo di Paravati. Le altre grazie sono l'aver superato cattive­rie, intrighi, inganni e persecuzioni in ogni ambito. Tutto questo ha portato grosse conseguenze sulla mia salute e in ambito lavorativo (ho fatto tanti concorsi e domande, anche superati, ma non si sono aperte le porte). Grazie, Mamma Celeste per non avermi ab­bandonata mai, specialmente nei momenti più diffici­li, anche se ho avuto attimi di scoraggiamento. Guida­ci e proteggici come solo Tu sai fare. Grazie, grazie, grazie, è una parola piccola ma racchiude in sé un universo. Mi scuso profondamente per il ritardo della mia testimonianza, promessa dal 1994 e spero nella Tua Materna Benedizione su di me, sulla mia fami­glia e su quanti a te ricorrono con cuore umile e puro. Attendo l'esaudimento delle grazie che spero (se sono nel disegno di Dio), e che ho racchiuse nel mio cuore. Annalisa B. Reggio Calabria
 
Desidero con tutto il cuore che venga pubblicata questa mia, in quanto ne ho fatto promessa al caro Beato. Trovandomi in gravi difficoltà di giusti­zia, nemmeno il mio avvocato di fiducia mi dava spe­ranza, così nella disperazione più assoluta, un giorno guardando l'immagine del Beato Bartolo Longo ho esclamato: "Tu che in vita sei stato non solo opera­tore di carità e di grazie, ma eri anche laureato in giurisprudenza, quindi di legge in terra te ne intendi, ti prego, ti imploro aiutami ad uscire da questa si­tuazione impossibile". Così è stato! Nella maniera più incredibile nel giro solo di poche ore si è tutto conclu­so. Grazie, Avvocato Bartolo Longo, grazie per la Tua intercessione alla Santissima Vergine del Rosario per me, non dimenticherò mai il Tuo Santo aiuto. Grazie! Lettera non firmata
 
Invio un'offerta in ringraziamento al mio Santo protet­tore, il Beato Bartolo Longo perché ancora una vol­ta ha interceduto per me presso la Madonna. Ero molto preoccupata che una vicenda giudiziaria non si risolveva dopo tanto tempo, e mia figlia doveva sentirsi le lamen­tele dei parenti, siccome aveva in mano tutto lei. Dopo diverse preghiere il Beato è venuto in aiuto e tutto si è risolto per il bene di tutti. Ancora il Beato mi ha aiutato perché avevo seri problemi agli occhi e poiché abito sola avevo paura di una eventuale operazione, invece dopo aver fatto una Novena di intercessione i miei occhi van­no molto meglio. Saluto e ringrazio. Lettera firmata Hagen - Germania
 
Sono venuta per la prima volta in Italia dagli Stati Uniti per visitare il Santuario con mia madre Carli­na, originaria di Bracigliano (Salerno).
Il Santuario di Pompei aveva un posto speciale nel suo cuore, e poi è diventato importante anche per me. In seguito siamo venute altre volte al Santuario per rin­graziare la Madonna di Pompei. Sono state delle visite semplicemente indimenticabili. In una di queste chiesi alla Madonna di aiutarmi a trovare un lavoro. Era parti­colarmente difficile in quel periodo trovarne uno sicuro. Due mesi dopo, non solo ho trovato lavoro ma ho ini­ziato un corso che mi ha permesso di migliorare ancora di più la mia posizione lavorativa. Invio regolarmente la mia offerta al Santuario per supportare le vostre Opere di Carità. Pregate per mio marito John e per tutta la mia famiglia. Grazie. Joanne C. L. (Massachusetts) - USA
 
Voglio rendere pubblica la Materna Protezione della Vergine di Pompei sulla mia famiglia. Nel 1974, il mio terzo figlio, che allora aveva solo tre anni e mez­zo, inavvertitamente bevve una dose di sciroppo ecces­siva. Subito cominciò a stare male: aveva le smanie e con le sue manine cercava il mio aiuto. Trasportato di urgenza all'ospedale "Cardarelli", nell'ambulanza invo­cai la Vergine del Rosario di Pompei. Fu sottoposto a lavanda gastrica e terapia intensiva, ma soprattutto per la potente intercessione della Vergine il mio bambino fu salvato. Nell'agosto del 2010, sempre questo mio figlio, con tutta la sua famiglia, si recava in vacanza in Puglia. A Cerignola ha avuto un gravissimo incidente con l'au­to. Nonostante il fatto che l'auto si sia capovolta più vol­te, lui, la moglie e i suoi due bambini, ne sono usciti vivi. Inoltre, la Madonna ha fatto sentire la Sua presenza quando ebbi un forte esaurimento nervoso, e quando la mia quarta figlia, durante il parto, ha rischiato la vi­ta con il suo bambino. Voglio rendere pubblica la mia gratitudine alla Vergine Maria per tutte le volte che ha protetto la mia famiglia ed ha ascoltato le mie suppli­che. A Lei affido tutti i miei cari, in particolare la mia figlia maggiore, per la quale attendo la sospirata gra­zia. Maria C.
 
Era una mattina di novembre, ed io ero a casa intenta a svolgere le consuete faccende domestiche. E lì, in camera da letto, dove c'è un quadro della Madonna di Pompei, ornato da lampadine montate in serie intorno alla cornice del quadro, facevo pulizie. Credendo che la spina fosse disinserita, presi il quadro tra le mani per spolverarlo ma, appena lo afferrai, fui investita da una forte scossa di corrente tanto che le mie mani non ri­uscivano più a staccarsi dal quadro. In effetti la spina era inserita, ma essendo una delle lampadine rotte non permetteva che si accendessero neanche le altre. Gri­dai in aiuto mio marito Nicola, che in quel momento si trovava in un'altra stanza, e lui, invece di corrermi incontro, come se qualcuno gli dicesse cosa fare, in tre secondi corse fuori della porta di casa, dove è collocato il contatore elettrico, e tolse la corrente. Le mie mani si liberarono all'istante dal quadro e la mia agonia terminò. Salvata per intercessione della Madonna di Pompei che aveva indicato a mio marito la cosa più veloce da fare per salvarmi la vita. R. Maria Rosaria San Nicola la Strada (Ce)
Tratto da: “Il Rosario e la nuova Pompei” – anno 127 nr7 7-8/2011
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TESTIMONIANZE Padre Pio
UN'EMORRAGIA CEREBRALE
lasciava ben poche speranze. E invece...
ono un'assidua lettrice del vostro giornaJe e desidero anch'io rccontare ciò che è successo l' 11 settembre dello scorso anno. Mio cognato Gianfranco, devoto di san Pio, si era recato alla celebrazio­ne mensile in onore del frate di Pie­trelcina. Li, qualche istante dopo, si era sentito male, ma poi tutto sem­brava essere rientrato nella norma. Quella notte, però, Gianfranco ven­ne colpito da una violenta emorra­gia cerebrale per cui i medici ci dis­sero che non si sapeva se sarebbe sopravvissuto. Io iniziai ad invocare san Pio perché non lo facesse morire e cominciai a sentire un fortissimo profumo di viole e una voce che sembrava rassicurarmi. Io smisi di piangere, invasa da un senso di pace e di tranquillità. E infatti, dopo 10 lun­ghi giorni di coma, mio cognato si è risvegliato senza riportare alcun dan­no. Ringrazio san Pio con tutto il cuore per quello che ha fatto alla mia famiglia, ma anche per quello che fa quotidianamente a chi lo invo­ca con fede. Grazie. Manola R. Montecatini Terme (PT)
 
"LA GRAZIA te l'ho già fatta"
Ignara di quanto stava per succedermi, la mattina del 28 febbraio del 2010 mi svegliai con l'immagine di Padre Pio che mi vegliava accanto al letto e che mi ripeteva:"La grazia te l'ho già fatta". Non diedi peso alla cosa, e quella stessa matti­na presi l'autobus che mi avrebbe portato qualche gior­no a Roma da mia figlia. Arrivata a Tiburtina, però, non riuscivo letteralmente più a muovermi. Mia figlia mi portò allora al Gemelli e lì mi diagno­sticarono un tumore all'utero, gravissimo e con poche spe­ranze di sopravvivenza Da li, l'inizio del dramma: cure fortis­sime, dolori atroci e alla fine un intervento lungo 12 ore. Una tragedia in cui, però, san Pio è stato accanto a me ed ha man­tenuto fede a quello che mi aveva detto quella mattina. Ora sono sicura che Lui è sempre vicino a me. Grazie. Maria C. Andria (BA)
 
DA UN SOGNO LA CERTEZZA CHE QUALCOSA SAREBBE ACCADUTO
Mi chiamo Maria Rosaria e vivo in provincia di Chieti con la mia famiglia.Vi scrivo perché voglio anch'io rendere pubblica la mia storia. A pochi giorni dalla nascita del mio primo figlio, sognai mio nonno (che non c'era più da alcuni anni) che aveva mio figlio tra lë braccia e una forte luce che entrava da una finestra men­tre io urlavo di non portarmelo via. Nel sogno, d'un tratto, comparve l'immagine del Santo, coi saio e le mani coperte. Il suo viso era sere­no, ma non fece nulla tranne ché guardarmi sorridendo. Capii da quel sogno che qualcosa stava per accadere ... Dopo una settimana nac­que il bambino e i medici mi dissero che era a rischio di vita. Quella notte stetti molto male, ma la mattina dopo, quasi inspiegabilmente, mi scoprii serena e forte. Nelle narici, però, sentivo un profumo intensissimo di rose e viole che però non c'erano da nessuna parte. Ne parlai a mio marito e scoprimmo insieme che molto sentivano la vicinanza di san Pio proprio attraverso quel profumo. Portammo così il bambino a San Giovanni Rotondo e così continuiamo a fare anche adesso, che il nostro ragazzo è cresciuto ed è sano e forte. I miracoli esistono! Maria Rosaria D. San Salvo (CH)
 
LA FEDE RETTA DI NON ESSERE MAI SOLI
Vi scrivo per condividere con voi la gioia per l'epilogo di quanto è accaduto alla mia famiglia. Mia nipote Jessica, che è sempre stata molto legata alla figura del santo di Pietrelcina, un anno fa perse il controllo della mac­china a causa delle cattive condizioni dell'asfalto. Finì in un campo con la macchina completamente distrutta, ma lei rimase miracolosamente illesa. Sia io che mia nipote attri­buiamo quanto è successo all'intervento salvifico del nostro caro Santo e per questo lo ringraziamo con tutto il cuore. Maria G. Livorno Ferraris (VC)
(Tratto da: “Voce di Padre Pio” Anno XLV 3//2014)
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La guarigione miracolosa di Branetta Orsini a Loreto
Brunetta Orsini, vedova di anni 42 con tre figli (avuti nonostante continui e difficili interventi chirurgici), operaia, residente in Pontedera.
Sintesi della storia clinica: da bambina è affetta da pleurite secca, subisce l'appendicectomia a 13 anni; nel 1932 viene operata di emorroidi; dal 1941, dopo un raschiamento, la paziente ha continuato ad avere metrorragia (sanguinamento uterino) e leucorrea (perdite vaginali abbondanti); nel 1942 subisce un intervento di plastica uterina per prolasso; nel 1943 si ammala di tifo addominale; nel 1944 viene operata per neoplasia alla mammella destra e nel 1946 di ernia ombelicale ed epigastrica. Si ricovera presso l'Ospedale di Pontedera il 29 marzo 1950 e le viene diagnosticato un cancro al collo dell'utero.
Viene eseguito l'esame bioptico presso l'Istituto di Anatomia Patologica di Firenze dal Prof. Costa. La diagnosi istopatologica è la seguente: Carcinoma a cellule basali (Il Direttore Antonio Costa, 18 Aprile 1950).
Il giorno 01/05/1950 subisce una isterectomia totale con normale decorso post-operatorio e viene dimessa il 20/05/1950.
Nei mesi successivi alla paziente vennero somministrate delle "applicazioni di Radium" presso la Clinica Radiologica dell'Università di Pisa e nei seguenti due anni si osservò remissione della sintomatologia. Pur tuttavia, la paziente, dopo l'intervento, riferì dolori alla regione lombosacrale con irradiazione all'addome e agli arti inferiori; in seguito ad un esame radiografico della porzione lombosacrale della colonna vertebrale, venne diagnosticata un'artrite; fece delle cure termali e le fu applicato un busto ortopedico senza il quale si accentuavano i dolori in sede lombare e camminava con maggiore difficoltà. Si fece evidente un marcato dimagrimento (12 Kg in 40 giorni circa). Comparvero anoressia e astenia spiccate. La visita ginecologica mise in evidenza una infiltrazione del connettivo pelvico (di natura neoplastica). Nell'agosto le vennero praticate 18 applicazioni di raggi X. Ai primi di settembre le fu consigliata l'applicazione di Radium che però non fu eseguita.
Subito dopo quest'ultima visita, avuta a sua disposizione dell'acqua della Grotta di Lourdes, ne bevve una certa quantità e si lavò con la medesima con devozione. In tale epoca la paziente ci riferisce di aver avuto delle visioni che la invitavano a recarsi alla Santa Casa di Loreto. ("Vieni nella mia Casa". sentì dire).
In una seconda visita effettuata 5 giorni dopo dai medesimi sanitari, non si riscontrò più l'infiltrato pelvico e quindi non si ritenne più necessaria l'applicazione a di Radium. Tuttavia, permanevano nell'ammalata le identiche condizioni di estrema astenia e anoressia. Dopo pochi giorni la paziente partì per Loreto, dove, al suo primo ingresso in Santa Casa, ha sùbito sentito un completo benessere con ritorno immediato delle forze e dell'appetito, e si è tolta spontaneamente il busto camminando spedita e senza più dolori.
I medici del pellegrinaggio effettuarono a Loreto immediatamente una visita accurata nella quale venne rilevato quanto segue.
Condizioni generali ottime; pannicolo adiposo piuttosto abbondante. Masse muscolari ipotoniche. Colorito della cute e mucose visibili rosso pallido. Psiche e sensorio integri. Niente di notevole a carico degli organi toracici. In corrispondenza della mammella destra e dell'addome si notano le cicatrici dei subiti interventi, cicatrici di aspetto normale. Addome piuttosto globoso; niente a carico degli organi addominali. Nelle varie stazioni linfatiche e in particolare in quelle inguinali, non si rileva niente di anormale. Genitali esterni da pluripara; niente di notevole da segnalare all'esame esterno. All'esame dei genitali interni si nota mancanza del collo uterino; in sua vece esiste una cicatrice in senso orizzontale con mucosa pallida tendente al grigiastro; i fornici sono scomparsi. Non si rilevano tracce di masse sporgenti in cavità. Tutta la mucosa della vagina è integra senza soluzioni di continuo. Nella esplorazione vaginale si confermano i dati precedentemente descritti e non si riscontrano fatti di tipo infiltrativo a carico del connettivo pelvico. L'esame non provoca speciali disturbi alla paziente e non lascia fuoriuscire alcuna particolare secrezione.
Tale dichiarazione è stata firmata da tutti i Medici presenti al Pellegrinaggio, e cioè:
Dott. Bordoni Tito, Via S. Agostino, 14 - Firenze; Dott. Bellini, San Miniato (Pisa); Dott. Brunori Magda, Via Scipione Ammirato, 92, Firenze; Dott. Nardi Gustavo, Montelupo (Firenze); Dott. Terreni Elena, Pistoia; Dott. Favati Giorgio, Viale Carducci, 28, Livorno; Dott. (firma indecifrabile), di Pistoia.
Il certificato medico che accompagnava la malata, il cui originale è presso il Dott. Bordoni, capo del servizio sanitario, è stato compilato dal Dott. Cilotti, medico curante della paziente. Questo medico è stato intervistato personalmente il giorno 23/09/1952 dai seguenti medici: Dott. Bordoni, Dott. Bellini, Dott. Brunori e Dott. Favati. Egli stesso ci ha mostrato la cartella clinica della paziente, con annesso esame bioptico. La cartella clinica di Pontedera collima perfettamente con quanto la paziente aveva riferito a Loreto.
Dr. Bordoni
Ufficio Medico della S. Casa di Loreto
I sottoscritti medici chirurghi avendo sottoposto a visita medica di controllo la Sign.ra ORSINI BRUNETTA ved. Testi dichiarano di poter in pieno confermare quanto già venne scritto nel verbale dello scorso anno (19/9/52).
La medesima ha ammesso e senza alcuna riserva di essersi sentita sempre bene dallo scorso Settembre e di non avere più accusato alcun disturbo degno di nota, né a carico dell'apparato genitale né a carico di altre parti del suo organismo.
L'esame dei genitali interni dimostra che non esiste alcuna modificazione od infiltrazione del connettivo pelvico, né nessuna altra malformazione patologica a carico dello stesso apparato genitale ad eccezione di quella residuata dal subito intervento operatorio di istero-annessiectomia.
In base a questa costatazione giudicano la predetta Sig. ORSINI perfettamente guarita.
Santa Casa di Loreto 26/8/53
Letto, approvato e sottoscritto
Dottor Tito Bordoni, Dottor Enzo Bellini, Dottor Giorgio Favati
(Tratto da: “Il Messaggio della Santa Casa – Loreto” 4/2014)
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TESTIMONIANZE - Grati alla Madonna
Grato alla Vergine del Rosario che più volte si è ma­nifestata benevola nei miei riguardi in occasione di momenti difficili della vita, desidero testimoniare, dalle pagine di questa pubblicazione mariana, l'ultimo Suo prodigioso intervento in favore dei miei familiari. Cinque anni fa mia figlia, allora ventinovenne, rimasta senza impiego per la chiusura della ditta presso la qua­le lavorava, si trasferì in Germania dove, tramite web, aveva trovato opportunità di lavoro, pur senza alcun ap­poggio logistico in quel Paese e completamente a digiu­no della lingua tedesca. Conosciuto un ragazzo tedesco lo sposò e dal loro matrimonio nacquero due bellissime bimbe per accudire le quali, dopo il secondo lieto even­to, dovette lasciare la sua occupazione. Purtroppo, alla fine dello scorso anno, a causa della crisi mondiale, an­che il marito rimase senza lavoro con conseguenti grosse difficoltà economiche e relative enormi preoccupazioni per il futuro familiare. Mai abbiamo smesso di riporre fiducia nella Mamma Celeste alla quale, mia figlia, mia moglie ed io ci'siamo rivolti con incessanti preghiere e quotidiane recite del Santo Rosario. Durante tutto il mese di maggio, come già faccio da anni nei due mesi dedicati alla Madonna, ho frequentato, nella Basilica di Pompei, il mattutino appuntamento del "Buon­giorno Maria", durante il quale particolare implorazione ho rivolto alla Madonna perché trovassero soluzione i problemi lavorativi di mio genero. Il 1° giugno, giorno successivo all'ultimo appuntamento mattutino del mese di maggio, ho ricevuto una telefonata con la quale mia figlia, raggiante, mi comunicava che entro pochi giorni suo marito avrebbe intrapreso un nuovo lavoro ben re­munerato e di suo gradimento. Ho pianto di gioia ed il mio pensiero è subito corso alla Vergine del Rosario che, ancora una volta, aveva voluto esaudire benevol­mente le mie indegne preghiere. Oggi anche mia figlia ha ripreso a lavorare, seppure part-time, come in­segnante d'italiano per tedeschi desiderosi di co­noscere la nostra lingua. Grazie Maria, sii ovun­que benedetta, oggi e sempre, in terra ed in cielo. Amen. Carlo S. (Salerno)
 
