Jennifer Lawrence si sente terribilmente in colpa - Ho peccato
Jennifer Lawrence ha confessato di essersi sentita terribilmente in colpa dopo aver girato una scena romantica con lui: "È un uomo sposato !
Girare la prima scena di sesso con un uomo sposato è stata un'esperienza estremamente imbarazzante per Jennifer Lawrence. Il fortunato è stato l'attore Chris Pratt, marito dell'attrice Anna Faris e co-star della Lawrence nel nuovo film 'Passengers'.
A una recente round table, l'attrice premio Oscar ha rivelato un dettaglio fondamentale su “Passengers”, il nuovo film fantascientifico che ha girato con Chris Pratt. Ai due protagonisti è toccato "l'infausto" compito di realizzare una scena di sesso, ambientata in una nave spaziale in viaggio nel cosmo. Jennifer Lawrence ha condiviso l'esperienza con i giornalisti: "due settimane fa ho recitato nella mia prima scena di sesso ed è stato davvero strano. Ho deciso di ubriacarmi pesantemente, ma non è stata una buona idea, visto che mi ha reso più nervosa di quanto non fossi prima. Mi sono chiesta, ma che diavolo ho fatto ? Perché ?
Jennifer Lawrence si sente terribilmente in colpa - Ho peccato
Jennifer Lawrence ha confessato di essersi sentita terribilmente in colpa dopo aver girato una scena romantica con lui: "È un uomo sposato !
Girare la prima scena di sesso con un uomo sposato è stata un'esperienza estremamente imbarazzante per Jennifer Lawrence. Il fortunato è stato l'attore Chris Pratt, marito dell'attrice Anna Faris e co-star della Lawrence nel nuovo film 'Passengers'.
A una recente round table, l'attrice premio Oscar ha rivelato un dettaglio fondamentale su “Passengers”, il nuovo film fantascientifico che ha girato con Chris Pratt. Ai due protagonisti è toccato "l'infausto" compito di realizzare una scena di sesso, ambientata in una nave spaziale in viaggio nel cosmo. Jennifer Lawrence ha condiviso l'esperienza con i giornalisti: "due settimane fa ho recitato nella mia prima scena di sesso ed è stato davvero strano. Ho deciso di ubriacarmi pesantemente, ma non è stata una buona idea, visto che mi ha reso più nervosa di quanto non fossi prima. Mi sono chiesta, ma che diavolo ho fatto ? Perché ?
Ho provato un senso di colpa, ha continuato, che è il peggio sentimento in assoluto.
Così ho chiamato mia madre per farmi tranquillizzare. Ero così vulnerabile ! È stato tutto troppo intenso per me, non mi ero mai sentita così prima. Insomma anche la sbarazzina Jennifer ogni tanto prova sentimenti di vergogna, nonostante l'alcol in corpo e l'alibi della finzione cinematografica
Ho provato un senso di colpa, ha continuato, che è il peggio sentimento in assoluto.
Così ho chiamato mia madre per farmi tranquillizzare. Ero così vulnerabile ! È stato tutto troppo intenso per me, non mi ero mai sentita così prima. Insomma anche la sbarazzina Jennifer ogni tanto prova sentimenti di vergogna, nonostante l'alcol in corpo e l'alibi della finzione cinematografica
Per cercare di rilassarsi, l'attrice 25enne ha rivelato di aver fatto ricorso all'alcol e di aver successivamente chiamato la madre in cerca di supporto psicologico.
Intervistata dalla rivista The Hollywood Reporter, Jennifer ha ricordato: "Ho bevuto un sacco. Ma la cosa più ha resa ancora più ansiosa e, una volta giunta a casa, continuavo a ripetermi 'Cosa ho fatto? Non lo so.
Lui è un uomo sposato. Era la prima volta che baciavo un uomo sposato e il senso di colpa è una sensazione che ti si attacca allo stomaco. Sapevo che lo stessimo facendo solo per lavoro, ma non potevo di certo dirlo al mio stomaco!
Così ho chiamato mia madre e le ho chiesto: 'Puoi solo dirmi che andrà tutto bene?' Mi sentivo vulnerabile. E non sai fin dove spingerti. Cioè vuoi che la scena sembri vera e sia il più credibile possibile... Ma allo stesso tempo, non ero mai stata così vulnerabile prima di allora."
La sensazione di vergogna e imbarazzo pare sia stata quindi molto forte per l'attrice premio Oscar, sebbene sul set si respirasse un'atmosfera molto professionale.
"È stato strano. Tutto è stato fatto nel modo giusto. Nessuno ha fatto o detto qualcosa di sbagliato. Mi sono chiesta, 'ma che diavolo ho fatto? Perché? .Ho provato un senso di colpa.
---- Perché non dovremmo fare sesso prima del matrimonio?
----- http://wol.j_w.org/it/wol/d/r6/lp-i/102004524
----- http://www.amicib.org/e-peccato-avere-rapporti-sessuali-prima-del-matrimonio/
Dio vede tutto
Dio vede tutto ≈ Dio ci vede meglio di chiunque altro, vede tutto, ascolta tutto e conosce anche i nostri pensieri più segreti:E non v’è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo rendere conto. (Ebrei 4:13)
«Dobbiamo temere Iddio in pubblico, osserva qui San Agostino, dobbiamo temerlo in privato. Cammini? Egli ti vede. Splende la luce? Egli ti vede. è buio? Ti vede. Entri nella camera? Ti vede. Ah! temiamo colui che ha cura di tenerci l'occhio sopra, e temendolo guardiamoci dall'offenderlo (Serm. XLVI, de verbis Domini)». «Egli è tutto occhio, tutto mani, tutto piedi; perché tutto vede, tutto fa, ed è dovunque
(Epist. III ad Fortunat.)».
Questa cosa già aveva conosciuto e confessato Platone medesimo; avendo lasciato scritto: «Dio è tutto intelligenza, tutto occhio, tutto orecchio (Lib. II, cap. VII)». «Tutte le cose erano conosciute dal Signore prima che le creasse, leggiamo nell'Ecclesiastico; ed egli le vede tutte ora che sono fatte» (Eccli. XXIII, 29). Dio vede tutto, essendo il creatore, il conservatore, il governatore di tutte le creature... Tutte le cose stanno presenti innanzi a Dio, perché i tempi passati non passano per lui, come i futuri non arrivano per lui. Il passato non se ne va, tutto resta davanti i suoi occhi: l'eternità non ha né passato né futuro, tutto è presente... «Gli occhi del Signore sono più penetranti del sole, vedono l'uomo tutto intero, scoprono il. fondo dell'abisso, penetrano gli arcani più misteriosi del cuore» (ut sup. 28). «Le opere di tutti gli uomini sono palesi a Dio, niente si tiene celato ai suoi occhi; il suo sguardo abbraccia i secoli, e niente di straordinario, di meraviglioso succede alla sua presenza» (Id. XXXIX, 24-25). Dio, immobile nella sua eternità, vede ogni cosa dinnanzi a sé... Ah sì! «sappiano tutti gli abitanti della terra che voi siete il Dio che, contempla i secoli» (Id. XXXVI, 19). Voi contemplate, che è quanto dire voi provvedete, voi prevedete, voi ordinate, voi conoscete, voi governate, voi ricompensate, voi punite...