Il 31 marzo 2009, mio marito è stato colpito da infarto mesenterico venoso. Trasportato all'Ospedale Monal­di di Napoli, la situazione è apparsa subito drammatica. Una patologia questa, la cui diagnosi viene fatta quasi sempre post-mortem e la cui mortalità è pari al 90%. All'entrata nella sala operatoria, intorno alle 22.45, la si­tuazione era disperata. In quel momento ho chiesto aiuto alla Madonna del Rosario di cui sono devotissima. La Madonna ha udito il mio grido di disperazione e di do­lore, ha placato il mio animo in tempesta e ha guidato la mano del Professore che in quel momento operava mio marito, permettendogli di salvargli la vita. Si è gridato al "Miracolo" ed oggi io, a distanza di sedici mesi dall'in­tervento, voglio testimoniare questo miracolo della Ma­donna del Rosario di Pompei, a cui giuro devozione e amore per tutta la mia vita. F S. Napoli
 
Sono una vostra benefattrice, molto devota alla Ver­gine del Rosario di Pompei; ogni giorno prego la Madonna per 1a mia famiglia e per tutti i miei cari, pa­renti e amici. Molto spesso mi sono affidata alla Mam­ma celeste con grande speranza e fiducia e sono sempre stata esaudita. Più di una volta sono venuta al Santuario per ringraziare personalmente la Madonna per le grazie ricevute e per nuove richieste. Quest'anno nel mese di giugno mia figlia di 35 anni ha dovuto fare degli accer­tamenti al seno per noduli sospetti. La mia ansia non ha trovato pace nell'attesa dei risultati, anche perché la dottoressa ha voluto fare degli approfondimenti più particolari. Ho pregato continuamente la Madonna col cuore aperto e ferito, pensando a tante cose negative. Finalmente dopo più di un mese di attesa, i noduli sono risultati benigni, anche se mia figlia dovrà fare accerta­menti ogni sei mesi per controllare la situazione. Voglio ringraziare la Madonna per questa grande grazia ricevu­ta e continuare a pregarla e ad implorarla per tutti i miei cari. Vi ringrazio anche delle belle lettere che mi scrivete ogni volta che spedisco un'offerta. Mi affido alle vostre preghiere perché ne abbiamo bisogno. Con tanto affetto. Lettera firmata Lamezia Terme (Cosenza)
 
Grazie Madre Misericordiosa! Carcinoma alla tonsil­la destra, sentenza infausta, sembrava la fine! In un flash rivedi tutta la tua vita che sembra spezzarsi e finire in breve tempo.
Il 13 novembre 2010, giorno della partenza per il reparto Alte Energie dell'Ospedale Civile di Brescia, in lacrime, alle sei del mattino, baciavo e chiedevo alla venerata Effigie della Madonna del Rosario di Pompei di non la­sciarmi solo ed abbandonato in questa incerta lotta. Io, intanto, mi abbandonavo tra le braccia di Lei, che veniva definita dal Beato Bartolo Longo "la più tenera fra le madri". Nell'abbandonarmi non riuscivo neanche più a pregare: "fiat voluntas tua", pensavo... Ma altri intanto pregavano per me, affidandomi sempre più a Lei... Gua­rii... Forse perché dovevo narrare a tutti la misericordia che mi impetrasti affinché gli indegni come me e i pec­catori si rivolgano a te con fiducia. Fiducioso e grato, continuo a pregare per tutti i bisognosi... Un dipendente del Santuario di Pompei
(Tratto da: “Il Rosario e la nuova Pompei” 11-12/2011)
 
Condannata dai medici vive ancora (da Medjugorje)
Questa ragazza Gavina fa parte dei quaranta casi sotto controllo medico per guarigioni avve­nute. Non ha voluto dirci molto, perchè ancora sotto l'influsso straordinario di Mediugorje. Al­cuni anni fa era stata ricoverata d'urgenza a Va­rese. I medici constatarono il tumore in stato avanzato. La rilasciarono dandole pochi giorni di vita. Parenti e amici si aggrapparono all'ulti­ma speranza. Il gruppo di Medjugorje di Vare­se la caricarono su un pullmino e la portarono a Medjugorje. Furtivamente l'ho fotografata da­vanti alla casa della veggente Marja alcuni anni dopo, e poi le ho chiesto di dirmi se era vero ciò che mi avevano detto i suoi medici. Mi ha con­fermato che ogni traccia di tumore era sparito al ritorno da Medjugorje, ma non aveva anco­ra il coraggio di parlare in pubblico di questa grande grazia ricevuta dalla Madonna a Med­jugorje.
Operata da un carcinoma ovarico a Stoccol­ma nel 1984 poi è stata sottoposta a più riprese alla chemioterapia. Ma c'erano delle presenze del tumore sparse nel corpo. "Dopo Medjugorje l'abbiamo sottoposta a esami - ricorda il me­dico curante Dott. Comerio di Como - e non è stata più riscontrata traccia di carcinoma".
"Così un seminarista spacciato da noi per un tumore, abbiamo consigliato Medjugorje. Og­gi dopo sei anni vive ancora, e non ha più trac­ce di tumore".
Mario Botto, cardiochirurgo di Milano e il dottor Comerio, su invito di P. Tomislav, fece­ro i primi esami sui veggenti. Ma la Madonna diede una semplice risposta: "Queste cose non sono importanti". Così ci siamo messi a prega­re, a formare gruppi di preghiera, e a condurre pellegrini qui.
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TESTIMONIANZE
Grati alla Madonna e al Beato Bartolo Longo a cura di Ciro Cozzolino
Sono trascorsi 48 anni da quando mia madre Grazia, incinta, mi portava con devozione al Santuario della Madonna di Pompei. Dopo la morte del primo figlio chiese alla Vergine Maria la grazia che questo figlio che stava per nascere fosse sano. Dopo alcuni mesi nacqui senza problemi e per ringraziare la Madonna decise di portarmi ogni anno a Pompei per ringraziarla. L'anno scorso, il lunedì di Pasqua, ebbi un'emorragia allo stomaco e persi conoscenza, dopo quattro sacchi di trasfu­sione di sangue il chirurgo, spaventato, mi operò d'urgenza, sperando di salvarmi. La preghiera e il pianto dei miei cari davanti alla statua della Vergi­ne Maria mi fecero vivere. Oggi voglio ringraziare la Madonna di Pompei, insieme a mia moglie Titti e a mio figlio Gigi, di avere festeggiato, il 13 mag­gio, il 50° anniversario di matrimonio di mia madre Grazia e mio padre Luigi, presso la Chiesa dell'Im­macolata dei Padri Cappuccini di Bari. Dopo la benedizione delle fedi hanno lasciato presso l'alta­re della Madonna del Rosario un mazzo di rose e, come ogni anno, un'offerta al Santuario di Pompei per i bambini poveri. Ringrazio Gesù e la Madre Celeste per le grazie ricevute e di avere festeggiato l'anniversario di matrimonio dei miei genitori. Nicola P. Bari
 
Tempo fa ebbi la gioia di vedere il quadro del­la Madonna di Pompei nelle nostre chiese qui a New York e di incontrare don Salva­tore del vostro Santuario. Dopo avergli raccontato dell'amore grande che ho per la Madonna, mi in­coraggiò invitandomi a mandarvi la mia testimo­nianza. È sempre vivo nel mio cuore il ricordo di quando il mio papà ci raccontava del suo ritorno dalla Germania. Era stato portato lì come prigio­niero di guerra e, mentre faceva i lavori forzati, ebbe l'apparizione della Madonna di Pompei. In quell'istante si fermò e, commosso, non continuò a camminare verso il ponte da dove, all'improvviso, cadeva del carbone ardente che lo avrebbe bruciato e ucciso. Tutte le volte che siamo andati in Italia, siamo andati a Pompei a ringraziare la Madonna per averci ridonato papà. Prima della mia parten­za per l'aldilà, desidero che sia pubblicato l'amore così grande della Mamma nostra di Pompei per i Suoi figli bisognosi ovunque si trovino. Mi scu­so del mio povero italiano ma sono venuta qui da bambina. Grazie di cuore, Gesù Bambino ci doni pace e amore. Anna D. L. D. New York - USA
 
Non ne ho mai parlato, ma nel 1946, per cau­sa di varie malattie fui in punto di morte (5 mesi a letto) senza medicine, febbre altissi­ma, solo una borsa di ghiaccio in testa che in delirio rifiutavo di tenere. Finché un giorno chiesi a mia madre chi fosse quella signora con il bambino in braccio che mi diceva: metti il ghiaccio che starai bene. Mia madre rispose che non c'era stata nessu­na signora... ma contentissima, mi rispose di tene­re il ghiaccio. Sono sicura che quella signora fosse la Vergine di Pompei. Il giorno dopo, mi svegliai, mi sentivo bene come se nulla fosse stato. La santa Vergine di Pompei ci ha sempre protetti. La mia fa­miglia è emigrata in Canada nel 1954. Oggi ho 4 fi­gli, sposati, e anche tanti nipoti, insieme preghiamo sempre per la nuova generazione. Due mesi dopo la
mia guarigione io e mio padre andammo a Pompei a piedi da Napoli, a sciogliere il voto per ringra­ziare la Madonna. Che il Signore benedica Mons. Carlo Liberati e tutti i collaboratori del Santuario. Devotissimi. Aldo e Antonietta M. Lethbridge (Alberta) - Canada
 
La vostra Rivista e i messaggi di Monsignor Liberati mi sono di conforto e di speranza. La Francia non conosce la Vergine di Pom­pei ed io, nel mio piccolo, cerco di diffonderne la devozione e i miracoli. Pochi giorni fa, una mia conoscente era certa che il figlio non superasse la licenza liceale: in effetti la pagella e i giudizi nega­tivi dei professori lasciavano poche speranze sul­l'esito dell'esame. Io allora le ho suggerito di re­citare la Novena alla Madonna di Pompei e i nove giorni scadevano proprio al momento dei risultati. È incredibile, ma vero, il figlio ha avuto la licenza con 12 su 20 di media! Ora porta l'immagine della Madonna di Pompei nel portafoglio. Vi invio una modesta offerta perché la Vergine protegga sempre le mie figlie, i miei nipoti e i miei generi e, per una volta, mi includo anche io, ho un piccolo problema agli occhi che potrebbe però con il tempo diven­tare più importante. Vorrei anche aggiungere che da sempre sono devotissima al Cuore di Gesù, cui Bartolo Longo dedicò un altare nel Santuario di Pompei. Maria L. Parigi (Francia)
 
Sono Emma da Torre del Greco. Scrivo al San­tuario per testimoniare la mia fede nella Be­ata Vergine del Rosario e la mia gratitudine. Il mio calvario, ovvero quello legato a mio figlio, ora maggiorenne, inizia nel 1997, quando, alla te­nera età di cinque anni, mentre in un pomeriggio di aprile giocava a rincorrersi nella cameretta con sua sorella, facendo una corsa andò a schiantarsi contro un vetro. Quest'ultimo, molto sottile, gli provocò una ferita assai profonda e molto grave al braccio sinistro. Caddi nella disperazione totale, af­frontò un'operazione complessa poiché si era rot­ta un'arteria e tre tendini del braccio. I medici, gli specialisti, gli ortopedici, nessuno mi assicurava la ripresa totale della funzione del suo braccio; ed io nella mia disperazione di madre, mi rivolgevo solo alla Beata Vergine di Pompei, giorno e notte. Dopo alcuni mesi di riabilitazione, nessuno mi dava più speranze ed io ero terribilmente addolorata. Quan­do, durante una vista di controllo, presso un profes­sore ortopedico, accadde l'inspiegabile: mio figlio iniziava a muovere il braccio con una certa facilità, come se non avesse nulla. Gli altri dottori, sbalordi­ti, gli domandavano se provava dolore, ma lui non sentiva assolutamente nulla. I professori dovettero ammettere che mio figlio stava riacquistando l'uso del braccio. Allora io subito pensai ad un miraco­lo accaduto al mio bambino da parte della Beata Vergine. Da quel giorno, ogni anno, in maggio e in ottobre, mi reco in pellegrinaggio a Pompei, fe­delissima alla Vergine del Rosario. Solo a Lei mi rivolgo quando ho delle difficoltà. A tutti i lettori della Rivista, rivolgo un solo messaggio: non per­dete le speranze e pregate tanto. Alla nostra Vergine tutto è possibile anche nei casi più disperati. Emma R. Torre del Greco (Napoli)
 
Sono devotissima della mia Madonnina di Pompei. Da bambina ho avuto tanti problemi di salute, ultimamente il cancro. Mi avevano detto che non sarei arrivata alla mattina, ma con Lei nel cuore ho superato tutto. Non cesserò di pregare perché la preghiera è la mia medicina. La ringrazio con tutto il cuore mio, sempre devota. Felicia P. Woodbridge (Ontario) – Canada
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TESTIMONIANZE DI GRAZIE DI SAN GIUSEPPE
C. MARIA GRAZIA, Palermo Qualche mese fa mio marito è rimasto coinvolto in un brutto incidente stradale, a causa del quale è entrato in coma per dodici giorni, subendo tre interventi chirurgici al volto. Risvegliatosi ha riferi­to di aver visto un uomo con la barba che gli di­ceva che quello non era il suo posto e, infatti, il giorno dopo lo hanno trasferito al reparto. Mio marito ha pensato che quell'uomo non poteva che essere San Giuseppe. Mentre accadeva tut­to questo io ero al mio sesto mese di gravidanza e temevo molto per il bambino. Mio marito ora sta bene e il 20 gennaio, di mercoledì, è nato no­stro figlio. Grazie San Giuseppe!
 
M. FRANCA, Cherry Hill, U.S.A. - Come promesso a San Giuseppe invio la mia testimonianza per l'aiuto concesso a mio marito e per la grande grazia ricevuta. Nel dicembre scorso mio marito accusava forti dolori allo sto­maco e ai reni. Da una prima ecografia si vede­va una cisti renale. Due anni prima aveva effet­tuato una colonscopia e quindi i medici voleva­no essere sicuri di come agire. Quindi un se­condo e più approfondito esame, richiesto sem­pre dal medico, per poi eventualmente procede­re con l'intervento chirurgico per l'asportazione della cisti renale. Il 19 dicembre arriva il referto dell'esame: tutto negativo! Della cisti non c'era più traccia! Ringrazio San Giuseppe per questo che io definisco miracolo. Ho molta fiducia nel caro Santo, che mi ha sempre aiutata e non mi ha mai abbandonata quando avevo dei proble­mi. La mia riconoscenza è nella preghiera di gratitudine, non dimenticando le opere che sor­gono in onore di San Giuseppe.
 
I.M.R. -Avevo grosse difficoltà per la vendita di un terreno, vista la crisi finanziaria che stiamo at­traversando. Ho chiesto aiuto a San Giuseppe e in poco tempo ho trovato il compratore. Invio l'offerta promessa per le vostre opere assisten­ziali e colgo l'occasione per esortare coloro che hanno bisogno del suo aiuto, di invocarlo, confer­mando quanto dice S. Teresa che San Giuseppe è un Santo misericordioso e tutto ottiene chi lo prega con fede e devozione.
 
N.N., Bergamo - Dopo la recita del Sacro Manto per due anni, mio marito ha iniziato a lavorare il 2 novembre scorso. Grazie, San Giuseppe!
 
MIRELLA - Caro direttore, sono una delle vostre associate e più volte ho pregato con fervore con il sacro manto. Ho chiesto con tanta fede aiuto a San Giuseppe che intercedesse presso Dio, e sono stata esaudita: la mia mamma ha superato bene un delicato intervento chirurgico. Sperando che il successivo periodo di riabilitazione sia pro­ficuo, affido mia madre e tutta la mia famiglia alle vostre preghiere.
 
VITINA, Alghero - Gentile don Mario le scrivo per ringraziare San Giuseppe per la grande grazia concessa a mia madre. Erano quattro, anni che prendeva ogni giorno medicine per una fastidio­sa allergia, che nonostante le cure non guariva, anzi, peggiorava. Per caso trovai un libretto con le preghiere del Sacro Manto; pregavo (e prego) ogni giorno ma la situazione non migliorava. Un giorno consultato un altro medico prescrive una medicina in polvere e, dopo quattro giorni, il mi­glioramento e la guarigione. San Giuseppe ha ascoltato le nostre preghiere. Grande è la bontà del Signore.
 
R. MOHAMED ALÌ, Roma - Caro Direttore, il mio nome da battezzata è Maria Grazia. Scrivo perché ho ricevuto una grandis­sima grazia tramite San Giuseppe. Avevo un problema di carattere spirituale che non mi per­metteva di prendere con serenità una decisione molto importante, ero molto turbata. In sogno mi è apparso San Giuseppe che; stringendomi a se come una bambina, mi ha detto: "Figlia, non accettare le proposte che ti fanno". Ho se­guito il suo consiglio e tutto si è risolto bene. Ora sono felice.
 
UNA MAMMA - Mia figlia, dopo dieci anni di fi­danzamento si è spostata e soltanto cinque mesi dopo si è separata. Il mio dolore per que­sta situazione sta nel fatto che non ha avuto rì­spetto del sacramento dei matrimonio e nel ve­derla perdersi in altre relazioni. Ho pregato San Giuseppe per questo e dopo un anno mia figlia è ritornata, a mia insaputa, con il marito. Hanno iniziato un nuovo percorso insieme. Ora sono felici insieme a loro figlio e sono in attesa di al­tre due bambine che nasceranno in gennaio.
Tutte le domeniche vanno in chiesa per ringra­ziare Dio della loro gioia e della ritrovata famiglia.
 