Signore, esclama S. Agostino nei suoi Soliloqui, voi considerate i miei passi e le mie vie, e notte e giorno vegliate alla mia custodia; voi notate tutto. Voi osservate i miei pensieri e le mie azioni con tale diligenza come se, dimenticando terra e cielo, di nient'altro vi deste pensiero se non di me solo. La luce immutabile della vostra vista non può crescere quando guardate una sola cosa, non può scemare quando le guardate tutte insieme. Come infatti vedete perfettamente un oggetto in particolare, così vedete perfettamente tutte le cose insieme, non ostante la loro diversità e dissomiglianza. Voi vedete tutte le cose, come se. fossero una sola, e ciascuna cosa come tutto a un tratto, senza divisione, o mutamento, o diminuzione. Voi siete tutto intero in tutti i tempi, senza che per voi vi sia tempo; voi mi vedete come se non aveste altra cosa a vedere. Voi vegliate sopra di me come se non aveste altro pensiero che di me solo. Voi vi mostrate sempre presente, e vi mostrate sempre pronto, se trovate pronto me stesso. In qualunque parte io sia, voi non vi allontanate, perché siete dappertutto, affinché dovunque io vada trovi voi, per il quale solamente io posso essere, affinché io non perisca privo di voi, non potendo esistere senza di voi. lo confesso che tutto ciò che faccio, dovunque lo faccia, lo fa in vostra presenza; tutto quello che io fa, voi lo vedete meglio di me che lo faccio. Voi infatti siete presente a tutte le mie azioni, come continuo testimonio di tutti i miei pensieri, di tutte le mie intenzioni, di tutte le mie gioie, di tutti i fatti miei. E quando io vi penso, o Signore, o Dio potente e terribile, io mi confondo di timore e di vergogna; perché una rigorosa necessità ci è imposta di vivere in giustizia e rettitudine, facendo tutto sotto gli occhi di un giudice che tutto vede. «Ricordati, scriveva S. Basilio ad un suo figlio spirituale, che tu sei sempre sotto lo sguardo di Dio il quale indaga e scopre i segreti del cuore, che vede quello che si cela in fondo all'anima. In tutto ciò che vuoi fare, esamina prima se è secondo Dio; quindi se è cosa retta innanzi al Signore, mettivi mano; ma se non lo è, non pensarci neppure (Ad fil. spirit.)».
«Ingannatore e impenetrabile è il cuore dell'uomo, dice Geremia, chi lo potrà conoscere? Io, il Signore che scruto il cuore e indago le viscere, che dò a ciascuno secondo i suoi fatti, e a proporzione dei frutti delle opere sue» (IEREM. XVII, 9-10).
Sempre ed incessantemente Dio ci guarda, sempre e continuamente Egli opera in noi; infine Egli è tutto in noi. (Deuter. VI, 15); o come si esprime S. Paolo: «Dio ci sta sempre vicino» (Philipp. IV, 5). «Come l'anima è la vita del corpo, dice S. Agostino, così Dio è la vita dell'anima; e come il corpo muore quando ne esce l'anima, così l'anima muore quando perde Iddio (Serm. XVIII, de Verb. Apost.)» Noi siamo talmente uniti a Dio fisicamente, che tutte le volte che respiriamo, aspiriamo Dio. Guardiamo di esserlo anche moralmente, sicché l'anima nostra non aspiri che a Dio, non pensi che a Dio, invochi incessantemente Dio. Dio è più e meglio in noi che non noi in noi medesimi; e vicendevolmente noi siamo in Dio come la luce è nell'aria e l'aria è nella luce.
PRESENZA DI DIO
TUTTO è PER IDDIO: DIO è DAPPERTUTTO. - Da Dio, in Dio, per Iddio, sono tutte le cose, dice S. Paolo (Rom. XI, 36). Tutto è dal Padre, per il Figlio, nello Spirito Santo, talmente che in Dio noi viviamo, ci muoviamo ed esistiamo (Act. XVII, 28). Dio tiene in suo potere la nostra vita, la nostra morte, il nostro tempo, la nostra eternità, la nostr'anima, il nostro corpo; noi dipendiamo da lui come i raggi dal sole, l'ombra dal corpo. Egli ci ha creati, Egli ci conserva, ossia ci crea continuamente con la sua paterna provvidenza; da lui abbiamo i nostri sensi interiori ed esteriori; da lui i beni temporali e le grazie spirituali.
Dice S. Gregorio: «Dio dimora in tutte le cose, fuori di tutte le cose, sopra tutte le cose, sotto tutte le cose. Sta sopra di tutto per la sua potenza, al di sotto di tutto per il sostegno che dà a tutte le cose; è al di fuori per la sua grandezza, al di dentro per la sua sottigliezza. Egli è uno e insieme tutto. Dappertutto ci sostiene presiedendo a tutte le cose e presiede sostenendo dovunque ogni cosa: circondandola la penetra, e penetrandola la circonda; al di sopra di tutte le cose, tutto governa senz'affanno, tutto sostiene Senza fatica. Egli è adunque al di sopra e al di sotto senza luogo, è al di là di tutto senza estensione (Moral. l. II, c. VIII)». S. Bernardo dice: «Pecca là dove sii sicuro che non si trovi Dio; ah! non c'è luogo fuori di questo Essere infinito (De modo bene viv., c. XXIX)». «Perché se salgo al cielo, là egli dimora, se mi sprofondo nell'inferno ve lo trovo: se prese le ali in sull'aurora me ne volo ad abitare all'estremità dei mari, colà la destra sua mi guida e trasporta» (Psalm. CXXXVIII, 8-10).
DIO VEDE E CONOSCE TUTTO. - «Non vi è creatura invisibile a Dio, scrive il grande Apostolo, ma tutto è aperto e chiaro ai suoi occhi» (Hebr. IV, 13). Questo faceva dire a S. Agostino: «Se vuoi commettere peccato, cerca un luogo dove Iddio non ti veda, e allora fa' quello che vuoi (De Spiritu et Anima)». Ma dove trovarlo questo luogo, se Iddio, secondo la sua parola medesima, penetra le viscere e legge nel cuore? (Apoc. II, 23).
Di questa verità si mostra ben persuaso il re Davide i cui salmi spirano i sensi della più viva fede nella presenza di Dio. « Voi avete posto le nostre iniquità dinanzi al vostro cospetto, e la nostra vita è stata rischiarata dalla luce della vostra faccia» (Psalm. LXXXIX, 8). «Egli (Dio), non dormirà punto; non mai sonnecchia quegli che guarda Israele» (Psalm. CXX, 4). «Voi avete conosciuto, o Signore, il momento del mio sonno e il punto del mio svegliarmi; scoprite da lungi i miei pensieri. Voi conoscete tutte le cose, quelle che furono come quelle che sono; voi mi avete plasmato e posto sulla vostra mano. La vostra scienza è meravigliosamente innalzata al di sopra di me, e non posso raggiungerla. Dove andrò io dinanzi al vostro soffio? Dove fuggirò a nascondermi dal vostro sguardo? Io ho detto: Forse le tenebre mi celeranno, e la notte coprirà i miei piaceri. Ah! davanti a voi le tenebre non hanno oscurità e la notte splende come il giorno; il buio e la luce sono per voi una sola e medesima cosa» (Psalm. CXXXVIII, 2, 3-7, 12). «Il Signore conosce tutti i pensieri degli uomini» (Psalm. XCIII, 11), «e le sue pupille interrogano i figli degli uomini» (Psalm. X, 5).
«Dio è il vero scrutatore dei cuori, nelle sue mani siamo noi e i nostri discorsi e tutta la nostra sapienza e la scienza delle opere e la regola della vita», dice il Savio (Sap. I, 6). - In manu illius, et nos, et sermones nostri, et omnis sapientia, et operum scientia et disciplina (Id. VII, 16). La stessa cosa ripete la Scrittura dove nota che il Signore è il Dio delle scienze; che egli penetra col suo sguardo il cuore, e che egli dispone i pensieri (I Reg. II, 3) ; (Ib.).
L'autore dei Proverbi ci assicura che tutti i portamenti dell'uomo sono manifesti agli occhi di Dio; il quale pesa gli spiriti, cioè li dirige, li dispone, li misura, li pesa, li giudica (Prov. XVI, 2). «Dio osserva le strade degli uomini e considera tutti i loro andamenti; in ogni luogo i suoi occhi contemplano i buoni e i cattivi» (Prov. V, 21); (Ib. XV, 3). Dio guarda dall'alto dei cieli, o meglio dal profondo della sua eternità vede, considera tutto quello che si fa nel cielo, su la terra, negli inferni; tutto quello che è passato, presente, futuro; tutti gli arcani e i misteri del cuore. Ora dobbiamo anche noi, a nostra volta, vederlo, rispettarlo e ricordarci di lui in ogni tempo e luogo.
«Dobbiamo temere Iddio in pubblico, osserva qui S. Agostino, dobbiamo temerlo in privato. Cammini? Egli ti vede. Splende la luce? Egli ti vede. è buio? Ti vede. Entri nella camera? Ti vede. Ah! temiamo colui che ha cura di tenerci l'occhio sopra, e temendolo guardiamoci dall'offenderlo (Serm. XLVI, de verbis Domini)». «Egli è tutto occhio, tutto mani, tutto piedi; perché tutto vede, tutto fa, ed è dovunque (Epist. III ad Fortunat.)». Questa cosa già aveva conosciuto e confessato Platone medesimo; avendo lasciato scritto: «Dio è tutto intelligenza, tutto occhio, tutto orecchio (Lib. II, cap. VII)». «Tutte le cose erano conosciute dal Signore prima che le creasse, leggiamo nell'Ecclesiastico; ed egli le vede tutte ora che sono fatte» (Eccli. XXIII, 29). Dio vede tutto, essendo il creatore, il conservatore, il governatore di tutte le creature... Tutte le cose stanno presenti innanzi a Dio, perché i tempi passati non passano per lui, come i futuri non arrivano per lui. Il passato non se ne va, tutto resta davanti i suoi occhi: l'eternità non ha né passato né futuro, tutto è presente... «Gli occhi del Signore sono più penetranti del sole, vedono l'uomo tutto intero, scoprono il. fondo dell'abisso, penetrano gli arcani più misteriosi del cuore» (ut sup. 28). «Le opere di tutti gli uomini sono palesi a Dio, niente si tiene celato ai suoi occhi; il suo sguardo abbraccia i secoli, e niente di straordinario, di meraviglioso succede alla sua presenza» (Id. XXXIX, 24-25). Dio, immobile nella sua eternità, vede ogni cosa dinnanzi a sé... Ah sì! «sappiano tutti gli abitanti della terra che voi siete il Dio che, contempla i secoli» (Id. XXXVI, 19). Voi contemplate, che è quanto dire voi provvedete, voi prevedete, voi ordinate, voi conoscete, voi governate, voi ricompensate, voi punite...
Signore, esclama S. Agostino nei suoi Soliloqui, voi considerate i miei passi e le mie vie, e notte e giorno vegliate alla mia custodia; voi notate tutto. Voi osservate i miei pensieri e le mie azioni con tale diligenza come se, dimenticando terra e cielo, di nient'altro vi deste pensiero se non di me solo. La luce immutabile della vostra vista non può crescere quando guardate una sola cosa, non può scemare quando le guardate tutte insieme. Come infatti vedete perfettamente un oggetto in particolare, così vedete perfettamente tutte le cose insieme, non ostante la loro diversità e dissomiglianza. Voi vedete tutte le cose, come se. fossero una sola, e ciascuna cosa come tutto a un tratto, senza divisione, o mutamento, o diminuzione. Voi siete tutto intero in tutti i tempi, senza che per voi vi sia tempo; voi mi vedete come se non aveste altra cosa a vedere. Voi vegliate sopra di me come se non aveste altro pensiero che di me solo. Voi vi mostrate sempre presente, e vi mostrate sempre pronto, se trovate pronto me stesso. In qualunque parte io sia, voi non vi allontanate, perché siete dappertutto, affinché dovunque io vada trovi voi, per il quale solamente io posso essere, affinché io non perisca privo di voi, non potendo esistere senza di voi. lo confesso che tutto ciò che faccio, dovunque lo faccia, lo fa in vostra presenza; tutto quello che io fa, voi lo vedete meglio di me che lo faccio. Voi infatti siete presente a tutte le mie azioni, come continuo testimonio di tutti i miei pensieri, di tutte le mie intenzioni, di tutte le mie gioie, di tutti i fatti miei. E quando io vi penso, o Signore, o Dio potente e terribile, io mi confondo di timore e di vergogna; perché una rigorosa necessità ci è imposta di vivere in giustizia e rettitudine, facendo tutto sotto gli occhi di un giudice che tutto vede. «Ricordati, scriveva S. Basilio ad un suo figlio spirituale, che tu sei sempre sotto lo sguardo di Dio il quale indaga e scopre i segreti del cuore, che vede quello che si cela in fondo all'anima. In tutto ciò che vuoi fare, esamina prima se è secondo Dio; quindi se è cosa retta innanzi al Signore, mettivi mano; ma se non lo è, non pensarci neppure (Ad fil. spirit.)».
«Ingannatore e impenetrabile è il cuore dell'uomo, dice Geremia, chi lo potrà conoscere? Io, il Signore che scruto il cuore e indago le viscere, che dò a ciascuno secondo i suoi fatti, e a proporzione dei frutti delle opere sue» (IEREM. XVII, 9-10).
Sempre ed incessantemente Dio ci guarda, sempre e continuamente Egli opera in noi; infine Egli è tutto in noi. (Deuter. VI, 15); o come si esprime S. Paolo: «Dio ci sta sempre vicino» (Philipp. IV, 5). «Come l'anima è la vita del corpo, dice S. Agostino, così Dio è la vita dell'anima; e come il corpo muore quando ne esce l'anima, così l'anima muore quando perde Iddio (Serm. XVIII, de Verb. Apost.)» Noi siamo talmente uniti a Dio fisicamente, che tutte le volte che respiriamo, aspiriamo Dio. Guardiamo di esserlo anche moralmente, sicché l'anima nostra non aspiri che a Dio, non pensi che a Dio, invochi incessantemente Dio. Dio è più e meglio in noi che non noi in noi medesimi; e vicendevolmente noi siamo in Dio come la luce è nell'aria e l'aria è nella luce.
VANTAGGI DELLA PRESENZA DI DIO. - 1° La presenza di Dio esclude ogni peccato, dice S. Gerolamo (In Ezech. 1. VII, c. 22), ed è rimedio efficacissimo contro ogni genere di vizi, dice S. Basilio (In Psalm.). Perciò San Ignazio scriveva a Gerone: «Ricordati di Dio, e non cadrai mai in peccato».