MARIUCCIA B. T. Schio Gentile Direttore, Vi ho scritto altre volte per rin­graziare San Giuseppe, di cui sono molto devo­ta, di avermi sempre assistita. L'ultima volta è stato quando, nel novembre scorso, mio figlio Roberto ha avuto un incidente stradale (l'auto è andata distrutta ma lui ha riportato soltanto qualche graffio). Il 17 luglio scorso è stato colpi­to da ictus ischemico, che lo aveva privato della funzionalità della parte destra dei corpo; un in­tervento immediato lo ha salvato e non ha la­sciato alcuna conseguenza. Dopo avere chia­mato il 118 ho iniziato a pregare San Giuseppe perché lo aiutasse in quel terribile momento. Dopo pochi giorni è stato dimesso; ora sta bene e ringrazio Dio e San Giuseppe per aver esau­dito la mia preghiera. Con profonda riconoscen­za invio una piccola offerta e Vi saluto cordial­mente. Dalla rivista della Pia Unione: San Giuseppe.************************************************************************************
TESTIMONIANZA - Quella sera che mio figlio tornò a casa da San Giovanni Rotondo fui svegliata da uno strattone
Nell'ottobre del 1958 venni operata con l'asporta­zione di una mammella. Mio figlio che doveva fa­re il servizio militare, prima di partire si portò a San Giovanni Rotondo da Padre Pio, gli parlò della mia o­perazione e mi affidò alle sue preghiere.
Il Padre si fece serio e disse: «A stì tumori, stì tu­mori, speriamo nel Signore». Quella sera stessa che rincasò, nella notte, io fui svegliata con uno strattone al seno, di scatto mi sedetti nel letto, ma il male era già passato, io stavo pensando che non sognavo, il male l'avevo sentito e non riuscivo a capire il perché e il co­me di quel curioso incidente, mi coricai di nuovo e mi addormentai.
Al mattino spiegai a mio figlio l'accaduto, il quale pensieroso e con calma disse: «Mamma, non hai pen­sato a Padre Pio?». Lo confesso, nella mia ingnoranza e fede un po' spenta, a Padre Pio non avevo proprio pensato. Finito il servizio militare, prima di riprendere il lavoro ci recammo insieme a San Giovanni Rotondo per ringraziare il buon Padre.
Partimmo da Milano alle 10 di sera, il giorno dopo era la vigilia di Pasqua, il treno Milano-Bari era pieno zeppo, mio figlio riuscì a farmi sedere alla meglio, per fortuna nessuno venne a disturbarmi, rischiavo di fare il viaggio in piedi. Al mattino appena arrivati in Con­vento, andai per prenotarmi per la confessione, avevo il numero 600.
Ci fermammo sei giorni, mio figlio riuscì a confes­sarsi, io ero ancora molto lontana dal mio turno, una si­gnorina di Napoli che mangiava nel tavolo con noi mi disse: «Signora, se si ferma ancora qualche giorno for­se riesce, le vacanze di Pasqua sono finite, la gente par­te, tanti lasciano il posto; non perda una fortuna così, forse non l'avrà mai più». Aveva ragione, mio figlio doveva riprendere il lavoro, io non mi sentivo di resta­re sola. Promisi di ritornare presto, ma intanto il tempo è passato e non ho avuto la fortuna di ringraziare di persona Padre Pio, come l'ebbe mio figlio.
Sono passati venti anni, ho avuto altri mali, fatto al­tre operazioni, ma posso dire che al seno non ebbi più un minimo disturbo. E questo, sono certa, lo devo al Padre, che ricordo tutti i giorni e vorrei che tutti lo co­noscessero e l'amassero. Elena R. Biella
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TESTIMONIANZA IADANZA ANGELA: PER 40 ANNI AL SERVIZIO DELLA “CASA”
Dopo 40 anni di servizio in Casa Sollievo, Angelina Iadanza, assunta nel '72 come nfermiera e divenuta poi coordinatrice del reparto di Neonatologia, ha lasciato il servizio il 30 giugno scorso in seguito al raggiungimento del limite massimo di età pensionabile.
Originaria di Pietrelcina,
su chiamata di Padre Pio nel 1968 si trasferì a San Giovanni Rotondo e qualche anno dopo iniziò a lavorare nella sua Opera.
In tutti questi anni, Angelina ha saputo espletare al meglio la missione affidatagli dal Santo: ha dedicato tutta se stessa nel servizio di assistenza agli ammalati - non solo tra le corsie dell'ospedale ma anche fuori dall'orario di servizio.
Ora che il suo incarico è giunto al termine, la dirigenza, il personale medico e infermieristico, i pazienti, gli amici e tutti coloro che l'hanno conosciuta vogliono ricordarla come l'«Angelo della Sala Nido» e porgerle le più sentite felicitazioni per il suo pensionamento.
ESPERIENZE DI VITA VISSUTA Angelina è la figlia di Cosimo Ia­danza, un uomo originario di Pietrel­cina, che nel 1931 si recò per la pri­ma volta a San Giovanni Rotondo at­tratto dalla figura carismatica di Pa­dre Pio. Da quel momento, Cosimo e i suoi amici Paris De Nunzio, Mercu­rio Scocca - compare di Padre Pio - e Michele Iadanza, solevano recarsi 4-5 volte l'anno nel paesello gargani­co a far visita al frate cappuccino in sella ad una bicicletta, data la scar­sità dei mezzi di trasporto. Svariati erano gli episodi che l'uomo raccon­tava ai suoi figli di ritorno dai suoi viaggi. E fu proprio così che la don­na, sin da bambina, iniziò a familia­rizzare con la figura di Padre Pio.
«Una giorno trovai una corona di spine che mio padre teneva ben cu­stodita in un espositore di vetro. La corona era collocata sulla testa di una statuina raffigurante Gesù Bam­bino. Presa dalla curiosità gli chiesi da dove provenisse e mio padre mi raccontò un episodio davvero singo­lare», riferisce la donna. «Un giorno - mi disse - con i suoi soliti amici si era recato a San Giovanni Rotondo in bicicletta. Dopo aver preso parte al­la funzione serale - che il Padre of­ficiava tutte le sere, sia d'estate sia d'inverno a partire dalle ore 16.00 - si incamminarono a piedi lungo Via­le Cappuccini in direzione del paese, dove avevano trovato un ricovero per la notte. Era d'inverno e a quell'ora era già buio, quando la loro atten­zione fu catturata da un fascio di lu­ce proveniente dalla finestrella da cui Padre Pio era solito affacciarsi per recitare l'Angelus a mezzogior­no, per salutare i devoti. Il fascio il­ luminava un traliccio, così mio pa­dre alzò lo sguardo e sulla punta in­travide qualcosa. Essendo il più agi­le fra i quattro, decise di arrampicar­si lassù in cima e, con grande mera­viglia e quasi incredulità, recuperò una corona di spine bianche ap­puntite, dal diametro di circa 4-5 cm. Con molta calma e grande emo­zione, scese e la mostrò ai suoi com­pagni. La guardavano con devozio­ne ma nessuno osò toccarla: capiro­no subito che qualcosa di sopranna­turale era appena accaduto davanti ai loro occhi. Arrivati alla locanda, prima di andare a dormire, mio pa­dre avvolse la coroncina in un pan­no bianco con l'intento di farla vede­re al Padre per chiedere spiegazio­ni. Il mattino seguente, alle 5.00, si recò insieme agli amici in Conven­to per partecipare alla S. Messa. Al­la prima occasione e con una certa riservatezza, prese in disparte il Pa­dre e gli mostrò la coroncina di spi­ne. Dinnanzi a quella visione gli oc­chi di Padre Pio si illuminarono, af­ferrò la coroncina, la stinse tra le di­ta, la baciò e poi si rivolse verso mio padre, dicendogli in dialetto pietrel­cinese: «Uagliò, tienitilla cara ca­ra! ». Questa coroncina è giunta fino ai giorni nostri. Ora è a Pietrelcina. Mio padre prima di morire l'ha data in consegna a mio fratello, che tut­tora la custodisce gelosamente».  Maristella Ferrara (Tratto da: “La Casa sollievo della sofferenza)
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Grati alla Madonna e al Beato Bartolo Longo
Sono un papà di nome Marco De Caro, di anni 35, da Battipaglia. Io e mia moglie Laura vogliamo far conoscere questa.straordinaria storia di fede e d'amore ai devoti della Madonna di Pompei che ha salvato la nostra ultima nata. Sa­remo grati se questa storia fosse pubblicata sulla Rivista "Il Rosario e la Nuova Pompei" perché ri­guarda tutti noi, o almeno tutti coloro che, come me, avevano perduto la speranza in una rinascita, nella forza della preghiera detta con il cuore perché accadesse un miracolo. Oggi posso dire che sba­gliavo enormemente, perché ormai ero fossilizzato in una società speculatrice e consumistica, dove i valori si misurano con il potere e l'amore per il prossimo con il clientelismo; ero offuscato, convin­to che la vita fosse proprio così come mi appariva. Poi, un giorno, mi sono imbattuto in una storia più grande di me, non sapevo cosa fare, come com­portarmi, quale decisione prendere, ed è così che, con tutto me stesso, ho fatto la cosa più semplice, quella che da piccoli, prima di andare a dormire, tut­ti abbiamo fatto: dire una preghiera.
Mai avrei immagina­to che un gesto così semplice, così facile, addirittura retorico, po­tesse esser la soluzio­ne a tutte le mie angosce, indecisioni, perplessità e paure, ... sì, proprio quelle paure che, quando la tua vita va a gonfie vele, ignaro della sofferenza e ti senti imbattibile, non sai nemmeno che esista­no; ma ecco che arrivano all'improvviso, e ti fanno piombare nella disperazione, lasciandoti confuso e solo. Solo allora ho pronunciato, per la prima vol­ta nella mia vita, una semplice e sincera preghiera, detta con tutto il cuore, rivolta alla Madre di tutte le madri: la Madonna. Sono padre di tre figli, ma è come se ne fossero quattro, perché circa sette mesi fa mia moglie era sul punto di cedere alla terribile tentazione dell'aborto per un' accertata acranìa con sindrome di Turner e scompenso cardiaco, malattia diagnosticata da più dottori e professori nel cam­po dell'ecografia neonatale. La conclusione fu la seguente: incompatibilità con la Vita Extrauterina. Alcuni giorni prima di effettuare la procedura di IGV, la cosiddetta Interruzione di Gravidanza Vo­lontaria, dopo dei controlli medici, io e mia mo­glie ci fermammo al Santuario della Madonna di Pompei, ed è lì che pregai per la prima volta con il cuore, senza pregiudizi, senza vergogna, senza nes­sun vincolo esterno che mi potesse distogliere da quell'unico desiderio: la Vita di mia figlia doveva andare avanti a tutti i costi. Pochi giorni più tardi, quando ormai tutto era già deciso sulla sorte di mia figlia, chiesi un'ultima ecografia, prima che si en­trasse in quel luogo senza speranza. Quando mia moglie uscì, quasi correndo, piangendo, mi sussur­rò: "è sana". In quel preciso momento capii che era nata la mia terza figlia, anzi rinata. Oggi posso solo ringraziare la Madonna di Pompei che, attraverso la sua intercessione, ci ha concesso una grazia im­mensa, e quindi la cosa più semplice che io possa fare adesso è gridare a voi e a tutto il Mondo che Dio c'è, vive in mezzo a noi, e la prova vivente è mia figlia Mariachiara, nata il giorno 28 aprile 2011, 2,740gr di peso, di costituzione sana. Marco e Laura D. C. Battipaglia (Salerno)
 
M i chiamo Graziella, ho 71 anni e sono una vostra abbonata. Vorrei che pubblicaste sulla vostra Rivista la foto di Cristian e Maria Cristina, mia figlia, con la piccola Greta, il "miracolo" di cui voglio raccontarvi. I due ragazzi erano sposati già da un po' di tempo e desideravano un bambino, che purtroppo non arrivava. Vedevo mia figlia sempre triste. Un giorno venne a trovar­mi e le regalai una statuetta della Madonna di Pom­pei e un libretto con le due Novene di Impetrazione e di Ringraziamento alla Madonna, scritte dal Bea­to Bartolo Longo, e le dissi: "Fai queste novene e vedrai!". Intanto cominciai a farle anch'io. Dopo circa tre mesi, era il mio compleanno, ven­nero a casa per farmi gli auguri. Mi conse­gnarono anche un pac­chetto con un nastro rosa e mi dissero di aprirlo. Dentro c'era una cornice bianca con intorno disegnati tanti piedini piccolissimi e c'era scritto: Ci sono anch'io. Capii subito e pensai: "La Madonna ce l'ha data". Il 20 febbraio 2011 è arrivata Greta, uno splendore di bimba ed io pensai ancora: "Quando la Madonna fa le cose, le fa proprio bene". Graziella D. M. Briga Novarese (Novara)
 
Scrivo per ringraziare la Santa Vergine per aver salvato la mia nipotina da soffocamento, causatole da un ossicino di pollo conficcatosi nell'esofago. È stato un momento molto brutto e, grata, ringrazio ancora. Se è possibile vorrei che questo mio scritto fosse pubblicato. Grazie. Ninella T. Acireale (Catania)
 
Desidero con tutto il cuore che venga pubbli­cata questa mia, in quanto ne ho fatto pro­messa al caro Beato. Trovandomi in gravi difficoltà di giustizia, nemmeno il mio avvocato di fiducia mi dava speranza, così nella disperazione più assoluta, un giorno, guardando l'immagine del Beato Bartolo Longo ho esclamato: "Tu che in vita sei stato non solo operatore di carità e di grazie, eri anche laureato in giurisprudenza, quindi di leg­ge in terra te ne intendi, ti prego, ti imploro aiutami ad uscire da questa situazione impossibile". Così è stato! Nella maniera più incredibile, nel giro solo di poche ore, si è tutto concluso. Grazie Avv. Bartolo Longo.
Grazie per la Tua intercessione alla Santissima Ver­gine del Rosario per me. Non dimenticherò mai il Tuo Santo aiuto. Grazie! Un devoto Roma
 
Il giorno della nascita del Nostro Signore Gesù Cristo, cioè il 25 dicembre dell'anno scorso, la mia amata consorte Rita ebbe una brutta caduta sul selciato, riportando una frattura netta dell'osso dell'anca della gamba destra. Con dei dolori atro­ci fu ricoverata d'urgenza. Dopo l'intervento e una degenza di 36 giorni tornò a casa con un peso cor­poreo di 40 Kg. Mi sono rivolto alla Nostra San­tissima Madre di Pompei, che non abbandona mai nessuno e, pregando con tutto il mio cuore di poter aiutarla a migliorare il suo stato di salute. Come sem­pre fui ricompensato, e la mia Rita è ora sul cammino della guarigione. Questo piccolo dono è per i ragaz­zi del Santuario di Pompei. Ancora una volta per grazia ricevuta. Una preghiera per tutta la famiglia sarà molto apprezzata. Distinti saluti. Carlo R. Matraville (New South Wales) Australia – (Il Rosario e la Nuova Pompei” anno 128 – n.1 – 1/2012)
 