2° La presenza di Dio rende costante nel bene e quasi impeccabile. «Io ho sempre dinanzi agli occhi miei il Signore, diceva il Profeta; egli sta alla mia destra, ed io non patirò scossa veruna» (Psalm. XV, 8). «Deh! invocate, cercate il Signore, tenetevi del continuo alla sua presenza e riceverete stabilità e saldezza » (Psalm. CIV, 4). Rammentando la presenza del giudice, che sa tutto, si prende vivo orrore al vizio e lo si schiva, nota Boezio; si ama e si pratica la virtù (De Consol. 1. V, p. VI). Giuseppe è violentemente assalito: che fa? si richiama al pensiero la presenza di Dio dicendo: «Come mai posso io commettere questo male e peccare in faccia al Signore mio Dio?» (Gen. XXXIX, 9); ed esce vittorioso della tentazione. Susanna anch'essa è fortemente sollecitata, si ricorda che Dio la vede e trionfa (DAN. XIII). Tertulliano ribatteva le calunnie dei nemici e dei persecutori dei cristiani, accusati di vari e gravi delitti, rispondendo che ne erano incapaci, perché sanno che sono sotto gli occhi di Dio, loro giudice incorruttibile, e questo pensiero li rende come impeccabili (Apolog.).
3° Il ricordo della presenza di Dio ci fa osservare la sua santa legge. Ne dà la prova il Salmista: «Signore, se l'anima mia ha osservato i vostri precetti e li ha grandemente amati; se ho custodito la vostra legge e Adempito i vostri voleri, è perché fa tutte le mie azioni alla vostra presenza» (Psalm. CXVIII, 167-168).
4° Per la presenza di Dio i nostri nemici sono messi in fuga. «Il terrore investe i nemici della salute, leggiamo nella Scrittura; ed essi si dànno alla fuga in presenza del Dio che vede tutto» (II Mach. XII, 22). La presenza di Gesù Cristo cacciava legioni di demoni dai corpi degli ossessi; non meno efficace a scacciare i demoni dall'anima nostra è il ricordo della presenza di Dio. Il mondo, la concupiscenza, l'inferno, tutto è vinto ed atterrato da quest'arma potente ed invincibile... Sicché l'uomo si tiene alla presenza di Dio, diceva l'abate Serapione, nulla possono contro di lui i suoi nemici (In Vit. Patr.). «L'unico ed infallibile mezzo per trionfare del nemico, soggiunge S. Antonio, sta nel ricordo continuo della presenza del Signore. Questo pensiero sconcerta i disegni dei demoni e manda in fumo tutti i loro sforzi (Vit. Patr.)».
5° Dio ascolta i voti di colui che si tiene alla sua divina presenza. «Gli occhi del Signore posano sui giusti, canta il Salmista, le sue orecchie stanno aperte ad accogliere le loro preghiere» (Psalm. XXXIII, 10).
6° Questa santa presenza dà la gioia e la felicità. Dice il Profeta: «Io mi sono richiamato a mente la presenza di Dio, e il mio cuore fu inondato di gioia; la mia bocca, o Signore, ha cantato le vostre lodi, e la mia carne ha riposato nella speranza» (Psalm. XV, 8-9). «L'anima mia non trovava conforto; allora mi sono ricordato del Signore e mi sentii riempire di gioia» (Psalm. LXXVI, 3-4). Cassiano dice, dietro l'abate Isacco, che la felicità di questa vita consiste nel frequente ricordo di Dio: questa divina presenza procura all'uomo, in questa vita, un'anticipazione della beatitudine eterna. Come infatti non vivere felici alla presenza di Dio, sapendo ch'egli ci guarda, che ha cura di noi, che ci protegge, e desidera colmarci dei suoi favori? Come il sole rallegra, illumina, abbellisce, vivifica, feconda il creato, così la presenza di Dio apporta gioia, luce, calore, fecondità e vita all'anima.
7° Questa preziosa presenza rende la vita all'anima e gliela conserva. «Nella presenza di Dio noi vivremo» - dice il profeta Osea (VI, 3). Quelli che stanno alla presenza di Dio, che sanno come Dio li vede dappertutto e sempre, non possono non santamente vivere, e non vi è altra vera vita fuori di questa: e cercano di piacere a Dio in ogni cosa, e di fare la sua volontà. Noi vivremo, cioè, saremo pieni di vigore e di sanità, produrremo frutti, saremo attivi, forti, energici, colmi di onore e di gloria. Per la presenza di Dio noi vivremo della virtù e nella virtù; vivremo della grazia in questo. mondo e della gloria nell'altro. «Ecco quello che dice il Signore: Cercatemi, ricordatevi di me, e vivrete» (AMOS. V, 4).
8° La presenza di Dio ci rende perfetti. Il Signore apparve ad Abramo e gli disse: «Io sono il Dio onnipotente; cammina alla mia presenza e sii perfetto» (Gen. XVII, 1). La via alla perfezione è la presenza di Dio. « Voi sarete perfetti e senza macchia, tenendovi al cospetto del Signore vostro Dio», leggiamo nel Deuteronomio (XVIII, 13). Infatti, è impossibile non tendere alla perfezione, stando alla presenza di Dio; mediante questa presenza, si vive di Dio, e vivere di Dio vuol dire andare presto alla più alta perfezione; perché in tale condizione l'uomo studia di evitare tutto ciò che spiace a Dio e di fare tutto ciò che a lui piace. Ascoltate il consiglio di Seneca: «Vivete con gli uomini come se foste sotto lo sguardo di Dio; trattenetevi con Dio, come se gli uomini vi udissero (Epist. X, ad Lucillum.)».
9° La presenza di Dio ci procura tutti i beni. Il 1° frutto di questa presenza è la fuga del peccato...; il 2° è la vittoria su le tentazioni, sui pericoli, sui nemici...; il 3° è che l'anima, pure stando in terra, abita il cielo...! il 4° è che ci assimila agli Angeli, perché gli Angeli, secondo la parola del Redentore (MATTH. XVIII, 20), si specchiano del continuo nella faccia di Dio...; il 5° è l'amor di Dio...; il 6° è che dissipa la collera, la cupidigia, le noie, le distrazioni... «Come potrete voi ottenere di non essere distratti nella preghiera? domanda S. Basilio; e risponde: pensando seriamente che vi trovate sotto gli occhi di Dio (In Psalm)». Con tre legami i Santi s'incatenano fortemente a Dio, per essergli fedeli e non offenderlo: il primo è il rispetto per la Maestà divina presente a tutto e giudicante tutto...; il secondo è il ricordo della bontà e dei benefizi di Dio...; il terzo è il timor di Dio, fondato su la considerazione dell'ultimo giudizio e della vendetta divina.
Dice il Crisostomo: « Se noi ci facciamo uno studio di vedere continuamente Iddio con gli occhi dell'anima, se procuriamo di figurarcelo sempre in mente, tutto ci parrà facile, tutto ci riuscirà leggero; noi sopporteremo ogni cosa, vinceremo ogni difficoltà. Se chi ricorda un amico, ritempra il suo coraggio, e si sente inondare il cuore di gioia a questo dolce ricordo; come potrà essere triste, o temere disgrazie colui che alla mente si richiamerà Iddio, così buono, e che si è degnato di amarci così teneramente? (Hom. XXVI, in Epist. ad Hebr.)». Di qual bene patirà difetto chi sta alla presenza di Dio? dice Filone: «Ah! egli abbonda di ogni cosa: perché è impossibile che manchi qualche cosa dove presiede Dio, solito a largheggiare di squisiti favori in tutto (De Migratione Abrahae)».
Il continuo ricordo della presenza di Dio è il principio di tutti i beni, come la dimenticanza della presenza di Dio è la causa di tutti i mali. Perciò Mosè non finiva di ripetere agli Ebrei: «Ricordatevi del vostro Dio» (Deuter. XIII, 2). Perciò gli uomini savi e i Santi di tutti i luoghi e di tutte le età, ebbero grandemente a cuore di non dimenticarsi mai di Dio, e cercarono sempre di rammentarsene la presenza, col pensiero, con l'invocazione, con la lode, con l'amore... Chi si occupa della presenza di Dio, si assicura la grazia, la virtù, la salute e la gloria eterna... Tanti inestimabili vantaggi della presenza di Dio, ci devono animare a vivere di questa ineffabile presenza...
NON BISOGNA PERDERE MAI DI VISTA LA PRESENZA DI DIO. - Di Noè e di Enoc, dice la Sacra Scrittura, che camminarono del continuo alla presenza di Dio (Gen. VI, 9). Ecco il nostro modello. «Siccome non vi è minuto, dice Ugo da S. Vittore, in cui l'uomo non si giovi o non goda della bontà e della misericordia di Dio; così non deve scorrere momento in cui non ne ricordi la santa presenza; perciò ritieni come sciupato quel tempo che non pensi a Dio (De Anima, lib. III)». La medesima cosa ripete S. Bernardo, e, prima di loro, così già pregava S. Agostino: «Come non passa ora od attimo della mia vita, in cui di qualche tuo dono, o Signore, io non mi serva, perciò ornai più non deve passare nessun momento senza che io ti abbia presente agli occhi dell'anima mia, e ti ami con tutte le forze del mio cuore (Soliloq., c. XVIII)».
«Tienti Iddio presente all'anima in tutti i giorni della tua vita» - diceva il vecchio Tobia al figlio (IV, 6). Abbiate Dio nella memoria, per ricordarvi sempre di lui; nell'intelletto, per pensare sovente a lui e meditare su le infinite sue perfezioni e bontà; nella volontà, per rispettarlo, amarlo, benedirlo, invocarlo, obbedirgli, glorificarlo e per vegliare del continuo su di voi per evitare ogni offesa e peccato... «In tutte le tue imprese pensa a Dio, dice il Savio, ed egli dirigerà i tuoi passi» (Prov, III, 6). Pensate a Dio, 1° soventissimamente...; 2° riconoscete Dio in tutto e dovunque, cioè temetelo e adoratelo presente dappertutto...; 3° pensate a Dio, cioè non guardate nei fatti vostri altro scopo fuorché Dio...; 4° pensate a Dio, cioè alla sua operazione ed alla sua grazia...; 5° riconoscete Dio in tutte le vostre idee, cioè figuratevi che la volontà di Dio, la sua dottrina, la sua morale, la sua vita, la sua legge vi stia sempre dinanzi come la norma della vostra condotta, dei vostri costumi, dei vostri pensieri, delle vostre opere, insomma di tutto il vostro vivere.
«Che cosa domanda da voi il Signore, leggiamo in Michea, se non che camminiate guardinghi alla presenza del vostro Dio?» (VI, 8). E infatti, se in ogni tempo e luogo gli occhi di Dio stanno rivolti su di noi è giusto che per parte nostra lo stiamo contemplando in ogni luogo e in ogni tempo, ora pregando, ora inneggiando, ora lodandolo, ora ringraziandolo; ora esclamando col Salmista: «L'anima mia benedice il Signore in tutti i luoghi del suo dominio» (Psalm. CII, 22); ora dicendo col medesimo: «Benedici, anima mia, il Signore, e non dimenticare mai le sue misericordie» (Ib. 2).
Pratichiamo l'avviso di S. Basilio il quale ci esorta a vegliare sul nostro cuore, e non lasciare che mai da noi si allontani il pensiero di Dio e di tutto ciò che Dio ha fatto per utile nostro; di non permettere che pensieri futili e vani macchino la nostra memoria, ma di occuparci assiduamente della santa presenza di Dio, d'imprimerla fortemente come suggello nell'anima nostra; perché col ricordo continuo di questa presenza si acquista l'amor di Dio e si dura nella fedele osservanza della sua santa legge (In Gen.).
MOTIVI DI RICORDARE LA PRESENZA DI DIO. - Il primo motivo è che, volere o non volere, non possiamo sottrarci alla vista di Dio...; il secondo è il conto che dovremo rendere a Dio di tutto ciò che egli vede in noi; il terzo sta nel pensare quanto grande e terribile sia quella maestà divina, in faccia alla quale tremano le colonne dei cieli e i Cherubini e i Serafini si fanno delle ali schermo al viso...; il quarto è di rammentarci le sollecitudini di Dio per noi..; il quinto è che questa maestà esige da noi che l'abbiamo sempre presente, che la serviamo con umiltà, l'ascoltiamo con obbedienza...; il sesto è che dalla dimenticanza di Dio provengono tutte le nostre cadute...; il settimo si deduce dai molti e terribili nemici che abbiamo da vincere, e dei quali non possiamo trionfare se non con l'esercizio della presenza di Dio...; l'ottavo è di riflettere che tutto ciò che noi abbiamo, ci viene da Dio e dipende da lui, in faccia al quale noi non siamo che poveri mendichi...; il nono è che la necessità di camminare alla presenza di Dio obbliga tutti gli uomini, in tutti i loro pensieri, in tutte le loro azioni, ecc.; che anche ogni menomo atto nostro deve esser fatto, sia per il corpo, sia per l'anima, con esattezza, sollecitudine, secondo la legge e la volontà di Dio, affinché noi possiamo in ogni cosa piacergli sempre meglio e ottenere le sue grazie. Una azione mediocre, fatta con perfezione, vale molto di più che un'azione eccellente, fatta con negligenza e con tepidezza; perché Dio guarda piuttosto al come è fatta un'opera, anziché alla grandezza dell'opera in se medesima.
DISGRAZIA DI CHI NON PENSA ALLA PRESENZA DI DIO. - Il Profeta Davide ha con un solo tratto dipinto al vero il carattere del mondo, chiamandolo: «Terra di oblio». E infatti, dove trovare nel mondo chi pensi a Dio? A che cosa pensano i ragazzi?... dove hanno la mente i giovani?... Di che cosa si occupa la maggior parte delle donne?... Quali sono i pensieri del letterato, del negoziante, dell'artista, del contadino? L'ubriacone, il bestemmiatore, il libertino, l'invidioso, il mondano, l'empio, l'incredulo, lo spensierato, a che pensano?... forse a Dio?... le loro iniquità provano il contrario... A quanti si potrebbe fare quel rimprovero di Giovanni Battista agli Ebrei, a proposito della presenza di Gesù Cristo; «In mezzo a voi abita un tale, che voi non conoscete» (IOANN. I, 26). Una gran parte degli uomini non conosce altro altare se non quello veduto già da S. Paolo in Atene, sul quale stava scritto: «Al Dio ignoto». Ma guai a loro! perché con la dimenticanza di Dio nascono e allignano nel loro cuore tutte le ree semenze delle passioni...; le virtù vi restano soffocate nel nascere; tutti i nemici lo corrono da padroni...; tutte le loro azioni, in una parola, sono lordura e feccia (Psalm. X, 5). La dimenticanza di Dio è origine di tutti i mali... Noi dimentichiamo Iddio... Tutto è perduto, il tempo e l'eternità...