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Testimonianza - STORIA DI UNA SINGOLARE AMICIZIA CON PADRE PIO
Il primo incontro con Padre Pio
Era il 1931 quando mi recai in bi­cicletta da Pietrelcina a San Giovan­ni Rotondo e feci la mia prima con­fessione da Padre Pio. Fu una con­fessione normale, ma già da allora la sua figura mi comunicava virtù e santità.
Ricordo che durante la celebrazio­ne della S. Messa, egli si trasfigura­va, richiamando la passione di Ge­sù: le lacrime, che scorrevano in­cessanti dai suoi occhi, erano co­sì tante che si riversavano sull'alta­re, mentre dalle mani gli sgorgava del sangue.
Tutto ciò che accadeva in quei mo­menti rinviava a Gesù. Potevo scor­gere Padre Pio muovere le sue lab­bra, probabilmente nel dialogo oran­te con il suo Signore, forza con la quale poteva scacciare il demonio che neppure in quel momento gli da­va tregua.
Il senso delle bilocazioni e dei fenomeni masticiL'ultimo giorno di questa prima permanenza a San Giovanni Roton­do, andai nella cella n.5 a salutare il Padre prima della partenza. Gli se­detti accanto e lui, di fronte ad alcu­ne mie domande, mi spiegò il senso delle bilocazioni dicendomi che at­traverso di esse Dio può concedere ad un individuo di essere presente contemporaneamente in due (o più) luoghi diversi. Non ne capii il signi­ficato e allora Padre Pio, vedendo­mi scettico, passò a parlarmi di Pie­trelcina e mi chiese di cosa mi oc­cupassi. Dopo circa un quarto d'ora ci salutammo con un abbraccio. Al­lontanandomi, lasciai sbadatamen­te la porta socchiusa e rivoltando­mi indietro vidi Padre Pio che bacia­va un bambinello che teneva fra le braccia: era Gesù Bambino. Non so esprimere quello che provai di fron­te a cotanta bellezza. Andai via sen­za disturbare.
Tornai successivamente a San Giovanni Rotondo e nelle mie assi­due confessioni capii che Padre Pio scrutava il mio animo a tal punto da svelarmi i peccati che avevo dimen­ticato o rimosso. Una volta, durante la confessione, mi fece dono di una parola che mi portò tanta consolazio­ne. Avevo un fratello prigioniero in Russia ed ero completamente igna­ro della sua sorte. Mia madre era af­franta e un giorno mi chiese di do­mandare a Padre Pio se mio fratello sarebbe tornato. Così ne parlai al Pa­dre ed egli mi rispose: «Tuo fratello é vivo e tornerà la vigilia di Natale». E così accadde: la sera della vigilia di Natale riabbracciammo mio fratello.
Durante uno dei miei soggiorni a San Giovanni Rotondo, conobbi un signore di Fano (PU) che aveva un amico paralizzato a letto da sette an­ni. Mi chiese di parlarne a Padre Pio. Lo feci, ed il padre mi disse: «Appe­na torni a Pietrelcina prendi carta e penna e quello che ti viene sotto pen­na scrivi». Io mi rifiutai, ma Padre Pio mi ordinò di farlo.
A casa lo feci e scrissi ciò che mi dettava il cuore, cioè che a giorni il suo caro amico sarebbe guarito. Mi pentii di averlo fatto. Tuttavia tredi­ci giorni dopo mi giunse una lettera dell'amico marchigiano, fui restio ad aprirla, ero convinto che il suo ami­co fosse morto, invece lessi che era guarito ed era tornato a lavorare.
La chiamata alle armiIniziai a comprendere il senso del­la bilocazione quando vidi Padre Pio in casa mia. Le sue visite erano fre­quenti.
Nel 1939 fui chiamato alle armi e, prima di partire, andai dal Padre do­mandandogli di pregare per me Ge­sù e la Madonna affinché allontanas­sero da me ogni pericolo. Egli mi ri­spose distar tranquillo che nel 1942 sarei stato di nuovo, come allora, ai suoi piedi. E difatti nel 1942 fui con­gedato e andai a San Giovanni Ro­tondo per ringraziarlo.
In quello stesso anno tornai a Pie­trelcina. Il paese era stato invaso dai tedeschi. Non mancavano spari e bombardamenti. La mia stessa casa era in pericolo, così pure le abitazio­ni di altre due figlie spirituali. In quei giorni il padre venne in bilocazione sia a me che alle due figlie dicendo: «Cosimo stai tranquillo, Pietrelcina sarà guardata come la pupilla degli occhi miei». Era la vigilia della festa di San Francesco. Il giorno dopo i Tedeschi se ne andarono dal paese.
La nascita dei figli
Nel 1943, ancora una volta mi recai a San Giovanni Rotondo accompa­gnato da mio zio e da un caro amico. Facemmo il viaggio in bicicletta e vi rimanemmo per otto giorni. Quando salutammo il padre per il ritorno, gli chiesi una preghiera per mia moglie che attendeva un bambino ed era al sesto mese, inoltre gli domandai che nome mi suggeriva per il neonato. Mi disse: «Cosimo, ti piace il mio nome? E mettilo chiaro e tondo: Pio». Il 17 marzo 1944 nacque Pio, ma ricordo che quindici giorni prima della sua nascita il Padre venne a trovarmi con S. Antonio ed entrambi indossavano un camice bianco e Padre Pio, con in braccio un bambino, disse rivolto a me: «Cosimo, ecco Pio».
Mia moglie, quattro anni dopo, fu nuovamente incinta ed in occasio­ne di una visita al Padre gli chiesi di pregare per lei e lui mi rispose: «Tua moglie si prepari per due - e aggiun­se - Si faranno suore e sante». Oggi sono entrambe suore, una presso le Suore Orsoline dell'Unione Romana e l'altra presso le Suore del Prezio­sissimo Sangue. Speriamo che an­che la terza le segua presto.
Altri incontri e visioniRiguardo al fenomeno della bilo­cazione del Padre, del quale mi è stato fatto dono di essere testimone, l'episodio certamente più rilevante ebbe luogo quando mio fratello era prigioniero in Russia. Un giorno vi­di Padre Pio in casa mia che mi dis­se: «Cosimo vuoi venire da tuo fra­tello in Russia? ». All'improvviso mi trovai in Russia e Padre Pio mi indi­cò mio fratello che stava assieme ad altri giovani.
Altro avvenimento importante mi rimanda al giorno di S. Anna. Quel pomeriggio ero impegnato nella trebbiatura con i buoi che giravano per l'aia. Ad un certo punto vidi che un temporale minaccioso comincia­va ad avanzare. Pregai il Signore di poter finire il lavoro. In un attimo la pioggia si fermò a circa cinquecen­to metri dalla mia casa. Ebbi poi una visione: vidi due angeli che con le ali tiravano un forte vento, mentre Gesù e Padre Pio mi aiutavano a preparare la paglia e la pula dal grano e così, in meno di un'ora, il lavoro che si do­veva fare in tre ore venne terminato.
Grazie all'intervento divino, quel giorno potei recarmi in chiesa e par­tecipare alla Novena, mentre i vicini di casa dovettero sospendere il lo­ro lavoro e si meravigliarono che la pioggia si fosse arrestata prima di raggiungere la mia aia che distava appena duecento metri dalle altre.
Accadde che una sera, tornato da San Giovanni Rotondo, a Pietrelci­na nevicava. Alla stazione, per ca­so trovai il dott. Cavalluzzo, medico condotto, che mi accompagnò in au­to fino a Pietrelcina. Per raggiunge­re casa mia, in campagna, mi rima­neva da percorrere ancora un chi­lometro e mezzo a piedi sotto la ne­ve attraverso una strada mulattiera fangosa. Indossavo un vestito nuo­vo e scarpe leggere e mi spiaceva rovinarli. Allora rivolsi il pensiero all`Angelo custode, Padre Pio. Era circa mezzanotte e mi trovai avvolto in una luce come se fosse quella del sole. Arrivai a casa senza infangar­mi né scarpe né vestito.
Il mattino seguente una vicina di casa, mi espresse la sua meraviglia per quella luce abbagliante in piena notte. Io diedi una risposta evasiva. Una notte capitò che, mentre mia moglie era fuori casa ed io ero da so­lo, si presentò una bellissima don­na. Questa mi propose che, se l'a­vessi accontentata, mi avrebbe da­to tutti i suoi beni. Io le risposi che una moglie ce l'avevo e che non vole­vo nessun'altra donna al mondo. Da­ta la mia resistenza, se ne andò ma con un rumore di catene tale da sve­gliare i vicini, i quali, il mattino suc­cessivo, vennero a chiedermi cosa fosse successo durante la notte pre­cedente. Pochi giorni dopo andai da Padre Pio raccontandogli l'accadu­to e aggiunsi che quella donna, ve­nuta a mettermi alla prova, avreb­be anche potuto sgozzarmi mentre dormivo. Il padre mi disse: «Se dor­mivi tu, vegliavo io», dimostrandomi che vegliava su di me giorno e notte.
La visione dell’inferno del Purgatorio e del ParadisoDopo il 1940 mi fermai a San Gio­vanni Rotondo per parecchio tem­po. Dormivo in una stanzetta nella casa di un mio compaesano stabili­tosi lassù. Una notte, mentre ero sve­glio, mi vidi davanti Padre Pio con Gesù bambino. Mi dissero: «Cosi­mo, vieni con noi che ti facciamo co­noscere l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso». Mi alzai dal letto e mi ve­stii. Dapprima mi trovai davanti ad una porta che si aprì e vidi del fuoco e diavoli con le corna. Lì mi fu chie­sto se tutto ciò mi piacesse, natural­mente risposi di no.
Poi passammo al purgatorio ove vidi un fuoco diverso che purificava le anime ed alla stessa domanda ri­sposi che neppure questo mi piace­va. In ultimo mi portarono in Para­diso e vidi Gesù sul trono circonda­to da angeli e santi. Anche qui Padre Pio mi domandò se mi piacesse e fe­ci cenno di sì perché potevo stare ac­canto a Gesù.
Allora Padre Pio mi disse: «Cosi­mo, se ti comporti bene staremo in­sieme vicino a Gesù». Fui felice di udire quelle parole. Da quella notte cerco di farlo per prolungare la no­stra amicizia in Paradiso.
Anche dopo la sua morte Padre Pio ha continuato a farmi visita e pro­prio uno dei nostri ultimi incontri fu per me molto commovente. lo e mia figlia restammo vittime di un inci­dente stradale che poteva essere per noi mortale; invece, ringraziando il buon Dio, io riportai la frattura della rotula e mia figlia se la cavò con una semplice lesione al naso. Per un me­se rimasi ingessato e costretto a let­to. Mi rivolsi ai Padri Cappuccini del convento di Pietrelcina domandan­do di ricevere la comunione a casa. Il confessore che avevo scelto dopo la morte di Padre Pio era assente e con altri non volli confessarmi. Una mattina mia moglie uscì di casa mol­to presto e sentii qualcuno salire le scale, un passo che conoscevo bene. Padre Pio entrò e si sedette al mio fianco. Gli domandai di confessar­mi ed egli mi rispose: «Cosimo, ma che peccati hai? Diciamoci un Pater Noster», e dopo mi diede la benedi­zione. Incuriosito, lo toccai e gli dis­si: «Padre, siete di carne» e lui mi ri­spose: «Sì, Cosimo, che sono di car­ne». Ci abbracciammo, e dicendomi arrivederci se ne andò, lasciandomi pieno di gioia celeste.
Avrei ancora tante cose da dire, perché dal 1931 ad oggi ho vissuto più a San Giovanni Rotondo che a Pietrelcina. Molto spesso ritorno a visitare la cella di Padre Pio e la sua tomba. Cosimo Ladanza Pietrelcina 2/1971 (Tratto da: “ La Casa sollievo della sofferenza”)
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Testimonianze e Grazie ricevute da Gesù Bambino di Praga
Buongiomo Padre,
sono una mamma che a gennaio dell'anno scorso ha vissuto l'orrore legato all'altissimo rischio di perdere il proprio bambino di appena tre anni a causa di una imponentissima e improvvisa emorragia cerebrale...
Un bimbo atteso per anni e avuto dopo molti tratto­menti e fatiche.
II 10 gennaio come tante altre mattine siamo andati all'asilo facendo la preghierina del mattino, l'ho la­sciato sano e felice...
Dopo neanche un'ora l'ho rivisto mentre stava en­trando in coma sdraiato in un lettino del pronto soc­corso dell'Ospedale S. Camillo di Roma, circondato da medici in lacrime e una neurorionimotrice che stringendomi il braccio mi diceva di essere forte.
Dopo un trasporto alla TIP del Gemelli dove in aiuto hanno tentato senza successo un intervento (poi ripetuto dopo venti giomi con altrettanto insuccesso) il mio bambino è stato tenuto in coma per quasi un mese durante il quale fra i vari oggetti benedetti, mia madre mi ha fatto avere l'olio della lampada del Ge­sù Bambino di Praga...
Sono state giornate interminabili e allucinanti ma al­trettanto intense nella preghiera, perchè era l'unica fonte di luce in quei momenti bui. Ungevo il mio bambino e recitavo (con mio marito) la preghiera e la coroncina più e più volte al giomo, ogniqualvolta ci era possibile entrare da lui, e abbiamo chiesto la grazia....
Uscito dal coma, mio figlio ha dovuto fare il mete­dove a scalare per tanti giomi, aveva le allucinazioni e i tremori tipici delle crisi di astinenza. È stato pesan­te...
II nostro bambino era inoperabile in modo tradizionale, i due tentativi di embolizzazione erano falliti, lui si era ripreso senza (direi già miracolosamente) aver riportato alcun deficit, ma il rischio di nuovo san­guinamento era altissimo e bisognava fare un altro tentativo...
Con mio marito abbiamo deciso di portarlo a Milano dove ci è stato indicato un Professore (il nome del professore è stato omesso dalla Reda­zione per ragioni di privacy) famoso a livello mondiale per il tipo di intervento che avrebbe dovuto fare al capo. Siamo partiti in treno nei giorni di peg­gior nevicate a Roma... Continuavamo a pregare e a ungere il nostro bambi­no, e anzi era proprio lui che chiedeva l'olio. È arrivato il giorno dell'interven­to: un’ora di studio e 5/6 ore di intervento «andatevi a prendere qualcosa» - c'era stato detto - «perchè ci vorrà parecchio»... Dopo non saprei neanche quanto tempo, ma certamente poco, è uscito il medico dalla sala operatoria con un sorriso fino alle orecchie, di­cendoci che Jacopo non sarebbe stato operato semplicemente perchè non c'era più bisogno di alcun in­tervento... dico la verità è stato altrettanto traumatico perchè inizialmente la sensazione era quella di non avere avuto la possibilità di «chiudere il cerchio». C'è voluto un po' di tempo. Nei giorni successivi ho donato (a fatica, ma con tutto il cuore) la boccettina con l'olio, a un papà che fuori dalla sala operatoria aveva atteso insieme a noi per fare una risonanza magnetica al suo bimbo Riccardo di due anni circa che aveva un grave problema a livello cerebrale... Ho tenuto l'immaginetta, chiedendo alle infermiere di di farmi una fotocopia da dare al papà di Riccardo affinchè potesse anch'egli recitare la coroncina e la preghiera. Non so come sta oggi Riccardo ma sono molto fiduciosa. Una cosa, però, so per certo: che Jacopo non ha mai dimenticato quella boccettina donata e, ancora oggi, continua a chiedermi l'olio. Mi piacerebbe molto portare il mio bimbo che sem­bra essere molto legato alla figura del Bambino Ge­sù, per fargli vedere la lampada da cui è provenuto l'olio.
Rringrazio TANTO per l'attenzione che vorrete porre a questa mia e-mail.
La Saluto cordialmente invialdole una foto del mio tesoro più prezioso in uno dei giomi più belli ed emozionanti della nostra vita... Che il Signore ci benedica
Affettuosi saluti e un GRAZIE di cuore
Michela e famiglia  (Tratto dalla rivista: “Messaggero di Gesù Bambino di Praga”)
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PADRE PIO E LA VERITA’
Nei momenti più acuti di confusione e di smarri­mento ricorrenti nella storia dell'u­manità, la Provvidenza è più volte intervenuta con manifestazioni di sapienza e d'amore, suscitando dei veri e propri giganti di santità a sti­molo di ravvedimento per i cuori tra­viati degli uomini. 1 santi: luce nel buio, speranza nel turbinare della tempesta, intermediari credibili per il difficile approdo alla verità.
Perché la scienza del mondo, da so­la, non ha gli strumenti per ricono­scerla. Duemila anni fa ci ha prova­to anche un governatore romano del­la Palestina, Ponzio Pilato, nel tenta­tivo di avere risposta da un israelita, Gesù di Nazareth, messo nelle sue mani dal sinedrio. Di lui si narrava­no qualità e poteri straordinari: for­se costui avrebbe potuto dimostra­re la propria sapienza, rispondendo ad una precisa domanda: "Che cosa è la verità? ".
Ma non fu soddisfatto: lui, pagano, non avrebbe saputo comprendere il linguaggio di questo singolare impu­tato, padrone e dispensatore della ve­rità, capace di donarla a chi credeva in lui. Lo aveva promesso ai suoi di­scepoli: "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi."
Agli uomini del nostro tempo è sta­to donato Padre Pio, unico sacerdo­te stimmatizzato nella storia della Chiesa "rappresentante stampato del­le stimmate di nostro Signore" come lo ha definito Paolo VI.
Tanti i suoi carismi, ma del tutto particolare la missione a lui affi­data della riaffermazione del valo­re assoluto di verità eterne e incon­testabili, in un mondo secolarizzato e sedotto dal relativismo. Un impe­gno che non è riconducibile al solo messaggio predicato ma si è esteso allo scaturire del vero da ogni gesto del suo ministero confessionale, del­la sua Messa, da tutto ciò che egli è stato, dal suo esistere divenuto vera e propria identificazione con il man­dato ricevuto.
Negli incontri con le innumerevo­li folle di anime che lo assediavano, lo Spirito gli concedeva un carisma particolare, superiore agli stessi fat­ti prodigiosi che sono stati a lui attri­buiti e che è consistito in un grado elevatissimo di discernimento del­le coscienze. Il dono straordinario di riconoscere e utilizzare ogni mi­nimo spiraglio apertosi nella coraz­za apparentemente impenetrabile di colpe e di indifferenza di tantissimi uomini lontani dalla fede e di far­vi entrare la sciabolata di luce del­la verità.
Un dono specialissimo dello Spirito, una sorta di luce che poteva accendersi nel cuore dell'uomo, una piccola fiaccola capace di prendere vigore e di avvamparsi. E per l'ani­ma disposta ad arrendersi e ad ac­cettarla, divenire un faro accecante, rivelatore di ogni anfratto comples­so e contraddittorio della coscienza.
I dubbi, le perplessità, il cambia­mento di vita che un mutato orienta­mento morale avrebbe comportato, restano tutti presenti alla ragione. Ma è così chiara quella luce e tanto il calore che emana e così forte il de­siderio di continuare a goderne che ogni rinuncia appare possibile anzi desiderabile.
Esperienza intima ineguagliabile per coloro che hanno compiuto que­sto cammino di conversione.
"Padre Onorato'; diceva Padre Pio al confratello che gli dava il braccio per sostenerlo nello scendere la sca­la verso il confessionale, in sacre­stia, "andiamo ad amministrare il sangue di Gesù':
Questo mandato, di cui sentiva fortemente la responsabilità, com­portava anche decisioni sofferte ma inevitabili: l'impossibilità ad assolve­re quei penitenti nei quali gli era da­to di scorgere l'assenza di reale pen­timento e di sincerità di propositi.
Anche per sé stesso, per mantene­re l'anima sua sgombra da ogni sep­pur veniale imperfezione, Padre Pio invocava con sospiri e lacrime la lu­ce della verità e questo episodio ne è la diretta conferma.
Attendo fuori della porta della cella numero cinque che Padre Pio esca, come suo solito, terminata la lettura dell'Ufficio. Però il tempo passa e, notando che l'uscio è soc­chiuso, mi affaccio all'interno. La stanza è in penombra: soltanto la luce di una lampada da lettura, con il paralume ulteriormente oscura­to da un fazzolettone blu sovrappo­sto, consente di intravedere la figu­ra del Padre. La testa affondata tra le braccia, posate sul piano del tavolo cui è seduto, il corpo scosso da sin­ghiozzi. Resto interdetto e sto per ritrarmi, ma mi ha sentito entrare e mi fa cenno di rimanere. "Padre, non si sente bene?". Scuote la testa, insegno di diniego: "Sto pensando a quando dovrò presentarmi al giudi­zio del Signore, quando Lui mi chia­merà e mi sento gelare persino den­tro le ossa':
Mi sembra incredibile e glielo di­co. "Padre, mi rendo conto che lei, per umiltà, deve dire così... ma se il suo timore fosse veramente fonda­to, che cosa dovremmo dire noi?".
Si asciuga gli occhi e un mez­zo sorriso gli spunta sulle labbra. "Fammi capire: secondo te l'umiltà e la verità, in questo caso, sarebbero in contrasto? Invece io ti dico che l'u­miltà non è che il riconoscimento del­la verità. Di più: è la verità stessa e ti faccio un esempio. Che cosa vedi in questa stanza?': "Veramente vedo poco, specie con quel fazzoletto scu­ro che c'è sul paralume".
`Allora appiccia la luce': Aziono l'interruttore e la lampada centra­le della stanza si accende. `E adesso, vedi meglio?". "Certamente, vedo di più anche se la lampadina è piutto­sto debole".
"Immagina adesso che questa stan­za venga illuminata con un faro da mille candele. Non vedresti ancora più cose? Perfino la polvere sui mo­bili?
E quando il Signore mi accende nell'anima una luce abbagliante, che mette allo scoperto tutte le mancanze, i difetti e le imperfezioni che si frap­pongono tra me e Lui, come vuoi che io possa rimanere indifferente? Che non mi butti in ginocchio di fronte a Lui e lo scongiuri, perché, anche un solo momento, prima di giudicarmi, mi dia la possibilità di conoscere fi­no infondo ogni mia colpa e chiedergli perdono?
Lui non è tenuto a tutto questo, ma io confido nella sua misericordia e nel suo amore!".
E la voce si incrina e le lacrime ri­prendono a scorrergli sul viso. (Tratto da: La casa della sofferenza”)
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GRATI ALLA MADONNA DI POMPEI
Abito a Roma e sono devota della Beata Vergine di Pompei e vostra assidua lettrice. Vorrei de­scrivere una mia esperienza avvenuta lo scorso luglio. Ero in casa e stavo seduta su una sedia a sdraio sul terrazzo quando, improvvisamente, mentre leggevo la vostra Rivista, ho sentito girare sotto di me la sdraio su cui ero seduta e sono caduta. La Madonna mi ha da­to la forza di poter reagire e pian piano di rialzarmi. Considerando che ho la protesi alle due ginocchia, sono riuscita da sola, attaccandomi al tubo dell'acqua, a met­termi in piedi. Ringrazio la Vergine che mi ha aiutato a evitare il peggio e mi ha dato la forza di reagire. Angela M. - Roma 
Carissima Vergine di Pompei ti scrivo questa lettera per dirti grazie per tutto quello che fai per la nostra famiglia. Ti ringrazio per essermi stata vicina nel giorno in cui sono stata sottoposta ad intervento chi­rurgico per l'asportazione di un'ernia discale, che mi aveva quasi paralizzato le gambe. Quell'intervento mi ter­rorizzava, ma grazie al tuo aiuto sono riuscita ad affron­tarlo con serenità. Da quel giorno sono trascorsi quasi due mesi. Sto lentamente riprendendo a camminare, ma non abbastanza da permettermi di uscire di casa autono­mamente, ma per questo io confido in te Vergine San­ta e t'imploro di aiutarmi ancora. Ti chiedo perdono per tutte le volte in cui la mia fede ha vacillato e mi sono fatta prendere dallo sconforto e dalla paura di non riuscire a guarire. Ti chiedo perdono anche per aver pensato che tu mamma cara ti fossi dimenticata di me e della mia sof­ferenza. Ti prego di restare sempre vicina alla nostra fa­miglia e soprattutto a mia figlia Valentina. Infine vorrei dirti grazie anche se con tanti anni di ritardo per aver concesso alla mia mamma di guarire miracolosamente da un tumore al pancreas di cui i medici non davano al­cuna possibilità di guarigione. M V. Maria Rosaria S. Maria Capua Vetere (CE)  
Mi chiamo Annarosa e sono iscritta alla Pia unio­ne del S. Rosario, ho 41 anni e sono sempre stata devota alla Beata Vergine del Rosario ed ho sempre sperimentato il suo aiuto. Quest'anno in par­ticolare, ho ricevuto una grazia speciale. In seguito ad un normale controllo di routine mi viene diagnosticata in se­de dell'ovaio sinistro una "massa pluriconcamerata" di 5 cm, così incominciano gli esami con i markers tumorali, io inizio a pregare, sono stata a Padova e ho fatto visita a San Leopoldo e Sant'Antonio. Poi ho chiamato anche voi in Santuario chiedendo delle preghiere. Nel frattempo ho iniziato sia i 15 sabati che la Novena d'impetrazione. Meraviglia! L'esame era negativo. Però la dottoressa mi aveva fatto un quadro non buono e cioè: diceva che era comunque una cisti complicata, di quelle che non se ne vanno via con due pillolette e se il Marcatore fosse stato positivo c'era da fare la totale. Sono tornata a casa con un nodo alla gola, ma ho continuato a pregare. Quando l'esito dei markers era risultato negativo, ho promesso che sarei venuta in pellegrinaggio a Pompei, per ringraziare la Madonna. Mio marito mi ha proposto questo pellegrinaggio e cioè scendere fino a Pompei (ed ero lì proprio di sabato!) e poi andare a San Giovanni Rotondo da S. Pio. Una notte ho sognato che al con­trollo successivo la cisti si era rimpicciolita grazie alla Madonna che ho pregato. Beh! Quando due giorni fa ho rifatto l'ecografia la cisti pluriconcamerata era spa­rita. Anche il mio medico ha detto che per il tipo di cisti era difficile che si riassorbisse e quindi non se lo sa spiegare. Ogni volta che vedo persone disperate, penso sempre che se avessero eseguito la Novena e i 15 sabati, avrebbero ricevuto senz'altro aiuto. Comunque la Madonna non abbandona mai i suoi figli. S Annarosa - Cassano D'Adda (MI)  
Sono una calabrese della città di Paola che vive a Milano da tanti anni. La Madonna di Pompei è sta­ta sempre nel mio cuore e presente nella mia fa­miglia. Nel mio giardino ho una grotta con l'immagine della Madonna di Pompei che mi ha sempre aiutata. Ma ora sono ancora più riconoscente perché nella mia grande disperazione per un dolore che avevo verso mia nuora, che in attesa di un bambino è stata molto male, io mi sono rivolta ancora una volta alla Vergine Santa che mi ha ascoltata ed ora mia nuora sta bene. Inoltre dopo pochi giorni mio nipote e sua moglie hanno avuto un in­cidente con la moto, la moglie gravissima senza speran­ze. Ho pianto tanto e ho supplicato la Vergine col suo bambino, dato che anche mio nipote ha un bambino di tre anni, dopo tanto dolore e tanto pregare la Mammina Celeste, sono stata ascoltata e mia nipote si è ripresa ed è in via di guarigione. Io sono una pellegrina che tutti gli anni viene a Pompei e questa volta ho promesso alla Madonna che avrei fatto pubblicare questa lettera. M. E. - Vermezzo (MI) 
Ringrazio la miracolosa Madonna di Pompei, che ha intercesso per me facendomi superare nel migliore dei modi un mio delicato stato di salute in cui ero caduta a causa di un infarto particolarmente grave. S. Arcangela - Caltagirone (CT) (Tratto da: “Il Rosario e la nuova Pompei” Anno 125 nov-dic. 2009)
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MI HA SALVATO UNA LACRIMA 
La storia della danna che i medici credevano morta e che invece era viva e ascoltava tutto quello che accadeva intorno a lei in ospedale. «Mi ha aiutato la fede», dice oggi
In un giorno di sole, nel grande parcheggio della fabbrica, una donna sta chiudendo la sua auto. Ha un formicolio e una forte emicrania. Chiama il marito, insieme vanno all'ospedale. 1 medici li tran­quillizzano: «La signora non ha niente», salvo smentirsi poco do­po aver verificato un gravissimo problema ai globuli bianchi, per cui la inducono in un coma far­macologico. Pochi giorni dopo ac­cade l'incredibile.
«Urlavo ma solo dentro di me»
Angèle, mamma e nonna cin­quantenne dell'Alsazia, in Fran­cia, si sveglia dal coma. Sente il ru­more del respiratore, le voci intor­no che si alternano al silenzio. Non vede ma sente tutto, assorbe quello che succede intorno. Vor­rebbe dire: «Sono tomata, buon­giorno!», ma si accorge che non ci riesce, che l'urlo, come lo chiama lei, resta interiore. Vorrebbe muo­vere le mani, ma non può. Aprire la bocca? Niente. È completamen­te intrappolata. Viva, ma carcera­ta in un corpo che le vieta ogni for­ma di comunicazione. Ha biso­gno di poco, Angèle, per capire che lì fuori i medici la considerano morta, cerebralmente morta: ma lei è viva. Come dirlo? Come urlarlo? Ci può essere un incubo più grande?
La figlia e il maritoArrivano le infermiere e tra loro s'informano: «Le faremo soltanto una medicazione al giorno. Fran­camente non ha senso accanirsi: morirà presto. L’ha detto il primario». Lei ascolta Arrivano i medi­ci: «Sa come ci si può assicurare se una persona è viva o morta?», do­manda un dottore al collega. «Prenda una tetta, così, e la pinzi tirandola violentemente... Ha vi­sto? Nessuna reazione. La benché minima! Non un fremito sulla pelle, non un cambiamento nel­l'espressione del viso. Niente. E le garantisco che a un dolore del ge­nere non si può restare impassi­bili... È un vecchio metodo, è vero, ma di quelli che è bene conosce­re sempre».
È un metodo da nazisti in campo di concentramento, in realtà. Ti­rare violentemente un capezzolo produce un dolore che scava la pelle, che raggiunge la colonna vertebrale, che paralizza tutto il corpo. E Angèle, anche se non l'ha potuto dire lì, ha provato uno dei dolori più lancinanti del­la sua vita.
Sono tutti convinti che sia morta. Tranne il marito Ray e la figlia Cathy. Loro non sanno cosa acca­de ma sperano. A loro si unisce il fratello di Angèle, Paul. Una fa­miglia che spera contro ogni spe­ranza. Mentre i medici consiglia­no di andare già all'agenzia fu­nebre, «Meglio prima che dopo», mentre già parlano di staccare la spina del respiratore. E Angèl sente tutto.
Il terzo nipotePassano i giorni e le notti, in quel 2009 assurdo. Un mattina la figlia di Angèle, Cathy, è accanto al letto. E lascia parlare il cuore: «Non preoccuparti mamma, mi prendo cura di papà, va tutto bene... Non devi lasciami. Non te l'ho ancor detto, ma vorrei avere un terzo figlio. Devi assolutamente vedere questo bambino! E lui non può non conoscere sua nonna».
Ricorda Angèle: «Mio marito, mia fi­glia, i miei nipoti. La mia vita. Questa vita così intima di cui so­no stata privata in modo strano. Ho l'impressione di soffocare». Ma Cathy vede qualcosa di stra­no. Dall'occhio della mamma esce una lacrima. Angèle sente il respi­ro affaffannato dei suoi cari intenti ad osservarla. Una lacrima? Allora è viva, davvero! Chiamano i medi­ci: «Mamma sta piangendo!». Ac­corrono ma freddano l'entusia­smo: «Non è una lacrima è un gel che usiamo nelle medicazioni». Non può essere, si ribella ora la famiglia di Angèle.
Era una lacrimaAvevano ragione loro. Era una la­crima. Angèle ce l'ha fatta, è riu­scita a far prevalere l’emozione sulla fissità del corpo. Una lacri­ma, una piccola lacrima, ha vinto il muro di quella recinzione col mondo. Una lacrima che era co­me un urlo, come una bandiera, come un salto su un'isola deserta al passaggio di un elicottero. Co­me una bottiglia lanciata in mare da un naufrago. Come un bigliet­to di aiuto, affidato al vento, e che il vento non ha tradito. Ci voleva­no le parole della figlia, il riferimento ai nipoti, al terzo che verrà, agli altri due. Ci voleva quel di­scorso sul prendersi cura di papà. Ci voleva qualcosa che risveglias­se la forza della vita, costretta in uno scafandro naturale, tradita da eventi incomprensibili. Si, era una lacrima e questa volta non c'era spazio per l'incredulità e il cini­smo: una lacrima la riconoscono pure i bambini, figurati i dottori. Racconta oggi: «Quanto è diven­tata preziosa questa lacrima? A­vrei voluto poterla tenere per sempre, conservarla in una scato­la come un gioiello, e poterla am­mirare di tanto in tanto. La felici­tà di Cathy mi irradia. Finalmen­te! Finalmente i miei familiari hanno la certezza che sono qui. Finalmente i medici capiranno!
Finalmente il mio stato miglio­ra, la paralisi regredisce. Ho ho mosso il mignolo, a­perto gli occhi... Sono progressi formidabili».
Inizia così un percorso lungo, len­to, di difficile riabilitazione. Angè­le come una bambina deve impa­rare a fare tutto da capo, perfino respirare e per mesi non vorrà ve­dere uno specchio.
Il sogno di un libroQuello che si fa strada invece è un progetto: scrivere un libro. Diven­ta un obiettivo e una missione. Racconta Angèle: «Un'idea folle? Forse. Si potrebbe pensare che nel mio stato dovrei avere preoccu­pazioni più urgenti, vitali, che la redazione futura del libro che parla della mia esperienza. Ma que­ste cose non si comandano: avevo un impellente bisogno di comu­nicare a mio marito e a mia figlia il progetto. Devo ricordarmi ogni cosa. Ne sarò capace? Devo lotta­re contro la tentazione di dimenti­care. È troppo forte quello che mi è successo! Così incredibile e fuo­ri dal comune. Questa storia do­vrà essere registrata da qualche parte. È talmente straordinaria che si potrebbe metterne in dub­bio la veridicità se non venisse im­pressa nero su bianco. Chi mi cre­derà tra qualche tempo? Io stessa, con il passare dei mesi, potrei arri­vare a chiedermi se le cose si sono davvero svolte in questo modo... Tutto quello che sto vivendo de­ve essere non solo scritto, ma an­che diffuso e conosciuto». Angè­le vuole diventare la portavoce delle "statue viventi", come lei chiama quelli come lei. Vivi ma irnmobili.
Il libro ora è uscito in tutta Europa e sta facendo discutere. S'intitola: Una lacrima mi ha salvato (Edizio­ni San Paolo) e mai come in que­sta occasione una frase dice vera­mente tutto. Senza quella lacrima, infatti, Angèle dove sarebbe ora? Le chiedo se l'amore delle perso­ne che ha avuto intorno l'ha aiuta­ta. Mi risponde di sì: l'amore, dice, e la fede. Pregare Dio e ricordare i suoi genitori, non più in vita ma sicuramente uniti a lei nei giorni della morte apparente, l'ha soste­nuta fino a quella lacrima e poi, in un modo diverso, ancora dopo. Oggi Angèle sta bene. Continua solo a domandarsi come possano alcuni medici, con tanta leggerez­za e tracotanza, decretare la vita o la morte delle persone. di Rosario Carello (da: “Voce di Padre Pio” - anno XLIV n. 21 - 12/2013)
[...Eluana Englaro, secondo voi, era cosciente o no? quando è stata "uccisa" il 9/2/2009?]
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TESTIMONIANZA
Dopo mesi dolorosissimi ora la mia Maria è felice per aver riscoperto Gesù
Castrovillari, 31 dicembre 2009
Mi decido a scrivere ad un an­no esatto dall'accaduto, dopo aver compiutamente ri­flettuto e meditato sull'evento, sulle sue conseguenze nella mia vita, su quella dei miei figli e della mia fami­glia.
Innanzitutto abbiamo, ulterior­mente, sperimentato l'Amore, la Mi­sericordia, la Bontà ed anche la Giu­stizia di Dio verso i suoi figli e, so­prattutto, verso coloro i quali Lo cer­cano attraverso l'esempio e la spiri­tualità di San Pio!
Abbiamo, ancora una volta, assa­porato la gioia di affidarci alla Sua Volontà di Padre, lasciandoci da Lui guidare in ogni circostanza.
Egli sa, come sempre del resto, trarre il Bene anche dai dolori più lancinanti e sconvolgenti.
Egli sa ridare la vita, anche quan­do tutto sembra perduto. Egli sa rad­drizzare la rotta di ogni esistenza, an­che quando sembra che l'onda fatale stia sommergendo la nave.
Coinvolti tutti in un grave incidenteÈ questo, infatti, il senso del gra­vissimo incidente stradale nel quale siamo stati coinvolti io, mio genero e due dei miei tre figli: il tutto accadu­to nella gelida serata del 27 dicembre 2008, nei pressi di Potenza, al ritorno da una bellissima giornata di racco­glimento e di preghiera, insistente­mente voluta da mia figlia, nella con­templazione della venerata salma del nostro Padre Pio.
Ricordo, ancora, il tremendo scontro frontale: lo schianto, lo scop­pio degli airbag, le urla disperate dei miei figli che viaggiavano nei sedili posteriori, l'uscita, con le nostre gambe, dall'autovettura distrutta, mia e di mio genero, malconci ma inco­lumi.
Gli interventi tempestivi del 118 e dei Vigili del Fuoco, la corsa delle ambulanze verso l'ospedale di Poten­za, l'efficiente servizio di Pronto soc­corso, il ricovero di mio figlio nella Divisione di Traumatologia e quello di mia figlia, con prognosi riservata, in quella di Neurochirurgia, le espres­sioni del Primario, prima di proferire la preoccupante diagnosi (frattura dell'epistrofeo e posizionamento di un frammento osseo ad un millimetro dal midollo): «Lei deve avere qualcu­no molto in alto che le sta vicino: nei casi di sua figlia o si muore subito o si rimane paralizzati. Ora, cerchiamo di scongiurare la seconda ipotesi!».
L'intervento chirurgico è stato evitatoIo sapevo infatti, dopo lo sconcer­to momentaneo al suono tragico di quelle parole, chi fosse il mio Amico altolocato: Padre Pio, che non mi a­veva abbandonato neanche un istante in quei frangenti convulsi e dolorosi; lo sapevano anche i miei figli e, so­prattutto, Maria che, fiduciosa, im­mobile, per circa un mese, non cessa­va mai di ringraziarLo e di invocar­Lo, nonostante molti, con ironia, le dicessero: «Che bel regalo hai ricevu­to da Padre Pio, dopo avergli fatto vi­sita!».
Le amorevoli cure degli Infermie­ri, la valentia del Primario e dei Me­dici dell'efficientissimo reparto di Neurochirurgia dell'ospedale di Po­tenza, evitarono a mia figlia un deli­cato, difficile e serio intervento chi­rurgico.
Con l'aiuto di una protesi doloro­sa, l'ALO, portata per altri tre lun­ghissimi mesi, avvitata nel cranio co­me una «moderna» corona di spine, mia figlia è riuscita a muoversi, a guarire lentamente.
Ora la frattura all'epistrofeo si è consolidata e, soprattutto, il fram­mento vagante si è calcificato: mia fi­glia è ritornata a condurre una vita normale.
In tutto questo la Mano di Dio, a­morevolmente sollecitata da San Pio, è stata sempre evidente e presente: ho riavuto una figlia, non solo dal punto di vista biologico, ella ha ritrovato se stessa, ha riscoperto quei valori nei quali fin da bambina era stata educa­ta e che, forse, aveva smarriti.
Il Signore l'ha strattonata per mo­strarle ancor di più il Suo Volto splen­dente, di Padre e Maestro; le ha dato, consapevolmente, il privilegio di ab­bracciare la Sua Croce per alcuni, do­lorosissimi mesi. Ora Maria è felice per aver riscoperto Gesù e se stessa!
La mia famiglia, il gruppo di pre­ghiera, i Gruppi della Diocesi, eleva­no ringraziamenti al Signore che, me­diante l'intercessione e la presenza incessante di San Pio, è vicino a chi lo cerca e a chi, anche mediante la sofferenza, vuole testimoniare il Suo Amore e la Gioia di appartenere a Lui Risorto, che ha vinto per sempre il dolore e la morte!
Gianni Donato capogruppo vicedelegato diocesano – da: “La Casa Sollievo della sofferenza”
  
TESTIMONIANZAHA AIUTATO MIA MADRE E STA AIUTANDO MEFino al 1989 Padre Pio non era venerato nella mia famiglia perché qualche anno prima della sua morte mia madre Gio­vannina Caggiano e mia sorella Maria Carmela si recarono a San Giovanni Rotondo a fargli visita in compagnia di un'ex suora, ma lui la avvicinò e la mandò via (perché non credente) e quindi mia madre rimase perplessa e in seguito riferì a noi la sua impressione. In prossi­mità della Pasqua del 1989 a mia madre fu diagnosticata una cisti al­l'ovaia, che risultò maligna. Fu ope­rata a San Giovanni Rotondo e fu costretta a fare sei cicli di chemiote­rapia. Ogni volta che mi recavo in ospedale a trovare mia madre pas­savo sempre prima in chiesa a pre­gare Padre Pio affinché la facesse vivere più a lungo possibile. Una notte lo sognai e mi disse: «Tua ma­dre non ha più bisogno di TAC, ri­sonanza e marker, lei è guarita». In­fatti mia madre è vissuta per ben 15 anni sino al 25 marzo 2004 (è mor­ta all'età di 80anni). Purtroppo il tumore l'ha fatta soffrire molto per tre anni, ma gli altri 12 anni li ha vissu­ti normalmente come se niente fos­se successo.
Nel luglio 2008 mi fu diagnosticato un sarcoma maligno alla mammella destra. L'11 agosto con mio marito, mia sorella Maria Carmela e con i suoi due figli ci recammo a San Giovanni Rotondo. Mentre erava­mo fermi davanti alla statua di ce­ra di Padre Pio posta nel confessio­nale, prima di scendere nella crip­ta, avvertii un dolore fortissimo alla mammella destra e una mano co­me d'acciaio che si infilò nel seno e immediatamente tornò indietro. Ho sentito la carne staccarsi dal co­stato. Guardando Padre Pio gli dis­si, piangendo, mentalmente: «Che cosa vuoi da me? Non ti basta la sof­ferenza di mia madre? Ora anche da me vuoi la stessa cosa?». Mi o­perai, ma il chirurgo disse che non poteva dare alcuna sicurezza sulla riuscita perché il tumore aveva già intaccato il muscolo. Ho sognato due volte Padre Pio nel 2009 e mi ha fatto capire che mi sta aiutando. Continuo ad effettuare i controlli e finora l'esito è negativo. ANTONIETTA CONENNA MASCHITO (PZ) - da: Voce di Padre Pio
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DA TERRORISTA A MISSIONARIO DI PACE
DA BELFAST A MEDJUGORJE - Il 1989 il Papa ha mandato un vescovo da Roma a Med­jugorje per sapere come si sviluppano le cose. Il Vescovo ha interrogato il primo parroco P. Iozo e lui gli ha risposto: "È impossibile dire al Papa tutto quello che qui la Madonna sta facen­do, perchè ogni persona porta in se un miraco­lo. Bisognerebbe interrogare tutti!".
L'attuale parroco, quando mi ha visto que­st'estate sul piazzale della sua chiesa a Medju­gorje in Iugoslavia, sapendo che il nostro gior­nale raccoglie i Miracoli della Madonna, mi si è accostato e mi ha detto: "È venuto qui un ter­rorista dell'IRA del Nord Irlanda, la Madonna l'ha convertito, e ora ha chiesto di diventare pre­te". Gli chiedo se mi può dire qualcosa di più preciso. Mi manda da Padre Slavko, che con­serva tutta la documentazione.
Vado subito da P. Slavko e mi dice: "Tu ca­pisci l'inglese, ho una cassetta dell'intervista che gli ho fatto io". Poi mi ferma e dice: "Aspetta, lui è qui, te lo cerco!". Io mi metto nel frattem­po a confessare le code di pellegrini di fianco alla chiesa. Dopo un po' mi vedo davanti P. Slavko con un uomo di mezza età coi capelli rossicci al vento: è lui! Dò l'assoluzione alla persona che stavo confessando e ci presentiamo. Gli chiedo se è disposto a rilasciarmi un'intervista e una fo­to per il nostro giornale. Accetta.
Mentre Padre Peter inizia il rosario alle sei, come preparazione alla messa e all'apparizione giornaliera della Madonna, iniziamo l'intervista con il primo uomo dell'IRA che incontro per il nostro giornale e nella vita. Intanto penso agli Italiani di Belfast che da pochi mesi mi hanno chiesto di collaborare col nostro giornale.
La mia storia di terrorista dell'IRA
Mi chiamo Marco Lenaghan sto studiando teologia nel seminario della Società Missionaria di S. Giuseppe in Dublino. Ho ventotto anni. La mia storia può iniziare quando la Madonna è apparsa qui a  Medj il 24 giugno 1981, quan­do stavo facendo il mio ultimo anno all'univer­sità di Belfast. Stavo studiando politica sovieti­ca, e la storia della Russia. Ero molto preso nel sistema Marxista. Ero profondamente contro Dio, contro la fede, contro la Chiesa. Studiavo filosofia marxista ed ateismo. Ero contro tutto ciò che non riguardava la politica marxista. Fu allora che iniziai a far parte come volontario nell'esercito dell'IRA. Già nel 1973 mi ero arruolato nell'esercito dell'Ira come ragazzo. Fa­cevo volantinaggio e altre cose del genere. Ma ero sempre ai margini dell'IRA. Fu nel 1979, a 18 anni che decisi di entrare definitivamente nel cuore dell'IRA. Così da quell'anno venni coin­volto in maniera vistosa nell'IRA. Decisi di far parte dell'ACTIVE SERVICE UNIT, nel perio­do in cui nel Nord la situazione era veramente calda e attiva. Io ero cosciente di quello che fa­cevo. Ero freddo e calcolatore nel voler far parte completamente dell'IRA.
Io credo nell'IRA.
Io penso che voi mai avete sentito i coman­damenti della morale dell'Irish Repubblican Ar­my. Bisognava essere uomini duri per combat­tere per la libertà, la fraternità, la pace e cose del genere. Ma ora se guardo indietro ci vedo rabbia, vendetta, aggressione, brutalità. Quan­do entrai nel training dell'esercito ho trovato queste caratteristiche negli uomini del coman­do. Passai poi dalla squadra di punizione (du­rante quel periodo ho ferito un prete che era an­tisocialista) all'esercito propriamente detto. Lì siamo stati allenati pesantemente con mitra, bombe a mano, bombe, esplosivo, pronti ad ammazzare e assassinare chiunque era nostro nemico e gli uomini della British Security For­ces. Per alcuni anni fui severamente coinvolto negli attacchi contro l'esercito britannico.
Uno degli insegnamenti fondamentali dell'I­RA era che quando tu uccidi, non deve essere il fucile che lo fa, ma il tuo cuore, sei tu che stai dietro il fucile e lo devi fare con tutte le tue for­ze con tutte le tue energie e la tua emozione. E ciò era vero. Io fui coinvolto in attentati selvag­gi, violenti, distruttivi come quello a... fu un or­gia di sangue dove abbiamo ferito molta gente. Ero cieco e senza cuore! Siamo arrivati ad un tale livello di degradazione che non ci emozio­navano per nulla le orge di sangue... quando pen­so che a noi bastava farsi un taglio per sentirci morire! Tale era la nostra mancanza di sentimen­to, di cuore, e di quelle cose che la Vergine par­la qui a Medjugorje: La pace la gioia, l'amore!
Dopo l'attentato terroristico 12 anni di carcere a Belfast
Fu il 15 febbraio 1982. Avevo appena porta­to a termine un attentato riuscito in Falls Road a Belfast. Avevo appena colpito un soldato e sta­vamo allontanandoci su di una moto. Io ero se­duto dietro e avevo ancora in mano il fucile che avevo usato per sparare. Fatto l'angolo piom­bammo nel mezzo di un posto di blocco dell'e­sercito. Non so come sono ancora vivo, solo Dio lo sa, perchè un soldato appena visto il mio fu­cile ha sparato. Non son stato colpito perchè la moto andò a terra e noi con essa. Alla corte il soldato confermò che mi stava colpendo, se la moto non fosse caduta. Ora capisco che quello fu per me uno dei momenti in cui Dio è interve­nuto nella mia vita. Fui soccorso dal mio ami­co, ma i soldati ci condussero nella prigione di Belfast. Fummo interrogati e condannati a 12 anni di prigione nel H Blocks.
Anche in prigione ero fortemente coinvolto negli affari dell'IRA, veramente deciso sul fronte più duro, nel campo dello spionaggio. Ogni truc­co, ogni conoscenza dell'Ira, ogni pianificazio­ne di complotti, io c'ero nel mezzo, completa­mente coinvolto e dedicato.
La Pasqua 1984 il mio cambiamentoFu il primo incontro con la realtà di Medju­gorje in prigione, e ha avuto un impatto rivolu­zionario su di me. L'occasione fu la messa di Pa­squa. Da notare che la messa era una brillante occasione per gli incontri di tutti i militanti del­la Ira dentro la prigione, dove si passavano in­formazioni, pianificavano varie cose, messaggi segreti. Il paradosso è che l'Ira usava proprio la Messa, l'Eucarestia per pianificare l'incontro di tali cose! Anch'io non avevo quel giorno nes­sun interesse per la messa, l'aspettavo per pas­sare informazioni e riceverne. Padre Kelly, il cappellano del carcere fu allora che incominciò a parlare di sei ragazzi che a Medjugorje in Iu­goslavia avevano l'incontro con la Vergine. Par­lò a noi, che ne ridevamo, della redenzione del­la gente che era caduta, che si era persa moral­mente, che aveva peccato. Medjugorje è un'era di perdono, di redenzione a gente che era cadu­ta, ferita, colpita, moribonda, persa, sofferen­te, dimenticata. Potevano essere sollevati. "Ba­stava si abbandonasse a Dio", alla Sua bontà, alla Sua misericordia, al suo perdono, se si apre il cuore a Lui, e lo ascoltiamo.
A quel punto per me ci fu una sfida difficile, una sfida difficile, difficile, difficile! Non co­noscevo la preghiera, non conoscevo il rosario, non conoscevo la messa, non conoscevo Cristo, non conoscevo nulla di Dio. Solo quando ero bambino partecipai a qualche cosa di rituale, ma per me era nulla. Non ci fu mai un'esperienza personale di Dio. Mai mi ero aperto a tali cose come mio padre e mia madre. In quel momento sentii che ero a confronto con la Verità. Fu così che al termine della Messa fermai il prete. Vole­vo maggiori informazioni su Medjugorje. Ma ero scettico che lui mi credesse. Come poteva credermi? Non poteva credere a me. Comunque lui mi disse: "Se vuoi altre informazioni, ti posso metter in contatto con queste persone che ti man­deranno altre informazioni. Ti possono mandare dei libri, dei fascicoli". "Ok! - io gli dissi - se vuole lo può fare". Quello fu per me il punto decisivo del mio cambiamento! Era come inizia­re ad aprire un poco una porta, che poi poco a poco si spalancò. Io ero confuso di quella richie­sta, tremavo.
Il sorriso di una veggente mi convinse che tutto era possibileFu così che mi arrivarono in prigione fasci­coli e libri su Medjugiorje. Iniziai a sfogliarli. Mi ricordo della foto di Vicka, una veggente, guardai la sua faccia. Ho sentito che quello che diceva quel volto era vero! Ho sentito che quel volto non mentiva! Ho sentito che ella stava sof­frendo. Che lei vedeva la Madre di Dio! Ada­gio mi aprii. Ma avevo il senso pratico dei pro­blemi a cui andavo incontro. Perchè quelli del­l'Ira mi premevano per farmi accorgere cosa sta­vo combinando. Ma iniziai a pensare ai disastri fatti come militante terrorista davanti a Dio, del­la immoralità di quello che era accaduto, della realtà dei Segreti, di Dio, dell'Amore, della Bon­tà... Iniziai a riflettere come poteva un uomo che aveva usato le bombe acquietarsi con la Bontà di Dio, l'Amore, la riconciliazione, il perdono: tali erano gli ostacoli che come roccia si pone­vano su questa nuova avventura. Ma adagio, adagio crescevo. E tutte le difficoltà che ave­vo si dissipavano. La più grave difficoltà era il pensiero dei miei tanti gravi peccati. Debbo dir­lo, fu la Bontà di Dio e di sua Madre a non far­mi fermare su questa strada. Capivo che ero a confronto con la Verità e che potevo accettarla come non accettarla.
Tra Dio e i compagni dell'IRA ho scelto la via della conversioneHo dovuto alla fine scegliere! Ho dovuto da­re le dimissioni dall'Irish Republican Army lì in prigione e ciò fu una grossa difficoltà!
Iniziai a pregare. Iniziai a propagandare i mes­saggi di Medjugorje in prigione. Iniziai a distri­buire i fascicoli su Medjugorje in prigione. Ini­ziai a diffondere le etichette di Medjugorje in pri­gione. E dei miei ex compagni alcuni accettava­no, altri no e altri ancora erano fortemente cri­tici contro quello che avevo iniziato a fare, scet­tici e arrabbiati.
Alcuni compagni dell'Ira iniziarono ad accet­tare in prigione i messaggi di Medjugorje, e una coppia di persone iniziarono a darmi aiuto nel­la distribuzione del materiale. E so che ora fuo­ri di prigione continuano quest'opera, e fanno parte di gruppi di preghiera secondo lo spirito dei messaggi di Medjugorje. Altri sono ancora in prigione e lavorano per Medjugorje, perchè hanno incontrato l'Amore. Conosco conversioni genuine avvenute in prigione. Io stesso ho tro­vato la Bibbia. Ho ricevuto il dono di capire quello che succede durante l'Eucarestia. Ho ap­prezzato la Messa, la preghiera. Ho iniziato a leggere la Bibbia in prigione assieme ad altri. Avevo prima paura, ma ho iniziato a leggere la storia di Davide, la sua esperienza nel peccato come assassino e adultero; poi ho capito che Dio ama tutti, anche i figli lontani. Ho sperimenta­to la potenza della preghiera. Quando fui mes­so in prigione, la mia famiglia, molte monache hanno continuato a pregare per me e hanno ot­tenuto la mia conversione. Pregando si manife­sta la potenza dell'Amore di Dio.
Dopo otto anni fui liberato e venni a Medjugorje a ringraziareFui liberato nella Pasqua dell'anno scorso e nell'agosto venni qui. Fu come venire alla casa di tutti. Avevo letto così tanto e l'avevo esperi­mentata così tanto nel mio cuore. Sono andato a trovare i veggenti Vicka e Marja. Vicka fin da quando vidi la sua foto in prigione compresi che è una bravissima ambasciatrice della presenza della Madonna qui. Di Marja ammiro la dolcez­za della spiritualità.
Il mio cammino verso la vocazione sacerdotaleFu attraverso l'eucarestia che iniziai a capire la grandezza di Cristo e provai sentimento ver­so la Messa. Ne parlai in prigione con Padre Kel­ly. Lui mi richiamò le responsabilità verso la po­polazione e la necessità di essere veramente umile di fronte a Dio, perchè questo dono di Dio non va a tutti. Bisogna accettare questo dono con umiltà. Padre Kelly mi seguì e dalla mia cenere scoprì questo dono, nonostante il mio passato, i miei disastri. Mi diede fiducia, ed iniziai la mia ricerca verso il sacerdozio. Così ho avuto un an­no di formazione, e tre anni di filosofia, perchè quella che ho fatto è filosofia marxista. Ho ini­ziato a studiare in prigione. Ora quando ritor­no farò teologia. Ho capito tramite Medjugor­je che gli uomini come noi terroristi, come i sol­dati dell'esercito britannico, le prostitute ecce­tera sono vittime di se stessi, della propria psi­cologia, della situazione sociale, economica, po­litica. Dio ha compassione di tutti noi, ci vuol aiutare e ci aiuta, come ha fatto con me a risol­levarci, a ritornare a Lui.
I due nemici si abbracciano a MedjugorjeNella Pasqua del 1989 ero seduto di fian­co alla croce vicino alla chiesa di Medjugo­rje, quando una ragazza mi si avvicinò e mi disse che c'era un signore inglese che avendo sen­tito qualcosa sul mio conto voleva parlare con me. Lui faceva il soldato a Belfast. Iniziò a dirmi che aveva avuto una simile esperienza religiosa come la mia, dopo aver servito nella British Army a Belfast alcuni anni fa. Mentre parlavamo venni a sapere che lui era di servi­zio in Falls Road a Belfast proprio nel momento in cui ero coinvolto nella sparatoria dopo la qua­le fui messo in prigione. Lo strano per la gente, ma non per Medjugorje, è capire come un uo­mo come me dell'Irish Republican Army e un uomo della British Army che nel 1982 a Belfast si sparavano uno contro l'altro, con una diffe­rente morale, cultura e tradizione ed emozioni si sono ritrovati qui a Medjugorje a stringersi la mano.
(Tratto da: “Cari figli, grazie per aver risposto alla mia chiamata” di padre Pietro Zorza)***************************************************************************
GRATI ALLA MADONNA DI POMPEI
Sono una devota della Madonna di Pompei. Desi­dero ringraziarla per le tante grazie che ha con­cesso a tutta la mia famiglia e, in particolare, a mio marito. Infatti, la prima volta l'ha salvato da un tumore ascellare. Noi eravamo preoccupati per le sue condizioni di salute perché i medici, inizialmente, erano piuttosto titubanti e non ci autorizzavano a sperare più di tanto. Dopo l'intervento chirurgico, tuttavia, tutto è andato per il meglio ed è guarito. Inoltre, grazie all'intercessione della Vergine di Pompei, mio marito che si è fratturato una gamba, in seguito ad un incidente stradale, è guarito sottoponendosi a due interventi chirurgici. Nella fa­se successiva, mentre stava recu­perando pienamente la funziona­lità dell'arto, gli è stata diagno­sticata un'infezione alla coleci­sti in uno stato molto avanzato e grave, tanto da essere ricoverato in ospedale dove è stato curato per quarantuno giorni. Ora, gra­zie al cielo e all'intercessione della Madonna di Pompei, sta be­ne ed ha risolto buona parte dei suoi problemi di salute. Una devota - U. S. A
 