COME DEV’ESSERE LA COSCIENZA?
Capacità dell'uomo di riflettere su se stesso e di attribuire un significato ai propri atti: avere piena c. di ciò che si dice; estens. capacità di corretta valutazione SIN consapevolezza: avere c. dei propri limiti
2 Immaginaria sede del senso morale dell'uomo; capacità di valutazione etica delle proprie azioni: avere la c. a posto || avere qlco. sulla c., aver commesso un'azione sentita come riprovevole | avere un peso sulla c., un senso di colpa | libertà di c., diritto di professare le proprie opinioni religiose e politiche
3 estens. Consapevolezza del proprio ruolo, delle proprie responsabilità in campo sociale: c. di classe; impegno SIN coscienziosità: studiare con c.
4 Uomo in quanto caratterizzato da attività spirituale: le c. illuminate non accettano di piegarsi
5 Capacità di percepire e di intendere SIN sensi || perdere c., svenire | riacquistare c., ritornare in sé
• sec. XIII
http://www.gesuemaria.it/vita-spirituale/quale-coscienza-morale.html
Quale coscienza morale?”
di Monsignor Raffaello Martinelli
Si dice: Ognuno deve agire secondo coscienza… fai ciò che pensi sia meglio… segui la tua coscienza… Questo è vero. Ma ci si dimentica spesso di chiederci: Quale coscienza? Quali caratteristiche deve avere la coscienza? Come si forma la coscienza? A queste e ad altre domande si propone di rispondere questa scheda, in cui quando si parla di coscienza si intende sempre la coscienza morale. Partiamo anzitutto con il chiederci:
CHE COS’È LA COSCIENZA MORALE?
* Presente nell’intimo della persona, la coscienza è:
● “un giudizio della ragione, mediante il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto che sta per porre, sta compiendo o ha compiuto” (CCC, 1778). Senza l’uso della ragione non esiste coscienza
● la percezione naturale dei principi morali fondamentali, la loro applicazione in circostanze particolari e il giudizio finale su ciò che si deve fare (o che si è fatto)
● ‘il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo’ (GS 16)
● il santuario della persona, che decide per le azioni dell’uomo.
* Essa tuttavia non è:
● un sentire immediato, che invece tante volte è frutto o di uno stato d’animo particolare o di una pressione dall’esterno, ad esempio dei mezzi di comunicazione sociale o dell’opinione della maggioranza
● legata all’istinto e neppure al soggettivismo relativista, che porta ad affermare che al di sopra della coscienza non ci può essere nessuna istanza superiore
● la sorgente stessa di verità e di valori
● un assoluto, posto al di sopra della verità e dell’errore, del bene e del male
● un agire secondo la propria personale interpretazione o umore e senza risponderne a chicchessia.
QUAL È IL COMPITO DELLA COSCIENZA?
* Essa consente di:
● percepire i principi della moralità
● applicarli agli avvenimenti e circostanze di fatto mediante un discernimento pratico delle motivazioni e dei beni
● compiere il bene ed evitare il male
● esprimere il giudizio sulla qualità morale degli atti concreti che si devono compiere o che sono già stati compiuti
● assumere la responsabilità degli atti compiuti: “Se l’uomo commette il male, il retto giudizio della coscienza può rimanere in lui testimone della verità universale del bene e, al tempo stesso, della malizia della sua scelta particolare. La sentenza del giudizio di coscienza resta un pegno di speranza e di misericordia. Attestando la colpa commessa, richiama al perdono da chiedere, al bene da praticare ancora e alla virtù da coltivare incessantemente con la grazia di Dio” (CCC, 1781).
* La coscienza pertanto ha un triplice compito:
● deduttivo: conosce, riconosce e applica le norme morali alle varie situazioni e scelte
● imperativo: decide il comportamento morale della persona, alla luce della legge morale, della voce interiore dello Spirito, degli insegnamenti di Cristo trasmessi in maniera certa e autorevole da parte dei Pastori, prescelti da Cristo stesso
● creativo: adotta strategie, progetta soluzioni, individua tonalità e modalità nel fare il bene.
* “Attesta l’autorità della verità in riferimento al Bene supremo, di cui la persona umana avverte l’attrattiva e accoglie i comandi” (CCC, 1777).
QUAL È LA CONDIZIONE INDISPENSABILE PER SENTIRE LA VOCE DELLA COSCIENZA?
“L’importante per ciascuno è di essere sufficientemente presente a se stesso al fine di sentire e seguire la voce della propria coscienza. Tale ricerca di interiorità è quanto mai necessaria per il fatto che la vita spesso ci mette in condizione di sottrarci ad ogni riflessione, esame o introspezione” (CCC, 1779): «Ritorna alla tua coscienza, interrogala. [...] Fratelli, rientrate in voi stessi e in tutto ciò che fate fissate lo sguardo sul Testimone, Dio» (SANT’AGOSTINO, In epistulam Ioannis ad Parthos tractatus, 8, 9: PL 35, 2041).
COME DEV’ESSERE LA COSCIENZA?
Dev’essere:
● Vera
● certa
● retta
● libera
● formata
QUANDO LA COSCIENZA E’ VERA?
* Una coscienza è vera, quando è fondata sulla verità. Infatti la coscienza è atto della ragione mirante alla verità delle cose.
“La coscienza morale, per essere in grado di guidare rettamente la condotta umana, deve anzitutto basarsi sul solido fondamento della verità, deve cioè essere illuminata per riconoscere il vero valore delle azioni e la consistenza dei criteri di valutazione, così da sapere distinguere il bene dal male, anche laddove l’ambiente sociale, il pluralismo culturale e gli interessi sovrapposti non aiutino a ciò” (BENEDETTO XVI, Discorso, 24-2-07).
* “L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio nel suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. (…) Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo” (CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes, 16).
* Occorre pertanto annunciare, difendere e promuovere la possibilità per la ragione di:
● conoscere la verità: oggi addirittura si diffida anche della capacità della ragione di percepire la verità. Come pure avviene che la riduzione della coscienza alla certezza soggettiva porta nello stesso tempo alla rinuncia alla verità
● non interpretare tale verità come pare e piace a ognuno: la coscienza è un antidoto anziché una scusa per il soggettivismo (secondo cui ciò che uno pensa è criterio e fonte di verità) e il relativismo (secondo cui non esiste la verità, ma ci sono tante verità)
● riconoscere lo splendore della verità, la sua trascendenza nei confronti della nostra intelligenza creata e, di conseguenza, il nostro dovere di aprirsi ad essa, di accoglierla non come propria invenzione, ma come dono che viene da Dio.
PERCHÈ È IMPORTANTE CHE LA COSCIENZA SIA CERTA?
Perché la persona deve sempre agire, in campo morale, in tutta certezza e sicurezza, al fine di essere sempre pienamente responsabile delle sue azioni. La persona quando decide, deve farlo con una coscienza certa, e cioè la coscienza deve essere sicura, deve emettere il proprio giudizio morale con sicurezza, e non essere nel dubbio, e cioè nel non sapere cosa sia giusto fare. In tal caso, ella deve prima informarsi da persone di fiducia e competenti, al fine di sciogliere ogni dubbio e agire nella certezza acquisita.
CHE COSA SIGNIFICA CHE LA COSCIENZA DEVE ESSERE RETTA?
Significa che la coscienza deve “essere in accordo con ciò che è giusto e buono secondo la ragione e la Legge divina” (Compendio, 373).