Voglio ringraziare la Vergine Purissima che mi ha fatto ancora una grazia speciale. La Madonna di Pompei nella sua umile grandiosità, mi ha elar­gito un altro miracolo. Lei ascolta sempre le mie pre­ghiere! Io so che mi è sempre vicina, soprattutto nei mo­menti difficili, quando sembra non ci sia più una via d'u­scita. Noi siamo una famiglia normale che si accontenta di cose semplici e viviamo affrontando la routine quoti­diana di studio, lavoro, impegnandoci nel migliore dei modi e senza grosse pretese. Improvvisamente, e velo­cemente però, tutto è cambiato in una notte. La sera del 17 settembre 2005 è accaduta una cosa davvero inaspet­tata e che, a dir poco, ci ha sconvolto: mio marito cin­quantenne ed in piena salute, quella sera ha percepito un dolore fortissimo ed improvviso al fianco destro che si pensava fosse stato causato da banali coliche renali. Nei giorni a seguire, dato che il dolore persisteva, dopo ripe­tute visite al pronto soccorso e dal nostro medico di fa­miglia, fu diagnosticata un'embolia polmonare ed una pleurite con versamento. Incominciò così il nostro cal­vario: ricovero in ospedale e cure lunghe e pesanti per poter continuare a vivere. In quei momenti mi sentivo davvero persa e riuscivo a parare a malapena i colpi che ogni volta ricevevo dai colloqui con i medici. Ho affron­tato questo fulmine a ciel sereno con un coraggio che mi è stato donato dal cielo, altrimenti da sola non ce l'avrei mai potuta fare. È proprio da lassù che arriva la forza di continuare a correre per il lavoro, la famiglia e dare con­forto al marito, fino a quel momento sostegno e conforto in ogni situazione della vita, ora, in­vece, bisognoso di tutto e, soprattutto, del mio sostegno. Inoltre, si era appena ri­solta la crisi polmonare, che facendo altri controlli a mio marito gli è stata scoperta una cisti allo stomaco. Così lui è stato sottoposto a un intervento difficilissimo, tanto da stare in ospedale ancora per un mese. La mia vita in questi mo­menti si è completamente an­nullata: il mio pensiero era ri­volto solo a lui e ai miei figli, non c'era spazio per nient'altro. Trovavo conforto solo nelle pre­ghiere, pregavo giorno e notte e mi rivolgevo. alla Santa Vergine perché avesse pietà di noi. Poi, mio marito, finalmente, è stato dimesso e una volta a casa è stato curato scrupo­losamente da me e dai suoi figli. Anche quando, per sottoporsi a un secondo inter­vento chirurgico, è dovuto andare a Como. Pensavo di non farcela più e, invece, la Vergine San­tissima ci ha premiato ancora una volta. Mio marito, ora, si è ripreso abbastanza, riprendendo la sua vita normale ed é felice di essere in mezzo a noi. La Madonna di Pom­pei è grande ed elargisce sempre le sue grazie. Ada C. - Erba (CO)
 