È la stessa dignità della persona umana che implica ed esige tale rettitudine. La coscienza retta è dunque determinata a seguire la verità, senza contraddizioni, senza tradimenti e senza compromessi.
LA COSCIENZA PUÒ EMETTERE ANCHE UN GIUDIZIO ERRONEO?
La coscienza non sempre ha ragione, non è infallibile: se così fosse, non ci sarebbe nessuna unica verità, poiché molte volte i giudizi di coscienza si contraddicono, fra persone diverse e anche in una medesima persona. Esisterebbero tante verità quante sono le coscienze; ci sarebbe soltanto la verità della singola persona, e quindi tante verità quante sono le persone.
* La coscienza può emettere un giudizio erroneo, il che avviene quando il suo giudizio si discosta dalla ragione e dalla Legge divina.
“La persona deve sempre obbedire al giudizio certo della propria coscienza, ma può emettere anche giudizi erronei, per cause non sempre esenti da colpevolezza personale. Non è però imputabile alla persona il male compiuto per ignoranza involontaria, anche se esso resta oggettivamente un male. È quindi necessario adoperarsi per correggere la coscienza morale dai suoi errori” (Compendio, 376).
* La coscienza erronea non perde tuttavia la sua dignità.
QUANDO L’IGNORANZA È COLPEVOLE?
«Quando l’uomo non si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine del peccato» (GS 16). In tali casi la persona è colpevole del male che commette.
* “All’origine delle deviazioni del giudizio nella condotta morale possono esserci la non conoscenza di Cristo e del suo Vangelo, i cattivi esempi dati dagli altri, la schiavitù delle passioni, la pretesa di una malintesa autonomia della coscienza, il rifiuto dell’autorità della Chiesa e del suo insegnamento, la mancanza di conversione e di carità” (CCC, 1792).
QUANDO L’IGNORANZA È INVOLONTARIA, INVINCIBILE (E QUINDI NON-COLPEVOLE)?
* Quando l’ignoranza non è imputabile alla responsabilità della persona. E tuttavia, in questo caso, anche se la persona non è responsabile soggettivamente del male compiuto, tuttavia il male compiuto resta un male, un disordine oggettivo: per il fatto che i ciechi non vedono il sole, non si può concludere che esso non esiste.
* Da qui la responsabilità della persona di:
● essere informata circa tale male
● correggere la sua coscienza morale dai suoi errori
● riparare per quanto possibile ai danni provocati dal male compiuto.
LA COSCIENZA ERRONEA È SEMPRE GIUSTIFICATA?
* La coscienza erronea non può essere giustificata se il suo essere in errore è dovuto a ignoranza colpevole oppure a un ottenebramento della sua coscienza.
● L’ignoranza non può considerarsi una soluzione comoda, un vantaggio: sarebbe come dire che il non conoscere sia meglio del conoscere.
● “Il non vedere più le colpe, l’ammutolirsi della voce della coscienza in così numerosi ambiti della vita è una malattia spirituale molto più pericolosa della colpa, che uno è ancora in grado di riconoscere come tale. Chi non è più in grado di riconoscere che uccidere è peccato, è caduto più profondamente di chi può ancora riconoscere la malizia del proprio comportamento, poiché si è allontanato maggiormente dalla verità e dalla conversione” (Card. JOSEPH RATZINGER, Elogio della Coscienza, Conferenza del 16 marzo 1991).
* In un Salmo biblico è contenuta quest’affermazione, sempre meritevole di ponderazione: “Chi si accorge dei propri errori? Liberami dalle colpe che non vedo!” (Sal 19, 13).
* Può dunque avvenire che la colpa si trovi non nell’atto del momento, non nell’attuale giudizio della mia coscienza, ma che si trovi altrove, più in profondità: e cioè in quella trascuratezza, chiusura che ho attuato, seppure gradualmente, verso la verità.
QUANDO LA COSCIENZA È LIBERA?
* L’uomo ha il diritto di agire in piena libertà secondo la sua coscienza. Questa libertà significa che egli:
● non può essere costretto ad agire contro la sua coscienza (cfr. Rm 14, 23).: “In tutto quello che dice e fa, l’uomo ha il dovere
i seguire ciò che sa essere giusto e retto” (CCC, 1778)
● ma non può neppure essere impedito di agire secondo la propria coscienza
● soprattutto in campo religioso.
* Esiste tuttavia un limite a tale libertà. Si deve seguire la propria coscienza:
● senza andare contro il bene comune
● nel rispetto di quei valori che non sono negoziabili, proprio perché corrispondono a verità obiettive, universali ed uguali per tutti.
QUALI NORME LA COSCIENZA DEVE SEMPRE SEGUIRE?
“Ce ne sono tre più generali:
1)non è mai consentito fare il male perché ne derivi un bene;
2)la cosiddetta Regola d’oro: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Mt 7,12);
3) la carità passa sempre attraverso il rispetto del prossimo e della sua coscienza, anche se questo non significa accettare come un bene ciò che è oggettivamente un male” (Compendio, 375).
QUANDO UNA COSCIENZA È BEN FORMATA?
* Una coscienza è ben formata, quando è certa, retta e veritiera, e cioè “formula i suoi giudizi seguendo la ragione, in conformità al vero bene voluto dalla sapienza del Creatore” (CCC, 1783).
* Quanto più la coscienza è informata e formata, e tanto più è libera.
* La coscienza, come una sorgente di acqua, può anche essere inquinata, deviata, adulterata. Ma in tal caso può essere anche aiutata a purificarsi, a ritrovare la giusta strada, mediante un’adeguata informazione e formazione, sempre tuttavia nel rispetto della sua libertà e dignità.
* Una coscienza ben formata si pone come un esercizio autentico di sapiente discernimento, di scelte libere e responsabili. La riduzione della coscienza alla certezza soggettiva non libera, ma schiavizza, rendendoci totalmente dipendenti dal gusto personale o dall’opinione prevalente.
È NECESSARIO FORMARE LA COSCIENZA?
Formare, educare la coscienza è “indispensabile per esseri umani esposti a influenze negative e tentati dal peccato a preferire il loro proprio giudizio e a rifiutare gli insegnamenti certi (…) L’uomo talvolta si trova ad affrontare situazioni che rendono incerto il giudizio morale e difficile la decisione. Egli deve sempre ricercare ciò che è giusto e buono e discernere la volontà di Dio espressa nella Legge divina” (CCC, 1783, 1787).
L’educazione aiuta la coscienza ad affinarsi, seppure con gradualità, come uno strumento di alta precisione.
L’educazione deve servire soprattutto a condurre la coscienza a conoscere, ad abbracciare e a seguire la verità: Non cadiamo nell’errore di pensare che il restare lontani dalla verità, sarebbe per l’uomo meglio della verità, quasi che lo stare nelle tenebre sia meglio che stare nella luce!
QUANTO DURA L’EDUCAZIONE DI UNA COSCIENZA?
* “L’educazione della coscienza è un compito di tutta la vita. Fin dai primi anni essa dischiude al bambino la conoscenza e la pratica della legge interiore, riconosciuta dalla coscienza morale. Un’edu-cazione prudente insegna la virtù; preserva o guarisce dalla paura, dall’egoismo e dall’orgoglio, dai sensi di colpa e dai moti di compiacenza, che nascono dalla debolezza e dagli sbagli umani. L’educazione della coscienza garantisce la libertà e genera la pace del cuore” (CCC, 1784).
“Occorre rieducare al desiderio della conoscenza della verità autentica, alla difesa della propria libertà di scelta di fronte ai comportamenti di massa e alle lusinghe della propaganda, per nutrire la passione della bellezza morale e della chiarezza della coscienza. Questo è compito delicato dei genitori e degli educatori che li affiancano; ed è compito della comunità cristiana nei confronti dei suoi fedeli. Per quanto concerne la coscienza cristiana, la sua crescita e il suo nutrimento, non ci si può accontentare di un fugace contatto con le principali verità di fede nell’infanzia, ma occorre un cammino che accompagni le varie tappe della vita, dischiudendo la mente ed il cuore ad accogliere i fondamentali doveri su cui poggia l’esistenza sia del singolo che della comunità” (BENEDETTO XVI, Discorso, 24-2-07).
* Non si dimentichi quanto ha scritto SANT’AGOSTINO: “Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”(Confessioni, I, 1).
COME SI FORMA LA COSCIENZA MORALE PERCHÉ SIA RETTA E VERITIERA?
* “La coscienza morale retta e veritiera si forma con l’educazione, con l’assimilazione della Parola di Dio e dell’insegnamento della Chiesa. È sorretta dai doni dello Spirito Santo e aiutata dai consigli di persone sagge. Inoltre giovano molto alla formazione morale la preghiera e l’esame di coscienza” (Compendio, 374).
* Importante è anche interpretare i dati dell’esperienza e i segni dei tempi con la virtù della prudenza, la quale “è la virtù che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo” (CCC, 1806).
* In tal modo l’uomo prudente, attraverso la sua coscienza:
● sente la voce di Dio che gli parla
● percepisce e riconosce i precetti della Legge divina
● applica i principi morali ai casi particolari senza sbagliare e supera i dubbi sul bene da compiere e sul male da evitare.
* Lasciare illuminare la propria coscienza dalla fede cristiana consente di:
● conoscere la verità e di vivere la propria vita nell’autentica e piena felicità: la fede infatti non è un peso, un carico pesante, una realtà che dà tristezza, un’imposizione di esigenze morali… La stessa via che conduce alla verità e al bene, non è una via comoda, ma è una via alta ed ardua.. sulla quale via però non siamo soli: Cristo è con noi, ci dona il Suo Spirito che è Spirito di verità e di felicità;
● superare il soggettivismo e il relativismo: “Non si può identificare la coscienza dell’uomo con l’autocoscienza dell’io, con la certezza soggettiva su di sé e sul proprio comportamento morale. Questa consapevolezza, da una parte può essere un mero riflesso dell’ambiente sociale e delle opinioni ivi diffuse. D’altra parte può derivare da una carenza di autocritica, da una incapacità di ascoltare le profondità del proprio spirito” (Card. JOSEPH RATZINGER, Elogio della Co-scienza, Conferenza del 16 marzo 1991).
* Ecco l’importanza del Magistero a questo riguardo.
QUAL E’ IL RUOLO DEL MAGISTERO DELLA CHIESA NELLA FORMAZIONE DELLA COSCIENZA?
* Ho detto che il giudizio della propria coscienza dev’essere illuminato dalla verità e, a tal fine, specialmente nei problemi nuovi o che si presentano in termini del tutto inediti, il ricorso al Magistero è di grande aiuto per la formazione di una coscienza certa, vera, retta.
* Il Magistero della Chiesa infatti non è:
● un ostacolo, ma un aiuto, dato da Cristo a tutti gli uomini di buona volontà nel ricercare, trovare, accogliere la verità: esso esiste perché la coscienza morale raggiunga con sicurezza la verità e vi permanga
● una qualsiasi fonte esterna di pensiero morale con cui la coscienza individuale deve venire a contatto: esso informa la coscienza praticamente come l’anima informa il corpo
● una realtà che restringe, minaccia o addirittura nega la libertà della coscienza personale, ma piuttosto un aiuto alla illuminazione della coscienza.
* Non si può dimenticare che il Magistero della Chiesa (e cioè del Papa in comunione con i Vescovi) è stato voluto da Cristo stesso, il quale gli ha affidato la missione di servire la Parola di Dio, “insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l’assistenza dello Spirito Santo, piamente la ascolta, santamente la custodisce e fedelmente la espone, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone da credere come rivelato da Dio” (CONCILIO VATICANO II, Dei Verbum, 10).
I fedeli pertanto “memori della parola di Cristo ai suoi Apostoli: «Chi ascolta voi, ascolta me» (Lc 10,16), accolgono con docilità gli insegnamenti e le direttive che vengono loro dati, sotto varie forme, dai Pastori” (CCC, 87).
* Il Magistero cerca dunque di aiutare le coscienze a raggiungere una mediazione e un’applicazione più attendibile della verità morale: è sempre la verità morale oggettiva ad avere il primato e solo questa può essere infallibilmente vera.
QUAL È IL RUOLO DELLO SPIRITO SANTO NELLA FORMAZIONE DELLA COSCIENZA?
La coscienza è come spazio abitato dallo Spirito Santo, il quale ci libera non dall’esterno, ma nel profondo del cuore, ci configura a Cristo per poter scegliere e agire come Lui. Lo Spirito Santo ci è stato regalato nel Battesimo, da Dio Padre, per mezzo di Cristo morto e risorto, “affinché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo” (Ef 4,13).
CHE COS’E’ L’OBIEZIONE DI COSCIENZA?
“Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell’ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto d’obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione tra il servizio di Dio e il servizio della comunità politica. «Rendete [...] a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,21). «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5,29)” (CCC, 2242).
* Occorre promuovere e sostenere una coraggiosa obiezione di coscienza, in quanto sempre più nella società si vanno diffondendo leggi contrarie a principi e a valori non negoziabili, come:
● “il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale;
● la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna,
● la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme” (BENEDETTO XVI, Sacramentum caritatis, n. 83).
* Lo Stato deve riconoscere, nella sua legislazione, il diritto all’obiezione di coscienza, ogniqualvolta un cittadino ritenga opportuno ricorrervi, soprattutto in campo medico-morale. Purtroppo esiste nel contesto attuale un paradosso, secondo cui spesso una società ideologicamente tollerante (nel senso contemporaneo del termine) non è disposta invece a tollerare l’obiezione di coscienza, poiché una tale società non ammette che:
● ci possa essere qualcuno che in qualche maniera sfugga al suo controllo, all’osservanza delle sue leggi, o che si opponga al suo totalitarismo ideologico e sociale
● possano esserci valori fondamentali che superano le stesse leggi civili, le quali in tal caso non avrebbero più valore assoluto e vincolante per tutti.
* L‘obiezione di coscienza, se accompagnata da amore di verità ad ogni persona:
● è un agire esemplare che ha il coraggio della coerenza
● non è una fuga dalle responsabilità, ma al contrario un’assunzione di una testimonianza
● investe una casistica molto complessa e vasta. Basti pensare anche solo alla categoria dei medici, impegnati oggi sull’ampio campo della vita umana (aborto, eutanasia, pillole abortive, uso degli embrioni nella ricerca…)
● è un’ultima ratio (un diritto-dovere umano) per non vedersi coinvolti in atti che ripugnano profondamente a una persona
● è espressione e attuazione del legittimo diritto alla libertà, che ogni persona ha, in virtù del quale può e deve rifiutarsi di compiere un’azione che si oppone o che viola i principi – etici e/o religiosi – che la sua coscienza gli detta.
http://www.gesuemaria.it/vita-spirituale/quale-coscienza-morale.html