Vorrei dare la mia testimonianza per una grazia che ho ricevuto dalla Vergine del Santo Rosario di Pompei. Dovevo essere operata di cataratta a entrambi gli occhi, ma essendo molto anziana (ho no­vanta anni),. temevo per le conseguenze dell'operazione. Tutto, però, è andato per il meglio e ringrazio infinita­mente la Madonna. Ora continuerò a chiedere la sua pro­tezione per la mia vista e la salute dei miei familiari. Grazie, mamma del Santo Rosario. Maria Concetta Pia - Asti
 
Qualche tempo fa, mio fratello si accorse di avere una ghiandola ingrossata all'altezza della ma­scella sinistra. Fu costretto, quindi, a consultare il suo medico, che gli somministrò degli antinfiamma­tori per alcuni giorni, ma senza risultati apprezzabili. La cosa andò avanti per un po' di tempo, fin quando non gli fu diagnosticato, presso un centro oncologico, un tumo­re alla base della lingua. Non riesco ancora a descrivere l'angoscia di noi tutti. Nella mia indegnità mi sono rivolta con viva fede alla Vergine di Pompei e dopo alcuni mesi di cure mio fratello è guarito grazie al suo aiuto. Ringrazio infinitamente Gesù e la Madonna per il loro intervento. Pasqualina C. - Sessa Cilento (SA)
 
(…) Tempo fa, precisamente durante la Seconda Guerra Mondiale, non avevamo più notizie di mio fratello, che si trovava in Croazia, e neanche del mio fidanzato che, a causa dei continui bombardamenti, si era trasferito, con la sua fa­miglia, da Catania in un paesetto vicino. Mi capitò non so come tra le mani un libretto con la Novena alla Ma­donna del Rosario, che propone, nei casi più disperati, di fare la novena in onore della Madonna per tre volte con­secutive, aggiungendo la recita completa del Rosario e la partecipazione alla Comunione alla fine di ogni nove­na. Mi sono rivolta alla Vergine con tutto il cuore e un'e­norme fede. Alla fine della prima novena abbiamo rice­vuto la notizia che mio fratello stava bene e che stava tornando. Alla fine della seconda, mio fratello è tornato a casa, dopo infinite peripezie. Alla fine della terza ero in chiesa per la benedizione serale con mia sorella che, a un certo punto, mi dice: "voltati". Guardo indietro e chi ve­do? Infondo alla chiesa c'era il mio fidanzato. Il mio cuore è scoppiato di gioia. Non sapevo come ringraziare la Madonnina che, nella sua infinita bontà, mi aveva a­scoltato. Nella mia piccola cerchia di familiari e amici ho raccontato tutto ciò, ma ora attraverso la vostra Ri­vista sono ben lieta di renderla di pubblica opinione. Nunzia R. - Siracusa
 
Desidero ringraziare con tutto il mio cuore, la Santissima Vergine di Pompei, per aver ascol­tato le mie preghiere in un momento di dispera­zione e di aver aiutato la mia piccola Asia. Confido in te Madonnina mia. Non mi stancherò mai di ringraziarti. Luigi M.– Napoli
Tratto da . “Il Rosario e la nuova Pompei” nr4 aprile 2008*********************************************************************************
TESTIMONIANZE DI GRAZIE DI SAN GIUSEPPE
Scrivo dalla provincia di Milano per soddisfare il desiderio di rendere pubblico un grazie grande a San Giuseppe, prima per una serenità ri­trovata con una fede più viva, poi per aver avuto modo di acquistare una casa dove non solo mi trovo bene, ma godo di un buon vicinato e ho fatto nuove amicizie. Il grazie a San Giuseppe lo devo a una mia nipote che mi suggerì la preghiera del Sacro Manto per uscire da una situazione un po' sofferente. Ho iniziato la preghiera e ogni gior­no che passava, avvertivo che le si­tuazioni complicate si stavano risol­vendo con mia grande soddisfazione e prima della fine della recita del Sacro Manto ho potuto riconoscere la mano potente di San Giuseppe. Monica
 
Caro Direttore, scrivo queste poche righe per mante­ner fede ad un impegno preso nei confronti di San Giuseppe. Avevo promesso al Santo che se aves­si ricevuto il suo aiuto in un momen­to particolare della mia vita lavorati­va ne avrei resa testimonianza sulle pagine della rivista. Ed eccomi qui a dire a lei ed ai lettori che, come sempre, nelle difficoltà, ri­cevo l'aiuto di San Giuseppe, malgra­do io ne sia immeritevole. Questa volta, dopo inutili tentativi di reperire una stanzetta dove poter esercitare la mia professione lavora­tiva (sono un architetto di 34 anni), vedendomi sbattere la porta in faccia anche da amici e colleghi, il Santo, nel mio ultimo tentativo in cui ho deciso di rivolgermi a Lui, mi ha let­teralmente spalancato le porte (in tutti i sensi), facendomi addirittura conoscere nuove persone e nuove oc­casioni di lavoro. (…) Per questo prego con il cuore San Giuseppe affinchè ciò che ha fatto per me lo faccia anche a coloro che pur non pregandolo e non cercando­lo sono nella difficoltà ... abbiamo tutti bisogno di Lui che ci viene in­contro con il suo asinello, portandoci in dono Maria con in braccio Gesù. Con affetto, Gianluca.
 
Vorrei condividere la mia esperienza di gioia vissuta sotto il manto di San Giuseppe. Io e mia moglie ci senti­vamo una coppia forte, giovane, con speranze e molti progetti. La vita era stata fino allora clemente con noi. Molto lavoro ma anche molte soddisfazioni. Dietro quel so­gno naturalmente c'erano i figli e la famiglia, e pieni di gioia ci siamo preparati per ricevere Maura. I me­dici ci dicevano che tutto era ok, e noi giovani ci sentivamo forti e sere­ni. Ma quando il giorno arrivò, dopo la felicita della nascita ci fu la sgradevole sorpresa della malattia. Il nostro Mauro soffre di una rara malattia genetica, è grave, e la dia­gnosi non è chiara ma fatale. L'ospedale provinciale dove è nato non è in grado di gestirlo e ci trasfe­riscono a Bergamo dove non sono neanche loro in grado di riceverlo. 24 ore dopo la nascita, con poche aspettative e l'anima distrutta ci trasferiamo al Gaslini di Genova dove è posta la nostra ultima spe­ranza. Là ci accolgono con diagnosi terribili e disegni di vita improponi­bili ed è li, dove la medicina sem­brava non poter arrivare, che ab­biamo trovato la strada di Dio con San Giuseppe alla guida.
Abbiamo affidato il nostro Mauro a Dio e abbiamo chiesto l'interces­sione di San Giuseppe per alleviare le sue sofferenze ma giorno dopo giorno, preghiera dopo preghiera, ci siamo accorti che il miracolo era dietro l'angolo. Abbiamo avuto fede e abbiamo chiesto per la sua salvez­za. I medici non avevano molte spe­ranze ma erano impressionati dalla forza di Mauro e dalla nostra fede. Giorno dopo giorno e dopo lunghi mesi (5), Mauro è uscito dal Gaslini per venire a casa. La malattia c'è ancora ma due miracoli sono stati concessi; il primo: ha respirato da solo pur avendo tutte le diagnosi contrarie. Il secondo: i suoi reni sono partiti a funzionare giusto quando tutte le tecniche di dialisi avevano fallito. In quei 5 mesi ho pregato tutti i giorni col Sacro Manto di San Giuseppe e per la sua intercessione. San Giuseppe non ha solo aiutato Mauro a venir fuori da quella crisi di salute ma mi ha fatto ritrovare anche la strada del Signore. Mi ha fatto ricordare il vero sapore della vita.
Un anno e mezzo dopo è nata Maria, anche lei ammalata come Mauro... ma questa volta non ci siamo sentiti soli, San Giuseppe ci sta dando la forza, l'esempio e la guida per accompagnare i nostri fi­gli nella loro strada, in questa loro croce offerta per la loro salvezza. Come tante volte promesso a San Giuseppe, voglio condividere questa esperienza positiva e di speranza per aiutare tutti coloro che sono in difficoltà, con uno speciale pensiero per i bambini. (…) Un caro saluto. Con gratitudine, Alexander
 
Desidero portare a conoscenza dei lettori la mia te­stimonianza circa la grandezza, la bontà e l'infinita misericordia` di Dio attraverso l'eccelsa figura del grande San Giuseppe. In tutte le prove difficilï della mia vita, come pure i momenti di sofferenza, il ri­correre alla sicura e potente inter­cessione di San Giuseppe mi ha do­nato sempre amorevole conforto e provvidenziale soccorso. Ogni qual volta tutto sembrava essere perduto e credevo che non vi fosse più nulla da fare, e quando ancora mi perva­deva quella terribile sensazione di impotenza, ecco che inspiegabil­mente si è fatto concreto e proficuo l'aiuto di Dio attraverso l'intercessione di San Giuseppe.
Tutte le volte che mi sono rivolto al Santo, chiedendone grazia e prote­zione, sono stato sempre esaudito, sebbene sia un peccatore e la mìa fede, a volte, si fa sbattere come una canna al vento.
Il consiglio che voglio dare a tutti i lettori, soprattutto a quelli che sono in condizioni difficili o vivono mo­menti di sofferenza fisica, morale o spirituale, è quello di ricorrere alla preghiera, quale strumento potente ed efficace per mettersi in comunio­ne con Dio e ricevere pace e sere­nità, chiedendo, a questo proposito, l'aiuto di San Giuseppe.
Ricorrete a lui, aiutandovi special­mente con la preghiera del "Sacro Manto" e sarete esauditi nelle vostre domande. San Giuseppe non fa preferenza alcuna tra gli uomini, di grande o poca fede, giusti o pecca­tori, la sua santità e magnificenza sovrasta sempre i limiti e le cado­cìtà umane.  Vincenzo F.- Francavilla Fontana, Brindisi
 
Dopo la morte di mio padre, tanto devoto di San Giuseppe e abbonato alla rivista, che penso già in para­diso con ì Santi, ho continuato io questa tradizionale devozione di famiglia, sicura di avere sempre Qualcuno a cui rivolgermi. Ho avuto tante tragedie e difficoltà, perso­nali e di famiglia, ma anche tante gioie e tante grazie dal Signore, ri­mettendomi sempre alla sua divina volontà. Ultimamente ero preoccu­pata per mio genero, che se pur lau­reato, non riusciva a trovare un la­voro, nonostante la sua buona vo­lontà. Dopo tante porte chiuse lo scoraggiamento ha preso il soprav­vento nel suo animo. Che cosa fare? A chi rivolgerci più? Ho pensato al­lora, con fede e speranza, di iniziare la preghiera del Sacro Manto. Non avevo ancora terminato trenta giorni previsti da questa pia devo­zione che mio genero è stato convo­cato per diversi colloqui con buone possibilità per un lavoro. Colgo l'occasione per ringraziare San Giuseppe, la Vergine Maria e Gesù per una grazia ricevuta alcuni anni fa, per la quale non avevo ancora ringraziato, per una situazione che avrebbe potuto sconvolgere la mia vita e tutta la mia famiglia. S.P
 
Sono una gio­vane mamma, con tanta gratitudi­ne desidero esprimere il mio sentito grazie e la mia riconoscenza al ca­rissimo "amico e protettore" San Giuseppe che mi ha sostenuta in momenti un po' difficili, conceden­domi anche tre grazie particolari. Ogni giorno mi rivolgo a lui perché ho ancora tanto bisogno del suo aiuto per la mia giovane famiglia e per tanti amici. Mentre continuo a pregare, diffondo con convinzione la devozione a questo grande Santo e protettore. Desidero pubblicare queste mie poche righe perché tante persone sappiano che S. Giuseppe è potente, ci fa aspettare ma non ci abbandona. Grazie! AZ
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DUE TESTIMONIANZE SUL SANTO ROSARIO
«Voglio vedere come muore un dannato»
San Clemente Hofbauer era uno specia­lista nel convertire i grossi peccatori. Non che usasse argomenti ingegnosi o molte insistenze. Il suo segreto era far i buoni, assicurarsi una potente corrente di grazia per mezzo loro. Poi, al giusto, faceva intervenire la Ma­donna.
Chiamato a visitare qualche infermo che abitava assai distante, diceva: «Tanto meglio, così potrò recitare più Rosari per lui».
La devozione del Rosario fu la sua ca­ratteristica. Quasi sempre, o camminando per strada, o sedendo al confessionale, te­neva in mano un piccolo Rosario che era dono carissimo fattogli da Pio VII. Aven­dolo casualmente perduto, ne fu afflittissi­mo e disse alle Suore Orsoline che pregassero per poter­lo ritrovare. E quando una suora lo trovò, egli tutto alle­gro le disse: «Voi in questo momento mi avete aiutato nella conversione dei peccatori, giacché ogni volta che lo recitai per un peccatore, ne ottenni la conversione».
       Un ammalato erano 22 anni che non si confessava. Fu chiamato padre Clemente. L'infermo, appena lo vi­de, diede in escandescenze e insulti, e gli intimò di andarsene all'istante. Alcune buone parole del sa­cerdote non servirono. Simulando di andarsene, si fermò sulla soglia. Il malato gli gridò: «Che cosa vuoi? Vattene e lasciami in pace». «No - ripigliò il Santo -, non partirò di qui, perché è già vicina la sua fine, e voglio vedere come muore un dannato».
Le parole colpirono l'o­stinato, che domandò per­dono. «Sì - rispose Cle­mente -, le perdono volen­tieri». «Ma Iddio mi per­donerà i miei peccati?», ri­prese l'altro. E così dicen­do scoppiò in un pianto dirotto.
Pentito si confessò e stringendo fortemente la mano del Padre che teneva il Crocifisso, morì in pace. C. Pasquali Madonna del Rosario n. 2/2008
 
Profilo del santoSan Clemente Hofbauer era un sacerdo­te della Congregazione del SS. Reden­tore, fondata da S. Alfonso M. de' Li­guori. Nacque il 21 dicembre 1751 a Tas­switz (Moravia meridionale). Morì il 15 mar­zo 1820. Venne beatificato il 29-1-1888 da Leone XIII, e canonizzato da S. Pio X il 20 maggio 1909.
In seguito fu dichiarato patrono secondario di Vienna e protetto­re dei fornai.
Roberta Beretta da Avvenire 
«Ucraina: la salvezza nel rosario»
Nell'Unione Sovietica, dove ogni manifestazione di re­ligiosità veniva perseguita, era impossibile trovare testi re­ligiosi e soprattutto le Sacre Scritture. Era proibito istruire i bambini e i giovani, riunirsi per celebrare le Sante Messe, per intonare canti religiosi. Perciò il Rosario era l'unico mo­do per i cattolici di placare la propria sete spirituale. All'e­poca in cui ogni forma di culto era vietata, il rito ritenuto dalle autorità più "inoffensivo" era il funerale ed era dun­que durante i funerali che i fedeli recitavano il Rosario.
Gli anziani insegnavano ai propri figli questa preghiera benedetta, appresa a memoria. Il Rosario era diventato per i fedeli "tutto". Vi erano pochissimi sacerdoti e per questo il potere perseguitava con accanimento qualsiasi forma di attività dei fedeli che incoraggiasse una coscienza cattolica. Un segno caratteristico, che il potere considerava il perico­lo più grande, era il cosiddetto "Rosario Vivo".
Lo Stato, che di fatto sterminò la Gerarchia ecclesiasti­ca, continuava a lottare contro i credenti. Tuttavia la fe­deltà alla Chiesa e la preghiera ispiravano le persone e le incoraggiavano a compiere gesti eroici. Ecco qualche esempio preso da un passato recente.
       Genowefa Pszonak, della parrocchia di Mostyska, negli anni '50, per aver insegnato ai bambini la catechesi e le pre­ghiere, fu condannata a due anni di lavori forzati. Oggi la sua tenacia e la sua fedeltà a Cristo sono un esempio per tutti. Nella parrocchia di Chargorod, nel 1961, le autorità decisero di chiudere una chiesa. I fedeli, per tre giorni e per tre notti, restarono in piedi attorno alla chiesa per non con­segnarne la chiave. Nel frattempo recitavano il Rosario. Al­la fine la chiesa fu circondata dalla milizia. Un uomo an­ziano, con i capelli bianchi, veterano di guerra, Petro Yay­netskyj, uscì dalla folla. Aveva in mano il Rosario. Si rivol­se al capo: «Figlio mio, ho passato tutta la guerra e sono so­pravvissuto. Ebbene, se vuoi, spara!». La milizia si ritirò.
Fatti simili sono numerosi, i testimoni se li ricordano. Tuttavia vi sono tanti altri atti di eroismo dei cattolici del­l'Ucraina ancora sconosciuti.
Scrivendo queste righe, all'improvviso mi sono reso conto di una verità: non posso immaginare mia madre sen­za il Rosario tra le mani, non posso immaginarmi i fedeli di quell'epoca tanto difficile del XX secolo senza Rosario, quei fedeli che percorrevano centinaia di chilometri per es­sere presenti, almeno per un'ora, alla Santa liturgia.
Non posso immaginarli senza Rosario. Per meglio di­re, non posso immaginarmi la rinascita della nostra Chie­sa in Ucraina senza Rosario.
Noi, figli del XX secolo, secolo di slancio del genio uma­no, secolo dei crimini più brutali, secolo di luminose sco­perte, secolo dell'onnipotenza della menzogna, secolo del­lo sviluppo degli ideali della democrazia e secolo della vio­lenza dei regimi totalitari, noi siamo divenuti partecipi dei sorprendenti cambiamenti che avvengono nel nostro Paese.
Il Signore, nel suo amore straordinario, ci ha dato la possibilità di vedere la rina­scita miracolosa della Chiesa. Noi ab­biamo salutato in Ucraina il Santo Padre Giovanni Paolo II nel giugno 2001!
Ci inchiniamo profondamente, colmi del più grande rispetto, dinanzi ai nostri padri, ai nostri predecessori che, come Abramo, credevano contro ogni speranza e come Abramo sono divenuti padri di molti popoli. Ci inchiniamo profonda­mente, dinanzi alla loro fede eroica in Dio nostro Signore e nella Santa Chiesa e ca­piamo che una delle più solide pietre an­golari nelle fondamenta della loro fede è stata una semplice e modesta preghiera a Dio Onnipotente, una preghiera alla San­tissima Vergine: il Rosario.
Markijan Trofimiak, Vescovo di Lutsk (L'Osservatore Romano, 26-04-2003)
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L’ACQUA DI LOURDES
Da qualche giorno guardavo il grande libro degli scritti di San Massimiliano Kolbe che la missio­naria Iolanda mi aveva regalato, e gioivo all'idea di avere finalmente tutte le lettere scritte dal Santo. Cominciai a leggerle la mattina presto, nel silenzio, per poterle gu­stare e meditare. E le lacrime mi scivolavano giù come la pioggia; a stento riuscivo a tamponarle per non rovinare le sottilissime pagine del libro.
Mi soffermai a lungo, una mattina, sulla lettera datata: Roma 6 aprile 1914, festa di Pasqua (SK 12). La prima parte di questo scritto mi fe­ce piangere a lungo; quelle parole mi penetravano nel profondo e mi facevano cogliere tutta la sapienza della spiritualità di P. Kolbe. Nella seconda parte della lettera, P. Mas­similiano comunicava alla mamma di aver avuto una brutta infezione ad un dito tanto da rischiare l'am­putazione. Grazie al P. Rettore, P. Luigi Bondini, l'ascesso guarì total­mente: non per intervento medi­co, ma in seguito a ripetuti lavaggi con l'acqua di Lourdes. Il P. Rettore stesso, all'età di 12 anni, si era ammalato ad un piede: un osso andava in cancrena ed il dolore era insopportabile. Decisa l'ampu­tazione del piede, la mamma, mossa dalla disperazione ed ani­mata da una fede profonda, bagnò la parte malata con l'acqua mira­colosa di Lourdes, e più tardi la parte di osso incancrenita si staccò e fuoriuscì dal piede senza incide­re la carne. Il piede non venne amputato... e il medico si convertì. Proprio qualche giorno prima che leggessi questa lettera, era venuta a trovarmi mia sorella Giu­sy, insegnante di religione a Caser­ta. Giusy aveva il dito indice della mano sinistra ricurvo, gonfio e do­lorante. Mi disse che non riusciva a dormire la notte e che - giù - i medici non riuscivano a capire co­sa avesse. Le terapie non funzio­navano ed erano tutti molto preoccupati. Mio fratello la portò a Modena, presso la clinica delle mani, dove le diagnosticarono senza ombra di dubbio un tumore osseo. L'intervento per rimuovere la parte di osso con relativo ra­schiamento era inevitabile. La riso­nanza magnetica non lasciava al­ternative. II Prof. Castagnetti la mi­se in lista d'attesa per l'intervento e la rimandò a casa. Ilo cominciai a pregare San Massimiliano e la Madonna chiedendo di attenuare al­meno il dolore... ma Loro due fe­cero molto di più! Feci avere a mia sorella dell'acqua di Lourdes ed insistetti ripetutamente che si ba­gnasse il dito più volte, accennan­dole telefonicamente ciò che ave­vo letto nella lettera del P. Kolbe. Dopo qualche giorno Giusy mi te­lefonò dicendo che quella mattina si era svegliata e all'esterno del di­to - incollato alla pelle intatta - ave­va trovato un pezzo di materiale scuro, che aveva staccayo senza problemi; il dito era sgonfio e non le faceva più male. A quelle parole un bri­vido strano mi attraversò la pelle; io non avevo racconta­to a mia sorella il particolare del piede di San Massimilia­no per non impressionarla, dato che è di carattere molto sensibile; le avevo solo detto che in uno scritto di San Massimiliano avevo letto una cosa analoga risoltasi con l'acqua di Lourdes, ma senza entrare nei dettagli. Le racco­mandai di non buttare via la materia dura staccatasi dal dito e di prenderla con sé, vi­sto che dal policlinico di Mo­dena l'avevano chiamata per l'intervento il lunedì succes­sivo. Giusy partì da Caserta dimenticandosi il pezzo, e dopo un'ora di viaggio do­vette tornare indietro a pren­derlo, data la mia raccomandazio­ne. Io le anticipai solo che le era successa la stessa cosa che avevo letto nella lettera del P. Kolbe, e che l'aspettavo con ansia.
Prima del suo arrivo ne parlai ad un'altra mia sorella di nome Mad­dalena e le dissi che secondo me era un miracolo. Lei mi guardò perplessa. Io non andai con lei il lunedì mattina (19 marzo 2007), preferii mandare mio fratello Nello, un po' lontano dalla fede, e il mari­to di Giusy. Rimasi a badare la pic­cola dolcissima peste di sua figlia, Marialuce.
Le raccomandai di dire subito al Prof. Castagnetti l'accaduto e di con­segnargli il pezzo di materia duro.
La mia gioia fu grande quando Giusy tornò a casa e mi rac­contò dettagliatamente cosa era accaduto al policlinico di Modena. II dottor Castagnetti chiese subito un microscopio, chiamò un altro dottore e poi altri ancora, guardava la risonanza magnetica, guardava il dito di mia sorella perfettamente intatto e poi guardava incredulo il pezzetto di materia duro.
Alla fine disse: "Questo, signora, è il pezzo d'osso che avremmo do­vuto togliere... In tanti anni di pro­fessione non ho mai visto una co­sa simile!". Poi aggiunse: "Ma lei, signora, è stata a Lourdes?". E Giu­sy disse: "Io no, ma mia sorella che è a casa, sì". Il dottore conti­nuò: "Non so proprio dare una spiegazione a tutto questo!". E Giu­sy ribadì: "Mia sorella Costanza che è a casa, saprebbe darla".
E così continuò raccontandogli la storia della lettera e di San Massi­miliano.
Il medico ascoltò perplesso, poi chiese a mia sorella di rimanere ancora un giorno in clinica perché voleva cercare di capire l'accaduto. Fece rifare una lastra a Giusy e le chiese di tornare il giorno dopo. Io non potevo lasciarmi sfuggire un'occasione così! Pensai di foto­copiare la bellissima lettera di San Massimiliano e di mandargliela in visione con anche la parte iniziale dello scritto. La lettera era molto lunga, ma io la fotocopiai tutta: vo­levo che P. Kolbe parlasse al cuore di quel dottore, così come aveva parlato al mio.
Ho evidenziato la parte dove il Ret­tore descriveva l'accaduto del pie­de, ho fatto una bella preghiera alla Madonna e a san Mas­similiano, e sono rimasta a casa ad aspettare, sem­pre con la piccola peste di Marialuce.
Giocavo con la bimba, ma il mio cuore non smetteva di pregare, speravo che il Prof. Castagnetti chiedes­se di tenere la fotocopia... e così fu.
Giusy mi raccontò che pri­ma lesse la parte che gli avevo evidenziato, escla­mando queste testuali pa­role: "Signora, a lei è suc­cessa la stessa cosa!". Poi chiese: "Ma questa sua sorella che è a casa è lau­reata in teologia?".
A quel punto rispose mio fratello, spettatore e testi­mone di tutta la storia: "No, Giusy è laureata in teologia! L'altra mia sorel­la è laureata in fede!".
Dette da mio fratello Nello, queste parole rimangono il complimento più bello che io abbia mai ricevuto. Il dottore chiese di tenere la foto­copia della lettera, poi disse che proprio non sapeva cosa scrivere sul referto, e aggiunse: "Metto tut­to tra virgolette perché è tutto in­credibile!".
Giusy, prima di ripartire, disse che cominciava proprio a innamorarsi di questo Santo e mi svaligiò lette­ralmente la libreria portandosi via tutto ciò che avevo su San Massi­miliano... Ma il librone grande... quello non glielo diedi.
Di tanto in tanto lo stringo al cuore e ripeto: "Grazie, Maria! Grazie, San Massimiliano!".
(Tratto dalla rivista: “Cavaliere dell’Immacolata”) di Costanza Cavallaio


 Il rosario dell'armata.
 Un uffiziale superiore scrivea così da Roma:
 «Mi troverei a mal passo, se volessi dire delle migliaia di rosari comprati dai nostri soldati e
da noi, perchè ci fossero benedetti dal Papa.
 «Eccone qui per otto franchi, diceva un fantaccino mostrando le mani piene nell'uscire di un
magazzeno. Mi son rimasti due soldi solo, ma fa lo stesso, intanto avrò da contentarne tutti i miei.
Verso sera incontro uno dei nostri coscritti che salia a gran passi la scala degli uffici della posta
francese. «Che hai tu qui? gli dissi. La tua lettera è molto grossa e pesante.
 «Capitano, è un rosario benedetto dar Papa, ch'io mando a mia madre.
 «Ma non sai che ti costerà un occhio della testa? un cinque franchi forse? farai meglio se
aspetti un occasione.» {274 [324]} «Non saprei quando, e poi m'incresce aspettare. Io non voglio
far perdere la pazienza a mia madre, immaginate se ne sarà allegra! oh io pagherò i cinque franchi.»
E corse ad impostare la lettera.

http://www.preghiereagesuemaria.it/grazie%20miracoli%20testimonianze%20fioretti.htm
http://www.armatabianca.org/es/que-es-armada-blanca/2-uncategorised/77-testimonianze-su-padre-andrea-d-ascanio-o-f-m-cap​
http://www.documentacatholicaomnia.eu/03d/1815-1888,_Bosco_Giovanni,_Vol_059_fatti_ameni_della_vita_di_pio_ix,_IT.pdf


Il Sacramento della Confessione

 
                 


Il Catechismo della Chiesa Cattolica sottolinea che "Quelli che si accostano al sacramento della Penitenza ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l'esempio e la preghiera".
È chiamato sacramento della Confessione poiché l'accusa, la confessione dei peccati davanti al sacerdote è un elemento essenziale di questo sacramento. In un senso profondo esso è anche una «confessione», riconoscimento e lode della santità di Dio e della sua misericordia verso l'uomo peccatore.
È chiamato sacramento del Perdono poiché, attraverso l'assoluzione sacramentale del sacerdote, Dio accorda al penitente « il perdono e la pace ».
La Confessione impegnava Padre Pio per molte ore della sua giornata. Egli la esercitava con visione introspettiva e non lasciava al penitente adito ad ambiguità. Non era possibile mentire a chi vedeva nell’anima. Spesso, di fronte ai penitenti più emozionati, era lo stesso padre Pio che elencava i peccati commessi dal penitente.
Padre Pio invitava alla Confessione, chiedendo di farvi ricorso, al più tardi, una volta alla settimana. Egli diceva: “Una stanza, per quanto possa essere rimasta chiusa, necessita di una spolverata, almeno una volta alla settimana”.
In questo Padre Pio era molto esigente, egli esigeva una conversione vera e propria e non transigeva coloro i quali si recavano al confessionale per la sola curiosità di vedere il frate “Santo”.
Un confratello raccontava: “Un giorno padre Pio negò l’assoluzione ad un penitente e poi gli disse: “Se vai a confessarti da un altro, vai all’inferno tu e quell’altro che ti da l’assoluzione”, come a dire, senza proposito di cambiare vita si profana il sacramento e chi lo fa si rende colpevole davanti a Dio.
Spesso infatti Padre Pio trattava i fedeli con "apparente durezza" ma è altrettanto vero che lo stravolgimento spirituale che quel "rimprovero" procurava alle anime dei penitenti, si trasformava in una forza interiore a ritornare da Padre Pio, contriti, per riceverne la definitiva assoluzione.
 
Un signore, tra il 1954 e il 1955 andò a confessarsi da Padre Pio, a San Giovanni Rotondo. Quando terminò l’accusa dei peccati padre Pio chiese: “Hai altro?” ed egli rispose, “No padre”. Il padre ripeté la domanda: “Hai altro?” “No padre”. Per la terza volta padre Pio gli chiese: “Hai altro?”. Al reiterato diniego si scatenò l’uragano. Con la voce dello Spirito Santo padre Pio urlò: “Vattene! Vattene! Perché non sei pentito dei tuoi peccati!”.
L’uomo rimase impietrito anche per la vergogna che provava di fronte a tanta gente. Quindi cercò di dire qualcosa…ma padre Pio continuò: “Stai zitto, chiacchierone, hai parlato abbastanza; ora voglio parlare io. E’ vero o non è vero che frequenti le sale da ballo?” – “ Si padre” – “E non sai che il ballo è un invito al peccato?”. Stupito non sapevo che dire: nel portafoglio avevo il tesserino di socio di una sala da ballo. Promisi di emendarmi e dopo tanto mi diede l’assoluzione.

Le bugie
 
Un giorno, un signore disse a Padre Pio. “Padre, dico bugie quando sono in compagnia, tanto per tenere in allegria gli amici.”. E Padre Pio rispose: “Eh, vuoi andare all’inferno scherzando?!”

La mormorazione
 
La malizia del peccato della mormorazione consiste nel distruggere la reputazione e l’onore di un fratello che ha invece diritto a godere di stima.
Un giorno Padre Pio disse ad un penitente: “Quando tu mormori di una persona vuol dire che non l’ami, l’hai tolta dal cuore. Ma sappi che, quando togli uno dal tuo cuore, con quel tuo fratello se ne va via anche Gesù”.
Una volta, invitato a benedire una casa, arrivato all’ingresso della cucina disse “Qui ci sono i serpenti, non entro”. E ad un sacerdote che spesso ci andava per mangiare disse di non andarci più perché li si mormorava.

La bestemmia
 
Un uomo era originario delle Marche ed insieme ad un suo amico era partito dal suo paese con un camion per trasportare dei mobili vicino a San Giovanni Rotondo. Mentre facevano l’ultima salita, prima di giungere a destinazione, il camion si ruppe e si fermò. Ogni tentativo di farlo ripartire risultò vano. A quel punto l’autista perse la calma e preso dall’ira bestemmiò. Il giorno dopo i due uomini andarono a San Giovanni Rotondo dove uno dei due aveva una sorella. Tramite lei riuscirono a confessarsi da Padre Pio. Entrò il primo ma padre Pio non lo fece neanche inginocchiare e lo cacciò via. Venne poi il turno dell’autista che cominciò il colloquio e disse a Padre Pio: “Mi sono adirato”. Ma Padre Pio gridò: “Sciagurato! Hai bestemmiato la Mamma nostra! Che ti ha fatto la Madonna?”. E lo cacciò via.
 
Il demonio è molto vicino a coloro che bestemmiano.
In un albergo di San Giovanni Rotondo non si poteva riposare né di giorno né di notte perché c’era una bambina indemoniata che urlava da fare spavento. La mamma portava ogni giorno la piccola in Chiesa con la speranza che Padre Pio la liberasse dallo spirito del male. Anche qui il baccano che si verificava era indescrivibile. Una mattina dopo la confessione delle donne, nell’attraversare la chiesa per far ritorno in convento, Padre Pio si ritrovò davanti la bambina che urlava paurosamente, trattenuta a stento da due o tre uomini. Il Santo, stanco di tutto quel trambusto, diede una pestata sul piede e poi una violenta pacca sulla testa, gridando. “Mo basta!” La piccola cadde a terra esamine. Ad un medico presente il Padre disse di portarla a San Michele, al vicino santuario di Monte Sant’Angelo. Arrivati a destinazione, entrarono nella grotta dove è apparso san Michele. La bambina si rianimò ma non c’era verso di farla avvicinare all’altare dedicato all’Angelo. Ma ad un certo punto un frate riuscì a far toccare l’altare alla bambina. La bambina come folgorata cadde a terra. Si risvegliò più tardi come se non fosse successo nulla e con dolcezza chiese alla Mamma: “Mi compri un gelato?”
A quel punto il gruppo di persone ritornò a San Giovanni Rotondo per informare e ringraziare Padre Pio il quale disse alla Mamma: “Di a tuo marito che non bestemmiasse più, altrimenti il demonio ritorna”.

Mancare all’Eucarestia
 
Un giovane medico, agli inizi degli anni ’50, andò a confessarsi da Padre Pio. Fece l’accusa dei suoi peccati e rimase in silenzio. Padre Pio chiese se avesse altro da aggiungere ma il medico risposte negativamente. Allora Padre Pio disse al medico “Ricordati che nei giorni festivi non si può mancare neanche ad una sola Messa, perché è peccato mortale”. A quel punto il giovane ricordò di avere “saltato” un appuntamento domenicale con la Messa, qualche mese prima.

La magia
 
Padre Pio proibiva ogni forma di ricorso allo spiritismo ed alle pratiche dell’occulto. Una signora racconta: “Mi confessai da Padre Pio nel mese di novembre del 1948. Tra le altre cose disse al Padre che nella nostra famiglia eravamo preoccupati perché una zia leggeva le carte. Il padre con tono perentorio disse: “Gettate via subito quella roba”.

Il Divorzio
 
Nella famiglia unita e santa, Padre Pio vedeva il luogo dove germoglia la fede. Egli diceva. Il Divorzio è il passaporto per l’Inferno.
Una giovane signora, terminata la confessione dei propri peccati, ricevette la penitenza da Padre Pio che le disse: “Devi chiuderti nel silenzio della preghiera e salverai il tuo matrimonio”.
La Signora rimase sorpresa perché il suo rapporto matrimoniale non aveva problemi. Dovette invece ricredersi di li a poco quando una tempesta colpì il suo rapporto matrimoniale. Lei era però preparata e seguendo il consiglio di Padre Pio, superò quel triste momento evitando la distruzione della famiglia.

L’Aborto
 
Un giorno, padre Pellegrino chiese a Padre Pio: “Padre, lei stamattina ha negato l’assoluzione per un procurato aborto ad una signora. Perché è stato tanto rigoroso con quella povera disgraziata?”.
Padre Pio rispose: “Il giorno in cui gli uomini, spaventati dal, come si dice, boom economico, dai danni fisici o dai sacrifici economici, perderanno l’orrore dell’aborto, sarà un giorno terribile per l’umanità. Perché è proprio quello il giorno in cui dovrebbero dimostrare di averne orrore. L’aborto non è soltanto omicidio ma pure suicidio. E con coloro che vediamo sull’orlo di commettere con un solo colpo l’uno e l’altro delitto, vogliamo avere il coraggio di mostrare la nostra fede? Vogliamo recuperarli si o no?”
“Perché suicidio?” chiese padre Pellegrino.
“Assalito da una di quelle insolite furie divine, compensato da uno sconfinato entroterra di dolcezza e di bontà, padre Pio rispose: “Capiresti questo suicidio della razza umana, se con l’occhio della ragione, vedessi “la bellezza e la gioia” della terra popolata di vecchi e spopolata di bambini: bruciata come un deserto. Se riflettessi, allora si che capiresti la duplice gravità dell’aborto: con l’aborto si mutila sempre anche la vita dei genitori. Questi genitori vorrei cospargerli con le ceneri dei loro feti distrutti, per inchiodarli alle loro responsabilità e per negare ad essi la possibilità di appello alla propria ignoranza. I resti di un procurato aborto non vanno seppelliti con falsi riguardi e falsa pietà. Sarebbe un abominevole ipocrisia. Quelle ceneri vanno sbattute sulle facce di bronzo dei genitori assassini.
Il mio rigore, in quanto difende il sopraggiungere dei bambini al mondo è sempre un atto di fede e di speranza nei nostri incontri con Dio sulla terra.

 


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